Prospettive assistenziali, n. 67
bis, luglio - settembre 1984
PRESENTAZIONE
In questi ultimi anni si sono tenuti numerosi
convegni, incontri e dibattiti in ogni parte del paese sui singoli aspetti
dell'assistenza sociale, convegni indetti ed
organizzati da enti pubblici, organizzazioni ed associazioni varie, nei quali
si sono affrontati, di volta in volta, problemi settoriali o specifici.
Anche il Convegno di Torino del 27-28-29 settembre
1984 affronta uno specifico problema: le comunità alloggio
nei diversi settori di intervento, ma nell'ambito del convegno abbiamo voluto
inserire un importante confronto a livello politico sul problema della riforma
dell'assistenza nel nostro paese, perché riteniamo che senza una legge quadro
nazionale, tutti i problemi che sono stati oggetto di dibattito e di confronto
a tutti i livelli, difficilmente potranno trovare una organica e positiva
soluzione in ogni parte del paese.
Infatti, se guardiamo con attenzione a ciò che
avviene in Italia nel campo dell'assistenza sociale, quali
e quanti sono gli enti che in esso intervengono, enti e organizzazioni
private, religiose, parareligiose, enti locali, IPAB, impossibile sarebbe, da
parte di qualsiasi, determinare non solo il livello sociale, qualità e quantità
di tale intervento, ma anche quantificare il complesso della spesa nel settore.
Vi è certamente un grande
marasma, ancora una grande confusione (nonostante che l'entrata in vigore del
decreto 616 del 1977, abbia semplificato già molto con lo scioglimento dell'O.N.M.I., degli E.C.A. e di migliaia di altri enti e I.P.A.B.), segnata da episodi gravissimi che purtroppo tuttora
emergono (vendita minori, ecc.).
Il maggior impegno di gran parte di
enti locali ad affrontare sempre più questi problemi, nel momento
proprio della crisi che attraversa lo «stato sociale» non è più sufficiente. In
una società sempre più centrata su una complessità
sociale che determina nuovi squilibri, nuovi bisogni, richiede sempre più
larghi interventi sociali; l'impegno degli enti locali lasciato alla spontaneità
degli stessi, può determinare un arretramento di tutto il settore date le
difficoltà finanziarie degli stessi.
Il periodo di crisi economica che attraversiamo è
attribuita, da alcuni settori e parti politiche, alla politica assistenziale dello Stato. Non credo che le cause della
crisi possano essere attribuite al tipo di assistenza
sociale che effettua lo Stato italiano.
Il fatto è che lo «stato sociale» è entrato in crisi
non, come spesso si è sostenuto, a causa della crisi economica, bensì proprio
per la sua inadeguatezza a far fronte alla nuova struttura emergente dei
bisogni sociali (Calvaruso - CENSIS).
È che nel nostro paese non si è voluto, per interessi non certo neppure troppo nascosti, affrontare
il legame che esiste tra una società industriale avanzata in sviluppo ed un
modello di politica sociale, rispondente alle mutate condizioni sociali e si è
preferito mantenere gli interventi in questo campo alla tradizionale beneficenza
ed assistenza, impedendo così un intervento coordinato dello Stato nelle sue
più decentrate articolazioni, per puntare su un nuovo modello di politica
sociale, individuando i soggetti di gestione di una tale politica.
Ecco quindi lo sforzo, le iniziative più varie degli
enti locali per sopperire all'assenza dello Stato in mezzo a tante difficoltà,
prima di tutto quella dei mezzi finanziari a disposizione ma anche quella di
un preciso riferimento legislativo che definisca ed individui competenze e funzioni.
L'esigenza quindi di un intervento legislativo di
riordino di tutto il settore socio-assistenziale è
sempre più urgente. Del resto anche il Senato della Repubblica, nell'ordine del
giorno recentemente approvato per il riordino del sistema delle autonomie,
riconosce tale esigenza, quando al punto 10.2.
afferma: «... le funzioni socio-sanitarie sono esercitate, secondo quanto
previsto dalla legge quadro nazionale e dalla conseguente normativa regionale,
dai Comuni che le gestiscono in modo singolo od associato, nelle forme
previste dalla legge...».
Mi pare che il problema sia
abbastanza precisato e che su queste indicazioni si possa andare ad una
legge quadro sul socio-assistenziale che, viste le diverse esperienze
consolidate da molti enti locali, possa finalmente essere varata dalla presente
legislatura. Né bastano a possono essere sufficienti le leggi regionali,
alcune delle quali buone come quella della Regione Piemonte del 1982, ad
affrontare il grosso problema nel suo complessa come
neppure provvedimenti parziali, anche se importanti, come la proposta di legge
concernente l'assistenza e l'intervento sociale ai portatori di handicaps. Provvedimenti separati e settoriali, non
risolvono il grosso problema dell'assistenza sociale; altrimenti si ritorna
nuovamente a provvedimenti a pezzetti che
ricreano
nuovi interventi settoriali. Mi pare che ciò fu ampiamente
condiviso da tutte le forze politiche che parteciparono al Convegno
nazionale di Milano dell'ottobre '82, indetto dal Coordinamento sanità e
assistenza fra i movimenti di base.
Ecco perché in occasione di questo convegno a Torino,
sullo specifico delle comunità alloggio, che fra l'altro è
bene ricordare che nessuna legge oggi prevede, vogliamo richiamare l'attenzione
su questa preciso problema della riforma dell'assistenza. Così pensiamo di
poter dare un contributo importante, fornendo ai partecipanti la presente
documentazione, sottolineando il fatto che la riforma
dovrà tener conto delle norme del decreto 616 del 1977, il quale getta le basi
fondamentali per un sistema di intervento nel settore, indicando come campo
d'azione il territorio, area omogenea, nel quale l'operatore socio-assistenziale,
l'educatore propriamente indicato, deve operare a ridosso della comunità
sociale nell'individuare bisogni e mezzi tecnici necessari ad affrontarli.
FERNANDO GATTINI
Assessore alla sicurezza sociale
dell'Amministrazione provinciale di Torino
www.fondazionepromozionesociale.it