Prospettive assistenziali, n. 67, luglio - settembre 1984
ASPETTI
DELL'ASSISTENZA ALL'ANZIANO NON AUTOSUFFICIENTE
ETTORE STRUMIA (1)
Il problema dei pazienti cronici e
dei soggetti non autosufficienti costituisce uno dei nodi dell'assistenza geriatrica.
Fra i vari processi morbosi tipici
dell'età senile e causa di cronicità e di progressiva
perdita dell'autosufficienza, a lato delle malattie cardiorespiratorie,
dei processi neoplastici, delle gravi reumoartropatie
invalidanti, un ruolo di particolare rilievo è occupato dai disturbi collegati
alla involuzione delle strutture e funzioni cerebrali sia su base circolatorio-arteriosclerotica, sia più spesso su base
primitivamente atrofica.
Sia per incidenza numerica, e
conseguente carico assistenziale per le strutture
socio-sanitarie, sia per l'impatto emotivo e la gravità di una malattia che
compromette la personalità psichica e le più importanti funzioni intellettive e
affettive dell'uomo, tali pazienti costituiscono il problema centrale
dell'assistenza all'anziano.
Quale è l'entità numerica del problema?
È attualmente
in corso a Torino, a cura dell'Assessorato all'assistenza, una indagine, volta
a individuare il numero di anziani più o meno gravemente compromessi da tale
tipo di patologia, al fine di definire entità e qualità di intervento
assistenziale da programmare per il prossimo futuro.
In attesa di tali dati possiamo però
riferirci alle ricerche epidemiologiche.
Indagini su campioni randomizzati di soggetti anziani hanno evidenziato che dal
15 al 35% dei soggetti di età superiore ai 65 anni
presenta qualche segno di involuzione cerebrale: almeno il 5-6% del totale
presenta segni più gravi di decadimento mentale, francamente diagnosticabile
come demenza.
Se si considera che gli ultrasessantacinquenni in Torino sono circa il 13,3% della
popolazione (ossia su 1.087.000 abitanti, circa 143 mila), dobbiamo ritenere
che alcune migliaia di persone, dalle 3 alle 5 mila, presentano tale processo
morboso in modo pesantemente invalidante.
I più gravi di questi pazienti,
quando la famiglia non è più in grado di assisterli
al domicilio, sono indirizzati a tre grossi istituti (Convalescenziario
Crocetta, I.R.V., Casa di Riposo geriatrica
«Carlo Alberto»), la cui disponibilità è attualmente di circa 900-1000 posti letto, in via di riduzione, per le ristrutturazioni
in corso.
Tutte le proposte di ricovero sono
controllate ed avvengono su disposizione dei Centri sociali del Comune: nel
1983 vi sono state 890 domande di ricovero. Dopo la valutazione dei Centri
sociali ne sono state accettate 799, di questi
soggetti 420 sono stati accolti negli istituti citati; 188 sono deceduti mentre
erano in lista di attesa; si sono avute infine 191 rinunce.
È da ricordare che a lato di tali
istituti pubblici, operano una miriade di piccole iniziative private, nella
città e nelle immediate vicinanze, che accolgono non-autosufficienti, a scopo
eminentemente speculativo, con servizi in genere ridotti al minimo: è
difficile quantificare il numero dei loro ospiti, in quanto sfuggono attualmente ad ogni controllo, ma è indubbiamente piuttosto
elevato.
È anche da ricordare che un alto
numero di anziani gravemente compromessi nelle loro
condizioni fisiche e psichiche viene faticosamente e amorevolmente mantenuto
al proprio domicilio da familiari, che spesso si sacrificano oltre ogni dire in
questa opera di assistenza, scarsamente o nulla aiutati dai servizi pubblici.
Nel caso dei non-autosufficienti che
giungono al ricovero in strutture assistenziali, quali
sono le condizioni, la loro prognosi, la sopravvivenza, le necessità sanitarie
e assistenziali, le possibilità o meno di recupero?
È logico il loro ricovero? È logica
la loro permanenza in istituto? Sarebbero possibili, ed entro quali limiti,
soluzioni alternative?
Cercheremo di rispondere ad alcuni
di questi quesiti partendo dalla analisi dei dati
dell'Istituto «Carlo Alberto».
Vari di questi dati sono già noti a
molti di voi (2), essendo stati presentati nell'82 in una relazione sulle
strutture di ricovero per non-autosufficienti in Torino al convegno ANIMOG (la situazione non è certo variata da allora).
Abbiamo comunque
cercato di integrare tali dati, che si riferivano all'arco di un anno (giugno
'80 - giugno '81) con altri più recenti e relativi in particolare all'anno
1983.
Tabella
1 - Condizioni all'ingresso
Per dare un'idea delle condizioni di
questi pazienti, si sono riunite in questa tabella le menomazioni più gravi,
e la loro incidenza percentuale, nei soggetti al momento dell'ingresso in
istituto.
Il 58% non è in grado di camminare
(34% bloccati a letto; 24% su carrozzella).
Il 40% non è in grado di mangiare
autonomamente, ma deve essere imboccata o per lo meno
aiutato.
Il 53% presenta fenomeni di
disorientamento spazio-temporale (26% saltuario; 27% grave e pressoché
costante). Il 20% presenta inoltre fenomeni di agitazione
psico-motoria.
Piaghe da decubito sono presenti
all'ingresso nel 16%.
Oltre il 53% presenta incontinenza vescicale; ben il 34% doppia incontinenza
vescicale e anale.
Per quanto
concerne la provenienza, oltre il 50% arriva direttamente da ospedali; circa il
13% da istituti; il 35% circa dal proprio domicilio, ma in genere dopo una
lunga serie di ricoveri in ospedali vari.
Tabella n. 1
Deambulazione impossibile 58%
bloccato a letto 34%
su carrozzella 24%
Alimentazione assistita 40%
Disorientamento spazio-temporale 53%
medio-saltuario 26%
grave-totale 27%
Agitazione psico-motoria 20%
Piaghe dai
decubito 16%
Incontinenza vescicale 53%
Doppia incontinenza 34%
Tabelle 2 e 2 bis - Di
quale durata è la loro permanenza in istituto?
Essendo piuttosto modesta la
percentuale di dimissioni possiamo prendere come
riferimento l'intervallo fra l'ingresso ed il decesso: in questa tabella sono
riportati i dati relativi al 1980, '81, '82 e '83.
Anno 1983: si sono
avuti 160 decessi; di questi il 15% è avvenuto entro il primo mese dall'ingresso;
un altro 15% si è verificato entro il 2° e 3° mese.
Complessivamente circa il 30% dei
ricoverati è deceduto entro i primi 3 mesi. Circa il
40-45% degli ospiti ha una permanenza in istituto fra i 4-6 mesi ed i 2-3 anni.
Seguono gruppi, a percentuali inferiori, con durata di permanenza maggiori,
finanche a 9-11 anni.
Tale andamento è chiaramente
evidente anche per gli anni 1980 e 1981.
Nel 1982 è osservabile invece una
netta riduzione del gruppo a mortalità precoce, che scende al 17-18%: in
questo periodo si era attuata, da parte dei responsabili sanitari dell'ente,
una politica di rifiuta di accogliere i pazienti più
gravemente compromessi e chiaramente in evoluzione finale. Successivamente
tale funzione di filtro è stata assunta dagli uffici assistenziali del Comune,
che in collaborazione con i responsabili degli ospedali selezionano fra varie
domande di ingresso quelle dei soggetti idonei ad essere accolte in istituto
da quelle dei soggetti più gravi, per i quali è opportuno il ricovero e la
permanenza in ospedale.
Si direbbe comunque
che, almeno per il «Carlo Alberto», le maglie del filtro si sono di nuovo
allargate.
Emerge comunque
da questa analisi che fra i pazienti indirizzati a questi istituti, è presente
un gruppo più gravemente compromesso, con prognosi infausta a breve termine,
per il quale ci si chiede se non sarebbe più logico il mantenimento in
strutture più tipicamente sanitarie.
Un secondo gruppo più propriamente
di cronici, che costituisce l'ospite tipico di queste strutture.
Infine un terzo gruppo costituito in parte da soggetti, la cui malattia è
stabilizzata, con decorso realmente molto lento, in parte da soggetti
migliorati dopo il ricovero, alla cui dimissione si sono
però opposti in genere problemi sociali o di mancanza di adeguate strutture sul
territorio, e che pertanto permangono illogicamente ricoverati.
Tabella n. 2
Tabella n. 2 bis
1-30 31-60 61-90 4-6 7-12 1-2 2-3 3-4 4-5 5-7 7-9 9-11
giorni giorni giorni mesi mesi anni anni anni anni anni anni anni
anno
1980 29 7 7 15 18 11 15 16 9 7 2 1
decessi
n. 137 21,2% 5,1% 5,1% 11,0% 13,1% 8% 11% 11,7% 6,6% 5,1% 1,5% 0,7%
1981 33 15 10 19 28 24 15 8 11 10 6 6
n. 185 17,9% 8,1% 5,4% 10,3% 15,1% 13% 8,1% 4,3% 6% 5,4% 3,2% 3,2%
1982 11 7 6 15 21 27 19 7 4 7 4 4
n. 132 8,3% 5,3% 4,5% 11,4% 15,9% 20,5% 14,4% 5,3% 3% 5,3% 3% 3%
1983 25 11 13 11 19 25 24 6 5 8 9 4
n. 160 15,6% 6,9% 8,1% 6,9% 11,9% 15,6% 15% 3,8% 3,1% 5% 5,6% 2,5%
Tabella
3
Sono qui riportati alcuni dati relativi ai nuovi ingressi nell'anno 1983.
L'età media è molto avanzata, circa
80 anni.
Su 158 ingressi, ben 55 (34,8%) risultava deceduta al 31.12.1983. Spicca la forte mortalità
nel primo mese (21 su 55) e nei successivi 2 mesi (altri 21 casi), a conferma
dell'esigenza di questo gruppo di soggetti indirizzati agli istituti di riposo
in condizioni pressoché finali.
Tabella n. 3
1983
Ingressi 158 età
media 80,1
donne 98 età media 80,8
uomini 60 età media 78,9
uomini donne
totale
ingressi 60
98 158
deceduti entro l'anno 25 (41,7%) 30
(30,6%) 55 (34,8%)
Decessi n. 55
< 1 mese n. 21 (38,2%)
31-60 giorni n. 10 (18,2%)
61-90 giorni n. 11 (20%)
91-120 giorni n. 5 (9,1%)
> 121 giorni n. 8
(14,5%)
Tabella
4 - Necessità sanitarie
Si discute molto se le necessità di
questi pazienti siano più propriamente sanitarie o semplicemente sociali e assistenziali.
Noi riteniamo che i due aspetti non
possono essere disgiunti, ma costituiscono due momenti integrati
ed inscindibili dall'intervento di aiuto e di appoggio: a questi ammalati, e
che devono essere rappresentati su un pari piano di importanza in qualsiasi
servizio per l'anziano, sia esso di ricovero, sia sul territorio o domiciliare.
In questa tabella sono riportati
alcuni dati di intervento più tipicamente sanitario.
In alto, su una richiesta della
commissione di vigilanza del Comune di Torino, volta a definire le necessità di infermieri nell'istituto, sono riportati, su una
giornata assunta di campione, le prestazioni terapeutiche complessive
nell'arco delle 24 ore: orali, parenterali e locali.
327 ospiti; 309 in
terapia; 756 prestazioni di terapia orale; 147 di terapia parenterale; 149 di
terapia locale.
Nella seconda e terza fascia sono riportati, a indice delle varie necessità mediche, i
trattamenti dietetici particolari richiesti dalle condizioni cliniche dei
pazienti ed i trattamenti fisioterapici.
Su una presenza meda di 327 ospiti
si hanno 179 pazienti con necessità dietetiche particolari; sui nuovi 158
ingressi, ben 61 necessitavano tale tipo di
intervento.
È importante osservare inoltre che
98 ospiti in totale, e 48 sui nuovi ingressi del 1983, presentavano
gravi problemi di ipoalimentazione e necessitavano un adeguato intervento di,
terapia dietetica iperproteica e ipercalorica, a lato della terapia farmacologica e fisioterapica eventualmente necessaria.
Le prestazioni fisioterapiche sono
state complessivamente oltre 5200, dei quali 2996 prestazioni di rieducazione
funzionale.
La rieducazione funzionale, nel
gruppo di pazienti sui quali è stata iniziata, ha consentito un recupero
totale nel 49% e parziale nel 21%.
Su questi dati occorre soffermarsi
un momento per ben comprendere importanza e limiti, considerando in
particolare il gruppo dei nuovi ingressi del 1983.
Tabella n. 4
N. ospiti Ospiti in terapia N.
prestazioni terapeutiche giornaliere (6.1.1984)
327 309 N. prestazioni N.
prestazioni parentali Terapia
locale
terapia locale (iniezioni
m./e.v.;
ipodermoclisi;
fleboclisi)
756 147 149
medic. piaghe 64
lavature vesc.
o cateteri 71
Colonstomia 3
altre 51
Terapie dietetiche Totale medio
ospiti Nuovi ingressi
anno 1983 327 158
iperproteiche - ipercaloriche 98 48
diabetiche 33
5
ipocaloriche 19
2
insufficienza renale 12 2
per sonda naso-gastrica 7 1
altre 10 3
Totale 179
61
Trattamenti fisioterapici anno 1983: n.
5.209
n. prestazioni di rieducazione funzionale 2.996
- recupero totale 49%
- recupero parziale 21%
- non recupero 20%
n. prestazioni di terapia strumentale 1.907
n. prestazioni di ginnastica
respiratoria 24
n. prestazioni di massoterapia 282
Tabella 5
Si tratta di 158 casi, dei quali
dobbiamo togliere quei 55 casi a prognosi infausta a breve volgere. L'ingresso
in istituto è visto in genere come definitivo, e come tale è giudicata in
genere la condizione di non-autosufficienza, che ne è
alla base.
In realtà sui rimanenti 103, si è
invece ritenuto opportuno iniziare un tentativo di rieducazione funzionale in
31 soggetti: fra questi si è avuto un recupero totale (deambulazione autonoma)
in 13 casi (42%) ed un recupero parziale (deambulazione assistita) in 7 casi
(23%).
Sono questi i pazienti (circa 20%
sugli ingressi non a prognosi chiaramente infausta a brevissima
scadenza) suscettibili di dimissioni dagli istituti, avendo a disposizione sul
territorio strutture di sostegno e di appoggio per essi e le loro famiglie.
Tabella n. 5
Rieducazione
funzionale
N. ingressi 1983 158
N. pazienti in cui si è iniziata rieducazione
funzionale 31
recupero totale (deambulazione autonoma) 13 (42%)
recupero parziale (deambulazione assistita) 7 (23%)
non recupero 11 (35%)
Tabella 6
A lato dell'intervento più
tipicamente medico, ed integrato a questo, è
necessario per questi soggetti tutta una serie di attività socio-riabilitative
in senso lato, il cui significato non è solo quello di migliorare le condizioni
ambientali, il clima di vita e la permanenza, che abbiamo visto spesso essere
così lunga in istituto.
Tali attività sono elementi di
stimolazione fisica e psichica, atti a mantenere e
risvegliare interessi, desiderio di partecipazione, voglia di fare, sicurezza
di sé: elementi tutti che concorrono sia a rallentare il processa di
involuzione senile, sia a migliorare le condizioni generali del soggetto e
anche a consentirne, in una certa percentuale di casi, il recupero funzionale.
Esse costituiscono un elemento
essenziale della terapia dell'anziano cronico.
Sono qui riportati i dati
complessivi relativi all'anno 1983.
Malgrado le precarie condizioni fisiche sia
degli ospiti già presenti in istituto, sia dei nuovi ingressi, hanno
partecipato alle varie attività socio-riabilitative
(terapia occupazionale, ginnastica, arti applicate, spettacoli, films, feste) ben 63 soggetti attivamente e 140 con
presenza.
Tali dati potrebbero ulteriormente
migliorare, sia come numero di' partecipanti, sia come risultati di effetto terapeutico e di miglioramento globale delle
condizioni psico-fisiche degli ospiti, avendo a disposizione personale
qualificato e quantitativamente adeguato, che si dedichi a tali compiti.
Questo aspetto è stato finora
piuttosto trascurato nell'organizzazione dei servizi assistenziali
per i non-autosufficienti: esso dovrà avere nel prossimo futuro un'adeguata
valutazione e potenziamento, costituendo un cardine fondamentale sia della
qualità della vita negli istituti, sia della possibilità di recupero e di
riabilitazione del non-autosufficiente.
Tabella n. 6
Totale ospiti lungodegenti: n. 328
Hanno partecipato ad attività
socio-riabilitative:
attivamente: 63
con presenza: 140
Attività N.
partecipanti Frequenza delle attività
Riunioni di gruppo 4 quindicinale
Terapia occupaz. in rep. corsi di
tessitura e creta 56 bisettimanale
Ginnastica 45 bisettimanale
Arti applicate
(attività svolta con volontari) 20 mensile
Spettacoli - feste 135 mensile
Films 52
settimanale
Pranzi fuori istituto 18 ogni tre mesi
Gite 12
(n. 6 mensili nei
mesi estivi)
Viaggi con gruppi esterni 13
Soggiorni 7
Tabella
7
In questa tabella sono riportati i
dati di partecipazione alle attività socio-riabilitative, relativi ai nuovi
ingressi dal 1983. Oltre un terzo dei pazienti (e oltre la
metà, se escludiamo il gruppo a diagnosi rapidamente infausta) ha partecipato
con profitto, attivamente o con presenza a tali iniziative.
Tabella n. 7
Totale nuovi ingressi
1983: n. 158
Hanno partecipato ad attività
socio-riabilitative:
attivamente: 23
con presenza: 35
Attività N.
partecipanti Frequenza delle attività
Terapia occupaz. in rep. 23 bisettimanale
Ginnastica 15
bisettimanale
Arti applicate 5 mensile
Spettacoli - feste 30 mensile
Films 20
settimanale
Pranzi fuori istituto 2
Tabella
8
La situazione globale,
rispetto ai nuovi ingressi dal 1983, è così riassumibile: un terzo circa è
deceduto; 5 pazienti sono stati dimessi; dei 98 rimasti in istituto, 20
sarebbero dimissibili in famiglia o in strutture
protette. Ma nella maggior parte dei casi, problemi sociali e familiari si oppongono alle dimissioni: mancanza di
strutture esterne, mancanza di famiglia; impossibilità da parte della famiglia;
in alcuni casi anche una scelta da parte del paziente scarsamente motivato ad
intraprendere nuove iniziative.
Tali dati, relativi al 1983, non si
discostano sensibilmente da quelli in precedenza
presentati (congresso ANIMOG 1982) e relativi al periodo giugno '80 - giugno
'81.
Tabella n. 8
Anno
1983
Ingressi 158
deceduti 55
dimessi 5
presenti 98
dimissibili 20
Conclusioni
Sotto l'etichetta di
anziano cronico non-autosufficiente si raggruppano delle realtà molto
diverse.
Se la base comune è una situazione
sempre di grave compromissione psico-fisica, e di alta necessità medico-assistenziale, non dobbiamo dimenticare
che fra questi pazienti si possono distinguere gruppi diversi, con differenti
bisogni e con necessità di diverso tipo di intervento e di approccio
assistenziale.
1) Vi è un gruppo di pazienti in
condizioni preterminali, a prognosi rapidamente
infausta, le cui necessità sono quelle tipiche dell'ammalato morente: terapia
del dolore, assistenza psicologica, assistenza medica
ed infermieristica.
2) Vi è un
cospicuo gruppo di cronici, molti dei quali accolti negli istituti per anziani,
fondamentalmente non recuperabili: in genere cerebropatie senili su base
vascolare e/o atrofica (spesso associate ad altri processi morbosi: polmonari,
cardiaci, ecc.).
Sono pazienti in progressivo declino psico-fisico, più o meno
rapido, ma le cui condizioni ed il cui decorso può essere favorevolmente
influenzato, oltre che da un adeguato e corretto intervento medico, da un ben
coordinato programma di stimolazione ambientale di attività
socio-riabilitative. che ne stimolino e ne esaltino
le possibilità residue.
Nulla è più dannoso per questi
pazienti che un atteggiamento medico e assistenziale
passivo e rinunciatario.
3) Il terzo gruppo è rappresentato
da un consistente numero di soggetti (20-25%), con patologie varie
invalidanti, ma potenzialmente recuperabili o per lo meno migliorabili.
Sono pazienti che necessitano
di un prolungato intervento riabilitativo, nel quale aspetti più propriamente
medici si integrano ad un complesso di attività ed iniziative
socio-riattivanti, volte a stimolare e potenziare tutte le possibilità del
soggetto, a risvegliarne interessi, la fiducia in sé, il desiderio di
recuperare, di fare, di reinserirsi nella società.
In quest'opera
è necessario l'intervento coordinato di una componente
sanitaria (medici, infermieri, fisioterapisti) e di una componente assistenziale
e riabilitativa particolarmente qualificata (ergoterapisti,
assistenti sociali, psicologi), i cui sforzi siano finalizzati al compito del
recupero globale e del reinserimento dell'anziano nell'ambiente sociale.
A tale situazione potenziale
corrisponde però attualmente uno scarsissimo numero di
recuperi funzionali, e nel caso, dei ricoverati in istituto, un limitatissimo
numero di dimissioni.
Parlando di anziani
non-autosufficienti si è portati in genere a ritenere tale stato
irreversibile. Nell'ottica dei parenti e delle
strutture sociali, che chiedono e propongono il ricovero, e dei pazienti
stessi, l'ingresso in istituto è visto e vissuto in genere come definitivo.
Ciò comporta molte conseguenze negative:
a) sottovalutazione delle
possibilità di recupero del paziente anziano;
b) disinteresse per l'efficienza dei
servizi riabilitativi degli enti cui è affidata l'assistenza e la terapia di
questi pazienti; sottovalutazione delle necessità sanitarie e assistenziali di questi soggetti;
c) grave carenza
in questi enti di personale specializzato e motivato a lavorare nel settore
dell'anziano, e che sappia comprenderne necessità, problemi e possibilità: in
particolare infermieri, fisioterapisti, ergoterapisti;
d) mancata
predisposizione di servizi atti a favorire le dimissioni dei pazienti
migliorati o riabilitati (mantenimento del domicilio, spesso smobilitato al
momento dell'ingresso; appoggio alla famiglia; efficaci soluzioni alternative
protette);
e) ne consegue l'obbligata permanenza
del soggetto riabilitato in una struttura non idonea, in mezzo a pazienti
gravi ed in costante peggioramento, annullando in gran parte le possibilità di
un serio programma riabilitativo.
Tali aspetti sono fondamentalmente
espressione, al di là delle enunciazioni
programmatiche, di una tendenza rinunciataria delle strutture sanitarie e
sociali di fronte ai problemi delle malattie ad evoluzione inabilitante ed alle
possibilità di riabilitazione dell'anziano.
Occorrono per questi pazienti
servizi sia di ricovero, sia sul territorio di intervento
ambulatoriale o domiciliare, nei quali l'elemento medico sanitario sia
strettamente collegato ed integrato a una serie di interventi sociali ed
assistenziali e di iniziative riabilitative, che permettano di affrontare
globalmente i vari aspetti della cronicità dell'anziano e della conseguente
non-autosufficienza. Attualmente di fronte a malattie
dell'anziano chiaramente a lungo decorso o preterminali,
le strutture più propriamente sanitarie tendono a defilarsi.
I loro compiti (l'assistenza al
paziente terminale, la riabilitazione dei pazienti più gravemente
compromessi, e l'assistenza di soggetti debilitati ed in progressivo declino
psico-fisico) risultano affidati a strutture, scarse di mezzi e di personale,
alle quali viene chiesto un gravoso compito medico ed
assistenziale, senza curarsi di potenziarle adeguatamente e di fornire loro i
mezzi necessari.
(1) Relazione tenuta
in occasione della seduta pubblica del Tribunale per i diritti del malato,
Torino, 18 febbraio 1984.
(2) Cfr. «Gli anziani cronici non autosufficienti: eutanasia
da abbandono - Una ricerca in una casa di riposo» in Prospettive assistenziali, n. 59,
luglio-settembre 1982.
www.fondazionepromozionesociale.it