Prospettive assistenziali, n. 67, luglio - settembre 1984

 

 

Notiziario dell'Unione per la lotta contro l'emarginazione sociale

 

 

MAI PIÙ IN MANICOMIO, MAI PIÙ COSÌ SOLI

 

Pubblichiamo il testo della lettera aperta in­viata in data 10 aprile al Ministro della sanità Degan dalla sezione di Aosta dell'Unione per la lotta contro l'emarginazione sociale.

La lettera è stata sottoscritta da 1023 cittadini, dal Consiglio comunale di Aosta, da Associazioni, dalle Federazioni sindacali e dai Consigli di fabbrica.

 

Onorevole Signor Ministro,

il disegno di legge da Lei presentato sulla ri­forma della legge 180 ripropone all'attenzione pubblica l'assistenza psichiatrica. La ripropone però rifiutando di individuare i responsabili e le carenze dell'abbandono sociale e sanitario del «malato mentale» e riproponendo il tradizio­nale intervento istituzionale dell'indifeso.

Noi vogliamo chiedere il perché di una simile proposta di arretramento.

Dimentica forse, signor Ministro, che il «ma­lato di mente» non chiede di essere tramutato in oggetto da rinchiudere, ma di essere ricono­sciuto come persona con bisogni reali di cura in spazi vivibili anche nello stato più alterato della sua sofferenza e che non è disponibile ad inter­venti di repressione.

La legge 180 ha aperto una strada di cambia­mento culturale, politico e sociale che non si può ignorare.

Occorre invece verificare quanto è successo in questi cinque anni e il grande impegno di chi ha voluto costruire i presupposti concreti della riforma.

Dove le strutture territoriali non sono state istituite sono ovviamente risultati insufficienti i letti predisposti nei centri di diagnosi e cura de­gli ospedali generali, essendo di fatto l'unico servizio disponibile.

Questo ha creato difficoltà per i familiari dei «malati», che si sono giustamente organizzati, rifiutandosi di sostenere, senza aiuti, il problema della presenza di un disturbato mentale in fami­glia. Non conoscendo altre soluzioni oltre il ma­nicomio, essi sono stati facilmente strumentaliz­zati verso la richiesta dell'unica risposta che avrebbe potuto sollevarli da un peso spesso in­sostenibile.

È sulle inadempienze, signor Ministro, che bi­sogna intervenire, potendo ormai contare sul cambiamento culturale e pratico acquisito dalle esperienze in atto e sul mutamento di rapporto tra cittadino e istituzioni.

Si tratta di un patrimonio culturale difficilmen­te cancellabile, con il quale la proposta di modi­fica della legge di riforma non potrà non fare i conti, dato che sono coinvolte aree diverse, co­me gli istituti per handicappati, per gli anziani cronici e il consenso che le sostiene.

Questo disegno di legge è una grave insidia in un momento sociale ed economico difficile come l'attuale, che avendo sempre meno bisogno di manodopera, crea sempre più emarginazione.

Questo progetto non è accettabile perché met­te in preventivo una soluzione di arretramento. Non si tratta soltanto di un problema di psichia­tria e di addetti ai lavori, né di un problema di strutture e di soldi. C'è in gioco il futuro del paese ed il «no» alla controriforma, al manico­mio e alla repressione deve maturare non solo nell'ambiente più consapevole e con specifiche competenze, ma deve essere un «no» culturale di tutti i cittadini.

La speranza sta nel riuscire a parlare in manie­ra semplice per dire che questa non è la difesa di un settore, ma di una parte integrante di quel tessuto sociale che noi vogliamo che continui a vivere.

 

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