Prospettive assistenziali, n. 68, ottobre - dicembre 1984

 

 

COMUNITA’ ALLOGGIO E ARRESTI DOMICILIARI

MICHELE TEDESCO (1)

 

 

Le norme sugli arresti domiciliari (legge 12-8­1982 n. 532 e la nuova legge sulla custodia caute­lare (28-7-1984 n. 398), evidenziano l'importanza di micro-strutture, quali le comunità alloggio per minori o per giovani adulti.

Dall'analisi dei reati commessi dai minori, che sono passati per l'istituto di rieducazione Fer­rante Aporti di Torino nell'83, risulta che oltre l'80% degli stessi, sono contro il patrimonio (furto di motorette, auto, autoradio, ecc.), reati cioè che non suscitano un accentuato allarme sociale e per i quali l'arresto e la carcerazione presso istituti, quali l'Aporti, rappresentano non una risposta «cautelare» bensì una forma di mi­sura afflittiva che, se poteva apparire accettabile nel secolo scorso, oggi costringe a riflettere, per i danni che la permanenza in strutture carcerarie può causare ai giovani con personalità in evo­luzione.

I danni risultano tanto più accentuati in quan­to l'attività rieducativa, nonostante roboanti affer­mazioni ed in barba alle norme dettate dalla leg­ge 354 del '75 (sulla riforma carceraria), rimane sempre secondaria, rispetto al fine primario del carcere anche per i minori. La riforma è ancora sulla carta e nelle buone intenzioni dei legislato­ri. Ebbene per i minori, ed anche per i giovani adulti, si può tentare di sostituire il carcere con piccole strutture quali le comunità alloggio. Ri­cordiamo che, nonostante ben chiari articoli di legge, il carcere rimane chiuso all'influenza ester­na. Per entrare in carcere è necessario il bene­stare del direttore ed il permesso del magistrato di sorveglianza: entrare in carcere però, non significa partecipare alla vita del giovane, ma solo a qualche « momento b della vita stessa. Fra l'altro, agli esterni è proibito accedere ai locali dove vive il minore; si può entrare solo in determinati ambienti.

Perché, mi si potrebbe chiedere, ricorrere a microstrutture e non utilizzare la famiglia per la custodia cautelare o per gli arresti domiciliari?

Per una serie di considerazioni. I minori in questione, spesso non hanno raggiunto un equi­librio interiore ed una maturità che permetta loro di assumere, in piena coscienza e con co­stanza, responsabilità quali quella di fermarsi nel proprio alloggio e nella propria famiglia, per tutto il tempo richiesto dall'autorità giudiziaria. Non è in grado - sovente - di autodisciplinarsi e di autoimporsi limitazioni prolungate. Bisogne­rebbe contare sui genitori che dovrebbero, fra l'altro, trasformarsi in custodi-carcerieri.

Tutti sappiamo, oggi, che la famiglia è in crisi: crisi di autorità, crisi dovuta ad un conflitto generazionale molto accentuato, specialmente nei grandi agglomerati urbani, dove si sono ve­rificati movimenti di massa, concentrazioni inna­turali, con la conseguenza della caduta di valori culturali e di tradizioni non sempre compensati. Disagio quindi, da parte degli adulti, di esercitare quella funzione di guida e di esempio nei con­fronti della prole.

Si verificherebbe, perciò, un'ulteriore frattura tra adulti e minori, in caso di arresto o di custo­dia, per cui (in base a questi elementi) alcuni operatori sociali e specialisti sono portati ad escludere misure simili, per i minori. Essi ipotiz­zano, in caso di custodia cautelare mediante arre­sti domiciliari, quando tale misura sia applica­bile, la restrizione in ospedali, luoghi di cura, cioè in strutture pubbliche (è evidente il riferi­mento a giovani non autonomi e a tossicodipen­denti).

Orbene, se noi puntiamo su micro-strutture, quali le comunità alloggio, organizzate in maniera da poter rispondere alle necessità dei minori, ubi­cate non in comuni alloggi ma in palazzine possi­bilmente con giardino, nelle quali ci sia spazio per iniziative culturali, ricreative e, possibil­mente, anche per attività di addestramento pro­fessionale, aperte ai cittadini del quartiere, con­sentendo quindi rapporti interpersonali ed inter­reazioni ai ragazzi che non possono uscire, affi­date alla conduzione di educatori motivati, ma­turi e capaci di suscitare, nei giovani ospiti, inte­ressi alternativi validi (non quelli indotti dai mass-media), vuoteremmo o riduremmo massic­ciamente il numero degli ospiti dei vari F. Apor­ti d'Italia. Lo stesso discorso vale per le ragazze e per i giovani adulti.

Circa questi ultimi, solo chi non conosce la realtà può ritenere che al compimento del 18° anno diventino automaticamente maturi al punto da acquisire, ex-abrupto, capacità di intendere e di volere e di mantenere con costanza e coscien­za gli impegni restrittivi imposti dalle misure ci­tate. Anche per numerosi giovani adulti, la pos­sibilità di utilizzare, in ogni provincia, micro­strutture potrebbe rappresentare una risposta più valida che non il carcere.

 

 

 

(1) Assistente sociale dell'Ufficio distrettuale minoren­ni di Torino del Ministero di grazia e giustizia.

 

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