Prospettive assistenziali, n. 68, ottobre - dicembre 1984
I
PROBLEMI ISTITUZIONALI DELLE USL ED I TARDIVI RIPENSAMENTI DELL'ON. MORINI
FRANCESCO SANTANERA
Nell'articolo «Riforma delle
autonomie locali e riforma sanitaria», pubblicato sul n. 5, 15 marzo 1984, di Prospettive sociali e sanitarie, l'on. Danilo Morini afferma che «non vi è commentatore sia di estrazione politica che di formazione giuridico-costituzionale
che non abbia fatto rilevare come l'associazione di Comuni (nella cui
"forma" "mediante la struttura operativa" USL, i Comuni
stessi "esercitano" tutte le funzioni amministrative in materia di
assistenza sanitaria), sia una strana costruzione e soprattutto indefinita
come natura giuridica (...). L'indeterminatezza giuridico-istituzionale
della struttura USL e dell'apposita forma associativa
dei Comuni è sicuramente una delle cause, anche se certamente non la
principale, dell'attuale malessere della sanità pubblica italiana».
L'autore ribadisce
la sua critica nell'articolo «Autorità metropolitana, municipalità metropolitane
e servizi socio-sanitari», apparso sul n. 11, 15 giugno 1984, di Prospettive sociali e sanitarie in cui
scrive: «È noto infatti
che il precario funzionamento delle USL nell'area metropolitana è sicuramente
il punto più dolente dell'attuale stato di attuazione della riforma sanitaria
e questo per unanime ammissione della pubblicistica in materia» (1).
L'autore sostiene che ciò è avvenuto «in quanto la legge di riforma sanitaria
ha temporalmente preceduto la legge di riforma delle
autonomie locali» (2). Evidentemente ha la memoria corta, oppure cerca di
darsi una autoassoluzione. Infatti nel 1978 l'on. Morini era relatore alla Camera dei deputati del testo di
riforma sanitaria; ma, oggi, non ricorda (o non vuole ricordare) quanto allora
aveva sostenuto nel 1978.
I fatti. In data 10 ottobre 1978 La Stampa pubblicava una lettera del
Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base di Torino in cui, fra
l'altro, veniva affermato che «la riforma sanitaria, già approvata dalla Camera e in discussione al
Senato non attribuisce ai Consigli di quartiere nessuna funzione».
Nella lettera si precisava, inoltre:
«I servizi sanitari, in base alla
riforma, non saranno gestiti né dal Comune di Torino e dai 23 Consigli di
quartiere, né dai 51 Consorzi fra Comuni come prevedono la legge regionale ed
una proposta di legge regionale per cui sono state
raccolte 13 mila firme. La gestione sarà affidata ai nuovi enti - le Unità
sanitarie locali - praticamente autonomi rispetto ai
Comuni».
A questa lettera replicava l'on. Morini con una precisazione
riportata su La Stampa del 21 ottobre
1978, in cui, dopo aver premesso di intervenire «anche come relatore alla Camera del testo
di riforma sanitaria», dichiarava: «Non è affatto vero che i quartieri siano estraniati dalla
gestione sanitaria. Il 3° comma dell'art. 13 del testo approvato dalla Camera
prevede chiaramente che, nel caso di un grande Comune
metropolitano che debba necessariamente ripartire il territorio in più
di una delle Unità locali sanitarie, queste vengono gestite dal Comune avvalendosi
degli organi del decentramento amministrativo di cui alla legge 8 aprile 1976».
Aggiungeva l'on.
Morini: «Affermare
che le Unità sanitarie sono un nuovo ente, praticamente
autonomo rispetto ai Comuni, significa non aver letto il testo della riforma
sanitaria».
Il 26 ottobre 1978 La Stampa riportava la replica del CSA
in cui precisava che l'art. 15 del testo di riforma «prevede che le Unità sanitarie locali siano gestite da un comitato di
gestione nominato in parte dal Consiglio comunale e in parte dai Consigli di
quartiere», per cui veniva ribadito che «si tratta dunque di un nuovo organismo,
anzi di un nuovo ente. A conferma che le Unità sanitarie locali saranno un
nuovo ente, autonomo rispetto ai Comuni e ai Consigli di quartiere, basti pensare
che il testo prevede all'art. 61 il trasferimento alle Unità stesse del personale
sanitario attualmente dipendente dai Comuni».
Agli stessi concetti si ispirava la lettera inviata il 13 novembre 1978 all'on. Morini dall'Unione per la
lotta contro l'emarginazione sociale, lettera a cui l'on.
Morini replicava affermando che «per quanto concerne la ripetuta critica perché avremmo fatto un ente
della USL, questa è una sua personale e libera interpretazione di tipo dottrinale
che non trova alcun riscontro letterale nel testo di legge»; e aggiungeva
che in materia «il legislatore non deve
definire, semmai questo è compito successivo della dottrina giuridica e della
giurisprudenza».
Sono passati 6 anni e, dopo che
centinaia di migliaia di cittadini hanno patito le conseguenze di una
legislazione imprecisa, finalmente l'on. Morini scopre l'acqua calda.
Non era e non è
tanto semplice, per i Comuni che comprendono nella loro interezza una o più USL
attribuire i compiti al Comune stesso, alla Giunta comunale, al Sindaco e alle
Circoscrizioni? In questo modo non solo non si creano nuovi enti settoriali,
ma non si separa la sanità dall'assistenza e da tutti gli altri settori di competenza
comunale.
(1) Identiche
posizioni sono state sostenute dall'On. Morini nella
relazione presentata al Seminario dell'ANCI sugli aspetti istituzionali delle
USL, svoltosi il 25 maggio 1984. Cfr. l'articolo «L'ANCI sulla natura e sulla collocazione
istituzionale dell'USL», in Prospettive
sociali e sanitarie, n. 14-15, 1° agosto-1° settembre 1984.
(2) Cfr. D. Morini, Riforma delle
autonomie locali e riforma sanitaria, op. cit.
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