Prospettive assistenziali, n. 68, ottobre - dicembre 1984
IL
TRATTAMENTO DEI MINORENNI IN CUSTODIA CAUTELARE DOPO
LUCIANO GRASSO
L'entrata in vigore della legge 28
luglio 1984 n. 398 segna una tappa fondamentale nel progressivo estendersi di
una disciplina legislativa specifica, ispirata al c.d. favor minoris, nell'ordinamento processuale
penale italiano.
Con l'art. 254 bis c.p.p., introdotto ex novo in
forza dell'art. 13 della legge citata, i minori degli anni 18 (accanto ad altre
quattro categorie specifiche di imputati, ritenute al pari dei minorenni
meritevoli di peculiare trattamento: la donna incinta e che allatta, i
soggetti in condizione di salute particolarmente gravi, coloro che hanno
oltrepassato i 65 anni) divengono fruitori privilegiati dei c.d. arresti
domiciliari (e cioè: «L'arresto
nella propria abitazione e in altro luogo di privata dimora ovvero in luogo
pubblico di cura e di assistenza») come modalità regolare di espiazione
della custodia cautelare (in precedenza: custodia preventiva o carcerazione
preventiva) in luogo della custodia espiata in carcere.
Per i minori degli anni 18,
pertanto, la misura alternativa alla custodia espiata in carcere va ora
disposta dall'Autorità giudiziaria sempre «salvo
che vi ostino le ragioni indicate nel 2° comma
dell'art. 254 c.p.p.» (e cioè: «Il pericolo di fuga o il pericolo per
l'acquisizione delle prove, desunto da elementi specifici nonché
la pericolosità, desunta dalla personalità dell'imputato e dalle circostanze
del fatto, in rapporto alle esigenze di tutela della collettività»).
I c.d. arresti domiciliari
quale regola e la custodia in carcere quale eccezione per l'espiazione
della custodia cautelare per i minorenni rappresentano la prima grande novità
del nuovo testo legislativo; che ora vi sia un rapporto di regola-eccezione
nel senso suddetto tra la misura alternativa e la custodia
in carcere è reso con chiarezza dallo stesso art. 13 della legge n. 398/84, là
dove per i minorenni (e per le altre quattro categorie di imputati su indicate)
il legislatore usa di proposito una terminologia diversa (la misura
alternativa «va disposta») da tutti gli altri imputati, per cui è lasciata
all'Autorità giudiziaria la facoltà di disporla (la misura «può essere disposta»). A differenziare ulteriormente a favore
dei minori degli anni 18 la disciplina della custodia cautelare, la legge n.
398/84, oltre a confermare la precedente normativa di cui all'art. 255 c.p.p. in ordine all'incidenza
della circostanza dell'età (art. 1), introduce con l'art. 4 una norma
specifica, significativamente titolata n custodia cautelare dei minori A,
integrante l'art. 272 ter c.p.p.,
in forza della quale i termini ordinari della custodia cautelare di cui
all'art. 272 c.p.p. sono ridotti della metà per i
reati commessi da minori dai 16 ai 18 anni e di due terzi per i reati commessi
da minori di anni 16 (e cioè da 14 a 16 anni). Si provvede, contestualmente, a
rinnovare (art. 9) il testo dell'art. 277 bis c.p.p.
dando facoltà all'Autorità giudiziaria «in
ogni stato e grado del procedimento e in deroga all'art. 253 c.p.p. (che prevede i casi di cattura obbligatoria) di
disporre con decreto motivato di non emettere l'ordine di cattura, di revocare
l'ordine emesso o di concedere la libertà provvisoria (quest'ultima
era già concedibile dopo la sentenza n. 46/78 della
Corte Costituzionale) quando si tratta di imputato minore degli anni 18 al
momento della commissione del fatto».
Tale disposizione segna per i minori
degli anni 18 la fine in pratica dell'operatività nei loro confronti del
regime della cattura obbligatoria di cui all'art. 253 c.p.p., dandosi ora facoltà, tra l'altro all'Autorità giudiziaria
minorile, anche nei casi di reati con cattura obbligatoria ex art. 253 c.p.p., di non emettere l'ordine di cattura; è richiesto
ad hoc un apposito decreto motivato della stessa Autorità giudiziaria.
Con la norma di cui all'art. 4 (art.
272 ter c.p.p.), su
richiamata, si introducono per la prima volta nel
nostro ordinamento, all'interno della categoria dei minori di età imputabili (e
cioè nella fascia dei quattro anni, da 14 a 18 anni, del codice Rocco) due
sottocategorie (quella dai 14 ai 16 anni e quella dai 16 ai 18 anni), con
distinta disciplina differenziata della durata della custodia cautelare nei
due casi.
L'innovazione è profonda e destinata
a incisive influenze in futuro, sul modello di quanto
già previsto in molte legislazioni straniere e in base alle acquisizioni delle
più recenti osservazioni scientifiche in materia, secondo cui nell'ambito
dell'età evolutiva vanno distinti diversi gradi di sviluppo bio-psichico
e di maturazione con conseguente necessità di trattamenti diversi anche sul
piano processuale penale.
L'accreditamento ufficiale a livello
legislativo italiano di due sottocategorie di età all'interno
della categoria della minore età imputabile, con previsione di diversa durata
della custodia cautelare nei due casi (per i giovani dai 14 ai 16 anni e per
quelli dai 16 ai 18 anni rispettivamente) rappresenta una notevole conquista,
resa possibile dall'evoluzione giurisprudenziale-dottrinale
andatasi svolgendo in particolare negli ultimi anni nell'interpretazione e
applicazione dell'art. 98 c. pen. sull'imputabilità
e non potrà non portare in futuro al riconoscimento di una corrispondente
previsione di sottocategorie di età, con distinta disciplina legislativa, che
riproduca anche nella materia dell'imputabilità e della circostanza
diminuente dalla minore età quanto si è disposto ora per la custodia cautelare
dei minorenni.
La legge n. 398/84, con le
innovazioni introdotte, su richiamate, rappresenta certamente la consacrazione
a livello di legge ordinaria di quanto ormai da troppo tempo si andava ribadendo da parte degli operatori specializzati del settore
e cioè che la giustizia minorile deve caratterizzarsi con interventi di tipo
accentuatamente preventivo; la prevenzione deve esserne il tratto preminente
nell'ottica «dell'essenziale finalità del
recupero del minore deviante», fatta perentoriamente propria ancora da
ultimo dalla stessa Corte costituzionale (1) nella sentenza 15 luglio '83 n.
222 (grazie alla quale è finalmente caduta la vistosa anomalia che sottraeva
una parte dei minorenni al giudizio del loro giudice specializzato), in
ossequio al dettato dell'art. 31 della Costituzione (per cui ['Autorità giudiziaria
specializzata per i minorenni, mirando al recupero del minore deviante, va
considerata come un istituto, operante nell'ambito della protezione della
gioventù, che come tale lo Stato è tenuto a favorire).
La realtà attuale della giustizia
minorile nel settore penale evidenzia dati di per sé eloquenti e sintomatici: i
minori degli anni 18, soggetti a procedimento penale, commettono per la maggior
parte (almeno 80%) fatti di reato di limitato allarme sociale; è indubbio che
tali imputati si attendono dall'Autorità specializzata una risposta che tenga
conto che si tratta pur sempre di soggetti adolescenti in età evolutiva. Quest'ultima circostanza è stata senza
dubbio decisiva in sede di formulazione e introduzione delle nuove norme
di cui alla legge n. 398/84. In quanto soggetti in età evolutiva, i minori
degli anni 18, non possono e non debbono essere
collocati e poi trattenuti nelle strutture di custodia oltre lo stretto
necessario e fuori dai casi e per le ragioni tassative indicate nel 2° comma
dell'art. 254 c.p.p., su richiamato, da interpretare
queste ultime «stricto sensu»
alla luce dell'evidenziato rapporto regola-eccezione, ora intercorrente, tra
la misura dei c.d. arresti domiciliari e la custodia in carcere, per
l'espiazione della custodia cautelare dei minorenni.
È comune esperienza di ogni operatore minorile che il giovane che entra in
contatto con la struttura di custodia riceve influssi che si ripercuotono
negativamente sulla sua personalità in formazione. Uno dei modi principali di
fare prevenzione, in particolare dopo le innovazioni introdotte con la legge
398/84 deve essere, pertanto, quello di utilizzare al massimo possibile le
misure alternative alla custodia in istituto. Non va sottaciuto, peraltro, un
dato altrettanto significativo: e cioè che i c.d.
arresti domiciliari, già introdotti due anni or sono in forza della legge 12
agosto 1982 n. 532, al fine di creare alternative alla custodia in carcere,
hanno avuto fino ad ora scarse applicazioni in concreto, in particolare nei
confronti degli imputati minori degli anni 18.
Nei casi sporadici in cui sono stati
applicati, t c.d. arresti domiciliari non sono stati spesso compresi dal minore
imputato, il quale proprio perché minorenne ha erroneamente ritenuto che al di fuori dal carcere la sua custodia preventiva fosse cessata «tout
court» e, pertanto, ha tenuto una condotta incompatibile con il suo perdurante
stato personale di «custodito», costringendo il magistrato a revocare la
misura alternativa già emessa nei suoi confronti.
Accanto alle difficoltà pratiche e
di comprensione della portata della misura alternativa nel senso ora
precisato, non vi ha dubbio che ha pesato e pesa
ancora l'eccessivo condizionamento dell'equazione «processo penale = carcere».
Ora, dopo l'entrata in vigore della legge n. 398/84, le misure alternative alla
custodia in carcere divengono la regola e devono essere prioritariamente
esplorate anche in sede di convalida dell'arresto
(art. 12 legge n. 398/84).
Un primo dato che dovrebbe
consentirne una maggiore utilizzazione è l'ampia gamma
di modalità di applicazione che lo stesso legislatore contempla: accanto alla
propria abitazione è prevista la possibilità di espiare la custodia cautelare «in altri luoghi di privata dimora»
ovvero «in luoghi pubblici di cura o di
assistenza».
Per i minorenni potrebbero
utilizzarsi, ad esempio, le comunità alloggio, le comunità terapeutiche, le
comunità agricole; i luoghi di cura o di assistenza
potrebbero essere impiegati utilmente per i minori tossicodipendenti.
Non vi è dubbio che in questa
materia occorre rifuggire da troppo facili ottimismi poiché una cultura della
misura alternativa alla custodia in carcere è ancora in larga misura da creare.
È certo peraltro che dopo la legge
n. 398/84 si sono realizzate le migliori premesse, almeno a livello
legislativo, perché tale cultura si radichi e si espanda, consentendo di
superare definitivamente la vecchia equazione: «processo penale = carcere».
Occorrono al riguardo adeguati
contatti e collaborazioni di tipo nuovo, tra le Autorità giudiziarie minorili
e le Autorità di Polizia giudiziaria (si pensi alla
misura alternativa data dopo la convalida dell'arresto), non essendo stata
riprodotta nella materia della custodia cautelare una norma specifica per i
minorenni, quale quella introdotta con la legge 24 novembre 1981 n. 689
all'art. 75 (là dove si prevede espressamente che per la libertà controllata le
funzioni attribuite agli organi di polizia siano svolte dall'ufficio di
servizio sociale per i minorenni). Occorrono contemporaneamente adeguati
collegamenti con le risorse e i servizi offerti e presenti sul territorio.
La legge n. 398/84 contiene una
nuova disposizione, l'art. 254 quater (art. 15 della
legge citata), significativamente titolata «contenuto e modalità della misura
disposta in luogo della custodia in carcere», che dovrebbe aiutare a superare
eventuali perplessità e rischi del caso concreto. Con essa
si consente infatti all'Autorità giudiziaria di fissare all'imputato, col
provvedimento che dispone la misura alternativa «limiti o divieti alla facoltà dell'imputato di comunicare con persone
diverse da quelle che con lui coabitano o che lo assistono».
Il 2° comma dell'art. 254 quater c.p.p. prevede poi la
possibilità che il giudice «autorizzi l'imputato
ad assentarsi nel corso della giornata dal luogo
dell'arresto» con le modalità, le finalità e i limiti prescritti caso per
caso; si prevede, infine, la possibilità che prescrizioni «possano essere date, modificate o revocate anche nel corso dell'esecuzione
della misura» consentendosi «al
giudice o alla polizia giudiziaria, anche di propria iniziativa, di controllare
in ogni momento l'osservanza da parte dell'imputato dell'esecuzione della
misura e delle prescrizioni imposte». Anche se nulla è qui previsto da
valere in modo specifico per gli imputati minori degli anni 18, la
disposizione testé richiamata evidenzia di per sé
esigenze di contatto operativo che per i minorenni acquistano particolare
rilievo. In forza di essa e sulla base delle peculiarità
della condizione dell'imputato minorenne (l'esperienza acquisita dopo la
legge 12-8-1982 n. 532 può essere al riguardo utile) appare chiaro fin d'ora
che il successo delle misure alternative alla custodia cautelare espiata in
carcere nei confronti dell'imputato minorenne, sarà tanto più sicura quanto
più le stesse saranno state all'inizio correttamente «preparate» sia a livello
soggettivo dell'imputato (affinché non le sottovaluti ma ne comprenda la
portata e le conseguenze in caso di violazione delle prescrizioni), sia a
livello esecutivo (scelte del luogo, orari, modalità dei controlli) e nel
prosieguo assiduamente «seguite», meglio se dalla stessa Autorità giudiziaria
che ebbe a disporle, sul modello di quanto previsto ad esempio dall'art. 23
della legge minorile, nel distinto settore della libertà vigilata per i minorenni.
In ogni caso
occorre fare in modo che al più presto la realtà processuale si adegui alla
nuova realtà legislativa; l'autorità giudiziaria specializzata deve essere, anche
a tal fine, posta in grado di affrontare con adeguati organici e mezzi la nuova
realtà legislativa; le misure alternative richiedono, infatti, più «presenza»
del giudice specializzato rispetto alla custodia cautelare espiata in carcere.
A ulteriore chiarificazione, si
evidenzia da ultimo che quando la legge n. 398/84 prevede per i minorenni i
c.d. arresti domiciliari come regola per l'espiazione della custodia cautelare,
nel senso sopra precisato, fa riferimento specifico alla categoria «persone minori degli anni 18» (art. 13)
a differenza della categoria, più ampia,
«minori degli anni 18 al momento della commissione del fatto», cui fa
riferimento, per la concessione della libertà provvisoria, la stessa legge
nell'art. 9 su richiamato (che ha sostituito il vecchio testo dell'art. 277
bis c.p.p.).
Da ciò consegue che solo coloro che sono «attualmente» minori degli anni 18 (e non coloro
che hanno già compiuto i 18 anni) possono fruire delle disposizioni specifiche,
più favorevoli, riguardanti i c.d. arresti domiciliari come regola di
espiazione della custodia cautelare.
Tale nuova disciplina, nella sua
formulazione letterale, non è ancorata, infatti, allo «status personae» di minore, individuato al momento della
commissione del fatto di reato ma allo «status personae» di «minore degli anni 18» (esclusi, pertanto,
coloro che pur avendo consumato il reato da minorenni non sono più minori al
momento di espiare la custodia cautelare).
(1) Cfr. «Sentenza della Corte costituzionale sui procedimenti
penali a carico di minori coimputati con maggiorenni»,
in Prospettive assistenziali, n. 65,
gennaio-marzo 1984.
www.fondazionepromozionesociale.it