Prospettive assistenziali, n. 68, ottobre - dicembre 1984
Notiziario del Centro
italiano per l'adozione internazionale
NUOVI PRINCIPI PER L'ADOZIONE INTERNAZIONALE DI BAMBINI
INDIANI
L'India non sarà più una libera
riserva di caccia del bambino da adottare.
La sentenza emessa dalla Corte
suprema indiana di Delhi il 6 febbraio 1984, pone fine all'adozione selvaggia. Infatti, sulla base di
una lettera scritta dall'avvocato Laxmi Kant Pandey, presso la Corte
suprema di Delhi, il 1° settembre 1982 si apriva una causa contro l'Union of
India. L'avvocato lamentava il malcostume in uso da parte di organizzazioni
straniere e agenzie volontarie che si occupano di
offrire bambini indiani in adozione a genitori stranieri.
La Corte, dopo aver esaminato i
documenti e sottoposto le prove al Consiglio indiano per l'assistenza sociale
(ICSW) e il Consiglio indiano per l'assistenza infantile (ICCW) e ad altre
organizzazioni sia indiane che straniere, giunse ad
alcune conclusioni.
Sulla base di alcune deposizioni giurate da parte
di organismi che avevano preso in considerazione ogni aspetto del problema sia
di ordine legale che sociologico, sulle risultanze del dibattito che ne era
seguito, si è giunti a formulare principi e norme da osservare e la procedura
da seguire quando si decide di dare in adozione bambini indiani a genitori
stranieri, onde evitare abusi, maltrattamenti o sfruttamento dei bambini.
Nel preambolo del documento si dice:
«È evidente che
in una società civilizzata, l'importanza dell'assistenza ai bambini non può
essere sottovalutata, perché il benessere di tutta la comunità, la sua
crescita e il suo sviluppo dipendono dalla salute e dal benessere dei suoi
bambini. l bambini sono un patrimonio nazionale molto
importante e il futuro benessere della Nazione dipende da come crescono e si
sviluppano i suoi bambini. Ora è evidente che i bambini hanno bisogno di una protezione speciale per la loro tenera età e per la loro
incapacità di badare a se stessi. Ecco perché ci si
rende sempre più conto in ogni parte della terra che i bambini devono essere
allevati in un'atmosfera d'amore e di affetto e sotto la cura e l'attenzione
dei genitori, per raggiungere e acquistare fiducia in se stessi e il rispetto
di se stessi , una stabilità e maturità emotiva, intellettuale e spirituale e
una equilibrata visione della vita».
La famiglia,
dunque, come luogo privilegiato per lo sviluppo armonico del bambino. Vengono tracciate,
quindi, alcune priorità da seguire che sono: 1) cure da parte dei genitori
biologici o di parenti; 2) adozione nazionale; 3) adozione internazionale.
Si deve fare ogni possibile sforzo
per promuovere l'adozione nazionale. Si ricorda, a questo proposito, che da
secoli l'adozione era diffusa nella società indù e questa pratica va
sollecitata e favorita.
La sentenza prosegue affermando che: «Se non è
possibile trovare genitori adottivi adatti al bambino nel suo Paese, può
essere necessario dare in adozione il bambino a genitori stranieri piuttosto
che lasciarlo crescere in un orfanotrofio o in un istituto dove non avrà vita
familiare né amore. Non c'è ragione per cui questi
bambini non debbano poter essere dati in adozione a genitori stranieri».
Affermati i principi generali, la
Corte ha elaborato tutta una normativa che riguarda: 1) la salvaguardia dei
genitori biologici, che devono essere aiutati a comprendere tutte le
implicazioni di un eventuale abbandono; 2) l'accertamento dello stato di abbandono del bambino fino all'emissione di una
dichiarazione della Corte riguardante lo stato di adottabilità
del bambino stesso; 3) la necessità di operare con organismi qualificati nel
settore.
A questo proposito, si è deciso di
formare due liste di organizzazioni che dovranno
essere autorizzate ad operare nel settore, escludendo così ogni trattativa
privata.
La prima lista riguarda tutte le
organizzazioni o gli istituti indiani che operano nel campo dei bambini. Ogni
organizzazione deve presentare domanda al Governo indiano per essere autorizzata
ad operare. Ogni organizzazione dovrà rispondere ai criteri stabiliti: godere di buona reputazione nel campo della cura e
dell'assistenza al bambino; avere adeguato personale con esperienza
professionale di assistenza sociale; avere altri programmi di assistenza al
bambino al di là della adozione; verifiche di bilancio; deve inoltre tenere un
registro relativo ai bambini in essa ricoverati.
La lista delle agenzie autorizzate
verrà poi inviata dal Governo centrale a tutte le Corti distrettuali nei vari
Stati dell'India.
La seconda lista riguarda le agenzie
straniere. Il Governo dell'India preparerà una lista di agenzie
sociali o per l'assistenza infantile riconosciute o autorizzate all'adozione
internazionale dal Governo di ciascun Paese dove i bambini indiani verranno
adottati. La lista sarà compilata dopo aver preso informazioni dai Governi di
ognuno dei Paesi stranieri e dalle Ambasciate indiane dei Paesi suddetti. Copie
di questo elenco saranno inviate alle varie High Courts del Paese e da esse alle Corti distrettuali e alle
agenzie di assistenza che lavorano in India.
«Non
sarà possibile a nessun individuo o agenzia presentare la domanda di uno
straniero per adottare un bambino; tale domanda dovrà essere presentata solo
attraverso un'agenzia che abbia ottenuto tale autorizzazione. Nessuna altra
forma privata di trattazione dovrà essere ammessa in materia».
Un buon documento, dunque, un grosso
passo avanti a livello di presa di coscienza del problema e di
operatività. Tutto questo fa onore ai responsabili indiani e a quanti
per anni hanno lavorato in India per promuovere una prassi e una legislazione
al passo con le gravi necessità del Paese. Una chiara presa di posizione contro
l'abuso dell'adozione selvaggia ancora presente in
molti Paesi soprattutto in America Latina.
Il CIAI, che da tanti anni si muove
in questa direzione di promozione e regolamentazione della materia per la salvaguardia dei diritti del bambino solo, ha avuto la
soddisfazione di essere, per il momento, l'unico organismo inserito nella lista
delle agenzie italiane.
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