Prospettive assistenziali, n. 68, ottobre - dicembre 1984
Notizie
LETTERA APERTA AI CATTOLICI SUL
PROBLEMA DEGLI ANZIANI MALATI CRONICI NON AUTOSUFFICIENTI
Scriviamo ai Cattolici non per
distinguere le persone secondo le ideologie religiose e tanto meno per
attribuire a chi si ritiene credente una patente di superiorità, ma perché ci
sembra che il Vangelo di Cristo e il Suo messaggio, la cui attenzione è la ragione della nostra vita, possa, nei confronti della
realtà che drammaticamente in questo momento interroga chi scrive, offrire un
richiamo determinante per orientare le scelte, dopo aver suscitato la
sensibilità.
Sappiamo che, almeno a livello di affermazioni di principio sempre e a livello di
realizzazioni profetiche sovente nella storia, ci si dichiara dalla parte degli
«ultimi», siano essi tali in qualsiasi aspetto limitativo della persona umana.
Ma una cosa ci sembra di poter dire:
ed è che troppo poco la volontà e le azioni corrispondono alle enunciazioni e
troppo invece la cultura e le scelte «del mondo» condizionano
le conclusioni e costituiscono facili alibi all'insufficiente coraggio.
Ci permettiamo di far osservare che
anche tra coloro che vengono considerati o situati ai
margini della comunità esistono condizioni di diversa e crescente gravità,
sino a giungere a quegli «ultimissimi» che soltanto più la pietà o la pazienza
considerano persone, dichiarandone però il peso umano e sociale e definendo
l'attenzione ad essi prestata quasi un'«eroica» disponibilità.
Riteniamo che oggi, proprio per una dinamica sociale che valuta l'uomo in relazione alle sue
capacità presenti, future o possibili, di produttività, questi «ultimi tra gli
ultimi» sono coloro il cui «valore» consiste nell'«esistere», senza speranza di
realizzare o di recuperare un inserimento in quella
comunità che si autodefinisce «normale»: parliamo di coloro che, per età e
malattia, sono gli «anziani malati cronici».
Già questa
definizione: «anziani malati cronici» non ci sembra compatibile con una giusta
visione dell'uomo e con il progetto del Creatore; non possono le diversità
costituire «categoria», perché l'unica che può essere accettata è quella che
esprime l'uguaglianza tra tutti gli esseri umani: la categoria «persona». Dovremmo anche nel linguaggio, che
è espressione del nostro pensiero, evidenziare prima di tutto il valore essenziale:
l'essere persona, per cogliere poi i diversi bisogni; e ciò non per creare una
gerarchia di valori, ma per servire in modo adeguato ogni situazione.
Se avessimo questa chiarezza di pensiero non potremmo, se non a condizione di riconoscerci
incoerenti e quindi ipocriti, accettare l'assenza di risposte o le risposte
ingiuste che vengono date alla drammatica domanda che emerge dalla situazione
di queste persone:
non potremmo e non dovremmo accettare
le dimissioni dagli ospedali di una persona anziana e ammalata, quando questa
non può essere curata sufficientemente a domicilio o in ambulatorio;
non potremmo e non dovremmo accettare
che non vengano prestate negli ospedali le necessarie cure riabilitative;
non potremmo e non dovremmo accettare
che le leggi nazionali e regionali vengano inosservate quando impongono che le
strutture ospedaliere prevedano nel calcolo dei posti letto anche le esigenze
dei pazienti lungodegenti e cronici;
non potremmo e non dovremmo accettare
che continuino ad esistere strutture di ricovero per «cronici», nelle quali la
persona ammalata ed i familiari vivono l'angoscia non solo della malattia ma
quelle ben più tremende della sua irreversibilità e dove il personale subisce
una evidente dequalificazione professionale e rischia
di perdere le proprie motivazioni.
Non è certo nostra intenzione
affrontare qui tutti gli aspetti umani, sociali e tecnici di questo problema (*);
ci è parso invece opportuno richiamare l'attenzione
sulla necessità di verificare alla luce del Vangelo e non della cultura corrente
una realtà che si riferisce agli «ultimi tra gli ultimi».
Non vogliamo, in conclusione di
queste osservazioni, sostituirci a chi nelle Comunità ha la responsabilità di
annunciare senza attenuazioni il Vangelo nelle sue conseguenze logiche anche se
compromettenti.
Ma ci permettiamo di far presente che
le parole di Cristo: «Ero ammalato e mi avete visitato» potrebbero oggi
essere tradotte così, se vogliamo rendere attuale il suo messaggio di amore: «Ero una persona ammalata senza speranza di
guarigione e mi avete accolto fra voi, là dove si curano le malattie, dove si
leniscono le sofferenze, dove le persone si considerano preziose perché
persone; non mi avete allontanato perché incurabile, non mi avete emarginato
perché cronico, non mi avete trascurato perché inutile; questo avete fatto a me quando avete trattato così un altro essere
umano».
Maria Grazia Breda, via Foligno 70, 10149
Torino; Paolo Guglierminotti; Pierlivio
Marabotto; Giovanni Mastropaolo;
Donata e Piero Micucci; Carla Monzini;
Dario Oitana; Giorgio Pagliarello;
Marisa Pavone; Mario Tortello.
Torino, ottobre 1984
SINDACATO E HANDICAPPATI: LE BUGIE HANNO LE GAMBE CORTE
Riproduciamo
integralmente l'articolo di G. Selleri, Presidente nazionale dell'Associazione nazionale invalidi
esiti poliomielite e altri invalidi civili, riprendendolo dal n. 1-2-3 di
«Orizzonti aperti», 1984.
«Il
sindacato ha espressamente rifiutato il testo proposto come "quarto
allegato" che non è mai entrato a far parte dell'accordo
del 22 gennaio».
Così Flavio Cocanari,
responsabile per i problemi degli handicappati del dipartimento politiche
sociali della CISL, smentisce De Michelis e invita a
prendere atto di numerose affermazioni positive del
sindacato per il problema del collocamento obbligatorio.
Che l'accordo del 22 gennaio 1983
(come del resto quello dell'11 febbraio scorso) costituisca materia opinabile
lo stanno dimostrando i lavoratori e la crisi
dell'unità sindacale, tuttavia non è possibile affermare che il sindacato non
abbia sottoscritto l'allegato 4, che è diventato legge l'11 novembre 1983.
Quando nell'autunno scorso si tentò
insistentemente, ma inutilmente, di convincere i parlamentari
a non approvare quella gratuita, violenta e umiliante norma che bloccava il collocamento
al lavoro dei portatori di handicaps, un illustre
esponente socialista consegnò ai rappresentanti degli invalidi la fotocopia
dell'originale dell'allegato 4, allargando le braccia.
Non c'è dubbio che la penultima
firma a sinistra è quella di Carniti. Non si tratta
quindi di una «dichiarazione unilaterale del Ministro del Lavoro», come ha
scritto lo stesso segretario della CISL a De Michelis
(il quale peraltro aveva già affermato in Parlamento che l'accordo non era
segreto e che le firme erano autentiche).
Qualcun altro da parte della CGIL
(Doriana Giudici) afferma: «Può essere successo che alle due di notte... il
foglio sia stato firmato per errore». La conclusione
potrebbe essere: «Io non c'ero, se c'ero dormivo».
La verità è che il blocco delle
assunzioni degli handicappati fu contrattato dai sindacati in cambio della
rinuncia da parte della Confindustria a non insistere
sulla questione del primo giorno di malattia.
Neppure io voglio esasperare le
polemiche e non voglio mettere in dubbio la solidarietà
della base sindacale nei confronti degli handicappati, anche perché è evidente
che la loro integrazione sociale non può essere realizzata senza la classe
lavoratrice.
Eppure Cocanari
preoccupa quando propone incontri di associazioni, confronto fra le parti, ripuntualizzare
le fasi per il proseguimento dell'obiettivo rapportandolo con l'adeguamento degli
strumenti, rimuovere ostacoli, ripuntualizzare il
ruolo di ciascuno.
Sembra di rileggere il colloquio del
Conte zio con il Padre provinciale dei Cappuccini nei Promessi sposi. «Lei sa
cosa segue: quest'urti, queste picche, principiano talvolta da una bagatella, e vanno avanti, vanno avanti... A voler trovarne
il fondo, o non se ne viene a capo, o vengono fuori cent'altri
imbrogli. Sopire, troncare, padre molto reverendo, troncare,
sopire».
Comunque il problema non è quello di immaginare
schemi logici, ma di trovare soluzioni pratiche.
Dopo la scuola dell'obbligo, dopo il
parcheggio nella formazione professionale, gli handicappati giovani tornano nel
chiuso delle famiglie, dove si moltiplicano sofferenza, stanchezza, sentimenti
e situazioni di inutilità, di estraneità e di
solitudine. Gli handicappati adulti hanno perso ogni speranza di occupazione, di autonomia, di vita familiare e sociale.
Tutti allora accettano e cercano indennità e pensioni, rinunciando definitivamente
alla partecipazione. Le spese assistenziali aumentano, ma almeno questi strani
e scomodi uomini non creano più problemi agli uffici del personale delle
fabbriche.
Secondo valutazioni
attendibili, i
lavori del Parlamento, salvo crisi di Governo, sono programmati per due anni
per risolvere problemi economici, istituzionali, ecc.
(*) Si vedano, al
riguardo, gli interventi svolti dal CSA alle sedute pubbliche del Tribunale per
i diritti del malato del 24-4-1982 e del 18-2-1984. Si vedano anche gli Atti
delle prime due sedute pubbliche del Tribunale suddetto.
www.fondazionepromozionesociale.it