Prospettive assistenziali, n. 68, ottobre - dicembre 1984
Specchio nero
LA DAMA E IL POVERELLO
Dal libro «Bon
Ton» (Manuale di Buone Maniere) di Lina Sotis,
Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1984, alla voce
«B» come «Beneficenza» (e fra le voci «Bacio», «Bagno», «Barba e baffi»),
l'autrice scrive: la beneficenza «risolve
moltissimi pomeriggi a signore dall'animo spesso poco benefico, ma molto
annoiato. La beneficenza è un dovere di tutte le persone ricche. Attraverso la beneficenza molti nuovi ricchi hanno fatto le loro prime
conoscenze importanti.
«Una
scalata sociale molte volte inizia su un treno per malati, dove la giovane
signora si fa notare per la sua praticità e generosità dalla presidentessa,
che generalmente non solo sarà abile e solerte ma avrà anche un nome famoso e
un cospicuo conto in banca. A parte questa nota di colore, la beneficenza può
essere una pratica davvero benefica, tutto sta nel come la si
fa. Non ostentatela, dovrebbe essere un vostro dovere
e non qualcosa di cui vantarvi. Non innamoratevi della vostra bontà, non date
l'impressione al poverello
(o all'handicappato, all'anziano, al drogato) che vivete solo per lui mentre
poi lo abbandonate a se stesso al primo viaggio alle Bermude».
P.S. Tra un tè ed una canasta, un'opera
(pia) non guasta.
L'EDILIZIA IN CRISI «SCOPRE» LA TERZA ETÀ
L'edilizia scopre la terza età e, in
piena crisi del settore, propone le «case per anziani». Se ne
è parlato a Cannes, dove si sono tenute le
giornate europee della Fiabci (Federazione internazionale
delle professioni immobiliari) (1). Di che cosa si tratta? Di
edifici con appartamenti di piccolo taglio e con una serie di servizi
collettivi: club con salone, sale giochi, biblioteca, palestra, cucina, sala
ristorante, ecc. In pratica, l'anziano acquista o affitta l'appartamento e questo
gli dà diritto ad utilizzare tutti i servizi.
Queste residenze dovrebbero
rispondere ad alcuni requisiti relativi
all'ubicazione (possibilmente centrale); alla dotazione di infrastrutture locali
(negozi, ambulatori, chiesa, centri sociali, poste, banche, trasporti pubblici)
adeguate alle richieste; alla tipologia edilizia (vasti ascensori, nessuna
barriera architettonica, accessori a misura d'anziano). Si dice
che esperienze del genere siano state fatte soprattutto in Francia e in Gran
Bretagna e che, per la loro buona riuscita, occorra un'amministrazione
efficiente con personale preparato appositamente e un sistema creditizio che
favorisca tale tipo di investimento. Si dice anche che il mercato del settore
potrebbe essere vastissimo; stime inglesi valuterebbero in 20-25 mila gli
alloggi da realizzare in un anno con questa formula, a fronte di una richiesta
che sarebbe già di 50 mila.
E, mentre - di
solito - tra il dire ed il fare... c'è di mezzo il mare; in questo caso c'è già
chi vuol passare dalle parole ai fatti. A Padova, ad esempio, l'assessore all'Urbanistica del
Comune ha un progetto di «Centro residenziale per anziani»
da attuare in collaborazione con l'Opera Immacolata Concezione (2). Si
tratta - dice l'assessore di «un primo
modello di intervento, dove iniziativa pubblica e
privata concorrono a risolvere contemporaneamente due dei più gravi problemi
sociali del nostro Paese: il problema della casa e quello dei servizi
residenziali per le persone anziane».
«Il
piano prevede l'inserimento del centro per anziani (circa 900) (sic!),
all'interno di un nucleo dl edilizia economica popolare per circa 1.500
abitanti. La realizzazione avverrà a Mandria, un
quartiere alla periferia di Padova la cui popolazione salirà complessivamente
a circa 6.000 unità.
«Nel
centro residenziale della Mandria gli anziani saranno così sistemati:
70
in appartamenti individuali, con il supporto dei servizi sociali territoriali;
120
in miniappartamenti autonomi, con disponibilità di servizi comuni
centralizzati;
120
in miniappartamenti con organizzazione di tipo alberghiero;
120
in alloggi di tipo comunitario per persone parzialmente autosufficienti;
480
in strutture adeguate alle persone non autosufficienti».
Il progetto,
continua l'assessore, «prevede un sistema
di viabilità che collega le diverse strutture insediative
con la città e i quartieri vicini; organizza unitariamente i servizi di
quartiere e i servizi socio-assistenziali per gli anziani, in modo da
facilitarne l'accesso con un sistema differenziato di percorsi veicolari e
pedonali. Dispone inoltre le attrezzature
socio-assistenziali per gli anziani in modo che siano integrative dei servizi
pubblici per il resto della popolazione. Nel centro anziani e nel contiguo
nucleo abitativo, possono essere realizzati spazi e strutture polivalenti di carattere sociale, culturale e ricreativo,
aperte sia agli anziani sia ai residenti nel quartiere. Organizza poi le
residenze degli anziani in un ambiente e con una tipologia che rispettano la privacy e l'autonomia dei singoli, favorendo allo stesso
tempo i rapporti interpersonali con gli abitanti del quartiere».
E conclude:
«L'intervento è il risultato di una lenta
ma radicale trasformazione culturale e legislativa che, solo negli ultimi
anni, ha invertito la logica di dare risposte settoriali e non programmate alla domanda sociale della collettività in
merito alle abitazioni, ai servizi, alla tutela dell'ambiente, alla qualità
della vita».
Sarà, ma a noi un centro per «circa
900 anziani» sembra solo una gabbia (d'oro, forse, ma
sempre una gabbia). Con tanti saluti alla dichiarata integrazione.
(1) Cfr. Il Sole - 24 Ore,
mercoledì 7 novembre 1984, p. 11.
(2) Cfr. Informazioni
sociali, anno VIII, n. 1, gennaio 1984, p. 8.
www.fondazionepromozionesociale.it