Prospettive assistenziali, n. 71, luglio - settembre 1985
Notiziario
dell'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie
RIFLESSIONI DI UN GRUPPO DI FAMIGLIE SULL'ADOZIONE E
L'AFFIDAMENTO
Riceviamo e
pubblichiamo:
Rivolgiamo queste riflessioni a
quanti sono attenti e sensibili alle situazioni di emarginazione,
in particolare ai Cattolici che, dall'esempio di Cristo e dalla Sua parola,
traggono il dovere di coscienza di essere disponibili alla condivisione
fraterna verso chiunque, dando la priorità a chi è più bisognoso di affetto e
di accoglienza.
Siamo un gruppo di persone che segue
e attua da tempo l'adozione e l'affidamento familiare,
che a Torino ha avuto inizio e diffusione negli anni '60 e '70.
Abbiamo l'impressione che queste
forme di accoglienza siano ormai sufficientemente
intese come la risposta migliore ai bambini che sono in stato di abbandono e
che queste alternative alla istituzionalizzazione siano insostituibili, perché
solo la realtà familiare può veramente aiutare a maturare psicologicamente e
affettivamente i minori.
Ma ci sembra che in questi ultimi
anni non sia maturata una giusta visione dell'adozione e siano
contemporaneamente diminuite la sensibilità e ancor
più la disponibilità concreta verso l'affidamento.
In merito all'adozione, mentre la
legge italiana considera l'adottato totalmente e definitivamente «figlio»
senza distinzione tra questo e i bambini generati biologicamente, troppo sovente ancora sia la mentalità comune sia l'atteggiamento
di movimenti cattolici e di coppie disponibili considerano l'adozione come
l'alternativa all'aborto o come l'espressione di una generosità che supera i
limiti del dovere della fecondità; è inoltre ancora vista l'adozione come
scelta sostitutiva determinata dalla impossibilità a
procreare.
L'adozione invece parte per noi dal
desiderio della coppia che si sente comunità aperta e disponibile ad
accogliere un bambino, ad amarlo a tutti gli effetti come figlio.
Un altro modo oggi per vivere la
propria fede al servizio della comunità sociale - aiutando l'infanzia in
difficoltà - è l'affidamento familiare. Si tratta di un intervento che viene
in aiuto del bambino o ragazzo che, per cause diverse, non possono
continuare a vivere nella propria famiglia ed hanno come unica risposta alla
loro situazione il ricovero in istituto con tutte le conseguenze negative che
questo comporta per il loro sviluppo.
Con l'affidamento possiamo invece
offrire al bambino o ragazzo una continuità di crescita, in un ambiente sereno
e armonioso, accogliendolo nelle nostre famiglie per periodi di tempo più o meno lunghi.
L'affidamento richiede agli affidatari di mettersi al servizio del bambino che ha
bisogno di qualcuno che lo aiuti a crescere, senza che si instauri
quel rapporto di filiazione che avviene invece con l'adozione. Egli mantiene infatti rapporti coi propri genitori o parenti e si dovrà
operare affinché vengano rimosse le cause che lo hanno costretto ad
allontanarsi dalla propria casa.
Poiché i bambini e ragazzi ancora in
istituto (80.000 nel 1982 in Italia) o la cui casa è la strada o il cortile o
il bar, sono una realtà socialmente e quantitativamente impressionante, desideriamo
richiamare su questi problemi l'attenzione e la responsabilità delle Comunità
cristiane che, oltre alle ragioni psicologiche e
sociali, hanno chiare motivazioni di Fede e di Carità per impegnarsi in prima
persona nella «riconciliazione» con chi soffre, la cui attuazione concreta
diventa speranza per i singoli e per la collettività.
Ci sembra che alla base di una «conversione»
nei confronti dell'adozione e dell'affidamento, debba esserci un nuovo
concetto di «fecondità» nelle coppie, non più ristretta alla procreazione,
sia pure responsabile, e di accoglienza e di amore, ma
realizzata in ogni forma di apertura e di donazione.
Riteniamo che sia fecondo chi
condivide con altri i propri talenti spirituali, affettivi e operativi, chi
offre valori di fede e di sapienza, chi apre il proprio cuore perché altri vi
trovino posto, chi dispone del proprio lavoro per il
bene comune.
Sono perciò vere forme di fecondità,
relativamente ai figli, la procreazione, l'adozione, l'affidamento, la
comunità di accoglienza, ma sempre a condizione che la
motivazione, l'anima, lo stile, sia la volontà di donare amore.
Pensiamo inoltre che sia
indispensabile approfondire la convinzione che, come i problemi sono causati
dalla comunità, è nella comunità che vanno affrontati, è nella comunità che
devono essere scelte ed attuate le soluzioni, è in nome della comunità e
riferendosi ad essa che le persone operano
concretamente.
Questa presa di
coscienza, che deve essere presente ogni qual volta si parla di «famiglia»,
deve portare ad agire in due direzioni complementari:
- aiutare immediatamente chi soffre
per mancanza di affetto, senza attendere mutamenti sociali
che nel frattempo lasciano soffrire e morire chi è emarginato;
- agire decisamente
nel politico e nel sociale, perché diminuiscano e gradualmente scompaiano le
cause che inducono in situazioni di sofferenza; altrimenti si prolungano
all'infinito le conseguenze di un'impostazione sociale che produce
l'emarginazione e ne favorisce forme sempre nuove.
Queste scelte sono coerenti con il
progetto di Dio sull'uomo e sulla vita e con il Suo «essere
Padre», che, pur avendo un Figlio naturale, ha voluto adottare tutte le
creature, per farle partecipi della propria famiglia e quindi del proprio
amore e della propria felicità.
Concludiamo queste nostre riflessioni con la
parola di Cristo trasmessaci nel Vangelo di Luca: «Allora prese un bambino, se
lo pose accanto e poi disse loro: "Chi accoglie questo bambino nel mio
nome accoglie me, e chi accoglie me accoglie Colui che
mi ha mandato"» (9, 47-48).
Non se ne può dedurre che chi non
prende un minore in adozione o in affidamento rifiuta Cristo e il Padre: è
giusto e doveroso chiarire le proprie motivazioni e le proprie forze per poter dare ad un bambino ciò di cui ha veramente bisogno.
Ma si può concludere
che chi accoglie un bambino nel nome di Cristo accoglie Lui, e accogliendo
Lui è Dio stesso che entra a far parte della famiglia con una presenza
particolare: è la realizzazione oggi più coerente con l'affermazione di Gesù: «Tutte le volte che avete fatto ciò a uno dei più piccoli di questi miei fratelli, lo avete
fatto a me!» (Mt. 25, 40).
Desideriamo approfondire questi temi
con tutte le persone interessate a operare concretamente
in questa direzione.
p. un gruppo di famiglie adottive e
affidatarie
M. Grazia e P. Livio
Marahotto Tel. 011/211398
Ivana e Marco Tommasino Tel.
011/389159
Palmina e Raimondo Rubinsaglia Tel. 011/890333
www.fondazionepromozionesociale.it