Prospettive assistenziali, n. 71, luglio - settembre 1985
PROPOSTA Di LEGGE DI
RIFORMA DELL'ASSISTENZA PRESENTATA DALLA DC
Il disegno
di legge presentato dalla DC (1) ripropone posizioni estremamente
negative:
1) la
gestione dei servizi assistenziali può essere svolta
sia dai Comuni singoli sia dalle Unità socio-sanitarie locali (cfr. l'art. 11). Assistiti scaricati
dai Comuni alle USSL e viceversa, vuoti di intervento,
prestazioni conflittuali sullo stesso nucleo familiare: sono alcune delle
situazioni che - come l'esperienza insegna - si potranno verificare;
2) massima ampiezza della privatizzazione delle IPAB con conseguente
sottrazione al settore pubblico di miliardi di patrimoni (30-40 mila secondo
alcune stime). I privati, che diventano beneficiari dei miliardi suddetti, non
hanno nessun dovere, nemmeno quello di continuare a destinare i patrimoni a
finalità assistenziali;
3)
l'assegnazione alle Province di un importante ruolo nella programmazione dei
servizi, fatto destinato a creare altre ingiustificate complicazioni nella impostazione e gestione dei servizi;
4) lo spazio
estremamente ampio affidato all'assistenza privata,
con notevoli possibilità di espansione della pratica del ricovero in istituto
di minori, handicappati, anziani. Fra l'altro, vi è da
osservare che nel disegno di legge si afferma che le istituzioni private devono
essere «senza fini di lucro», ma non vengono indicati
i criteri per escludere le organizzazioni con fini speculativi;
5) non viene fatto alcun riferimento al volontariato di persone
singole e di nuclei familiari, limitando così in modo drastico interventi importantissimi
quali l'affidamento di minori a scopo educativo e l'inserimento di handicappati
adulti e di anziani presso famiglie e persone;
6)
l'inserimento degli asili nido e di altre attività
fra le funzioni assistenziali. A questo riguardo, valgono le stesse
osservazioni da noi fatte in merito alla proposta di legge presentata dal PSI.
Infine,
osserviamo che il disegno di legge del
TESTO
DEL DISEGNO DI LEGGE
Art. 1
Principi ed obiettivi
In attuazione delle norme costituzionali e nel quadro della sicurezza sociale, la presente legge
determina i princìpi fondamentali relativi agli interventi
di assistenza diretti a garantire al cittadino il pieno e libero sviluppo
della personalità e la sua partecipazione alla vita del Paese.
Tali obiettivi si realizzano con un'attività di
prevenzione e di rimozione degli ostacoli di natura personale, familiare e
sociale, mediante un complesso di servizi sociali coordinati ed integrati sul
territorio con i servizi sanitari e formativi di base e in armonia con gli
altri servizi finalizzati allo sviluppo sociale, nonché
attraverso prestazioni economiche.
A norma dell'articolo 38 della Costituzione l'assistenza privata è libera.
Art. 2
Finalità
Per rendere effettivo, con un'organica politica di
sicurezza sociale, il diritto di tutti i cittadini alla promozione, al
mantenimento e al recupero dello stato di benessere fisico e psichico, al pieno sviluppo della personalità nell'ambito dei rapporti
familiari e sociali, al soddisfacimento delle esigenze essenziali di vita, i
servizi sociali perseguono le seguenti finalità:
a) prevenire e rimuovere le cause di ordine
economico-sociale e psicologico che possono provocare situazioni di bisogno
sociale e fenomeni di emarginazione negli ambienti di vita, di studio e di
lavoro;
b) rendere effettivo il diritto di tutta la popolazione,
senza distinzione di condizioni individuali o sociali, ad usufruire delle
strutture, dei servizi e delle prestazioni sociali, secondo
modalità che garantiscano la libertà e la dignità personale e assicurino
eguaglianza di trattamento, riconoscendo alle persone, per i problemi che le
coinvolgano direttamente, congrue possibilità di scelte di strutture, di
servizi, di prestazioni;
c) agire a sostegno della famiglia e dei nuclei
familiari garantendo anche ai cittadini in difficoltà la permanenza nel
proprio ambiente familiare e sociale di appartenenza
o provvedendo, se necessario, al loro inserimento in famiglie o nuclei
familiari liberamente scelti o in ambienti parafamiliari o comunitari
sostitutivi;
d) intervenire per il reinserimento di quanti ne sono esclusi;
e) intervenire a sostegno dei
soggetti colpiti da menomazioni fisiche, psichiche, sensoriali per garantire il
loro inserimento nei normali ambienti
di vita, di studio, di lavoro;
f) promuovere la protezione e la tutela giuridica dei
soggetti incapaci di provvedere a se stessi e privi di
parenti o persone che di fatto vi provvedono.
Art. 3
Destinatari
Tutti i cittadini hanno diritto a fruire dei servizi
sociali senza distinzione di carattere giuridico,
economico, sociale, ideologico o religioso.
Ai cittadini è assicurata la libera scelta dei
servizi disponibili nel territorio.
Sono, altresì, ammessi ai suddetti servizi, gli
stranieri e gli apolidi che si trovano in territorio italiano, anche se non risultino appartenere a Stati per i quali sussiste il trattamento
di reciprocità, salvo i diritti che la presente legge conferisce con riguardo
alla condizione di cittadinanza.
Può essere chiesto agli utenti e alle persone tenute
al mantenimento e alla corresponsione degli alimenti il concorso al costo di determinate
prestazioni in relazione alle loro condizioni economiche,
tenendo conto della situazione locale e della rilevanza sociale dei servizi,
secondo i criteri stabiliti con legge regionale.
In ogni caso le leggi regionali debbono
garantire agli utenti dei servizi la conservazione di una quota delle pensioni
e dei redditi che permetta loro di far fronte in modo adeguato alle esigenze
personali.
Art. 4
I servizi socio-assistenziali provvedono altresì a:
a) promuovere l'utilizzazione
dei servizi da parte dei cittadini, compresi quelli con handicaps
fisico-psichico-sensoriali. Detta attività comprende
anche la segnalazione ai competenti uffici dei bisogni assistenziali
risolvibili mediante la predisposizione di servizi sia sociali, sia preposti
allo sviluppo sociale;
b) fornire ai cittadini l'informazione necessaria per
quanto concerne le disposizioni legislative, regolamentari e d'altro genere sui
servizi socioassistenziali;
c) fornire l'informazione sulle prestazioni e sui
servizi socio-assistenziali esistenti nel territorio e, occorrendo, la
consulenza per la loro fruizione.
I servizi socio-assistenziali devono
assicurare comunque le prestazioni previste dagli articoli 22 e 23 del decreto
del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616.
I servizi socio-assistenziali sono
prevalentemente organizzati in forme aperte con carattere domiciliare o di
centri diurni adeguatamente distribuiti nel territorio.
Art. 5
Prestazioni economiche
Le prestazioni di carattere economico si distinguono in ordinarie e straordinarie.
Hanno diritto alle prestazioni ordinarie:
a) sotto forma di pensione sociale o di
assegni di inabilità, tutti í cittadini che, per età o inabilità, non
possono accedere al lavoro e sono sprovvisti dei mezzi necessari per vivere;
b) sotto forma di assegni
continuativi tutti i cittadini che, a causa della loro grave invalidità,
incontrano, nel compiere gli atti quotidiani della vita, difficoltà tali da
aver bisogno dell'aiuto di terzi o di una sorveglianza personale continua.
Le prestazioni economiche ordinarie e le relative
misure e modalità sono definite con leggi dello Stato.
Le prestazioni straordinarie sono dirette a coloro
che si trovano in difficoltà economiche contingenti o temporanee e sono
erogate, anche nel caso di prestazioni a carattere continuativo, dai Comuni,
secondo i criteri indicati dalle leggi regionali.
Art. 6
Compiti dello Stato
Sono di competenza dello Stato:
1) la funzione di indirizzo
e di coordinamento delle attività amministrative delle Regioni a statuto
ordinario in materia di servizi sociali attinenti ad esigenze di carattere
unitario, anche con riferimento agli obiettivi della programmazione nazionale e
agli impegni derivanti dagli obblighi internazionali e comunitari;
2) la fissazione dei requisiti per la determinazione
dei profili professionali degli operatori sociali; le disposizioni generali in
materia di ordinamento e durata dei corsi e la
determinazione dei requisiti necessari per l'ammissione;
3) gli interventi di primo soccorso in caso di
catastrofe o calamità naturali di particolare gravità o estensione e gli
interventi straordinari di prima necessità richiesti da altri eventi eccezionali
ed urgenti che trascendono l'ambito regionale o per i quali
l'ente locale non possa provvedere, ovvero resisi necessari per assolvere un
dovere sul piano di solidarietà nazionale;
4) gli interventi di prima assistenza in favore dei
connazionali profughi e rimpatriati, in conseguenza di eventi
straordinari ed eccezionali;
5) gli interventi in favore dei profughi stranieri,
limitatamente al periodo strettamente necessario alle operazioni di identificazione e di riconoscimento della qualifica di
rifugiato e per il tempo che intercorre fino al loro trasferimento in altri
paesi o al loro inserimento nel territorio nazionale, nonché gli oneri relativi
all'assistenza agli stranieri e agli apolidi fino alla concessione del permesso
di soggiorno;
6) gli interventi
socio-assistenziali prestati ad appartenenti alle Forze armate dello Stato,
dell'Arma dei carabinieri, alle altre forze armate di Polizia dello Stato ed al Corpo nazionale dei
vigili del fuoco e ai loro familiari, da enti e organizzazioni appositamente
istituiti;
7) i rapporti in materia di assistenza
con organismi stranieri ed internazionali, la distribuzione tra le Regioni di
prodotti destinati a finalità assistenziali in attuazione di regolamenti della
Comunità economica europea, nonché l'adempimento di accordi internazionali in
materia di assistenza;
8) le pensioni e gli assegni di
carattere continuativo disposti dalla legge in attuazione dell'articolo 38,
primo comma, della Costituzione;
9) gli interventi fuori del
territorio nazionale a favore degli italiani all'estero;
10) la certificazione, da esercitarsi mediante delega
alle Regioni, della qualifica di orfano, vedova,
inabile e degli altri titoli di legittimazione ai godimento dei benefici
previsti dalle leggi vigenti.
Art. 7
Riassetto degli uffici statali
Fino all'attuazione della riforma della Presidenza del
Consiglio dei ministri e alla riorganizzazione dei Ministeri, le funzioni
statali di cui alla presente legge sono esercitate dal Ministero della sanità.
Gli interventi previsti dai numeri 3), 6), 7) e 9)
del precedente articolo 5 restano assegnati ai Ministeri rispettivamente
competenti.
In sede di riordinamento del Ministero della sanità ai sensi dell'articolo 59 della legge 23
dicembre 1978, n. 833, si dovrà tener conto delle esigenze connesse
all'attuazione dei compiti di cui alla presente legge.
Art. 8
Consiglio nazionale della sanità e dei
servizi sociali
L'articolo 8 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, è
sostituito dal seguente:
«È istituito il Consiglio nazionale della sanità e
dei servizi sociali con funzioni di consulenza e di proposta nei confronti del
Governo per la determinazione delle linee generali della politica sanitaria e assistenziale e per l'elaborazione e la attuazione del piano
sanitario nazionale.
Il Consiglio è sentito obbligatoriamente in ordine ai programmi globali di prevenzione anche primaria, alla
determinazione dei livelli di prestazioni sanitarie stabiliti con le modalità
di cui al secondo comma dell'articolo 3 e alla ripartizione degli stanziamenti
di cui all'articolo 51, nonché alle fasi di attuazione del servizio sanitario
nazionale e alla programmazione del fabbisogno di personale sanitario
necessario alle esigenze del servizio sanitario nazionale. Il Consiglio è,
altresì, sentito obbligatoriamente in ordine ai programmi
globali di intervento in materia assistenziale, alla determinazione dei
livelli minimi dei servizi sociali che debbono essere garantiti a tutti i
cittadini, alla determinazione dei profili degli operatori sociali, alle
pensioni ed assegni di carattere continuativo di competenza dello Stato.
Esso predispone una relazione annuale sullo stato
sanitario e sulla situazione dei servizi sociali del Paese, sulla quale il
Ministro della sanità riferisce al Parlamento entro
il 31 marzo di ogni anno.
Il Consiglio nazionale della sanità e dei servizi
sociali, nominato con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro della sanità, per la durata di un
quinquennio, è presieduto dal Ministro della sanità ed è composto:
a) da due rappresentanti per ciascuna regione e, per
quanto concerne la regione Trentino-Alto Adige, da due
rappresentanti della provincia di Trento e da due rappresentanti della
provincia di Bolzano;
b) da tre rappresentanti del Ministero della sanità e
da un rappresentante per ciascuno dei seguenti Ministeri: lavoro e previdenza
sociale; pubblica istruzione; interno; grazia e giustizia; difesa; tesoro;
bilancio e programmazione economica; agricoltura e foreste; industria, commercio
e artigianato; marina mercantile; nonché da un
rappresentante designato dal Ministro per il coordinamento delle iniziative per
la ricerca scientifica e tecnologica;
c) dal direttore dell'Istituto superiore di sanità per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, da un
rappresentante del Consiglio nazionale delle ricerche, da dieci esperti in materia
sanitaria designati dal CNEL, tenendo presenti i criteri di rappresentatività
e competenze funzionali al servizio sanitario nazionale, e da quindici esperti
in materia assistenziale, di cui dieci designati dal CNEL tenendo presenti i
criteri di competenza funzionale rispetto ai servizi socio-assistenziali e
cinque designati dalle associazioni di rappresentanza delle istituzioni private
di assistenza sociale;
d) da cinque rappresentanti dell'ANCI.
Il Consiglio elegge tra i suoi componenti
un vice presidente.
L'articolazione in sezioni, le modalità di funzionamento
e le funzioni di segreteria del Consiglio sono disciplinate con regolamento
emanato dal Ministro della sanità, sentito il Consiglio stesso».
Art. 9
Compiti delle Regioni
La potestà delle Regioni in materia di servizi
sociali e di prestazioni economiche, di cui al quarto comma
del precedente articolo 5, è svolta nel rispetto delle norme
fondamentali e dei principi stabiliti dalla presente legge.
Le Regioni attuano le finalità della presente legge
mediante la programmazione degli interventi socio-assistenziali coordinati con
gli obiettivi definiti in sede di programmazione nazionale,
e con gli obiettivi generali dello sviluppo regionale, secondo le
procedure previste nei rispettivi statuti, assicurando comunque il concorso
dei Comuni e delle Province e tenendo conto delle indicazioni e proposte emerse
dalla consultazione delle associazioni regionali, delle formazioni sociali e
degli organismi pubblici e privati e del volontariato operanti nel settore.
Le Regioni in particolare provvedono
a:
1) stabilire le norme generali per la
istituzione, l'organizzazione e la gestione dei servizi sociali
pubblici, nonché i livelli qualitativi e le forme delle prestazioni;
2) approvare il piano di sviluppo
dei servizi sociali, coordinandolo con il piano sanitario regionale;
3) determinare i criteri generali
per il concorso degli utenti e delle persone tenute al mantenimento e alla
corresponsione degli alimenti al
costo delle prestazioni secondo i principi indicati nel precedente articolo 3;
4) determinare le aree territoriali più idonee per
una funzionale organizzazione dei servizi, secondo quanto stabilito al secondo e terzo comma dell'articolo 25 del decreto del
Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616; e all'ultimo comma
dell'articolo 15 della legge 23 dicembre 1978, n. 833;
5) predisporre e finanziare piani
per la formazione e l'aggiornamento professionale del personale addetto ai
servizi sociali;
6) determinare gli indirizzi di carattere generale
per la erogazione delle prestazioni economiche
straordinarie per i cittadini che si trovino in particolari situazioni di
difficoltà personali o familiari;
7) provvedere alla ripartizione fra i comuni singoli
e associati, comprese le comunità montane, dei fondi comunque
disponibili per l'impianto e la gestione dei servizi sociali sulla base delle
priorità prospettate dagli organismi preposti alla gestione dei servizi e
definite in sede di programmazione regionale;
8) determinare le condizioni e i requisiti per
l'iscrizione delle istituzioni private nell'apposito
registro regionale nel rispetto dei princìpi fissati
nella presente legge;
9) disciplinare le modalità e i
criteri della vigilanza sulle attività socio-assistenziali svolte nell'ambito
regionale, anche ai fini della
revoca dell'iscrizione nel registro di cui all'articolo 13;
10) svolgere e promuovere una azione
di assistenza tecnica diretta alla istituzione e al miglioramento dei servizi
sociali e favorire la sperimentazione di nuovi servizi anche mediante istituzioni
specializzate pubbliche o private.
La legge regionale stabilisce le norme per la
gestione amministrativa dei servizi sociali svolti dai Comuni singoli o
associati, assicura il coordinamento e l'integrazione con i servizi sanitari
gestiti dalle unità sanitarie locali e ne prevede il collegamento con gli altri
servizi finalizzati allo sviluppo sociale.
La legge regionale stabilisce i modi e i tempi per
l'unificazione, negli ambiti territoriali di cui all'articolo 25 del decreto
del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, degli organi di governo
e di amministrazione dei servizi sociali e di quelli
sanitari, da attuarsi comunque entro un anno dalla data di entrata in vigore
della presente legge. Le unità sanitarie locali assumono la denominazione di unità socio-sanitarie locali. La legge regionale
stabilisce i compiti e le funzioni attribuite alle unità socio-sanitarie locali
e quelle, attinenti ai servizi di base, che verranno
esercitate dai singoli comuni o da organismi di decentramento comunale, ove
istituito. La legge regionale assicura comunque
l'autonomia tecnico-funzionale dei servizi sociali, nonché la distinzione
contabile della gestione dei servizi sociali, secondo quanto previsto
dall'ultimo comma dell'articolo 25 del predetto decreto del Presidente della
Repubblica n. 616.
Art. 10
Compiti delle Province
Le province concorrono alla elaborazione
del piano regionale di sviluppo dei servizi sociali. Approvano, nell'ambito di
tale piano, il programma provinciale di localizzazione
dei presidi socio-assistenziali ed esprimano il parere sulla rispondenza alla
gestione dei servizi stessi delle delimitazioni territoriali determinate dalla
Regione.
Le funzioni in materia di assistenza
e servizi sociali svolte dalle Province sono trasferite ai Comuni; il personale
e il patrimonio delle Province destinati alle funzioni predette sono trasferiti
ai Comuni nei tempi e con le modalità stabilite dalla legge regionale.
Le somme stanziate nell'esercizio 1982 dalle
amministrazioni provinciali per le funzioni di cui al comma precedente sono
destinate alle Regioni per essere interamente ripartite tra i Comuni, secondo
quanto previsto dal punto 7) del terzo comma del precedente
articolo 9.
Art. 11
Ruolo e compiti dei Comuni
I Comuni sono titolari di tutte le funzioni amministrative
concernenti l'assistenza sociale, salvo quanto
diversamente disposto dalla presente legge.
I Comuni singoli o associati:
a) partecipano alla elaborazione,
realizzazione e controllo del programma regionale di sviluppo dei servizi
sociali e stabiliscono le modalità per assicurare ai cittadini il diritto di
partecipare alla programmazione dei servizi stessi, anche mediante
l'intervento dei rappresentanti degli utenti e delle formazioni sociali
organizzate nel territorio, ivi compresi gli organismi rappresentativi delle
associazioni e delle istituzioni di cui al successivo articolo;
b) provvedono all'organizzazione del complesso dei
servizi sociali pubblici localizzati nel loro territorio qualificando e
potenziando i servizi sociali esistenti, anche attraverso la trasformazione delle strutture già funzionanti e l'istituzione di nuovi
servizi;
c) stipulano convenzioni con le
istituzioni private iscritte nel registro di cui al successivo articolo
13. I corrispettivi delle convenzioni di cui alla lettera a) sono riferiti ai
costi del servizio in relazione ai livelli
qualitativi del servizio stesso;
d) garantiscono il diritto dei cittadini di partecipare
alla gestione ed al controllo dei servizi sociali pubblici stabilendo anche le
modalità di intervento degli utenti, delle famiglie e
delle formazioni sociali organizzate nel territorio;
e) erogano le prestazioni economiche straordinarie e temporanee secondo gli indirizzi generali determinati dalla
Regione;
f) gestiscono i beni mobili ed immobili e le
attrezzature destinate al patrimonio dei Comuni e di quello destinato dai Comuni stessi a sedi di servizi sociali.
Ai fini di cui alla lettera b) i Comuni si avvalgono anche della collaborazione del volontariato e
favoriscono le iniziative di tipo innovatore e sperimentale.
I Comuni esercitano le funzioni amministrative in
materia di assistenza direttamente o attraverso le
unità socio-sanitarie locali, ovvero, per quanto attiene alla gestione dei
servizi di base, attraverso gli organismi di decentramento comunale, ove
istituiti.
Art. 12
Libertà dell'assistenza privata
In conformità all'ultimo comma dell'articolo 38 della
Costituzione è garantita la libertà di costituzione e di attività
alle associazioni, fondazioni e altre istituzioni - dotate o meno di
personalità giuridica - che perseguano finalità assistenziali.
Art. 13
Registro regionale delle istituzioni private
In ogni Regione è istituito un registro per la iscrizione delle associazioni, fondazioni e istituzioni
private anche a carattere cooperativo, dotate o meno di personalità giuridica,
che intendono essere consultate, nella fase preparatoria della programmazione
dei servizi sociali e concorrere alla stipulazione delle convenzioni di cui al
secondo comma dell'articolo 11.
L'iscrizione nel registro delle istituzioni private,
fermo restando il rispettivo regime giuridico-amministrativo,
è disposta dalla Regione, sentiti i Comuni singoli o associati nei cui territori l'istituzione opera, previo accertamento dei seguenti
requisiti:
1) assenza di fini di lucro;
2) idonei livelli di prestazioni, di qualificazione del personale e di efficienza organizzativa ed operativa,
secondo gli standards
dei servizi sociali fissati, ai sensi dell'articolo 9, terzo comma, n. 1;
3) rispetto per i dipendenti delle norme contrattuali
in materia, fatta eccezione per i casi in cui si tratti di prestazioni
volontarie o rese in forza di convenzioni fra le associazioni, le istituzioni
e le fondazioni di cui al primo comma con congregazioni della Chiesa cattolica
o con organi rappresentativi delle altre confessioni religiose;
4) corrispondenza ai principi stabiliti dalla presente
legge e dalla legge regionale.
Per le istituzioni operanti in più Regioni
l'iscrizione è effettuata nel registro tenuto presso
Nel rispetto di tali requisiti i servizi gestiti dai
privati sono inclusi, a domanda, nel piano dei servizi
sociali formulato dalle Regioni, convenzionati ai sensi dell'articolo
11.
Art. 14
Volontariato
È riconosciuta la funzione di utilità
sociale delle associazioni e delle altre istituzioni di volontariato dotate o
non di personalità giuridica, liberamente costituite, fondate in prevalenza su
prestazioni volontarie e personali dei soci e che concorrano al conseguimento
dei fini dell'assistenza sociale.
Nell'ambito della programmazione e della legislazione
regionale i Comuni singoli o associati stipulano con gli organismi di cui al
primo comma convenzioni per la loro utilizzazione nell'ambito delle strutture
pubbliche o in ambiti esterni, e prevedono incentivi finalizzati
all'espletamento di attività promozionali e di servizi
innovativi e sperimentali.
Art. 15
IPAB
Le IPAB operanti nell'ambito regionale sono soppresse
entro un anno dalla data di entrata in vigore della
presente legge, salvo quanto previsto dai successivi commi.
Sono escluse dal trasferimento ai Comuni le IPAB
comprese in una delle seguenti categorie:
1) che si tratti di istituzione
avente struttura associativa. Tale struttura sussiste allorché ricorrono
congiuntamente le seguenti condizioni:
a) che la costituzione dell'ente sia avvenuta per
iniziativa volontaria dei soci o promotori privati;
b) che l'amministrazione ed il governo dell'istituzione
siano, per disposizioni statutarie, determinati dai soci, nel senso che gli
stessi eleggano almeno la metà dei componenti l'organo
collegiale deliberante;
c) che l'attività dell'ente si esplichi
prevalentemente, a norma di statuto, sulla base di prestazioni volontarie e personali
dei soci. Le prestazioni volontarie e personali dei soci non possono
consistere in mere erogazioni pecuniarie;
d) che il patrimonio risulti
prevalentemente formato da beni derivanti da atti di liberalità o da apporti
dei soci;
2) che si tratti di istituzione
promossa ed amministrata da privati ed operante prevalentemente con mezzi di
provenienza privata. Tale circostanza sussiste allorché ricorrono congiuntamente
i seguenti elementi:
a) che l'atto costitutivo o la tavola di fondazione
dell'istituzione siano stati posti in essere da
privati;
b) che almeno la metà dei componenti
l'organo collegiale deliberante sia sempre, per disposizione statutaria,
designata da privati;
c) che il patrimonio risulti
prevalentemente costituito da beni provenienti da atti di liberalità privata o
dalla trasformazione dei beni stessi, e che il funzionamento sia avvenuto,
nell'ultimo quinquennio antecedente la data di entrata in vigore della presente
legge, in prevalenza con contributi, redditi, rendite e altri mezzi patrimoniali
o finanziari di provenienza privata, e che comunque l'istituzione non abbia
beneficiato di finanziamenti pubblici a qualsiasi titolo in misura superiore
ad un terzo delle entrate complessive dell'ente nel quinquennio, con esclusione
dei finanziamenti pubblici finalizzati alla conservazione di beni artistici e
culturali e delle rette;
3) che si tratti di istituzione
di ispirazione religiosa. Tale circostanza sussiste quando
ricorrono congiuntamente i seguenti elementi:
a) che l'attività istituzionale attualmente
svolta si ispiri a motivazioni religiose;
b) che risulti collegata a una
confessione religiosa mediante la designazione negli organi collegiali
deliberanti, in forza di disposizioni statutarie, di ministri del culto o di
appartenenti a istituti religiosi o di rappresentanti di autorità religiose, e
mediante la collaborazione di personale religioso come modo qualificante di
gestione del servizio.
Sono in ogni caso soppresse:
a) le IPAB il cui organo collegiale deliberante sia
composto, a norma di statuto, in maggioranza da membri designati da Comuni,
Province, Regioni o altri enti pubblici, salvo che il presidente
non sia, per disposizione statutaria, una autorità religiosa o un suo
rappresentante, o sia, comunque scelto tra i componenti di designazione
privata;
b) le IPAB già concentrate o amministrate dagli ECA;
c) le IPAB che non esercitano le attività previste
dallo statuto o altre attività assistenziali. Sono
altresì escluse dal trasferimento ai comuni le IPAB che svolgono
prevalentemente attività di istruzione, ivi compresa
quella prescolare, i seminari, le case di riposo per religiosi, le cappelle, e
le istituzioni di culto.
Entro 6 mesi dalla data di entrata
in vigore della presente legge il legale rappresentante, o altro componente
dell'organo collegiale deliberante delle IPAB interessate alla esclusione dal
trasferimento, presenta alla Regione e ai Comuni interessati domanda per
l'applicazione del presente articolo, fornendo gli elementi utili ai fini
della esclusione.
Entro i successivi 3 mesi i comuni interessati fanno
pervenire le proprie osservazioni alla Regione.
Trascorso tale termine,
Ove non sia stata presentata la domanda di esclusione, le IPAB sono soppresse e trasferite ai
Comuni.
Con decreto del presidente della
Giunta regionale, sentita una Commissione tecnica composta da membri
designati dalla Regione, dall'ANCI, UPI e UNEBA regionali, sono pubblicati gli
elenchi delle IPAB esistenti nella regione che accertano la non esistenza o
l'esistenza dei requisiti di cui al presente articolo ai fini, rispettivamente,
del trasferimento ai Comuni o dell'applicazione del successivo comma.
Le IPAB escluse dal trasferimento ai Comuni
continuano a sussistere come enti morali, assumendo la personalità giuridica
di diritto privato e rientrando nella relativa disciplina.
La legge regionale stabilisce i modi, le forme e i
termini per l'attribuzione in proprietà o in uso ai Comuni dei beni trasferiti
alle Regioni a norma degli articoli 113 e 115 del decreto del Presidente
della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, nonché il
trasferimento dei beni delle IPAB soppresse; ai sensi del presente articolo, e
disciplina l'utilizzazione dei beni e del personale da parte degli enti
gestori, in relazione alla riorganizzazione ed alla programmazione dei servizi
disposte in attuazione della presente legge. Ai fini della assunzione
delle funzioni delle IPAB trasferite, i Comuni potranno procedere sia direttamente
che attraverso le Unità locali sociosanitarie o mediante forme di gestione
autonoma, ferma restando la destinazione dei beni ad attività di servizio
socio-assistenziale.
Il personale in servizio alla data di
entrata in vigore della presente legge presso IPAB soggette al
trasferimento ai Comuni è trasferito ai rispettivi Comuni contestualmente al
passaggio delle funzioni, conservando la posizione economica conseguita presso
l’ente di provenienza, unitamente alla posizione giuridica ed al trattamento
previdenziale.
I trasferimenti ai Comuni dei beni delle istituzioni
e tutte le operazioni derivanti dalla applicazione
del presente articolo avvengono in esenzione da qualsiasi imposta, tributo o
tassa di registrazione.
Art. 16
Fondo nazionale per i servizi sociali
Ad integrazione delle risorse finanziarie comunali e
regionali è istituito presso il Ministero del tesoro un
Fondo nazionale per i servizi sociali costituito:
a) dal fondo per gli asili
nido istituito con legge 6 dicembre 1971, n. 1044;
b) dal fondo speciale di cui
all'articolo 10 della legge 23 dicembre 1975, n. 698;
c) dal fondo sociale di cui
all'articolo 75 della legge 27 luglio 1978, n. 392 (equo canone);
d) dai fondi previsti
dall'articolo 1-duodecies della legge 21 ottobre 1978, n. 641;
e) dai proventi netti di cui
al terzo comma dell'articolo 117 del decreto del Presidente della Repubblica 24
luglio 1977, n. 616;
f) dalle quote degli utili di gestione degli istituti
di credito devolute in base ai rispettivi statuti, a finalità assistenziali;
g) dal fondo di cui alla
legge 22 dicembre 1975, n. 685;
h) dal fondo di cui alla
legge 29 luglio 1975, n. 405;
i) dal fondo di cui alla
legge 2 maggio 1978, n. 194;
1) dal fondo di cui alla
legge 3 giugno 1971, n. 404;
m) dal fondo di cui alla
legge 14 dicembre 1970, n. 1088;
n) da una quota non superiore
al 5 per cento dello stanziamento annuale del Fondo sanitario nazionale;
o) da una somma aggiuntiva
pari a lire 200 miliardi per il triennio 1980-1982 iscritta nello stato di
previsione del Ministero del tesoro in ragione di lire 10 miliardi nell'anno 1980, di lire 95 miliardi
nell'anno 1981 e di lire 95 miliardi nell'anno 1982.
Le somme stanziate a norma del precedente comma vengono ripartite sentita la Commissione interregionale di
cui alla legge 19 maggio 1970, n. 281, con delibera del Comitato interministeriale
per la programmazione economica (CIPE), tra tutte le Regioni, su proposta del
Ministero della sanità, sentito il Consiglio nazionale della sanità e dei
servizi sociali.
Le somme stanziate a norma del precedente comma vengono ripartite tra tutte le Regioni, comprese quelle a
statuto speciale, tenuto conto delle indicazioni contenute nei piani regionali
e sulla base di indici e di standards individuati dal Consiglio nazionale della sanità
e dei servizi sociali, distintamente definiti per la spesa corrente e per la
spesa in conto capitale. Tali indici e standards devono tendere a garantire livelli di prestazioni
uniformi su tutto il territorio nazionale eliminando progressivamente le differenze
strutturali e di prestazioni tra le Regioni.
Art. 17
Norme transitorie
Le Regioni adeguano la propria legislazione agli obiettivi
e ai principi stabiliti dalla presente legge entro un anno dalla sua entrata in
vigore.
Fino al riordino della legislazione regionale le
somme di cui alle lettere a), b) e d) del primo comma del precedente
articolo 16 continuano ad essere destinate agli scopi previsti dalle rispettive
leggi e mantengono la suddivisione per regione sulla base dei criteri
stabiliti dalle medesime leggi.
Trascorso un anno dalla entrata
in vigore della presente legge, una quota non inferiore al 20 per cento del fondo
di cui all'articolo 16 è riservata alle Regioni che abbiano ottemperato al
disposto del primo comma.
La ripartizione avviene sulla base
di programmi presentati dalle singole Regioni tenendo conto di
garantire:
1) la gestione dei servizi esistenti;
2) lo sviluppo dei servizi sociali territoriali,
specie di quelli destinati ai minori, agli anziani e agli inabili, in
particolare per le Regioni del Mezzogiorno, con riferimento ad esigenze di riequilibrio;
3) le erogazioni economiche straordinarie di cui all'ultimo
comma dell'articolo 4 della presente legge.
Alle iniziative di cui al numero 2) del precedente comma deve essere destinato non meno del 30
per cento del complesso del fondo di tale quota; non meno del 40 per cento
delle somme stanziate per le spese in conto capitale deve essere destinato ai
territori di cui all'articolo 1 del testa unico delle leggi sugli interventi
nel Mezzogiorno approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30
giugno 1967, n. 1523.
Art. 18
Comitati di assistenza
e beneficenza
I Comitati provinciali di assistenza
e beneficenza pubblica sono soppressi e le residue funzioni sono attribuite
ai Comuni singoli o associati nei modi e nelle forme stabilite dalle leggi
regionali.
Art. 19
Delega al Governo in materia di profili
professionali e di formazione del personale
Il Governo è delegato ad emanare, entro un anno
dall'approvazione della presente legge, sentito il Consiglio nazionale della
sanità e dei servizi sociali, uno o più decreti aventi valore di legge attraverso
i quali definire criteri e modalità per:
1) la regolamentazione delle
professioni attinenti al settore dei servizi socio-assistenziali;
2) le disposizioni generali per l'ordinamento e la
durata delle scuole di formazione nonché i requisiti
per accedere ai relativi corsi, tenendo anche conto della legge 21 dicembre
1978, n. 843;
3) la determinazione delle norme
transitorie per la convalida dei titoli professionali conseguiti prima
dell'entrata in vigore dell'ordinamento di cui al precedente punto 2);
4) la riqualificazione e
l'aggiornamento periodico obbligatorio degli operatori sociali;
5) i rapporti tra Regioni, enti locali e sedi formative
regionali, universitarie e altre sedi qualificate alla formazione degli
operatori sociali.
Nell'esercizio della delega il Governo si atterrà ai principi della semplificazione del quadro
generale delle figure professionali, della garanzia di una formazione omogenea
e di adeguato livello qualitativo su tutto il territorio nazionale e della
omogeneizzazione delle posizioni giuridiche ed economiche degli operatori
sociali e sanitari.
Art. 20
Regioni a statuto speciale
Le norme fondamentali della presente legge, in quanto
legge di riforma economico-sociale del
Art. 21
Abrogazione di norme incompatibili
Sono abrogati:
a) la legge 17 luglio 1890, n. 6972, e successive
modificazioni e integrazioni e relativi regolamenti di esecuzione;
b) gli articoli 91, lettera
h, e 144, lettera g), del testo unico delle leggi comunali e provinciali
approvate con regio decreto 3 marzo 1934, n. 383;
c) la legge 3 giugno 1937, n. 847;
d) il regio decreto-legge 14 aprile 1944, n. 125;
e) l'articolo 15 dei decreto
del Presidente della Repubblica 23 marzo 1945, n. 173;
f) l'articolo 154 del testo
unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno
1931, n. 773;
g) ogni altra norma che risulti
incompatibile ed in contrasto con le disposizioni contenute nella presente
legge.
(1) Disegno di legge n. 468 «Legge-quadro di riforma dell'assistenza
e dei servizi sociali», presentato al Senato della Repubblica in data 26
gennaio 1984 dal Sen. Colombo Svevo e da altri parlamentari della DC.
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