Prospettive assistenziali, n. 71, luglio - settembre 1985
PROPOSTA DI LEGGE DI RIFORMA
DELL'ASSISTENZA PRESENTATA DAL PSI
Pubblichiamo
il testo della proposta di legge n. 190 «Legge quadro sui servizi sociali» presentata
alla Camera dei deputati in data 19 luglio 1983 dall'On. Aniasi
e da altri parlamentari del PSI.
Pur apprezzando lo sforzo compiuto per un organico
riordino del settore, non possiamo non ritenere molto negativi i seguenti
aspetti:
- la
possibilità di gestione di alcuni servizi da parte dei
Comuni singoli, fatto - deleterio per gli utenti - che determinerà l'insorgere
di conflitti di competenza fra detti Enti e le Unità sociosanitarie locali;
-
l'attribuzione di funzioni alle Province. A questo riguardo non si comprendono
i motivi in base ai quali é stata prevista la redazione (da parte di chi?) del
«programma provinciale di localizzazione dei presidi socio-assistenziali», né
si capisce a chi è affidata la competenza nella materia suddetta nei frequenti
casi in cui le USSL facciano parte di due Province;
- l'esclusione di parte delle IPAB dal trasferimento ai Comuni e la
loro trasformazione in enti privati;
-
l'inserimento fra le attività assistenziali (cfr. l'art. 18) degli asili nido
(che dovrebbero rientrare nel settore educativo anche allo scopo di creare le
condizioni per la loro unificazione con le scuole materne) e delle attività
relative alle tossicodipendenze, ai consultori familiari, all'interruzione
della gravidanza (attività che dovrebbero restare alla competenza della
sanità, salvo quanto attribuibile in modo specifico al settore assistenziale,
come lo sono, ad esempio, gli interventi sociali relativi alla problematica minorile,
di cui alla legge 29 luglio 1975, n. 405).
TESTO
DELLA PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1
(Principi ed
obiettivi)
In attuazione delle norme costituzionali e nel quadro della sicurezza sociale, la presente legge
determina i principi fondamentali relativi agli interventi di assistenza
diretti a garantire al cittadino il pieno e libero sviluppo della personalità
e la sua partecipazione alla vita del Paese.
Tali obiettivi si realizzano con un'attività di
prevenzione e di rimozione degli ostacoli di natura personale, familiare e
sociale, mediante un complesso di servizi sociali coordinati ed integrati sul
territorio con i servizi sanitari e formativi di base e in armonia con gli
altri servizi finalizzati allo sviluppo sociale, nonché
attraverso prestazioni economiche.
A norma dell'articolo 38 della Costituzione l'assistenza privata è libera.
Art. 2
(Finalità)
Per rendere effettivo, con un'organica politica di
sicurezza sociale, il diritto di tutti í cittadini alla promozione,
mantenimento e recupero dello stato di benessere fisico e psichico, al pieno
sviluppo della personalità nell'ambito dei rapporti familiari e sociali, al
soddisfacimento delle esigenze essenziali di vita, le attività del sistema dei
servizi sociali e di quelli preposti allo sviluppo
sociale perseguono le seguenti finalità:
a) prevenire e rimuovere le cause di
ordine economico-sociale e psicologico che possono provocare situazioni
di bisogno sociale o fenomeni di emarginazione negli ambienti di vita, di
studio e di lavoro;
b) rendere effettivo il diritto di tutta la popolazione,
senza distinzione di condizioni individuali o sociali, ad usufruire delle
strutture, dei servizi e delle prestazioni sociali, secondo
modalità che garantiscano la libertà e la dignità personale e assicurino
eguaglianza di trattamento, riconoscendo alle persone, per i problemi che le
coinvolgono direttamente, congrue possibilità di scelta di strutture, di
servizi, di prestazioni;
c) agire a sostegno della famiglia e dei nuclei
familiari garantendo anche ai cittadini in difficoltà la permanenza nel proprio
ambiente familiare e sociale di appartenenza o
provvedendo, se necessario, al loro inserimento in famiglia o nuclei familiari
liberamente scelti o in ambiti parafamiliari o comunitari sostitutivi;
d) intervenire per il reinserimento di quanti sono assistiti in strutture o istituzioni segreganti; e)
intervenire a sostegno dei soggetti colpiti da menomazioni fisiche, psichiche,
sensoriali per garantire il loro inserimento nei normali ambienti di vita, di
studio, di lavoro;
f) promuovere la protezione e la tutela giuridica
dei soggetti incapaci di provvedere a se stessi e
privi di parenti o persone che di fatto vi provvedano.
Art. 3
(Destinatari)
Tutti i cittadini hanno diritto a fruire dei servizi
sociali senza distinzione di carattere giuridico,
economico, sociale, ideologico o religioso.
Ai cittadini è assicurata la libera scelta dei servizi
disponibili nel territorio.
Sono, altresì, ammessi ai suddetti servizi, gli
stranieri e gli apolidi che si trovano in territorio italiano, anche se non siano assimilati ai cittadini o non risultino appartenenti
a Stati per i quali sussiste il trattamento di reciprocità, salvo i diritti che
la presente legge conferisce con riguardo alla condizione di cittadinanza.
Può essere chiesto agli utenti e alle persone tenute
al mantenimento e alla corresponsione degli alimenti il concorso al costo di
determinate prestazioni in relazione alle loro
condizioni economiche, tenendo conto della situazione locale e della rilevanza
sociale dei servizi, secondo i criteri stabiliti con legge regionale.
In ogni caso le leggi regionali debbono
garantire agli utenti dei servizi la conservazione di una quota delle pensioni
e dei redditi che permetta loro di far fronte in modo adeguato alle esigenze
personali.
Art. 4
(Compiti dei
servizi)
I servizi socio-assistenziali provvedono altresì a:
a) promuovere direttamente l'utilizzo dei servizi da
parte dei cittadini, compresi quelli con handicaps fisico-psichico-sensoriali. Detta attività comprende
anche la segnalazione ai competenti uffici dei bisogni assistenziali
risolvibili mediante la predisposizione di servizi sia sociali sia preposti
allo sviluppo sociale;
b) fornire ai cittadini l'informazione necessaria per
quanto concerne le disposizioni legislative, regolamentari e d'altro genere sui
servizi socioassistenziali;
c) fornire l'informazione sulle prestazioni e sui
servizi socio-assistenziali esistenti nel territorio e, occorrendo, la
consulenza per la loro fruizione.
I servizi socio-assistenziali devono
assicurare comunque le prestazioni previste dagli articoli 22 e 23 del decreto
del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616.
I servizi socio-assistenziali sono
prevalentemente organizzati in forme aperte con carattere domiciliare o di
centri diurni che sono adeguatamente distribuiti nel territorio.
Art. 5
(Prestazioni economiche)
Le prestazioni di carattere economico si distinguono in ordinarie e straordinarie.
Hanno diritto alle prestazioni ordinarie:
a) sotto forma di pensione sociale o di assegni di inabilità, tutti i cittadini che, per età o
inabilità, indipendentemente dalla loro volontà, non possono accedere al
lavoro e sono sprovvisti dei mezzi necessari per vivere;
b) sotto forma di assegni
continuativi tutti i cittadini che, a causa della loro grave invalidità,
incontrano, nel compiere gli atti quotidiani della vita, difficoltà tali da
aver bisogno dell'aiuto di terzi o di una sorveglianza personale continua.
Le prestazioni economiche ordinarie e le relative
misure e modalità sono definite con leggi dello Stato.
Le prestazioni straordinarie sono dirette a coloro
che si trovano in difficoltà economiche contingenti o temporanee e sono
erogate, anche nel caso di prestazioni a carattere continuativo, dai comuni,
secondo i criteri indicati dalle leggi regionali.
Art. 6
Compiti dello Stato
Sono di competenza dello Stato:
1) la funzione di indirizzo
e di coordinamento delle attività amministrative delle regioni a statuto
ordinario in materia di servizi sociali attinenti ad esigenze di carattere
unitario, anche con riferimento agli obiettivi della programmazione nazionale e
agli impegni derivanti dagli obblighi internazionali e comunitari;
2) la fissazione dei requisiti per la determinazione
dei profili professionali degli operatori sociali; le disposizioni generali in
materia di ordinamento e durata dei corsi e la
determinazione dei requisiti necessari per l'ammissione;
3) gli interventi di primo soccorso in caso di
catastrofe o calamità naturali di particolare gravità o estensione e gli
interventi straordinari di prima necessità richiesti da altri eventi eccezionali
ed urgenti che trascendono l'ambito regionale o per i quali
l'ente locale non possa provvedere ovvero resisi necessari per assolvere un
dovere sul piano di solidarietà nazionale;
4) gli interventi di prima assistenza in favore dei
connazionali profughi e rimpatriati, in conseguenza
di eventi straordinari ed eccezionali;
5) gli interventi in favore dei profughi stranieri,
limitatamente al periodo strettamente necessario alle operazioni di identificazione e di riconoscimento della qualifica di
rifugiato e per il tempo che intercorre fino al loro trasferimento in altri
paesi o al loro inserimento nel territorio nazionale, nonché gli oneri relativi
all'assistenza agli stranieri e agli apolidi fino alla concessione del permesso
di soggiorno;
6) interventi socio-assistenziali prestati ad appartenenti
alle Forze armate dello Stato, dell'Arma dei
carabinieri, alle altre forze armate di polizia dello Stato ed al Corpo nazionale
dei vigili del fuoco e ai loro familiari, da enti e organizzazioni
appositamente istituiti;
7) i rapporti in materia di assistenza
con organismi stranieri ed internazionali, la distribuzione tra le regioni di
prodotti destinati a finalità assistenziali in attuazione di regolamenti della
Comunità economica europea, nonché l'adempimento di accordi internazionali in
materia di assistenza;
8) le pensioni e gli assegni di
carattere continuativo disposti dalla legge in attuazione dell'articolo 38,
primo comma, della Costituzione;
9) gli interventi fuori del
territorio nazionale a favore degli italiani all'estero;
10) la certificazione della qualifica di orfano, vedova, inabile e degli altri titoli di
legittimazione al godimento dei benefici previsti dalle leggi vigenti, da
esercitarsi mediante delega alle regioni.
Art. 7
(Riassetto degli
uffici statali)
Fino all'attuazione della riforma
della Presidenza del Consiglio dei ministri e alla riorganizzazione dei
ministeri, le funzioni statali di cui alla presente legge sono esercitate dal
Ministero della sanità, che assume la denominazione di Ministero della sanità
e dei servizi sociali.
Gli interventi previsti dai numeri 3), 6), 7) e 9)
del precedente articolo 6 restano assegnati ai Ministeri rispettivamente
competenti.
In sede di riordinamento del Ministero della sanità ai sensi dell'articolo 59 della legge 23 dicembre
1978, n. 833, si dovrà tener conto delle esigenze connesse all'attuazione dei
compiti di cui alla presente legge.
Art. 8
(Consiglio nazionale
della sanità e dei servizi sociali)
L'articolo 8 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, è
sostituito dal seguente:
«È istituito il Consiglio nazionale della sanità e
dei servizi sociali con funzioni di consulenza e di proposta nei confronti del
Governo per la determinazione delle linee generali della politica sanitaria e assistenziale e per l'elaborazione e l'attuazione del piano
sanitario nazionale.
Il Consiglio è sentito obbligatoriamente in ordine
ai programmi globali di prevenzione anche primaria,
alla determinazione dei livelli di prestazioni sanitarie stabiliti con le
modalità di cui al secondo comma dell'articolo 3 e alla ripartizione degli
stanziamenti di cui all'articolo 51, nonché alle fasi di attuazione del
servizio sanitario nazionale e alla programmazione del fabbisogno di
personale sanitario necessario alle esigenze di servizio sanitario nazionale.
Il Consiglio è, altresì, sentito obbligatoriamente in ordine
ai programmi globali di intervento in materia assistenziale, alla
determinazione dei livelli minimi dei servizi sociali che debbono essere garantiti
a tutti i cittadini, alla determinazione dei profili professionali degli
operatori sociali, alle pensioni ed assegni di carattere continuativo di
competenza dello Stato.
Esso predispone una relazione annuale sullo stato
sanitario e sulla situazione dei servizi sociali del paese sulla quale il
ministro della sanità riferisce al Parlamento entro
il 31 marzo di ogni anno.
Il Consiglio nazionale della sanità e dei servizi
sociali, nominato con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del ministro della sanità e dei servizi sociali,
per la durata di un quinquennio, è presieduto dal ministro della sanità ed è
composto:
a) da due rappresentanti per ciascuna regione e, per
quanto concerne la regione Trentino-Alto Adige, da due
rappresentanti della provincia di Trento e da due rappresentanti della
provincia di Bolzano;
b) da tre rappresentanti del
Ministero della sanità e da un rappresentante per ciascuno dei seguenti
Ministeri: lavoro e previdenza sociale; pubblica istruzione; interno; grazia e
giustizia; difesa; tesoro; bilancio e programmazione economica; agricoltura e
foreste; industria, commercio e artigianato; marina mercantile; da un rappresentante
designato dal ministro per il coordinamento delle iniziative per la ricerca
scientifica e tecnologica;
c) dal direttore dell'Istituto superiore di sanità,
dal direttore dell'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del
lavoro, da un rappresentante del Consiglio nazionale delle ricerche, da dieci
esperti in materia sanitaria designati dal CNEL, tenendo presenti í criteri di
rappresentatività e competenze funzionali al servizio sanitario nazionale, e
da quindici esperti in materia assistenziale, di cui
dieci designati dal CNEL tenendo presenti i criteri di competenza funzionale
rispetto ai servizi socio-assistenziali e cinque designati dalle associazioni
di rappresentanza delle istituzioni private di assistenza sociale;
d) da cinque rappresentanti dell'ANCI.
Il Consiglio elegge tra i suoi componenti
un vice presidente.
L'articolazione in sezioni, le modalità di funzionamento
e le funzioni di segreteria del Consiglio sono disciplinate con regolamento
emanato dal Ministro della sanità, sentito il Consiglio stesso».
Art. 9
(Compiti delle
regioni)
La potestà delle regioni in materia di servizi
sociali e di prestazioni economiche di cui al quarto comma del precedente
articolo 5 è svolta nel rispetto delle norme fondamentali
e dei principi stabiliti dalla presente legge.
Le regioni attuano le finalità della presente legge
mediante la programmazione degli interventi socio-assistenziali coordinati con
gli obiettivi definiti in sede di programmazione nazionale, e con gli
obiettivi generali dello sviluppo regionale, secondo le procedure previste nei
rispettivi statuti, assicurando comunque il concorso
dei comuni e delle province e tenendo conto delle indicazioni e proposte emerse
dalla consultazione delle associazioni regionali, delle formazioni sociali e
degli organismi pubblici e privati e del volontariato operanti nel settore.
Le regioni in particolare provvedono
a:
1) stabilire le norme generali per la
istituzione, l'organizzazione e la gestione dei servizi sociali
pubblici, nonché i livelli qualitativi e le forme delle prestazioni;
2) approvare il piano di sviluppo dei servizi sociali,
coordinandolo con il piano sanitario regionale;
3) determinare i criteri generali per il concorso
degli utenti e delle persone tenute al mantenimento e
alla corresponsione degli alimenti al costo delle prestazioni secondo i
principi indicati nel precedente articolo 5;
4) determinare le aree territoriali più idonee per
una funzionale organizzazione dei servizi, secondo quanto stabilito al secondo e terzo comma dell'articolo 25 del decreto del
Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616; e all'ultimo comma
dell'articolo 15 della legge 23 dicembre 1978, n. 833;
5) predisporre e finanziare piani
per la formazione e l'aggiornamento professionale del personale addetto ai
servizi sociali, promuovendo l'istituzione
delle necessarie strutture scolastiche;
6) determinare gli indirizzi di carattere generale
per la erogazione delle prestazioni economiche
straordinarie per i cittadini che si trovino in particolari situazioni di
difficoltà personali o familiari;
7) individuare i comuni singoli o associati ai quali
affidare i compiti previsti dal regio decreto 8 maggio 1927, n. 798 e
successive modifiche e dal regio decreto 29 dicembre 1927, n. 2822, relativamente
alle gestanti che intendono partorire in condizioni di riservatezza non volendo
riconoscere i propri nati e nei confronti delle madri e delle gestanti che
richiedono e abbisognano di specifici interventi di tipo residenziale;
8) provvedere alla ripartizione fra i comuni singoli
e associati, comprese le comunità montane, dei fondi comunque
disponibili per l'impianto e la gestione dei servizi sociali sulla base delle
priorità prospettate dagli organismi preposti alla gestione dei servizi e
definite in sede di programmazione regionale;
9) determinare le condizioni e i requisiti per
l'iscrizione delle istituzioni private nell'apposito
registro regionale nel rispetto dei principi fissati nella presente legge;
10) disciplinare le modalità e i criteri per la
preventiva autorizzazione a funzionare degli istituti di ricovera
e per la vigilanza sulle attività socio-assistenziali svolte nell'ambito
regionale, anche ai fini della revoca dell'iscrizione nel registro di cui all'articolo
13;
11) svolgere e promuovere una azione
di assistenza tecnica diretta alla istituzione e al miglioramento dei servizi
sociali e favorire la sperimentazione di nuovi servizi anche mediante istituzioni
specializzate pubbliche o private.
Entro il 31 dicembre 1984 la legge regionale deve
stabilire i modi per l'unificazione degli organi di governo e di amministrazione dei servizi sociali e di quelli sanitari
e per il collegamento con gli altri servizi finalizzati allo sviluppo sociale.
La legge regionale stabilisce i compiti e le funzioni attribuite agli organi di
governo e di amministrazione dei servizi sociali e di
quelli sanitari e quelli attinenti ai servizi di base, che verranno
esercitati dai singoli comuni o dagli organismi del decentramento comunale,
ove istituito. La legge regionale assicura comunque
l'autonomia tecnica-funzionale dei servizi sociali, nonché la distinzione
contabile della gestione dei servizi sociali, secondo quanto previsto
dall'ultimo comma dell'articolo 25 del decreto del Presidente del
Art. 10
(Compiti delle
province)
Le province concorrono alla elaborazione
del piano regionale di sviluppo dei servizi sociali. Approvano, nell'ambito di
tale piano, il programma provinciale di localizzazione dei presidi
socio-assistenziali ed esprimono il parere sulla rispondenza alla gestione dei
servizi stessi delle delimitazioni territoriali determinate dalla
regione.
Le funzioni in materia di assistenza
e servizi sociali svolte dalle province sono trasferite ai comuni, singoli o
associati; il personale e il patrimonio delle province destinato alle funzioni
predette sono trasferiti ai comuni singoli o associati nei tempi e con le
modalità stabilite dalla legge regionale.
Le somme stanziate nell'esercizio precedente
l'entrata in vigore della presente legge dalle amministrazioni
provinciali per le funzioni di cui al comma precedente sono destinate alle
regioni per essere interamente ripartite tra i comuni singoli o associati,
secondo quanto previsto dal punto 8) del terzo comma del precedente articolo
9.
Art. 11
(Ruolo e compiti
dei comuni)
I comuni singoli o associati:
a) partecipano alla elaborazione,
realizzazione e controllo del programma regionale di sviluppo dei servizi sociali
e stabiliscono le modalità per assicurare ai cittadini il diritto di
partecipare alla programmazione dei servizi stessi, anche mediante l'intervento
dei rappresentanti degli utenti e delle formazioni sociali organizzate nel
territorio, ivi compresi gli organismi rappresentativi delle associazioni e
delle istituzioni di cui al successivo articolo;
b) provvedono all'organizzazione del complesso dei
servizi sociali pubblici localizzati nel loro territorio qualificando e
potenziando i servizi sociali esistenti, anche attraverso la trasformazione delle strutture già funzionanti e l'istituzione di nuovi
servizi;
c) stipulano convenzioni con le
istituzioni private iscritte nel registro di cui al successivo articolo
13;
d) garantiscono il diritto dei cittadini di partecipare
alla gestione ed al controllo dei servizi sociali pubblici stabilendo anche le
modalità di intervento degli utenti, delle famiglie e
delle formazioni sociali organizzate nel territorio;
e) erogano le prestazioni economiche straordinarie e
temporanee secondo gli indirizzi generali determinati
dalla regione;
f) è affidata ai comuni singoli o associati, ai sensi
dei commi precedenti, la gestione dei beni mobili ed immobili e delle
attrezzature destinate al patrimonio dei comuni e di quello destinato dai comuni stessi a sedi di servizi sociali;
g) i corrispettivi delle convenzioni di cui alla
lettera a) sono riferiti ai costi del servizio in relazione ai livelli
qualitativi del servizio stesso.
Ai fini di cui alla lettera b) i comuni si avvalgono anche della collaborazione del volontariato e
favoriscono le iniziative di tipo innovatore e sperimentale.
Art. 12
(Libertà
dell'assistenza privata)
In conformità all'ultimo comma dell'articolo 38 della
Costituzione è garantita la libertà di costituzione e di attività
alle associazioni, fondazioni e altre istituzioni - dotate o meno di personalità
giuridica - che perseguano finalità assistenziali.
Art. 13
(Registro regionale
delle istituzioni private)
In ogni regione è istituito un registro per l'iscrizione
delle associazioni, fondazioni e istituzioni private, anche a carattere
cooperativo, dotate o meno di personalità giuridica, che intendono essere consultate, nella fase preparatoria della
programmazione dei servizi sociali e concorrere alla stipulazione delle
convenzioni di cui al primo comma dell'articolo 11 lettera c). L'iscrizione nel
registro delle istituzioni private, fermo restando il rispettivo regime giuridico-amministrativo, è disposta dalla regione,
sentiti i comuni singoli o associati nei cui territori l'istituzione
opera, previo accertamento dei seguenti requisiti;
1) assenza di fini di lucro;
2) idonei livelli di prestazioni, di qualificazione
del personale e di efficienza organizzativa ed operativa,
secondo gli standards
dei servizi sociali fissati, ai sensi dell'articolo 9, terzo comma, n. 1;
3) rispetto per i dipendenti delle norme contrattuali
in materia, fatta eccezione per i casi in cui si tratti di prestazioni
volontarie o rese in forza di convenzioni fra le associazioni, le istituzioni
e le fondazioni di cui al primo comma con ordini religiosi o case generalizie;
4) corrispondenza ai princìpi
stabiliti dalla presente legge e delle leggi
regionali.
Nel rispetto di tali requisiti i servizi gestiti dai
privati sono inclusi, a domanda, nel piano dei servizi
sociali formulato dalle regioni, compatibilmente con le previsioni del
piano stesso, con il concorso dei comuni e delle province.
Per le istituzioni operanti in più regioni
l'iscrizione è effettuata nel registro tenuto presso la regione in cui
l'istituzione ha sede legale, sentite le altre regioni interessate.
Art. 14
(Volontariato)
È riconosciuta la funzione di utilità
sociale delle associazioni e delle altre istituzioni di volontariato dotate o
non di personalità giuridica, liberamente costituite, fondate in prevalenza su
prestazioni volontarie e personali dei soci e che concorrano al conseguimento
dei fini dell'assistenza sociale.
Nell'ambito della programmazione e della legislazione regionale i comuni singoli o associati possono
stipulare con gli organismi di cui al primo comma accordi per la loro
utilizzazione nell'ambito delle strutture pubbliche o in ambiti esterni.
Le prestazioni fornite dagli organismi del volontariato devono essere comunque gratuite, salvo il
rimborso delle spese vive, previamente concordate.
Art. 15
(IPAB soppresse)
Le istituzioni pubbliche di assistenza
e beneficenza che operano nell'ambito regionale sono soppresse entro il 31
dicembre 1984 salvo quanto disposto dagli articoli successivi.
La legge regionale stabilisce le modalità per il
trasferimento delle funzioni, dei beni e del personale
delle IPAB che operano nell'ambito regionale ai comuni singoli e associati,
sulla base dei princìpi stabiliti dai successivi
commi.
Le funzioni vengono
trasferite al comune o ai comuni singoli o associati alla cui popolazione erano
destinate le prestazioni dell'istituzione soppressa.
Il patrimonio mobiliare e immobiliare delle
istituzioni, con il relativo arredamento e attrezzature, è trasferito, secondo
le modalità ed i criteri stabiliti dalla legge regionale, ai comuni singoli o
associati cui spetta di esercitare le rispettive funzioni secondo le
disposizioni di cui al comma precedente.
I comuni singoli o associati subentrano, dal momento
del trasferimento, nelle situazioni patrimoniali attive e passive, e nei
rapporti pendenti a qualsiasi titolo, inerenti a beni e loro pertinenze.
I trasferimenti ai comuni dei beni delle istituzioni
avvengono in esenzione da qualsiasi imposta o tassa di registrazione.
Il patrimonio mobiliare e immobiliare trasferito ai
comuni singoli o associati conserva la destinazione a
servizi socio-assistenziali anche in caso di trasformazione patrimoniale.
Eventuali deroghe al vincolo di destinazione possono essere eccezionalmente
autorizzate dalla regione sulla base di motivate
proposte dei comuni singoli o associati, solo qualora siano state comunque soddisfatte
le esigenze di strutture e servizi socioassistenziali dei comuni medesimi.
I comuni singoli o associati possono essere
autorizzati dalla regione ad effettuare alienazioni
patrimoniali fino alla concorrenza delle passività accertate alla data del
trasferimento, nell'ambito delle dotazioni patrimoniali trasferite.
Il personale delle IPAB in servizio alla data di cui
ai commi precedenti è trasferito ai rispettivi comuni contestualmente al
passaggio delle funzioni nel rispetto della posizione economica e giuridica
conseguite presso l'Ente di provenienza.
I comuni destinatari delle funzioni trasferite effettuano la ricognizione degli scopi delle IPAB soppresse,
ne assicurano la continuazione della attività con gli adeguamenti necessari per
meglio rispondere alle esigenze della comunità locale, nonché il rispetto dei
fini originari, in quanto compatibili con gli indirizzi del programma regionale.
Art. 16
(Trasferimento dei beni
delle IPAB)
Salvo quanto disposto dal successivo terzo comma,
tutti gli immobili trasferiti ai comuni a norma della presente legge, degli
articoli 113 e 117 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977,
n. 616, della legge di conversione 21 ottobre 1978, n. 641 del decreto-legge 18
agosto 1978, n. 481, della legge 23 dicembre 1975, n. 698, già adibiti a
centri assistenziali degli enti e delle istituzioni
pubbliche di assistenza e beneficenza soppresse, comprese quelle già amministrate
dagli enti comunali di assistenza, debbono essere destinati a sede di servizi
socio-assistenziali, anche in caso di trasformazione patrimoniale.
In via transitoria e comunque
fintanto che non sarà realizzato un equilibrato sviluppo dei servizi sociali in
tutto il territorio nazionale, i comuni cui sono trasferiti immobili di cui al
comma precedente destinati ad utenti di più comuni, provvedono a garantire, attraverso
l'associazione con i comuni limitrofi o con convenzioni con altri comuni, la
continuità delle prestazioni ai cittadini interessati.
I proventi netti derivanti dall'amministrazione e dalla eventuale trasformazione patrimoniale dei beni acquisiti
per trasferimento dai comuni e dalle regioni in forza delle disposizioni di
legge di cui al precedente comma, debbono essere portati ad incremento dei
fondi di bilancio iscritti per lo svolgimento di attività socio-assistenziali.
La gestione finanziaria di tutta l'attività di assistenza e di tutti i beni trasferiti ai comuni concernenti
le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, gli enti comunali di
assistenza e gli enti nazionali di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, viene contabilizzata separatamente.
Art. 17
(Esclusione delle IPAB
dal trasferimento)
In deroga all'articolo 15 sono escluse dal trasferimento ai comuni le IPAB comprese in una delle
seguenti categorie:
1) istituzioni aventi struttura associativa. Tale
struttura sussiste allorché ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni:
a) che la costituzione dell'ente sia avvenuta per
iniziativa volontaria dei soci o promotori privati;
b) che l'amministrazione ed il governo della istituzione siano, per disposizioni statutarie, determinati
dai soci, nel senso che gli stessi eleggano almeno la metà dei componenti
l'organo collegiale deliberante;
c) che l'attività dell'ente si esplichi
prevalentemente, a norma di statuto, sulla base di prestazioni volontarie e
personali dei soci e con mezzi derivanti da atti di liberalità o da contributi
dei soci. Le prestazioni volontarie e personali dei soci non possono consistere
in mere erogazioni pecuniarie;
d) che il patrimonio risulti
prevalentemente formato da beni derivanti da atti di liberalità o da apporti
dei soci;
2) istituzioni di ispirazione
religiosa. Tale circostanza sussiste quando ricorrano
congiuntamente i seguenti elementi:
a) che l'attività istituzionale attualmente
svolta persegua indirizzi e finalità religiosi;
b) che l'istituzione risulti
collegata ad una confessione religiosa mediante la designazione negli organi
collegiali deliberanti, in forza di disposizioni statutarie, di ministri del
culto o di appartenenti a istituti religiosi o di rappresentanti di autorità
religiose, e mediante la collaborazione di personale religioso come modo
qualificante di gestione del servizio.
Entro 30 giorni dalla data di entrata
in vigore della presente legge il legale rappresentante delle IPAB interessate
alla esclusione dal trasferimento presenta alla regione e ai comuni interessati
domanda per l'applicazione del presente articolo, fornendo gli elementi utili
ai fini della esclusione dal trasferimento ai comuni.
Entro i successivi trenta giorni i comuni interessati
fanno pervenire le proprie osservazioni alla regione.
Entro i successivi trenta giorni, le regioni, anche
in assenza delle comunicazioni dei comuni di cui al precedente comma,
trasmettono alla Presidenza del Consiglio dei ministri l'elenco delle IPAB da
escludere dal trasferimento ai sensi dei commi precedenti, con adeguata
motivazione, nonché l'elenco delle IPAB per le quali è
stato accertato i) difetto delle condizioni previste al primo comma del
presente articolo, con adeguata motivazione.
Il Presidente del Consiglio dei ministri entro i
successivi 30 giorni provvede ad emanare il decreto di
esclusione dal trasferimento ovvero quello di accertamento del difetto delle
condizioni di cui al primo comma del presente articolo. Le IPAB, così escluse
dal trasferimento ai comuni, continuano a sussistere come enti morali
assumendo la personalità giuridica di diritto privato e rientrando nella
relativa disciplina.
Ove non sia stata presentata la domanda di esclusione di cui al precedente secondo comma, entro il
termine ivi prescritto, le IPAB sono soppresse e trasferite ai comuni, ai
sensi del primo comma del presente articolo.
Il trasferimento ai comuni dei beni, delle funzioni
e del personale per le IPAB soppresse decorre dalla data di emanazione
del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che accerta il difetto
delle condizioni previste per l'inquadramento delle IPAB in una delle
categorie di cui al primo comma del presente articolo, ovvero alla scadenza del
termine entro il quale deve essere presentata la domanda di esclusione del
trasferimento ove non presentata.
Ai fini della esclusione dal
trasferimento delle IPAB interregionali di cui alla annotazione apposta alla
tabella B allegata al decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977,
n. 616, si applicano i criteri di cui al presente articolo.
Qualora i pareri delle regioni nel cui territorio
l'IPAB interregionale opera siano discordi, vale il
criterio della maggioranza. In caso di parità, decide il
Presidente del Consiglio dei ministri.
Art. 18
(Fondo nazionale
per i servizi sociali)
Presso il Ministero del tesoro è istituito un Fondo
nazionale per i servizi sociali costituito: a) dal fondo
per gli asili nido istituito con legge 6 dicembre 1971, n. 1044;
b) dal fondo speciale di cui
all'articolo 10 della legge 23 dicembre 1975, n. 698 (ONMI);
c) dal fondo sociale di cui all'articolo 75 della
legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili
urbani);
d) dai fondi previsti dall'articolo
1-duodecies della legge 21 ottobre
1978, n. 641 (ENAOLI, ONPI, ANMIL);
e) dai proventi netti di cui al terzo comma
dell'articolo 117 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977,
n. 616 (beni in liquidazione degli enti nazionali,
sedi centrali);
f) dalle quote degli utili di gestione degli istituti
di credito devolute in base ai rispettivi statuti, a finalità assistenziali;
g) dal fondo di cui alla legge 22
dicembre 1975, n. 685 (Disciplina degli stupefacenti);
h) dal fondo di cui alla legge 29
luglio 1975, n. 405 (Istituzione dei consultori familiari);
i) dal fondo di cui alla legge 22
maggio 1978, n. 194 (norme sull'interruzione volontaria della gravidanza);
l) dal fondo di cui alla legge 3
giugno 1971, n. 404 (Norme sui sussidi agli hanseniani);
m) dal fondo di cui alla legge 14
dicembre 1970, n. 1088 (prestazioni economiche a favore dei cittadini colpiti
da tubercolosi);
n) da una somma aggiuntiva pari a lire 4.000 miliardi
per il triennio 1984-1986 iscritta nello stato di
previsione del Ministero del tesoro in ragione di lire 1.000 miliardi
nell'anno 1984 di lire 1.500 miliardi nell'anno 1985 e di lire 2.500 miliardi
nell'anno 1986.
Le somme stanziate a norma del precedente comma vengono ripartite con delibera del Comitato
interministeriale per la programmazione economica (CIPE) tra tutte le regioni,
su proposta del Ministero della sanità e dei servizi sociali, sentito il
Consiglio nazionale della sanità e dei servizi sociali.
Le somme stanziate a norma del precedente primo comma
vengono ripartite tra tutte le regioni comprese
quelle a statuto speciale, tenuto conto delle indicazioni contenute nei piani
regionali e sulla base di indici e di standards individuati dal Consiglio nazionale della sanità
e dei servizi sociali, distintamente definiti per la spesa corrente e per la
spesa in conto capitale. Tali indici e standards devono tendere a garantire livelli di prestazioni
uniformi su tutto il territorio nazionale, eliminando progressivamente le differenze
strutturali e di prestazioni tra le regioni.
Art. 19
(Finanziamento delle
attività socio-sanitarie)
Una quota non superiore al 5 per cento dello
stanziamento annuale ad essi destinato del Fondo di
cui all'articolo 18 della presente legge può essere utilizzata dai comuni
singoli o associati per attività socio-sanitarie.
Parimenti può essere utilizzata dai comuni singoli o
associati una quota non superiore al 5 per cento dello stanziamento annuale del
Fondo sanitaria nazionale ad essi destinato per
attività socio-sanitarie.
Art. 20
(Ripartizione del Fondo
nazionale per i servizi sociali)
La ripartizione del Fondo nazionale per i servizi
sociali avviene sulla base di programmi presenta~ti
dalle singole regioni, tenendo conto dell'esigenza di garantire:
1) la gestione dei servizi esistenti;
2) lo sviluppo dei servizi sociali territoriali,
specie di quelli destinati ai minori, agli anziani e agli inabili, con
riferimento ad esigenze di riequilibrio;
3) le erogazioni economiche straordinarie di cui all'ultimo comma dell'articolo 5 della presente legge.
Alle iniziative di cui al numero 2) del precedente comma deve essere destinato non meno del 30
per cento della quota del Fondo nazionale per i servizi sociali.
Art. 21
(Soppressione di enti
pubblici)
I Comitati provinciali di assistenza
e beneficenza pubblica sono soppressi e le residue funzioni sono attribuite
ai comuni singoli o associati nei modi e nelle forme stabilite dalle leggi regionali.
I consigli di aiuto sociale
di cui agli articoli 74 e seguenti della legge 26 luglio 1975, n. 354, sono
soppressi. Le funzioni, i beni e il personale sono trasferiti ai comuni singoli
o associati nei modi e nelle forme stabilite dalle leggi regionali. Sono abrogate le norme previste dall'articolo 154 del testo unico
delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 18 giugno 1931,
n. 773, sono altresì abrogate le norme di cui all'articolo 15 del
decreto legislativo luogotenenziale del 22 marzo 1945, n. 173.
Art. 22
(Stato giuridico
del personale)
Lo stato giuridico ed economico del personale degli
enti nazionali, le cui funzioni in materia
assistenziale siano state integralmente o parzialmente trasferite, delegate o
attribuite alle regioni o agli enti locali in base al decreto del Presidente
della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 e alla legge 21 ottobre 1978, n. 641,
viene disciplinato secondo le disposizioni al riguardo contenute nella legge
23 dicembre 1978, n. 833.
Le leggi regionali previste dall'articolo 123 del
decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, verranno adottate nei tempi e secondo principi e criteri
direttivi previsti dal terzo e quarto comma dell'articolo 47 della legge 23
dicembre 1978, n. 833.
Art. 23
(Iscrizione nei ruoli
nominativi regionali)
Con legge regionale, così come previsto dall'articolo
68 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, viene
disciplinata l'iscrizione nei ruoli nominativi regionali di cui al quarto comma
dell'articolo 47 della legge 23 dicembre 1978, n. 233, del personale delle
IPAB soppresse in base agli articoli 15 e 17 della presente legge; del
personale degli enti comunali di assistenza disciolti in base all'ottavo comma
dell'articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n.
616; del personale delle province adibito alle funzioni assistenziali
trasferite ai comuni in base all'articolo 10 della presente legge; del
personale dipendente dai comuni addetto alle attività assistenziali; del
personale degli enti nazionali disciolti in base all'articolo 113 del decreto
del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616; del personale statale
trasferito ai sensi dell'articolo 112 del decreto del Presidente della
Repubblica 24 luglio 1977, n. 616.
Il personale di cui al precedente comma è assegnato
ai comuni singoli o associati, nella posizione
giuridica e funzionale corrispondente a quella ricoperta nell'ente di
provenienza, secondo le tabelle di equiparazione previste dal terzo comma, n.
3 dell'articolo 47 della legge 23 dicembre 1978, n. 833.
In sede di applicazione
dell'accordo nazionale unico di cui al nono comma dell'articolo 47 della citata
legge, al personale in oggetto spetta il trattamento economico previsto
dall'ordinamento vigente pressa gli enti di provenienza, ivi compresi gli
istituti economico-normativi previsti dalle leggi 18 marzo 1968, n. 431, e 21
giugno 1971, n. 515, e dai decreti applicativi delle medesime.
Art. 24
(Adeguamento della
legislazione regionale)
Le regioni adeguano le proprie legislazioni agli
obiettivi ed ai principi stabiliti dalla presente legge entro il 31 dicembre
1984.
Art. 25
(Regioni a statuto
speciale)
Le norme fondamentali della presente legge, in quanto
legge di riforma economico-sociale del
Art. 26
(Abrogazione di norme
incompatibili)
Sono abrogati:
a) la legge 17 luglio 1890, n. 6972 e successive
modificazioni e integrazioni e relativi regolamenti di esecuzione;
b) gli articoli 91, lettera h), e
144, lettera g), del testo unico delle leggi comunali e provinciali approvate
con regio decreto 3 marzo 1934, n. 383; c) la legge 3 giugno 1937, n. 847;
d) il regio decreto-legge 14 aprile 1944, n. 125;
e) ogni altra norma che risulti
incompatibile ed in contrasto con le disposizioni contenute nella presente
legge.
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