Prospettive assistenziali, n. 71, luglio - settembre 1985
RIFLESSIONI SULL'INSERIMENTO NEI
RUOLI DEL COMUNE DI TORINO DI PERSONE CON HANDICAP
GIANNI CALLEGARI
Molte esperienze sono rimaste, spesso, sconosciute perché
non si è fatta opera di raccolta ed analisi dei dati disponibili e non si sono
divulgati i risultati dello sforzo congiunto di tanti operatori.
Questa riflessione tende a colmare il vuoto di informazione in merito all'iniziativa di inserimento lavorativo
di persone con handicap che è stata condotta dal Comune di Torino negli anni
passati.
Eravamo nel 1979 ed, a più livelli,
negli Enti locali si prospettavano
interventi a favore di cittadini con handicap.
In Regione era in funzione il piano di promozione
degli inserimenti nella formazione professionale e nel lavoro attuato, in via
sperimentale, con il contributo del Fondo sociale europeo.
L'Amministrazione provinciale iniziava il sistematico
decentramento delle strutture diurne di accoglimento degli
handicappati che si caratterizzava:
- in città con il ridimensionamento dei laboratori
protetti e la conseguente apertura di più agili strutture - i centri socioterapeutici - dislocate nei diversi quartieri;
- in provincia con l'apertura progressiva di una
serie di centri socioterapeutici in aree che, precedentemente, per avere servizio dovevano fare capo alla
città di Torino causando di conseguenza un negativo effetto di polo.
L'Amministrazione comunale, oltre al tradizionale
impegno nell'ambito dei servizi di supporto alla scuola dell'obbligo, si
proponeva di attivare una serie di risorse a favore di persone in difficoltà di età superiore ai quattordici anni:
- apertura di centri socioterapeutici
diurni riservati a insufficienti mentali o pluriminorati ultraquindicenni che, per la gravità della
loro situazione, non possono aspirare alla frequenza scolastica o ad una
collocazione lavorativa;
- promozione di inserimenti
nei corsi di formazione professionale;
- promozione di tirocini ed
inserimenti lavorativi;
- aiuti economici integrativi,
assistenza domiciliare, affidamenti educativi, inserimenti in comunità
alloggio;
- servizio di trasporto, mediante taxi, a favore di
persone fisicamente impedite. Potenzialmente si trattava di una situazione abbastanza
favorevole a cui si era giunti sia per la stretta collaborazione degli enti
interessati, sia per l'azione propositiva e di stimolo condotta dalle
Associazioni rappresentative delle persone con handicap ed in particolare
dall'ANFFAS e dal CSA.
Però, nonostante le iniziative di coinvolgimento
degli imprenditori, delle organizzazioni sindacali, dell'ufficio del lavoro e
della massima occupazione, la maggiore difficoltà rimaneva ottenere
inserimenti positivi e duraturi nel mondo del lavoro.
Di conseguenza si decise che, per avere credibilità
gli enti locali, per primi, dovessero dimostrare la capacità di integrare nei
propri ruoli organici queste persone.
Così l'Amministrazione provinciale disponeva
l'assunzione di 18 persone in qualità di addetti ai
servizi di pulizia ed il Comune deliberava, nel marzo del 1979, la riserva di
40 posti nei ruoli organici delle diverse qualifiche salariali.
CARATTERISTICHE
DELLA DELIBERAZIONE
Il provvedimento era significativo
perché disponeva che fossero coperti i posti vacanti e non la creazione di
posti di lavoro artificiosi e protetti.
Inoltre prevedeva che i candidati provenissero
da strutture socio-assistenziali o che, comunque, fossero casi segnalati da
enti o servizi operanti nel settore con l'evidente intendimento di far uscire
dal circuito assistenziale persone che avevano potenzialità da esprimere nel
lavoro.
Un'apposita commissione era
stata prevista per selezionare i candidati secondo i criteri: «accertamenti, mediante
prova pratica, dell'idoneità degli aspiranti all'espletamento delle funzioni
loro attribuibili» e «accertamento delle condizioni generali degli aspiranti e
delle condizioni della famiglia di appartenenza».
La licenza elementare era il titolo di studio
richiesto per poter partecipare alla prova.
Ricordo che l'uscita del bando provocò tra gli
interessati, le loro famiglie e gli operatori, delle grandi aspettative.
Si trattava di una occasione
importante e molti mancavano dei requisiti richiesti dal bando:
- alcuni non avevano conseguito la licenza elementare
e gli operatori si attivarono per fare sostenere a tutti gli aspiranti
gli accertamenti di cultura nelle scuole proposte dal Provveditorato
agli studi;
- alcuni possedevano una attestazione
di invalidità al 100%.
Ciò nonostante ritenevano di essere
idonei al lavoro e fecero richiesta di revisione dell'invalidità
all'apposita commissione sanitaria.
Alla fine i candidati ammessi furono 200 e la prova
selettiva consisté, come già accennato, in due tipi di accertamento.
Fu predisposto un questionario per rilevare quali fossero le condizioni del candidato e della sua famiglia.
In particolare si tendeva a verificare la composizione
del nucleo famigliare, la relazione tra il nucleo famigliare ed il reddito, la
situazione abitativa, l'eventuale disponibilità di pensione o di sussidi,
l'attuale collocazione residenziale distinguendo se
il candidato abitava in famiglia, in istituto, in comunità alloggio, e, ancora,
l'attuale collocazione diurna distinguendo se e da quanto tempo frequentava
centri per handicappati o istituti oppure se era a casa in attesa di
collocazione.
Inoltre si tendeva ad accertare, per i casi in
istituto, se l'eventualità di un lavoro stabile avrebbe potuto garantire il rientra in famiglia, o comunque una soluzione autonoma.
Infine erano previste documentazioni su eventuali
esperienze lavorative, sul livello di autonomia per
accedere al posto di lavoro, e sulla eventuale esigenza di ausili.
Oltre alla raccolta di queste informazioni, per ogni
candidato si era prevista una prova pratica che consisteva in un colloquio su
temi di ordine generale tendente a far emergere la capacità
del candidato a relazionare con gli altri ed a comprendere degli ordini
semplici e complessi.
Gli ordini potevano consistere nella richiesta
d'eseguire:
- una o più copie di un documento;
- imbustare;
- intercalare dei fogli;
- contare;
- pinzare;
- portare o ritirare un documento da un membro della
commissione;
- far pulizia in un ufficio;
- mettere in ordine una scrivania.
I candidati risultati idonei dopo queste prove furono
185 e tra questi, con due provvedimenti successivi, si deliberò di assumere i
primi quaranta candidati in graduatoria.
Ci
rendemmo immediatamente conto che l'avere concluso la prova selettiva era
appena l'inizio di un lungo lavoro di ricerca e di mediazione
per trovare e «conquistare» le collocazioni più idonee.
In quel frangente si decise, in via preliminare, di
prendere in esame la situazione di ogni singolo
vincitore e si organizzò un incontro con gli interessati e con i loro
famigliari per appurare:
- quartiere di residenza;
- ultima scuola, centro, istituzione frequentata;
- operatore o educatore a conoscenza del caso;
- potenzialità collaborativa
della famiglia;
- desideri e aspettative nei
confronti del luogo di lavoro;
- specifiche preferenze;
- capacità di muoversi autonomamente nella città;
- uso dei mezzi pubblici;
- eventuali difficoltà oggettive tali da richiedere
la predisposizione di ausili o di interventi per
l'eliminazione di barriere architettoniche;
- difficoltà a svolgere eventuali lavori pesanti.
Avevamo ipotizzato la collocazione
in alcune mansioni tipo nell'ambito della qualifica di appartenenza:
- fattorino;
- usciere;
- bidello;
- addetto alle pulizie;
- addetto archivio/fotocopie;
- addetto magazzino;
- addetto tipografia/riprografia;
- addetto mensa;
- addetto lavanderia/stireria;
ed un certo numero di alternative tra tutti gli uffici
comunali sia in sede centrale sia nei servizi decentrati.
L'Assessorato al personale, con una circolare
informativa, aveva dato l'autorizzazione a muoverci con una elevata
autonomia nel contattare i responsabili delle diverse aree dipartimentali ed
uffici dell'Amministrazione e ciò si rivelò di particolare importanza in sede
di valutazione delle caratteristiche logistiche e personali proprie di ogni
ambiente preso in esame.
Dall'incontro con molti responsabili e dalla visita
sistematica di numerose situazioni di lavoro fu ben
presto chiaro che il successo della nostra iniziativa poteva e doveva fondarsi
sulla collaborazione.
La prospettiva dell'inserimento poteva essere un
obiettivo realistico solo dove era previsto il lavoro integrato tra utenti,
operatori, servizi centrali e decentrati.
Ricordando che parliamo di inserimenti
lavorativi proposti in un ente pubblico, si danno per esauriti a monte i
rapporti con le organizzazioni sindacali e le associazioni.
Ma esistono altre condizioni che, a priori, si devono prevedere
per puntare al migliore inserimento possibile.
• Un servizio centrale che coordini gli inserimenti
in stretta collaborazione con gli uffici del personale; che abbia una buona
conoscenza complessiva e specifica delle caratteristiche dei servizi in cui
si propongono gli inserimenti; che sia in grado di svolgere una
indagine conoscitiva preliminare sulle effettive possibilità di inserimento
in modo da eliminare dispersioni di energie e di disporre di un quadro
informativo complessivo; che abbia la competenza per fornire consulenza agli
operatori coinvolti nel processo di integrazione; che sia punto di riferimento
preciso per i servizi disponibili agli inserimenti quando si verifichino delle
difficoltà; che sia punto di riferimento preciso per gli interessati e per le
loro famiglie.
• Un contingente di operatori
educativi che conoscano e seguano da tempo la persona da inserire; che sappiano
aiutare l'handicappato ad entrare in relazione con il nuovo mondo senza
soffocare l'espressione della sua personalità ma nel contempo cercando di
prevenire l'impatto con situazioni negative o abbassando le tensioni là dove
si riscontra una minore disponibilità all'accettazione.
L'operatore educativo è figura centrale e delicata
di questa operazione poiché deve essere in grado di
essere presente quando occorre, ma essere sensibile ai mutamenti in modo da sapersi
eclissare appena la persona handicappata può andare avanti da sola.
L'educatore deve essere attento
ad evitare di essere considerato un indispensabile appoggio della persona
handicappata: sia da parte del posto di lavoro sia dal l'handicappato stesso.
• Ci vuole poi un rapporto collaborativo
con l'interessato e con la sua famiglia perché l'inserimento lavorativo incide
significativamente sulla rete di relazioni costruite intorno alla e con la
persona handicappata.
Si assiste ad un mutamento di ruolo dei vari componenti del nucleo famigliare; l'essere produttore di
reddito fa crescere in autonomia; la minore dipendenza fa nascere nuove
esigenze e fa esprimere in modo diverso le vecchie; questo sostanziale
desiderio di libertà, a volte, è visto con ansia dai genitori.
• Un rapporto di collaborazione con il servizio dove
avviene l'inserimento perché una volta individuato il posto di lavoro si è
appena alla prima tappa.
Non ci si può permettere di essere
latitanti quando il servizio chiede di essere aiutato a favorire
l'inserimento.
L'esperienza ci ha insegnato che è meglio procedere
secondo una linea di condotta che preveda una serie di passi consequenziali.
Noi abbiamo seguito per ogni inserimento la procedura
prevista nella lista di controllo che riportiamo in sintesi.
ASSUNZIONI
LISTA DI CONTROLLO SINTETICA
1. Prendere accordi con
2. Comunicare con l'interessato, con la famiglia e con l'eventuale operatore di riferimento al
fine di confermare la validità, almeno a priori, della collocazione proposta.
3. Definire con l'operatore la
strategia da adottare.
4. Incontro sul posto di lavoro per definire:
- esatta mansione, collocazione
fisica, accessi, percorsi;
- orario di lavoro;
- modalità di accesso, mezzi
di trasporto, eventuali necessità di accompagnamento;
- mensa;
- bollatrice;
- abbigliamento;
- strumentazione o macchinari da usare;
- conoscenza ambiente e
colleghi.
5. Individuazione collega di lavoro che fa da
riferimento interno.
6. Definizione, caso per caso, dell'eventuale tempo e
delle modalità di supporto della persona handicappata, da parte di un operatore
educativo, nel primo periodo di inserimento.
7. Eventuale collaborazione della famiglia.
8. Presentazione del nuovo assunto, definizione della data di presa servizio ed in parallelo conclusione
delle pratiche amministrative con gli uffici del personale.
Il meccanismo descritto aveva lo scopo di puntare al
migliore inserimento possibile ed alla riduzione massima delle possibili «crisi di rigetto».
Si deve sottolineare
l'estrema importanza di considerare ogni caso come un progetto a sé.
L'educatore ha la fondamentale responsabilità di mediazione ed è, a nostro
parere, nell'abilità e precisione con cui vengono
presi gli accordi iniziali che si prefigurano le possibilità della buona
riuscita dell'inserimento.
L'esperienza ci ha fornito preziosi insegnamenti che
richiamiamo alla memoria e che devono essere spunto di azione
in occasione di nuove possibilità di lavoro.
Una amministrazione pubblica come quella di Torino, che
conta più di 10.000 dipendenti e che ha una distribuzione capillare di servizi
ed uffici in tutta la città, deve essere considerata, ai fini dell'inserimento,
una aggregazione di parti disomogenee.
Si intende sostenere che ogni ambiente o servizio deve
essere considerato come una unità che fatti salvi i riferimenti normativi
generali, si modella secondo un insieme di regole e di tipi di comportamento
che sono determinati dalla collocazione territoriale, dalla strutturazione fisica,
dalla dotazione di arredi e macchinari, dalla organizzazione del lavoro propria
delle persone quantitativamente e qualitativamente presenti nel servizio.
L'operatore, che concorda l'inserimento, deve
entrare nel dettaglio della collocazione fisica e
delle esatte prestazioni che si richiederanno al nuovo assunto perché una
carente precisazione può consentire ambiguità o inopportune attese con
conseguenti illusioni o cadute di motivazione.
La precisazione serve anche a comprendere se ed in
quale misura sono necessari ausili ed interventi addestrativi per consentire
l'apprendimento e l'ottimale svolgimento della mansione.
A questo proposito si ritiene più positivo
che l'eventuale addestramento al lavoro venga effettuato dal collega di lavoro
che si è individuato come riferimento piuttosto che puntare sull'intervento
dell'educatore.
In quest'ultimo caso infatti si creano i già accennati processi di dipendenza
che allungano i tempi di integrazione ed a volte impediscono il corretto
rapporto tra la persona con handicap e i colleghi.
E poiché nelle fasi iniziali di inserimento
è facile che i colleghi instaurino un rapporto basato in particolare su
atteggiamenti protettivi, la permanenza dell'educatore può avere la conseguenza
di rendere più difficile o impossibile la trasformazione dalla «presa in
carico» ad un rapporto paritetico.
L'orario di lavoro è una carta importante da
considerare perché consente, usato con flessibilità, il graduale inserimento
in situazioni dove esistono oggettive difficoltà personali o ambientali.
L'educatore deve rivolgere una attenzione
specifica al problema della distribuzione degli spazi interni, del loro uso,
dei flussi di percorrenza, della più o meno elevata circolazione di persone
esterne, dei tempi e degli spazi mensa, di accertare se esistono dei tempi di
non lavoro per valutare come è possibile organizzarli.
Spesso abbiamo rilevato come ambienti aperti ai pubblico siano inadatti a persone che presentano
instabilità o esprimono elevato bisogno di protezione.
La preparazione dell'inserimento e la sua conduzione
impongono che sia valutato con l'interessato il tempo e la modalità di accesso al posto di lavoro, provando, se necessario,
insieme a fare i percorsi di andata e ritorno.
Occorre accertare la capacità di autogestione,
verificare la capacità di uso della bollatrice là
dove si usa; predisporre i contatti e stabilire le modalità per consentire la
regolare fruizione di mensa, trasporti, ferie, permessi, e così via.
Però non si sottolineerà mai
abbastanza che i processi di emarginazione non sono sconfitti dalla semplice
affermazione della volontà di accettare una persona con handicap.
Abbiamo potuto constatare che, a fronte di una iniziale accettazione, esistono svariati modi per
operare nei fatti tentativi di allontanamento: a volte anche senza una precisa
consapevolezza!
Intanto la persona con handicap è
spesso in condizioni di debolezza nel gruppo dei pari e se è naturale
che riceva ordini dai superiori, è meno logico che prenda ordini da colleghi
che sono inquadrati al medesimo livello; a volte ciò è causa di difficoltà di
adattamento.
È curioso poi constatare che se succede qualcosa in
un ambiente ove lavora un handicappato, il primo pensiero è sovente quello di
colpevolizzarlo.
Ancora, stranamente, le eventuali effettive mancanze,
imprecisioni, errori assumono un valore negativo
molto più accentuato qualora siano commessi da un lavoratore handicappato.
Queste considerazioni ci hanno convinti
della necessità di fare, in primo luogo, interventi sui colleghi ed in
particolare su quello che sostiene il ruolo di figura di riferimento.
È a queste persone con le quali si sono concordate
le collaborazioni e con cui si sono stabilite delle naturali alleanze che va,
incondizionato, il nostro ringraziamento per i risultati positivi ottenuti.
Sì, perché è grazie a loro che sono stati possibili
inserimenti iniziati con difficoltà, che avevano bisogno di sostegno e di
qualche prova di fiducia e di appello per poter
riuscire.
Infine, in alcuni casi, l'educatore ha operato anche
cercando di incidere sull'atteggiamento e sul modo di presentarsi e di vestire
del nuovo assunto: curando la pulizia, evitando alcune stravaganze nel
vestire, consigliando correzioni in presenza di
atteggiamenti o comportamenti verbali inopportuni.
Gli inserimenti effettuati hanno contato sul supporto
di persone diverse a seconda dei casi. Per la maggior
parte dei casi, l'appoggio è stato garantito dagli educatori, alcuni casi sono
stati seguiti direttamente dagli uffici centrali degli Assessorati al lavoro e
all'assistenza, qualche inserimento ha contato su assistenti
sociali, su personale di équipes psichiatriche,
interventi occasionali sono stati garantiti in collaborazione con i
famigliari.
Certo è che se non si vuole connotare l'inserimento
come assistenziale, occorre prevedere un intervento di
supporto di durata limitata nel tempo: un tempo più o meno lunga ma determinato
a priori, soggetto a verifica.
È di grande utilità
stabilire un progetto di intervento a tempi decrescenti ed una serie di momenti
di controllo durante il percorso che consentano di apportare gli aggiustamenti
opportuni.
L'obiettivo era ed è quello di riuscire, nel più
breve tempo possibile, a garantire una integrazione
nel lavoro che non richieda supporti permanenti di personale.
In merito alla durata dell'appoggio, ricordato che
vale sempre la considerazione del caso per caso, si è riscontrato che per più
del 50% dei casi il supporto si è esaurito nel giro di pochi giorni, altri
hanno richiesto un appoggio per qualche mese, alcuni necessitano
ancora di qualche saltuario intervento.
Allorché l'inserimento dimostrava di poter procedere
positivamente o comunque fosse ad uno stato
significativo, l'educatore raccoglieva in un questionario appositamente
predisposto la memoria dell'esperienza condotta.
A titolo esemplificativo si riproduce copia di un
questionario a suo tempo compilato da una educatrice, Aurelia Ainardi, a conclusione
della prima fase di inserimento di una ragazza in qualità di bidella in una
scuola elementare della città.
CITTÀ
DI TORINO COORDINAMENTO INTERVENTI PER HANDICAPPATI ADULTI
Cognome
Nome xxx xxx
Sesso F
Data
x/xx/xx Luogo nascita xxxx (xx)
Città
xxxxx Via xxxx n. x Q. x
Composizione
del nucleo famigliare al momento della assunzione Padre - Madre - Sorella
Tipo
e grado di invalidità insufficienza mentale di grado medio grave
Stato
di salute attuale xxxxx xx xxxx
Livello
di scolarità e di formazione professionale Licenza
elementare conseguita nel 1978 con i corsi di alfabetizzazione
Esperienze
assistenziali (diurne e/o residenziali; dove e per
quanto tempo) Dal 1972 e fino
all'inserimento lavorativo nel Centro di lavoro protetto di xxxxxxxxxxx
Tipo
di concorso eventualmente effettuato e/o domande di lavoro presentate Ha partecipato ad un concorso
dell'Amministrazione provinciale senza classificarsi
Attuale
servizio di appartenenza
Sede
in via xxxxxxxxx
Q. xx
Denominazione
xxxxxxxxxxx
Qualifica
addetta servizi
generali
Livello
contrattuale xxxxxxxxxx
Mansione (denominazione e
descrizione dettagliata del lavoro indicando: orari; significato; atteggiamento
verso il lavoro; organizzazione delle diverse operazioni; compiti esecutivi;
aspetti di ripetitività; compiti direttivi; ordine del divario tra il pensato e
il realizzato, tra l'ordinario e l'effettivamente compreso ed eseguito;
sforzo fisico; controindicazioni; ambiente fisico e relativi fattori di
rischio; uso di strumenti o macchinari; sono state o sono necessarie attrezzature
o modifiche speciali; barriere architettoniche (ci sono? sono state effettuate modifiche?);
tempi morti (ci sono? come sono organizzati?);
motivazione; assenteismo; cosa lo gratifica; cosa lo frustra; c'è una
relazione estensibile tra tipo di handicap e mansione svolta?)
Con il
gruppo di operatori che lavora nella scuola, si è
inizialmente pensato di provare quali sono le reali capacità lavorative della
ragazza, in base alle richieste ed alle necessità dell'ambiente (scuola
elementare).
Hanno
iniziato provando le sue capacità fisicopratiche
(pulizia locali - servizi - scale) ed hanno notato che stenta parecchio, dando
risultati negativi, causa la sua incapacità a localizzarsi bene nello spazio
in contemporanea all'attività di pulizia: si sposta tra i banchi o in
corridoio ma coordina insufficientemente i movimenti per cui metà ambiente
rimane da pulire ed il resto è fatto male. Si è provato a farle fare la pulizia
delle scale ma la si è subito tolta perché appariva
insicura sui gradini con scopa o spazzolone in mano. Si è optato
quindi per quella parte di servizi che sono meno impegnativi fisicamente ed in
queste mansioni riesce meglio. Fa servizio di portineria (apre e chiude la
porta), distribuisce /a colazione nelle classi, ritira le presenze degli
alunni, fa firmare le circolari, fa presenza nelle classi ove è momentaneamente
assente l'insegnante, aiuta in refettorio, è disponibile, per un periodo di
tempo definito, davanti alla direzione. Tutti incarichi che
svolge con volontà ed impegno. L'orario di lavoro si articola sulle 6
ore giornaliere, dalle ore 8 alle 14, dal lunedì al
sabato compresi.
Alle 8,15 assiste all'entrata degli alunni, alle 8,45 passa nelle
classi per raccogliere, le presenze degli alunni, successivamente aiuta nella
distribuzione della colazione (ha appreso bene la localizzazione spaziale delle
aule e il nome degli insegnanti). Quindi, se ci sono delle
circolari da far firmare, passa dagli insegnanti, dividendosi il
compito con una collega.
Alle 10,30 scende in refettorio e aiuta ad apparecchiare le
tavole: mette le posate. Verso le
Certi
giorni, a turno, scende poi in refettorio per aiutare a sparecchiare e pulire
le tavole fino alle 14.
Certi
incarichi che si ripetono tutti i giorni (distribuzione latte, presenze alunni)
li svolge ormai di sua iniziativa, mentre le attività
impreviste (circolari, ecc.) devono esserle illustrate e spiegate dalla
collega che fa di riferimento. Ha bisogno di indicazioni
chiare, di ordini precisi e semplici (portare in giro tre circolari assieme è
già per lei motivo di nervosismo), perché possa attuarli con tranquillità,
senza confusione ed agitazione maggiore. Le mansioni che svolge non presentano
possibilità di sforzi da rilevare o di rischio.
Non
sussistono problemi per le barriere architettoniche perché la ragazza non
presenta inabilità fisiche. Causa il suo attaccamento al lavoro o forse per la
paura di perderlo è sempre stata presente, tranne sette giorni per influenza presi quando non stava proprio più in piedi.
Era ancora nel periodo di prova! Quando resta a disposizione al piano della direzione si organizza i tempi morti leggendo.
La
gratificano i complimenti per il lavoro svolto bene, mentre la agitano e la
demoralizzano le eventuali incomprensioni con le colleghe, riferite allo
svolgimento incompleto o inesatto dei suoi lavori.
Trasferimenti (dopo quanto tempo, da... a...,
motivazioni, interni od esterni, se è cambiata la mansione descrivere come
sopra la mansione precedente).
Non ha
presentato problemi di comportamento o difficoltà tali nello svolgimento delle mansioni che portassero a un trasferimento di sede.
All'interno, dopo essere stata provata in più mansioni, è stata per il momento esonerata dalla esecuzione delle pulizie per il
risultato insufficiente.
Grado di autonomia
(personale, mezzi pubblici, circolazione nella città, decisionale rispetto al
lavoro, all'interno ha bisogno di punti di riferimento fisici oppure di figure
di riferimento? riscuote da solo il mandato di
pagamento? pausa mensa: come? bollatura
cartolina)
La ragazza è
autonoma nel gestirsi l'igiene e l'abbigliamento personale. Dopo alcuni giorni di aiuto da parte del padre nell'identificare il percorso
da casa al lavoro e viceversa, è stata in grado di spostarsi da sola.
Prende il
pullman da xxxxxx, scende al capolinea e si fa a
piedi il tratto di strada fino alla scuola; idem per il ritorno a casa.
Sul lavoro
ha bisogno, al momento, di una figura di riferimento da cui dipendere
nell'eseguire i vari incarichi.
Firma da sola
al mattino ed al pomeriggio il foglio delle presenze.
Non riscuote da sola il mandato di pagamento che è accreditato sul conto
corrente di famiglia.
La pausa
mensa, alle ore 11, la effettua, come tutto il
personale che non usufruisce dello stacco di mezz'ora, nei locali della
cucina, mangiando quanto giornalmente la madre le prepara.
L'interessato come valuta il proprio ambiente di lavoro ed i propri colleghi e superiori?
Entusiasta e
contenta; per lei: «Va tutto bene!». Si trova a lavorare con colleghe che la
capiscono e le sono simpatiche, vive in un ambiente allegro, in mezzo ai
bimbi. Parla bene di tutto e di tutti.
L'interessato che giudizio dà
di sé e del proprio lavoro. L'handicap gli pesa oppure appare superato: parzialmente,
totalmente. Che cosa è cambiato in famiglia da quando
lavora?
L'innata insicurezza la porta ad essere sempre agitata e titubante di
fronte ad ogni nuova azione che deve svolgere. Dice: «Ho sempre paura di
sbagliare, ma ho voglia di imparare e ce la metto tutta per non fare errori. Devo stare attenta e
tranquilla, perché il lavoro mi piace e non devo farmi prendere dal
nervosismo».
Non dimostra
di sentirsi «diversa» dalle colleghe e di conseguenza
non manifesta atteggiamenti di autocommiserazione, rassegnazione, ecc.
L'interessato ha comportamenti o atteggiamenti che si ritiene significativo segnalare?
Ha buona
volontà ed impegno ma anche dei limiti di natura emotiva e fisica nello
svolgere le mansioni a lei destinate. Il buon inserimento tra le colleghe ha
attenuato l'impatto con la realtà lavorativa, per cui
la ragazza, al momento, non ha manifestato comportamenti da segnalare.
In famiglia (sono mutati i comportamenti? Il rapporto con gli
altri componenti del nucleo famigliare? Che valutazione danno i famigliari dell'esperienza? Consigli
- Critiche)
La famiglia
sperava da tempo di inserire la ragazza che, nel Centro assistenziale
diurno, non trovava più risposte alle sue esigenze, per cui, a casa, era sempre
triste, musona, irritata. La realizzazione di tale aspettativa
ha gratificato tutti. I famigliari sostengono che la ragazza è molto cambiata,
è più aperta, chiacchierona, più partecipe della vita in comune, in quanto si sente di contribuire al bilancio famigliare. Ritengono
più che soddisfacente l'esperienza vissuta.
Dirigente (valutazione dell'esperienza; tipo di collaborazione
ottenuta; consigli; critiche; proposte; ecc.)
L'economa
ritiene positiva l'esperienza dell'inserimento che
non ha dato problemi nel collettivo del personale.
Reputa buona
la modalità attuata per l'inserimento, discrete le capacità della ragazza, soprattutto quelle riferite ai rapporti interpersonali e
allo svolgimento di mansioni semplici, buono l'apporto dato dalle colleghe per
inserirla nel gruppo. Nessuna critica.
Colleghi (valutazione dell'esperienza; collaborazione
ottenuta e data; consigli; proposte; critiche; ecc.)
Ritengono
valido l'inserimento pur evidenziando i limiti di
autonomia e di responsabilizzazione che ha la ragazza.
Definiscono
«probabilmente insuperabile» il limite di autogestione
raggiunto anche se si impegnano a verificare la possibilità che riesca in
mansioni (pulizia aule - servizi) che finora ha dimostrato di svolgere con
molta insicurezza e imprecisione.
Riconoscono
la sua buona volontà e l'impegno, ma sottolineano
anche «la sua impossibilità a inquadrarsi al loro stesso livello», dato che ha
sempre bisogno di figure di riferimento e di appoggio, nell'eseguire le sue
mansioni.
Nome
Cognome della persona (operatore,
educatore, ecc.) che ha partecipato all'esperienza di inserimento
Aurelia Ainardi
Descrivere modalità usate. Se
la sua presenza è stata utile oppure se era superflua: in quest'ultimo
caso, a quale condizione poteva essere evitato il supporto dell'operatore?
Quale e per quanto tempo è stato l'impegno dedicato? Continua ancora? Con che
cadenza? Che tipo di intervento? Usufruiva o
usufruisce ancora di interventi tecnici di supporto?
Nell'inserimento hanno giocato un ruolo fondamentale o utile
altre persone? Quali? Se no, sarebbe stato necessario
ma non è stato possibile coinvolgere altri? Valutazione globale dell'esperienza; Critiche; Consigli; Rilievi
Prima
dell'inserimento vero e proprio si è attuato un piano di sensibilizzazione a
livello di ambiente.
In riunioni
collettive con le future colleghe, con la direttrice didattica e con l'economa,
si è affrontato il discorso generale dell'inserimento lavorativo delle persone
portatrici di handicap, sensibilizzando e portando
alla disponibilità di un rapporto normale tutto il gruppo.
C'è da
segnalare l'impegno di tutti nel favorire
l'inserimento, che di fatto si è avviato discretamente.
Quando la
ragazza ha iniziato a lavorare, ha trovato l'ambiente disponibile a recepire le sue necessità. La mia presenza non è stata più
determinante, serviva, a cadenza settimanale, come momento di verifica con il
gruppo, per eventuali consigli su aspetti del comportamento della ragazza; a
lei, ormai inserita, serviva come momento di incontro
con il suo vecchio mondo di esperienze.
Ho
intervallato poi, a distanza mensile, questi momenti di incontro,
impostando inoltre interventi telefonici con l'economa, responsabile del
personale, per la verifica di eventuali problemi.
Positivo e discreto, per ora, il risultato ottenuto.
data
compilazione: 19.6.1981
QUALCHE
DATO
Complessivamente, nell'Amministrazione comunale di
Torino, si sono effettuati 39 inserimenti lavorativi
di cui 30 nell'anno 1980 e gli altri nove tra la fine del 1981 ed il 1982.
Su 39 casi 25 sono maschi e 14 sono femmine.
Le età si distribuiscono secondo la tabella che
segue:
Anno di numero Anno di numero
nascita casi nascita casi
1944 1 1954 2
1945 1 1955 6
1946 2 1956 1
1949 2 1957 4
1950 2 1958 2
1951 2 1959 3
1952 3 1960 4
1953 2 1961 2
All'atto della domanda di ammissione,
tutti i candidati dovevano disporre della licenza elementare quale titolo di
studio minimo.
Per la maggior parte si tratta di licenze acquisite
frequentando corsi di alfabetizzazione.
Sul totale ben 25 persone avevano già ottenuto il
riconoscimento dell'invalidità civile; di questi 20 casi superavano la
percentuale del 67 per cento con una punta massima del 100% dichiarato in
cinque casi.
Analizzando le dichiarazioni mediche o le certificazioni
di invalidità presentate si riscontra la caratteristica
dominante della insufficienza mentale unita in tre casi a difficoltà di tipo
fisico, in nove casi a stati epilettici, in due casi a disturbi della
personalità.
Di particolare interesse è l'esame del luogo di
residenza dell'interessato prima del concorso:
- 31 candidati vivevano in famiglia;
-
-
È estremamente significativo
che l'assunzione abbia favorito il rientro in famiglia delle cinque persone che
vivevano in istituto.
Inoltre sui 39 assunti tre sono andati a vivere per
conto proprio.
Altro elemento di rilievo è il tipo di collocazione diurna che i candidati avevano prima
dell'assunzione.
Si nota che ben 27 persone, durante
il giorno, frequentavano strutture tipo centri socioterapeutici,
laboratori protetti o simili; 7 persone vivevano sempre in casa; cinque, come
già riportato, vivevano in istituto.
In almeno 15 casi è
accertato che la permanenza in strutture protette, prima dell'assunzione, è
stata superiore ai cinque anni con alcuni casi di istituzionalizzazione
superiori ai dieci anni. In tre casi si ha una precedente esperienza di
ricovero in ospedale psichiatrico.
In sei situazioni si erano avute esperienze di lavoro
non andate a buon fine o esperienze di tirocinio guidato dall'ente pubblico che
però non si era concretizzato in assunzioni.
Il nuovo personale ha trovato collocazione
nelle seguenti sedi:
- n.
- n. 8 nelle scuole;
- n. 3 negli uffici centrali dell'assessorato
all'assistenza;
- n. 3 negli uffici centrali di altri
assessorati;
- n.
- n. 4 nei servizi sociali decentrati;
- n. 5 presso i comandi dei vigili urbani o nei
magazzini dell'economato;
- n. 4 nei servizi per lo sport e nei centri d'incontro.
ALCUNE
STORIE ESEMPLIFICATIVE
Ma i dati che evidenziano il risultato di tante
storie che hanno avuto esito positivo, non riescono a
dare il senso dell'impegno richiesto in primo luogo agli stessi interessati.
Bisogna parlare anche degli insuccessi, altrimenti
non emergono le ansie degli operatori: quando sembrava che certi inserimenti
stessero per fallire, occorreva, nonostante tutto, ricominciare con la voglia
di andare a riprendere le situazioni dall'inizio per
riannodare relazioni interrotte, per non cedere di fronte alle prime difficoltà.
Se complessivamente la portata dell'operazione non può che essere valutata come un successo, abbiamo
avuto casi di inserimento problematico che in un caso hanno già portato ad
esito negativo; altri sei casi hanno presentato difficoltà anche se imputabili
a motivi diversi, e per due di questi si prospetta la non conferma in ruolo.
Prima di soffermarci sulle ragioni di queste
situazioni vale la pena di raccontare due storie, una negativa e l'altra positiva, per cercare di entrare meglio in questa realtà.
ALBERTO
Persona con handicap psichico. Nato nel 1955.
Esperienze di ospedale psichiatrico. Esperienze di
formazione presso cooperativa. Seguito da équipe psichiatrica.
Nell'ottobre 1980 viene
assegnato alla ripartizione sport - servizio bagni pubblici con la qualifica
di esecutore servizi generali.
Il posto è stato individuato dopo aver avuto
colloquio con l'interessato, con gli operatori (assistente sociale e
infermiere) che lo seguono tenuto conto delle
possibilità aziendali di inserimento e delle potenzialità personali.
Alberto ha buona capacità di girare per la città, sa
usare i mezzi pubblici, per cui può accedere
autonomamente al posto di lavoro che è facilmente raggiungibile dalla sua
residenza.
Non ci sono controindicazioni rispetto ad eventuali
lavori pesanti.
Presi i contatti con il dirigente del servizio e con
i futuri compagni di lavoro insieme agli operatori si stabilisce:
- mansione e collocazione
fisica: nel caso specifico si tratta di collaborare al servizio di pulizia
dei bagni pubblici;
- orario;
- mezzi di trasporto;
- mensa.
Si definisce inoltre che l'operatore di riferimento
sarà l'infermiere e che si limiterà, dopo la fase di preparazione per la
conoscenza del posto di lavoro e dei colleghi, ad un appoggio esterno o su richiesta.
Saranno gli stessi colleghi ad insegnare il lavoro ed a seguire il nuovo assunto.
Fin dall'inizio la sua presenza al lavoro è incostante;
l'appoggio dell'équipe e dei compagni non riesce a
colmare il divario tra il desiderio di affrontare la realtà lavorativa e la
paura di ciò che vuol dire essere autonomi.
Il modo di manifestare questa contraddizione vissuta
tanto intensamente è quello di non presentarsi al lavoro o di andarsene dopo
un po'.
Nel novembre '80 chiediamo agli uffici del personale
un mese di aspettativa nella speranza di riuscire a
mutare la situazione.
Nel dicembre sembra che Alberto se la senta di
riprovare e concordiamo la ripresa dell'attività
lavorativa.
Ma la situazione non cambia, continuano le assenze
ingiustificate e non riusciamo a fare mutare all'interessato l'atteggiamento
negativo nei confronti del lavoro.
La cosa si trascina per qualche mese senza
prospettive e arriva al punto in cui Alberto non va nemmeno a ritirare i
mandati di pagamento dello stipendio.
Nel giugno '
Su questa base Alberto non è confermato in ruolo.
ROBERTO
Persona con insufficienza mentale di grado medio.
Invalidità civile 75%. Nato nel 1953. Livello di scolarità: quinta elementare.
Sette anni di frequenza al laboratorio protetto provinciale. Due anni di
frequenza al centro socioterapeutico comunale.
Nell'ottobre 1980 viene
assegnato alla ripartizione decentramento nella sede di un consiglio di
circoscrizione con la qualifica di esecutore servizi generali.
Il posto è stato individuato dopo aver avuto
colloquio con l'interessato, con i suoi famigliari, con l'operatore di
riferimento (educatore) sulla base delle disponibilità aziendali e delle
capacità dell'interessato.
Si decide che il caso sarà seguito dall'educatore.
Vengono precisate le mansioni che sono:
- pulizia dei locali assegnati
(ufficio direzione, segreteria, locali centri d'incontro). Attività che consiste nel lavare
i pavimenti. spolverare, riordinare;
- custodia macchina caffè;
- in caso di necessità fattorino esterno e usciere.
Si precisa l'orario: dalle 9 alle 17 con pausa di 45
minuti.
Roberto dimostra fin dall'inizio un
atteggiamento costruttivo verso il lavoro, è autonomo nell'organizzare
il suo tempo. Svolge mansioni di carattere esecutivo, riuscendo ad eseguire
alla lettera ciò che gli viene ordinato anche se richiede
uno sforzo fisico relativamente elevato e per tempi lunghi. Non ha problemi ad
usare gli arnesi del mestiere.
L'atteggiamento di superiori e colleghi, che è
disinvolto e di accettazione, si dimostra positiva
fonte di gratificazione.
Il grado di autonomia è
buono. Si reca al lavoro da solo con o senza i mezzi
pubblici.
Non ha bisogno di particolari punti di riferimento
all'interno del posto di lavoro. Riscuote da solo il mandato di pagamento.
Pranza in compagnia degli altri colleghi portandosi il pasto da casa.
In famiglia, è orfano di padre, si sente valorizzato
ed ha assunto l'atteggiamento di capo famiglia. Con lo stipendio di Roberto è migliorata nettamente la situazione finanziaria.
La responsabilità del lavoro ha fatto anche mutare positivamente
l'atteggiamento di Roberto nei confronti della vita in generale.
I colleghi di lavoro ed il capo servizio danno una
valutazione positiva dell'inserimento che è ormai
globalmente riuscito per tutti i lavori di carattere ripetitivo; solo in occasione
di lavori saltuari o nuovi ha bisogno di essere stimolato.
L'educatore ha fatto un lavoro preparatorio
all'inserimento ancora quando Roberto frequentava il
centro socioterapeutico: a suo avviso si è dimostrato
utile a facilitare l'impatto con la situazione lavorativa.
Poi l'educatore ha iniziato ad appoggiarlo anche sul
posto di lavoro ed è stata sufficiente una settimana di assidua
compartecipazione all'attività.
In questi pochi giorni l'educatore ha collaborato
strettamente con un dipendente della circoscrizione: hanno assegnato locali,
attrezzature, insegnato il lavoro, fatto capire come si svolgeva la vita nella
circoscrizione, le sue pause, la mensa, il rispetto degli orari, ecc.
Dopo questo breve periodo l'educatore ha cominciato
a diradare la sua presenza che stava diventando inutile man mano che Roberto
acquisiva autonomia e sicurezza. Anzi la presenza dell'educatore si rivelava
controproducente perché metteva in soggezione Roberto di fronte agli altri
colleghi.
L'appoggio, anche saltuario, è terminato prestissimo
ed ora solo ogni tanto l'educatore va alla circoscrizione a salutarlo
mantenendo normali rapporti di amicizia.
INSERIMENTI
LAVORATIVI O ASSISTENZIALI?
Come sempre sono i casi difficili che danno maggiori
spunti, che favoriscono il maggior numero di insegnamenti.
Quando si tratta di inserimenti lavorativi un
argomento di dibattito è il livello di capacità richiesto per svolgere una
mansione determinata.
Noi abbiamo imparato a non stupirci e ad avere grande fiducia nelle persone con cui abbiamo lavorato:
l'ambiente agisce di per sé, spesso, come operatore di mutamenti significativi
e inattesi.
Tra i casi problematici
abbiamo avuto persone che nei primi mesi di inserimento non riuscivano ad
orientarsi tra un piano e l'altro di uno stesso stabile: ora sono in grado di
accompagnare o indirizzare con competenza il pubblico ai diversi uffici.
Abbiamo bene in mente il caso di Angela
che da anni frequentava un centro socioterapeutico e
che gli educatori ritenevano non idonea al lavoro: oggi, con sua e nostra
soddisfazione, è una delle fattorine più affidabili di una circoscrizione.
Il rischio è però che casi di inserimento
« assistenziale » abbiano una ricaduta negativa sulle possibilità di nuove
assunzioni.
Parliamo di inserimento
assistenziale riferendoci a casi in cui esiste troppo divario tra la
prestazione richiesta e le effettive capacità dimostrate, in modo tale che al
lavoratore si finisce di non richiedere più alcuna prestazione operando di
conseguenza una sorta di emarginazione all'interno stesso del posto di lavoro.
Dall'esperienza maturata ciò accade con più facilità
in due situazioni:
a) il caso di persone con una insufficienza
mentale tale da rendere molto basso il livello di comprensione; tale da
necessitare un costante supporto nell'esecuzione di compiti sia pure semplici;
capacità operative manuali molto basse con elevata lentezza e scarsa abilità
tali da richiedere che il lavoro sia completato in larga misura o rifatto da un
altro operatore. In questi casi spesso l'ambiente di lavoro è incapace di
programmare, per la persona handicappata, l'esecuzione di lavori al livello
delle potenzialità effettive;
b) il caso di persone con disturbi del comportamento,
basse capacità di relazione, instabilità tali da determinare una scarsa o nulla
continuità nel lavoro, l'incapacità di «reggere» per un elevato numero di ore e quindi l'abbandono frequente e ingiustificato del
posto di lavoro, l'uso dell'ambiente e dei compagni di lavoro come occasione
per scaricare tensioni derivanti anche da influenze esterne, oppure, ma è il
risvolto della stessa medaglia, come occasione e luogo ove manifestare la
propria sofferenza, trovare ascolto ed appoggio.
Casi che rischiano di non andare a buon fine perché
comportano un livello di presa in carico molto elevato e, di fatto, questo tipo
di disponibilità è difficilmente riscontrabile.
Si dovrebbe pensare forse ad una diversa organizzazione
del lavoro ma è argomento da affrontare magari
un'altra volta.
Nonostante questi rischi, resta il fatto che l'ente pubblico,
proprio perché deve dare l'esempio, è l'unico luogo in cui possono essere tentati
inserimenti di persone con maggiori difficoltà e ciò deve essere considerato
un investimento in esperienza ed in possibilità di pubblicizzare all'esterno,
al mercato del lavoro privato, i risultati.
Si tratta di maturare una strategia per gli inserimenti
lavorativi che attraverso successive approssimazioni riesca
a definire un percorso in cui si riducano sempre più le possibilità di errore.
Alcuni punti fermi li abbiamo
già segnati: - definire e seguire con sistematicità, direi con pignoleria, una
serie di passaggi obbligati e consequenziali per la promozione dell'inserimento;
- organizzare un ufficio di coordinamento che abbia
la formazione per trattare con competenza le problematiche inerenti le mansioni nei diversi posti di lavoro;
- puntare sul posto e sui compagni
di lavoro come luogo e come referenti per la formazione del nuovo assunto;
- solo l'operatore (educatore,
insegnante della formazione professionale, ecc.) che conosce bene e da tempo
il ragazzo da inserire, è un riferimento sicuro ed ha la forza per condurre
positivamente le mediazioni spesso necessarie tra la famiglia, l'azienda,
l'interessato stesso. In questo
senso è marginale l'esistenza di una specifica competenza nelle modalità di esecuzione del lavoro, nell'uso delle macchine o delle
attrezzature: non è questo che si chiede all'educatore;
- si deve puntare a fare una integrazione
globale del nuovo assunto proponendo una rete di relazioni umane, non un peso
da sopportare con pazienza e da emarginare non appena scarta un po' dalle
regole vigenti.
E poi bisogna avere sempre, senza presunzioni,
l'attenzione rivolta alle esperienze degli altri per confrontarci e sapere mutare
le proprie strategie in relazione al mutare dei
contesti: chiunque si occupi di inserimenti lavorativi di persone con
handicap deve qualcosa a Parma, a Genova, a Sesto San Giovanni, ad alcune
elaborazioni delle organizzazioni sindacali e delle associazioni, allo sforzo
di tante persone handicappate che hanno lottato per il loro posto di lavoro.
UN
RAPPORTO PARITETICO
Dopo qualche anno è per noi motivo di grande soddisfazione ricevere una telefonata, un biglietto
di auguri da questi giovani o dalle loro famiglie che hanno mutato di segno la
loro vita ma vorremmo saper descrivere l'emozione che ci prende quando,
frequentando gli uffici dell'Amministrazione, li incontriamo intenti al loro
lavoro.
Come sono cambiati!
È di questi giorni l'incontro con Sergio che,
all'ingresso di una circoscrizione dava con competenza informazioni, a dei
cittadini anziani, in merito alla denuncia dei redditi.
Ci vediamo! È un incontro paritetico dove la
sicurezza acquisita da Sergio ha annullato gli iniziali rapporti di dipendenza
dall'educatore.
Si parla del più e del meno, ci si scambia un saluto
e via.
E che dire degli ambienti in cui il lavoratore
handicappato è diventato così indispensabile da rischiare poi di essere
chiamato a svolgere più incombenze di altri proprio per la dimostrata
disponibilità ed affidabilità?
Qui si è perduta la fastidiosa appendice che, anche
in questo scritto, ha accompagnato la parola lavoratore:
non più lavoratore handicappato ma lavoratore e basta!
LE
PROSPETTIVE
Presto l’Amministrazione comunale avrà nuovamente
l’occasione di promuovere inserimenti lavorativi di persone con handicap.
Altri quaranta posti di lavoro sono stati banditi quest'anno con l'apertura di una prova pubblica
selettiva.
Un nuovo impegno per chi si appresta a seguire gli
inserimenti: un po' più difficile perché la prima volta abbiamo già «usato» gli
ambienti di lavoro più disponibili, le occasioni più favorevoli; un po' più
facile perché abbiamo fatto esperienza e il margine di errore
può diminuire.
Oggi i due assessorati maggiormente coinvolti -
Assessorato per il lavoro e la formazione professionale ed Assessorato alla
sanità e assistenza - hanno creato un gruppo interassessorile
(1) cui è demandato il compito di coordinare gli inserimenti lavorativi, che è
strumento di raccordo con l'Assessorato al personale e che, di volta in volta,
si vale della collaborazione di operatori diversi per
favorire gli inserimenti.
Ma, oltre a questo importante
strumento operativo, l'Amministrazione può, in questo momento, sfruttare una
grande opportunità di sperimentazione: il part time.
È nostro dovere porci nella
prospettiva dell'uso del part time come
occasione per favorire l'ingresso e la permanenza nei posti di lavoro di
persone che hanno dimostrato l'incapacità di reggere al lavoro organizzato con
orario normale.
E magari invece di una sola persona assunta a tempo
normale, due persone impiegate a part time!
Di nuovo una possibilità di dimostrare modalità di inserimento significative, per alimentare il processo di
informazione e l'allargamento delle occasioni di lavoro anche sul versante
delle aziende private.
Ne riparliamo fra qualche tempo, con qualche esperienza in più, e come si dice dalle nostre
parti: ... a bocce ferme!
(1) Il gruppo interassessorile
del Comune di Torino per l'inserimento delle persone con handicap nel lavoro è
formato dai Sigg. Nico Alampi,
Grazia Butticè, Guido Cibrario,
Giacomo Torassa.
www.fondazionepromozionesociale.it