Prospettive assistenziali, n. 71, luglio - settembre 1985
Specchio nero
DALLA
ASSISTENZA COME DIRITTO ALLA BENEFICENZA DEI PRIVATI
Imparate a non dare mai nulla per scontato.
1) Credevamo che la politica assistenziale
dovesse avere alla base l'obiettivo di «rimuovere
gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e
l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana
e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori alla organizzazione
politica, economica e sociale del Paese» (Costituzione, art. 4, 2° comma).
Poi, ne ha parlato Craxi: «La politica assistenziale - ha scritto
il Presidente del Consiglio dei Ministri nel documento trasmesso ai segretari
del pentapartito in vista del "vertice" del 18 luglio 1985 - deve avere alla base la selettivítà
degli interventi in relazione allo stato di bisogno
dei cittadini, inteso come insufficienza di reddito del singolo e della
famiglia rispetto a un livello di vita ritenuto come "minimo
accettabile" dalla società» (Il Sole - 24 Ore, 17 luglio 1985).
Per Craxi, dunque,
assistenza resta sinonimo di «aiuto in denaro». E i
bimbi che in famiglia subiscono violenze ed abusi? E
gli anziani maltrattati negli ospizi o cacciati dagli ospedali senza essere
curati? E gli handicappati privi di sostegno
familiare? E... tutte le altre innumerevoli situazioni
di carente o assente autonomia personale?
2) Credevamo che l'assistenza fosse un diritto. «Ai
compiti previsti (...) provvedono organi predisposti o integrati dallo Stato»
(Costituzione, art. 38, 4° comma).
Poi, ne ha parlato Craxi: «Con immediatezza e determinazione - ha
scritto nello stesso documento - vanno
affrontati i problemi della cura delle malattie mentali e delle tossicodipendenze.
Le caratteristiche di queste due piaghe sociali e delle misure di recupero assegnano
un ruolo importante al volontariato cui vanno garantite
maggiori risorse finanziarie in un quadro di controllo e di collaborazione con
il servizio sanitario. Nello stesso settore delle malattie mentali. nell'attesa che diventino operative le già proposte misure
di riforma della legge n. 180, è il volontariato, in primo luogo delle
famiglie, ciò che lo Stato può e deve incentivare per assicurare una custodia
e una cura adeguata a chi ne ha bisogno.
All'ampliamento
delle risorse disponibili per il volontariato può contribuire anche la mobilitazione del risparmio privato, in primo luogo
proveniente dalle aree di maggiore benessere del Paese, introducendo forme di
contribuzione volontaria continuativa rapportata a spese di carattere
"affluente" (ad esempio da parte di istituti di credito, di
assicurazione, grandi imprese in relazione a budgets
pubblicitari, alle spese di rappresentanza, alle sponsorizzazioni, ecc.).
Il
meccanismo di convoglia .mento
del risparmio privato verso questi due ben definiti obiettivi sociali può
prevedere la costituzione di un'associazione degli organismi fondatori. responsabili della gestione finanziaria delle risorse
reperite, per le quali si possono prevedere, a fronte di precise garanzie,
facilitazioni di carattere fiscale».
Morale: il diritto alla non emarginazione non può,
per adesso e per chissà quanto altro tempo, essere soddisfatto. Accontentatevi
di quello che vorranno fare il volontariato e la beneficenza dei privati.
È
CONFERMATO: NEGLI ISTITUTI GLI ASSISTITI POSSONO ESSERE SOLO DEI NUMERI
Salvatora Z. viveva nella Casa di riposo Roma Terza,
in via Ventura, una traversa di via della Pineta
Sacchetti, una delle tre strutture ex Onpi passate al
Comune nel '78. È morta il venerdì sera, sola nella sua stanza della casa di
riposo. Nessuno se ne accorge fino al lunedì sera,
quando una sua vicina di stanza ha sentito un odore insopportabile e ha
avvertito i custodi. È stato chiamato il 113 e ci sono
voluti i vigili del fuoco per sfondare la porta che era chiusa dall'interno (Il
Manifesto, 17 luglio 1985).
Casa di riposo Roma Terza: 270
anziani; 120 dipendenti (40 inservienti, 80 fra cuochi, elettricisti,
giardinieri e custodi) (Corriere della Sera, 17 luglio 1985).
È confermato: negli istituti gli assistiti possono essere solo dei numeri.
IL
«MONGOLINO D'ORO» E LE FACCE DI BRONZO
Si è chiusa con un invito ad una «maggiore vigilanza»,
rivolto dal Provveditore agli studi di Milano al Preside della scuola «Buonarroti» di Corsico,
l'inchiesta sulla vicenda del «mongolino d'oro» che
l'insegnante Glauco Cesarico aveva assegnato, come «nota
di demerito» ad un alunno, Davide V., 15 anni, due volte ripetente.
Il metodo adottato dal professore consisteva nell'attribuzione
dell'epiteto «mongolino» agli alunni ritenuti indisciplinati
o «poco studiosi», arricchito - nel caso di Davide - da un cappello con le
orecchie d'asino.
«Dopo aver proceduto alle contestazioni di addebiti ed aver valutato le dettagliate ed esaurienti controdeduzioni degli interessati - scrive il Provveditorato
in un comunicato stampa - il provveditore ha chiesto ed ottenuto ampie assicurazioni
dal Preside che episodi del genere di quelli denunciati dai genitori
dell'alunno non si dovranno più verificare».
Si fa, non si dice. E, se si
dice (sui giornali), non si rifà.
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