Prospettive assistenziali, n. 71, luglio - settembre 1985
SUI FINANZIAMENTI DELLA REGIONE
FRIULI-VENEZIA GIULIA AGLI ISTITUTI DI RICOVERO
Nel n. 69,
gennaio-marzo 1985, di Prospettive assistenziali, avevamo
pubblicato una lettera di Augusta De Piero Barbina, in cui venivano forniti
dati circa i notevoli finanziamenti erogati dalla Regione Friuli-Venezia
Giulia agli istituti di ricovero (1).
In merito al
suddetto articolo, abbiamo ricevuto una lettera datata 27 giugno 1985 da parte
dell'Assessore al lavoro e all'assistenza sociale della Regione Friuli-Venezia Giulia, Dott.
Mario Srancati, che pubblichiamo integralmente.
Da parte
nostra rileviamo che nella lettera dell'Assessore:
a) nessuna
smentita viene fatta in merito alle affermazioni di
Augusta De Piero Barbina riguardanti i rilevanti finanziamenti della Regione Friuli-Venezia Giulia agli istituti di ricovero;
b) non c'è
alcun cenno ad iniziative assunte dalla Regione Friuli-Venezia
Giulia in materia di alternative al ricovero in
istituto, né si forniscono elementi circa le somme stanziate al riguarda; il problema
delle alternative viene rinviato sic
et sempliciter al «piano socio-sanitario in corso di
elaborazione». Per quanto riguarda i servizi diretti a
prevenire l'istituzionalizzazione dei minori, previsti dalla legge 4.5.1983 n.
184 «Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori»,
che cosa ha fatto la Regione Friuli-Venezia Giulia?;
c) si fa
riferimento (punti 2 e 3) agli enti privati che operano «senza fini di lucro», ma non si precisa quali sono le condizioni per
definire tale caratteristica. Per la Regione Friuli-Venezia
Giulia le operazioni finanziarie svolte dal Cottolengo di Torino (Cfr. l'editoriale del n. 70 di Prospettive assistenziali «Perché
diciamo no alla privatizzazione delle IPAB») per l'investimento di alcuni miliardi (trenta? quaranta?)
per l'acquisto di alcuni grandi hotel ad Ischia rientrano nelle finalità degli
«enti privati senza fini di lucro»?;
d) la
Regione Friuli-Venezia Giulia non rispetta i diritti
degli anziani cronici non autosufficienti alle cure ospedaliere nei casi in cui
non sia possibile provvedere a livello domiciliare.
Gli utenti sono dirottati al settore assistenziale; ad
essi e ai loro familiari vengono fatte pagare rilevanti somme non dovute;
e) le disposizioni approvate dalla Giunta regionale con deliberazione
n. 2532 del 17 maggio 1983 «Requisiti delle case per anziani e inabili» sono
applicabili solo alle «nuove realizzazioni» e non alle
strutture già in funzione. In particolare va rilevato che le suddette
disposizioni nulla prevedono in merito ai requisiti professionali del
personale e al rapporto minimo utenti-operatori in servizio.
Affinché il
lettore possa esprimere un giudizio circa la validità o meno delle disposizioni
regionali concernenti le nuove realizzazioni di case per anziani e inabili le trascriviamo integralmente:
«1) Le aree devono essere reperite
nelle zone indicate dai piani regolatori o dai programmi di fabbricazione dei
Comuni interessati.
2) Le aree edificabili ubicate in zone estensive
devono avere una superficie minima di 100 mq. per posto letto. Nelle zone
intensive e semintensive la superficie minima per
posto letto è fissata in mq. 40.
Si può tuttavia derogare dai
limiti anzidetti quando la costruzione sia da realizzarsi nell'agglomerato
urbano, a condizione che sia comunque riservata e sistemata a verde un'area
pari a quella coperta.
3) Gli edifici non possono avere più di quattro piani
fuori terra. L'eventuale scantinato, seminterrato o sottotetto praticabile non
potrà essere destinato a residenza per gli ospiti.
4) Il numero dei posti letto non può essere inferiore
a trenta e superiore a 150 (2).
I reparti ospitanti persone non autosufficienti non
potranno avere capienza superiore a 40-50 posti letto,
limitati a 20 ove si tratti di handicappati gravi.
5) Le stanze possono essere a
uno, due o tre letti, con una superficie minima rispettivamente di dodici,
venti e ventotto mq.
Almeno ogni coppia di stanze deve essere dotata di
servizio igienico con lavandino, WC, bidet, doccia o vasca, aerato direttamente
dall'esterno o con aerazione forzata e presso ciascun letto e nei servizi
igienici deve essere installato un pulsante per la chiamata d'allarme. Ogni
stanza deve essere dotata di almeno un punto luce per
l'illuminazione notturna.
La superficie vetrata delle stanze non dovrà essere
inferiore a mq. 2 e comunque non inferiore ad 1/8
della superficie della stanza stessa.
In sede progettuale si dovranno privilegiare
le soluzioni che prevedono una dotazione di terrazze, con barriere
trasparenti, per le stanze ed i soggiorni di piano.
6) Per ciascun posto letto deve essere prevista una
superficie complessiva netta non inferiore a mq. 35 e non superiore a mq. 50
per le stanze degli ospiti, soggiorni, sale da pranzo, fisioterapia,
ergoterapia, servizi ambulatoriali, uffici amministrativi, servizi igienici,
cucina, dispensa, lavanderia, stireria, corridoi, disimpegni, ripostigli, ecc.
7) I locali destinati a servizi collettivi devono
avere le seguenti superfici:
a) soggiorni, saletta TV, spazi per
la ricreazione, ecc. 5 mq. minimo per posto letto;
b) pranzo: minimo 1,5 mq. per pasto letto;
c) ambulatorio: mq 20:25;
d) fisioterapia ed ergoterapia: mq. 1:2 per posto letto.
Ogni piano deve essere dotato di un soggiorno, di
servizio igienico, bagno con vasca o doccia di tipo idoneo per persone non
autosufficienti.
In adiacenza ai locali di soggiorno e pranzo devono essere previsti gruppi di servizi igienici separati
per sesso.
8) Per le strutture che provvedono anche all'assistenza
di ospiti esterni per un'aliquota superiore al 30%
degli ospiti interni, i parametri contemplati dal precedente punto 7 si possono
maggiorare del 10-20%.
Nel caso sia prevista una presenza di oltre il 40% di ospiti parzialmente o del tutto non autosufficienti, si
dovranno prevedere in ogni piano una saletta per medicazioni di almeno mq. 12
ed un locale per vuotatoio.
9) Le strutture devono disporre di
servizi igienici e spogliatoi per il personale di servizio.
10) Gli spazi all'aperto devono essere sistemati a
verde per almeno il 50% della superficie disponibile con un adeguato numero di
panchine e di piante di alto fusto. Tutte le superfici
pedonali devono essere pavimentate.
11) Oltre che alle presenti direttive, i progetti
devono uniformarsi ai D.P.R. 27 aprile 1978, n. 384 "Regolamento di attuazione dell'art. 27 della legge 30 marzo 1971, n.
118, a favore dei mutilati ed invalidi civili, in materia di barriere architettoniche
e trasporti pubblici", nonché alla legge 30 aprile 1976, n. 373 recante
norme per il contenimento del consumo energetico per usi termici negli
edifici».
Indicativa
dell'appoggio della Regione Friuli-Venezia Giulia
alle strutture di ricovero (e non agli utenti) è la seguente disposizione,
contenuta nella deliberazione sopra citata: «Le nuove realizzazioni
risultanti da trasformazione o riatto di strutture esistenti sono del pari
vincolate all'osservanza delle direttive di cui sopra, ad eccezione dei punti 2)
e 6)»;
f) viene precisato che la legge regionale 23 luglio 1984 n. 31
autorizza anche il finanziamento di abitazioni collettive per soggetti
autosufficienti o parzialmente non autosufficienti e per altre persone soggette
a rischi di istituzionalizzazione, gestite «a fini di lucro».
Per queste
abitazioni, la deliberazione della Giunta regionale 24 agosto 1984 n. 4095 non
prevede praticamente alcun requisito specifico. Ad
esempio il personale deve solo essere di sana e robusta costituzione e
debitamente vaccinato. Nessun limite massimo è previsto per i
posti letto inseriti in ciascuna camera. Le direttive emanate dalla
Giunta regionale il 24 agosto 1984 n. 4085 per le abitazioni collettive polifunzionali
per anziani e altri soggetti esposti a rischi di istituzionalizzazione
sono le seguenti:
«I soggetti privati diversi da quelli indicati
all'VIII comma dell'articolo 1 della legge regionale 23 luglio 1984, n. 31 che
intendano accogliere in abitazioni collettive anziani
autosufficienti ovvero in stato di parziale non autosufficienza (anche
eventualmente in convivenza con altre persone soggette a rischi di istituzionalizzazione)
sono tenuti, oltre agli adempimenti previsti dalle norme vigenti, a richiedere
all'U.S.L. di pertinenza l'autorizzazione al funzionamento. Il rilascio
dell'autorizzazione è condizionato dalla presenza dei seguenti requisiti:
- Le abitazioni collettive polifunzionali sono
strutture a valenza socio-sanitaria rivolte agli anziani autosufficienti o
parzialmente non autosufficienti e ad altre persone soggette a rischi di istituzionalizzazione.
- Le abitazioni collettive polifunzionali devono favorire
essenzialmente interventi di tipo preventivo, assistenziale
e relazionale, prevenendo quanto più possibile forme di decadimento degli
assistiti.
- Le strutture di cui sopra devono essere
ubicate di preferenza in centri residenziali ed essere in ogni casa
agevolmente raggiungibili tramite pubblici servizi di trasporto.
- Le strutture devono salvaguardare le esigenze di individualità di ognuno.
- In particolare, oltre a disporre
di camere ad 1 o più posti letto - conformi alle norme stabilite dai regolamenti
urbanistici e dai regolamenti locali - provviste di servizi igienici, devono
corrispondere a quanto qui di seguito viene indicato:
- le stanze possono essere ad uno, due o più letti
con una superficie rispettivamente di mq. 8 per un posto letto, mq. 14 per due,
maggiorati di ulteriori mq. 7 per ogni posto letto in
più, e dovranno avere comunque una cubatura di mc. 23 per uno, mc. 40 per due, maggiorati di
ulteriori mc. 20 per ogni posto letto in più;
- ogni posto letto deve essere
dotato di una presa di corrente e di un dispositivo acustico luminosa con
quadro centralizzato per la chiamata del personale;
- ogni stanza deve essere dotata di
almeno un punto luce per l'illuminazione notturna;
- i corridoi devono essere tenuti liberi e consentire
un facile transito ed una rapida evacuazione degli ospiti;
- ogni struttura deve disporre di
almeno due servizi igienici; nel caso si articoli su piani diversi, ognuno di
essi deve essere datato di un proprio servizio igienico;
- i servizi igienici idonei per
persone anziani e parzialmente non autosufficienti, devono essere
dotati di WC, lavabo con acqua fredda e calda, bagno o doccia e lavapadelle. Detti servizi non devono
comunicare direttamente con i vani cucina, pranzo e soggiorno;
- devono essere previsti uno o più locali destinati
a soggiorno - TV - pranzo di ampiezza di mq. 2 per
ogni posto letto, oltre ad un ambulatorio infermieristico ed allo spogliatoio
per il personale;
- la cucina deve corrispondere alle norme igieniche
previste per i pubblici esercizi, essere illuminata e ventilata verso l'esterno
con aperture protette da reti antimosche e dotata di attrezzature
che consentano la preparazione e l'adeguata conservazione delle derrate
alimentari e la sanificazione degli utensili usati;
- l'abitazione polifunzionale dovrà essere dotata di
servizio di lavanderia adeguato al numero degli ospiti, par la sanificazione della biancheria, ovvero
essere convenzionata con una struttura per il lavaggio degli effetti letterecci e personali;
- dovranno essere previsti adeguati sistemi per la
prevenzione degli incendi;
- il complesso abitativo deve essere dotato di impianto di riscaldamento. La
temperatura dell'aria ambiente durante la stagione invernale dovrà essere di
18-20° C.
La struttura dovrà altresì essere dotata:
- di un impianto elettrico -
adeguato alle norme C.E.I. - corredato da dispositivo «salvavita»;
- di un sistema di illuminazione
di emergenza atto a garantire, in caso di interruzione dell'alimentazione
elettrica, l'automatica e prolungata (120 minuti) disponibilità di energia.
I rifiuti solidi che costituiscano
pericolo di infezione devono essere possibilmente inceneriti nell'ambito
dell'abitazione o raccolti a mezzo di contenitori robusti a perdere a chiusura
ermetica, posti in corrispondenza di una lampada germicida,
e successivamente smaltiti assieme ad altri rifiuti solidi urbani a cura del
competente servizio comunale. Resta vietata la destinazione
dei rifiuti alimentari all'alimentazione degli animali, se non previa
sterilizzazione, come stabilito dalla normativa vigente.
Il personale dovrà essere munito della
certificazione di sana e robusta costituzione e del libretto sanitario
rilasciati dall'U.S.L. ed essere sottoposto alle vaccinazioni previste dalla
normativa vigente. La certificazione dovrà essere conservata sul posto di
lavoro.
Agli ospiti in stato di parziale non autosufficienza
dovrà essere assicurata anche un'adeguata prestazione
paramedica, al caso mediante ricorso a servizi del territorio.
La dichiarazione di parziale autosufficienza per il
ricovero dovrà essere confermata preventivamente dal Servizio dell'U.S.L. di
competenza. Ogni variazione negativa dello stato di autosufficienza
(totale o parziale) degli ospiti, notata dal medico curante, dovrà essere segnalata
tempestivamente all'U.S.L. dal responsabile dell'abitazione polifunzionale,
come pure ogni malattia contagiosa diffusiva prevista per legge.
Le abitazioni collettive polifunzionali autorizzate
ai sensi delle presenti direttive saranno incluse annualmente in un apposito elenco regionale, distinto da quello delle case
per anziani ed inabili. Relativamente alle strutture
incluse negli elenchi predetti i Comuni potranno erogare il contributo
pubblico giornaliero di cui all'art. 14 della legge regionale n. 35/1981, come
sostituito dall'art. 1 della legge regionale 23 luglio 1981, n. 31,
considerando comunque in via prioritaria le strutture facenti capo ad enti,
istituzioni, associazioni e fondazioni pubbliche o private».
Con
deliberazione della Giunta regionale 10 maggio 1985 n. 2128 sono
state autorizzate sette abitazioni collettive (sono almeno prive delle barriere
architettoniche come previsto dalle leggi vigenti?) riferite all'USL n.
1 - Trieste:
1) Via S. Lazzaro 17, 1° piano, posti letto 20;
2) Via C. Battisti 8, 1° piano, posti letto 17;
3) Via Rigutti 4, piano terra e 1° piano,
posti letto 14;
4) Via Piccardi 18, 2° piano, posti letto
8;
5) Strada
per Basovizza 50, piano non precisato, posti letto
94;
6) Via Gatteri 6, 2° piano, posti letto 17;
7) Via Giulia 5, 1° e 2° piano, posti letto 28.
* * *
In
conclusione, sulla base dei documenti sopra citati, riteniamo di poter
affermare che i requisiti fissati dalle disposizioni della Regione Friuli-Venezia Giulia in materia di abitazioni
collettive e di case per anziani e inabili sia di nuova realizzazione, sia e
soprattutto di quelle esistenti non sono assolutamente adeguati alle esigenze
minime dell'utenza.
Con le norme
stesse, la Regione Friuli-Venezia Giulia ha
legittimato il funzionamento non solo degli istituti validi
(ma quanti sono?), ma anche di quelli scadenti o pessimi. Anzi, con la
legittimazione degli istituti per anziani e inabili già esistenti (per i
quali non sono previsti requisiti di sorta sia per quanto riguarda le strutture,
sia in merito al personale), è stato raggiunto l'obiettivo di garantire per
moltissimi anni lo svolgimento delle attività anche da parte delle strutture
che presentano carenze strutturali e/o funzionali.
Ciò
premesso, ci sembra che sia pienamente giustificato affermare che la Regione Friuli-Venezia Giulia persegue una ben precisa politica di emarginazione degli anziani e degli invalidi.
LETTERA
DELL'ASSESSORE DELLA REGIONE FRIULI-VENEZIA GIULIA
Con riferimento a quanto pubblicato sul n. 1/1985 di «Prospettive assistenziali»
(Finanziamenti della Regione Friuli-Venezia Giulia a
favore degli istituti di ricovero, di Augusta De Piero Barbina) si ritiene di
dover precisare quanto segue:
1) Nella legge regionale 10 aprile 1984, n. 9
(Interventi per favorire la realizzazione di centri e di residenze sociali) non
si enuncia l'obbligo, per i soggetti diversi dai Comuni, di stipulare previa convenzione
con il Comune o con l'U.S.L. del territorio, in quanto ciò appariva improprio
per iniziative relative a strutture ancora da realizzare
e quindi non funzionanti. Viene invece richiesto al
Comune o all'U.S.L. motivato parere sull'utilità e sulla rispondenza alle
effettive esigenze dell'iniziativa. D'altra parte la legge
regionale 3 giugno 1981, n. 35, attribuendo ai Comuni i servizi e le
prestazioni socio-assistenziali, prevede comunque lo strumento della
convenzione laddove tali attività «vengano svolte non direttamente», ma
tramite «idonei soggetti privati».
2) La Giunta regionale formula ed aggiorna annualmente
un elenco delle case per anziani ed inabili facenti capo ad enti ed istituzioni
pubbliche oppure ad istituzioni, associazioni e
fondazioni private: qui il privato è ovviamente quello che opera senza fini di
lucro (per finalità di carattere religioso, morale o sociale) e deve osservare
le prescrizioni stabilite dalle leggi e dalle direttive della Regione, sotto la
vigilanza dell'U.S.L. competente per territorio.
Con la legge regionale n. 31 del 23 luglio 1984 è
stata prevista la possibilità di autorizzare al funzionamento anche di
«abitazioni collettive» per soggetti autosufficienti ovvero in stato di
parziale non autosufficienza gestite da soggetti
privati diversi da quelli istituzionali: si trattava, in presenza di requisiti
determinati dalla Giunta regionale, di legittimare iniziative intraprese sì a
fini di lucro, ma utili ad affiancare l'attività delle istituzioni pubbliche o
private in una regione e particolarmente in una città (Trieste) che presentano
una percentuale di anziani assai più elevata della media nazionale. In altre
parole, si è data risposta ad un duplice ordine di esigenze:
introdurre una disciplina giuridica per strutture residenziali anomale rispetto
alle tipologie tradizionali, ma meritevoli di considerazione nel rapporto costo-benefici,
e sancire viceversa l'illegittimità delle iniziative non rispondenti ai
criteri prefissati e sprovviste di autorizzazione.
La logica è, evidentemente, quella di superare la
cultura esclusiva delle istituzioni per avvalersi anche del privato che intenda operare nel quadro normativo e di indirizzo del
sistema pubblico. Né la Regione si propone in questo campo, un'anacronistica
valorizzazione dei ricoveri e degli istituti: si punta da tempo e ancor più si punterà, con lo strumento del piano socio-assistenziale
in corso di elaborazione, a prevenire ed a superare l'istituzionalizzazione, ma
occorre pur sempre provvedere in modo adeguato nelle situazioni personali e
familiari non risolvibili in forme diverse dalla degenza residenziale. Le case
di riposo esistenti sul territorio sono certamente troppe se si considera che
sono per lo più sorte a suo tempo per anziani
autosufficienti e che parecchie di esse non sono attrezzate per persone non
autosufficienti. Peraltro lo sforzo della Regione, anche con la l.r. n. 44/1984 citata nell'articolo, è quello di
favorirne la trasformazione in strutture protette, dotate di
adeguati servizi per coloro che non hanno capacità di vita autonoma
nell'ambiente di appartenenza. La stessa legge, del resto interviene per la realizzazione di centri-diurni, di alloggi autonomi e di
comunità-alloggio, di ambienti e di spazi per attività diverse, anche
ricreative, di anziani, finalità tutte che sono rivolte, per quanta possibile,
a prevenire i ricoveri.
In conclusione, la Regione Friuli-Venezia
Giulia, mentre è consapevole del lavoro ancora da compiere per poter mettere a
disposizione dei suoi cittadini servizi sociali corrispondenti alle esigenze e
modernamente intesi, non può accettare di venire immotivatamente etichettata come Regione che distribuisce
finanziamenti per edifici «di varia natura», che incrementa l'istituzionalizzazione
e che eroga «soccorsi» ai privati «secondo la loro progettazione e al di fuori
di qualsiasi tipo di programmazione».
L'Assessore al lavoro e all'assistenza sociale dott.
Mario Brancati
(1) Cfr. anche «Regioni Friuli-Venezia
Giulia e Lombardia: per gli
istituti i soldi ci sono», in Prospettive
assistenziali, n. 67, luglio-settembre 1984.
(2) Una capienza di 50-150 posti determina
inevitabilmente lo sradicamento di larga parte degli anziani dal loro contesto
sociale. Ciò vale sia per i residenti in città metropolitane, sia e soprattutto
per gli abitanti in piccoli centri. Questo allontanamento crea anche notevoli
difficoltà ai familiari che vogliono seguire i loro congiunti ricoverati in
istituto (n.d.r.).
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