Prospettive assistenziali, n. 71
bis, luglio - settembre 1985
2° GRUPPO - FORMAZIONE, PROFESSIONALITA’ DEL PERSONALE ED ORGANIZZAZIONE DEL
LAVORO
INTERVENTO
DI GIULIA ARDUINO (1)
1. Nell'ambito dei rapporti convenzionali fra
Cooperative di servizio sociale ed Enti locali, la disciplina dei requisiti di
professionalità dei socilavoratori e dei conseguenti
percorsi formativi, non può che discendere dall'intreccio delle norme che
regolano lo status ed il ruolo dei soci delle cooperative di lavoro, con le
norme disciplinanti i requisiti della generalità dei lavoratori, in
particolare del pubblico impiego.
Fra la normativa sulla cooperazione, il D.Lg.CPS 14.12.1947 n. 1577, all'art. 23 recita «i soci
delle cooperative di lavoro devono essere lavoratori ed esercitare l'arte o il
mestiere corrispondente alle specialità delle cooperative di cui fanno parte o
affini».
È evidente l'intento del legislatore di affermare, attraverso la norma, una garanzia di professionalità,
rapportandola alla più generale normativa di disciplina delle professioni. Non
ci sono dubbi pertanto che a requisiti di professionalità omogenei per lo
stesso tipo di «mestiere» fra pubblico e privato, debbono
corrispondere omogenei requisiti di formazione sia sul piano formale che
sostanziale, sia rispetto ai destinatari che ai titolari della formazione
stessa.
Dobbiamo inoltre ricordare che, soprattutto
nell'ambito dei servizi, la politica della formazione viene
considerata una strategia obbligata sia per il funzionamento dei servizi stessi
rispetto agli obiettivi dati, sia per l'inserimento produttivo nel mondo del
lavoro di giovani e disoccupati.
In questa sede tenteremo quindi un esame dei
requisiti più caratterizzanti la professionalità degli operatori
Impiegati in servizi socio-assistenziali, organizzati intorno agli obiettivi
di deistituzionalizzazione ed ai modelli di
decentramento territoriale.
2. Come noto, a tutt'oggi siamo privi di una normativa organica in materia
di profili professionali del personale del comparto socio-sanitario-educativo
da tempo promessa, né è stata avviata la riforma della scuola media superiore.
Per il settore socio-assistenziale, in particolare,
la mancanza della legge di riforma dell'Assistenza ha
impedito la costruzione di un quadro di riferimento unitario, da cui far
discendere delle figure professionali e dei loro requisiti di formazione.
Attualmente gli operatori sociali non posseggono alcun
riconoscimento giuridico, il che ha dato spazio ad una proliferazione
incontrollata e disorganica di figure professionali, scuole e corsi di
formazione, sia nell'ambito pubblico che privato.
Ad aggravare la situazione di incertezza
e confusione nel settore, ha contribuito non poco la decretazione attuativa della legge 833 relativamente allo stato
giuridico del personale del S.S.N., sia per la sua
nota rigidità, sia per la casualità con la quale spesso sono stati normati funzioni e compiti degli operatori. Si veda ad
esempio il D.M. del 10.2.1984 sulle «figure atipiche», che è riuscito a sanitarizzare anche le figure socioeducative
(come l'«educatore professionale» identificato con il terapista della riabilitazione),
creando non pochi imbarazzi e difficoltà alle Regioni nel coordinare e
programmare le corrispondenti iniziative di formazione. Quindi la settorialità che ha caratterizzato la produzione normativa
della Sanità, se da un lato può aver
assolto l'obiettivo di dare certezze giuridiche al personale dei ruoli del S.S.N., d'altro lato ha acuito
ancor più la separatezza con l'area dell'Assistenza, in contraddizione con gli
obiettivi di integrazione fra i due settori che il D.P.R. 616 indicava e la
stessa legge 833 riproponeva.
Con questi rigurgiti settoriali ed altre iniziative involutive rispetto alle leggi riformatrici in
vigore, deve fare oggi i conti qualsiasi proposta interessata a regolamentare la
professionalità degli operatori socio-assistenziali.
La latenza dei pubblici poteri su questi temi rende
quindi più che mai attuale la proposta politica che
le Regioni, unitariamente, espressero nel 1978, poco prima dell'approvazione
della legge 833, in un documento sulla formazione degli operatori sociali.
La proposta si poneva allora come contributo per la
costruzione di un quadro normativo nazionale organico in materia, sia per
coprire un vuoto giuridico, sia per l'interesse delle Regioni a non rimanere
estranee alla definizione dei profili professionali degli operatori sociali, in
quanto titolari della programmazione dei servizi e degli obiettivi che questi devono perseguire.
3. I punti cardine individuati dalle Regioni per
l'identificazione delle caratteristiche professionali degli operatori sociali,
si possono ricondurre al principio generale di saldatura fra politica della
formazione e politica dei servizi, a sua volta legate ad una politica
partecipativa dell'utenza nell'individuazione dei bisogni reali, e dei conseguenti meccanismi di risposta.
Sinteticamente, si possono così riassumere: -
passaggio dalla concezione assistenzialistica
di servizio sociale e quindi della titolarità delle funzioni assistenziali da
Enti settorializzati e burocratici a Enti unitari,
democratici ed elettivi;
- riappropriazione
da parte dei cittadini del controllo sul proprio benessere sociale e quindi
trasformazione di un modello culturale di delega in un nuovo modello di partecipazione attiva;
- bisogno di intervenire non solo sugli
effetti, ma soprattutto sui fattori di rischio e quindi bisogno di
identificare il nesso fra il particolare
e il generale;
- necessità di una gestione unitaria dei servizi, in
grado di consentire una comprensione corretta dei fenomeni, nonché
di organizzare interventi articolati, per garantire l'unitarietà del momento
preventivo, riparativo-riabilitativo, in un ambito
territoriale definito.
Il modello organizzativo che ne consegue è il decentramento
ed il riordino in ambiti territoriali omogenei, secondo il dettato del D.P.R.
616, non solo dei servizi socio-sanitari, ma di tutti i servizi concorrenti
alla politica del benessere sociale (casa, trasporti,
sport e tempo libero, formazione professionale, ecc.), in capo ad organi di Governo
unitari, modello assunto all'epoca da alcune Regioni con l'istituzione delle
Unità Locali dei Servizi.
I criteri generali sopra enunciati comportano allora,
per l'operatore sociale:
- il passaggio da un'operatività standardizzata e precodificata ad una capacità di intervenire in modo
originale, di possedere il massimo di competenza, di creatività e di
responsabilizzazione individuale nelle decisioni;
- il passaggio da un'esclusiva operatività individuale
ad una operatività prevalentemente di gruppo date le
necessità di più competenze per il processo unitario di analisi, progettazione,
esecuzione degli interventi;
- la capacità di lavorare nel rapporto con le persone
stimolandone un ruolo attivo, e di promuovere momenti di partecipazione
dell'utenza nei processi decisionali che la riguardano;
- la capacità di passare da una modalità di lavoro
per «compiti» e per «adempimenti» ad una capacità di lavorare per «programmi e
per progetti» nell'ambito di obiettivi dati, secondo
un criterio di globalità.
Ne deriva un modello di operatore
nuovo che deve possedere, oltre che una propria competenza tecnico-professionale, anche una dimensione socio-culturale comune con gli altri operatori che ha il
suo fulcro nell'attività collegiale.
Il patrimonio di professionalità dell'operatore
socio-assistenziale deve quindi prevedere una area
specifica ed un'area comune di conoscenze e, quindi, di formazione.
Questo criterio comporta, come corollario generale,
che la definizione dei profili professionali debba
essere rigorosamente delineata e sufficientemente flessibile.
- Rigorosamente
delineata perché il processo di integrazione fra
le varie professionalità passa necessariamente attraverso una precisa identità
delle singole componenti, che significa anche delimitazione del campo di
azione di ciascuna.
- Sufficientemente
flessibile, per adeguare la operatività ai
processi di cambiamento della realtà e alla consapevolezza della sua continua
evoluzione, e per adeguare conseguentemente l'organizzazione del lavoro (negazione
mansionari rigidi e loro evoluzione nei «ruoli
funzionali»).
Tutto ciò deve produrre anche effetti funzionali a
questo cambiamento, e cioè l'eliminazione:
- dell'indeterminatezza
che ha caratterizzato storicamente gli operatori
socio-assistenziali,
- della proliferazione
di figure professionali fra loro fungibili,
- della tendenza di trasformare il campo dei servizi sociali in un rifugio
di professionalità deviate dalla loro destinazione originaria.
Deve inoltre comportare, in positivo:
- la ricomposizione
delle funzioni e dei compiti in pochi e ben definiti profili professionali,
- la garanzia
formale di un riconoscimento giuridico dei titoli professionali ed una
normativa contrattuale corrispondente ai livelli di professionalità, anche
per evitare il perpetuarsi delle storiche debolezze e marginalità dell'Assistenza.
4. In carenza di una
normativa statale, come abbiamo detto, una proposta organica in ordine ai
profili professionali degli operatori sociali è stata avanzata, alla fine dell'83,
dalla Commissione tecnica all'uopo costituita presso il Ministero
dell'Interno, cui ha partecipato una rappresentanza dei Ministeri, delle
Regioni, delle strutture di formazione e delle associazioni professionali.
L'interesse di questa proposta consiste nell'aver
individuato le figure professionali considerate centrali nell'attuale quadro normativo ed organizzativo per il
funzionamento dei servizi socio-sanitari, nonché di
aver previsto, per ciascuna di esse, i requisiti di formazione, i percorsi e
le sedi formative, i titoli validi per l'accesso al P.I. e l'esercizio della
professione, da far confluire in sede normativa. Esse sono:
- l'assistente sociale
- l'educatore, professionale
- l'assistente domiciliare e dei servizi tutelari.
Si dovrà verificare, se queste tipologie di operatori esauriscano l'area degli interventi sociali. È
parere ormai consolidato, in ogni caso, come l'identità professionale cui si
accennava sia direttamente proporzionale alla ricomposizione in poche e ben
definite figure dell'attuale polverizzazione di funzioni e compiti, anche a
garanzia dell'efficacia delle singole prestazioni e del lavoro
interprofessionale e interdisciplinare.
Per ciascuno di questi operatori le
caratteristiche costanti individuate sono:
- l'applicabilità della professione in tutti gli ambiti in cui si
articolano gli interventi sociali (promozione, prevenzione, riparazione,
riabilitazione);
- la globalità
e la polivalenza dell'approccio ai problemi e quindi la mancanza di specializzazioni
sul piano della formazione;
- l'operatività
in un contesto organizzativo definito, escludendo
quindi un'adattabilità nell'ambito della libera professione;
- la mobilità
possibile nelle varie articolazioni dei servizi.
Il requisito di non
specializzazione nella formazione di base, non esclude tuttavia per ognuna
delle figure previste una specificità professionale all'interno di omogenei settori di intervento, che anzi va arricchita in
profondità in corso di impiego nell'ambito di iniziative di aggiornamento e di
formazione permanente.
Le caratteristiche
specifiche dei singoli operatori considerati sono
invece le seguenti:
1) per
l'assistente sociale, figura storicamente consolidatasi, si prevede un
impiego assai ampio che va dall'erogazione concreta di prestazioni,
all'utilizzo e adeguamento di servizi e risorse ai bisogni differenziati
dell'utenza, dall'organizzazione di servizi sociali, alla promozione dell'uso
personale e sociale delle prestazioni da parte dell'utenza;
2) per l'educatore
professionale (extra-scolastico), figura in cui si ricompongono
unitariamente funzioni educative oggi deputate ad
operatori intermedi (aiuto educatori, animatori, ecc.) o
specializzati per problemi, si prevedono compiti diretti a sviluppare o ricuperare
potenzialità di crescita personale e sociale dell'utenza. Lo specifico
professionale dell'educatore è pertanto caratterizzato da un impegno a tempo
pieno e continuativo con l'utenza, per periodi prolungati, nell'ambito di una intenzionalità educativa di ogni azione operativa, e
nella gestione della quotidianità. Questa definizione, anche in base all'evolversi
del concetto di partecipazione e, quindi, dell'usa
creativo del tempo libero, apre spazi di intervento che, partendo dalle
tradizionali sedi presidiali, si dilatano sul territorio in settori del tutto
nuovi (es. educatore della strada) nell'ambito della prevenzione della
marginalità. Si tratterà di verificare i confini dei
campi di azione, avendo sempre presente il rischio di indeterminatezza dei
ruoli e quindi di perdita di identità del mesti-ere, anche in funzione
dell'efficienza della prestazione.
I requisiti
di formazione di entrambe
le tipologie di operatori, rapportati all'elevato grado di autonomia e di
responsabilità dei loro compiti, sono stati individuati in corsi triennali
post-secondari, a regime nell'ambito delle scuole a fini speciali
dell'Università ai sensi del D.P.R. 162/82;
3) per l'assistente domiciliare e dei servizi tutelari,
figura nuova che assorbe e integra attività oggi in capo a diversi operatori
(colf, ausiliari di assistenza, operatori geriatrici, di appoggio per handicappati) la caratteristica
fondamentale è costituita dall'evoluzione da un'operatività generica
unicamente legata alla cura dell'ambiente fisica (ivi compresa la persona
qualora considerata un oggetto da pulire) ad un'operatività con dimensione
sociale. Il che comporta un rapporto diretto con l'utenza orientato, pur
attraverso mansioni di aiuto domestica e di igiene
personale, ad obiettivi di ricupero e di potenziamento di autonomia della
persona nell'ambito di prestazioni predeterminate. Quale requisito di
formazione, viene previsto un corso professionale di
600 ore post-scuola dell'obbligo, avente come sbocco la acquisizione di un
attestato di qualifica.
5. Le figure professionali sopra considerate, sia in riferimento agli indirizzi nazionali che in base alle
attività previste dalla L.R. 20/82, sono quelle
identificate nell'ambito dell'area socio-assistenziale, dalla Proposta di
Piano socio-sanitario della Regione Piemonte per il triennio 85-87, attualmente
all'esame del Consiglio Regionale.
Il fabbisogno individuato in
relazione agli standards previsti per le varie
attività nei servizi distrettuali e centrali delle UU.SS.SS.LL.
del Piemonte, è di circa 900 assistenti sociali, 1600
educatori professionali, 5700 assistenti domiciliari e dei servizi tutelari.
Questo tetto, decisamente
superiore sia all'attuale impiego del personale ed alla ricettività delle
piante organiche degli Enti locali, sia alla possibilità di gettito formativo
delle scuole, non potrà certo essere realizzato nel triennio, ad eccezione
forse per gli assistenti sociali (2).
Per gli educatori e gli assistenti domiciliari e
tutelari, inoltre, si dovrà prevedere una massiccia programmazione di corsi di
riqualificazione sul lavoro, con le necessarie gradualità, orientati
all'acquisizione o integrazione dei requisiti di professionalità mancanti.
In base alla legge 20/82, le competenze regionali in
materia di formazione di base, riqualificazione, aggiornamento e formazione
permanente degli operatori socio-assistenziali, sono
delegate alle UU.SS.SS.LL. che
le possono esercitare direttamente, o tramite convenzioni con Enti e
Istituzioni pubbliche o private, nell'ambito degli indirizzi regionali.
L'identificazione da parte del legislatore regionale
della titolarità della formazione degli operatori e della gestione dei servizi
in capo allo stesso soggetto istituzionale, oltre che una scelta politica
coerente con gli obiettivi assunti e in analogia con gli standards
del S.S.N., trova una sua
ragione d'essere nella caratteristica, anche tecnica, di strumenti unitari
necessari a rafforzare l'area comune di
professionalità, dei nostri operatori, soprattutto nell'ambito di progetti
di formazione permanente, che sinteticamente si possono rapportare ai seguenti
requisiti omogenei:
- responsabilità derivante dal
lavoro con le persone e conseguente uso consapevole del rapporto con l'utenza;
- carattere professionalizzante della formazione e conseguente ampio utilizzo del tirocinio come area di
effettivo apprendimento;
- progettualità
degli interventi, con conseguente impegno nei piani di lavoro, in ordine alla
previsione di obiettivi, individuazione di strumenti e verifica dei risultati;
- conoscenza di indicatori
di efficienza e di efficacia degli strumenti operativi;
- utilizzo e veicolazione
del sistema informativo per una promozione partecipativa della
utenza;
- capacità di lavoro di gruppo, e
quindi conoscenza dei ruoli degli altri operatori;
- territorialità dell'intervento e quindi conoscenza
della realtà socio-economica ed epidemiologica della propria area geografica di intervento (distretto e/o U.S.S.L.).
6. La ricaduta delle responsabilità gestionali ed organizzative della formazione in capo agli EE.LL., tramite le UU.SS.SS.LL.,
degli operatori socio-assistenziali, coinvolge ovviamente il circuito
cooperativo per l'attività di servizio sociale svolta direttamente dai soci,
sia nel caso di supplenza che di integrazione di compiti degli EE.LL.
Ciò non significa che la professionalità, e quindi la formazione, richiesta ad un socio-operatore,
nell'ambito di un servizio di interesse pubblico, esaurisca tutte le necessità
formative utili alla vita di cooperativa, che deve, viceversa, possedere spazi
autonomi sia per l'attività amministrativa produttiva, che per la formazione
di una capacità «manageriale» dei suoi soci.
Non significa neppure che modelli organizzativi
di lavoro diversamente articolati nell'ambito della collaborazione Cooperative-Enti
locali, non possano comportare modelli formativi più elastici rispetto a
quelli rivolti agli operatori pubblici, anche nell'ambito degli spazi di
autonomie delle cooperative stesse.
Anzi la fantasia e la creatività che concorrono alla
creazione di modelli nuovi, sempre più adattabili allo spettro variegato delle
forze in gioco, nell'ambito di interessi comuni, sono
sicuramente da incoraggiare, da promuovere e da sperimentare.
In ogni caso, sia rispetto agli strumenti che direttamente devono controllare, sia rispetto a quelli
che esulano dalla loro competenza, scatta l'interesse degli EE.LL.,
o meglio, della Pubblica Amministrazione in generale, per la bontà di tutti gli strumenti di cui la
Cooperativa di servizio si deve dotare per l'assolvimento dei compiti che le
sono stati affidati, nell'ambito dei rapporti di reciproca collaborazione.
Per concludere, la natura
dei rapporti e delle reciproche responsabilità anche in ordine ai requisiti di professionalità degli operatori,
fra Enti locali e Cooperative nonché della regolamentazione dei rapporti
finanziari, dovrà trovare una collocazione normativa organica all'interno di
una legge regionale specifica, in
analogia ad iniziative di altre Regioni, anche attraverso il recupero del
ricco patrimonio di esperienza che le Cooperative di servizio sociale hanno
saputo esprimere in Piemonte.
SCHEMA RIASSUNTIVO DELLE IPOTESI DI AREE DI INTERVENTO SPECIFICHE E COMUNI NEL DISTRETTO
SOCIO-SANITARIO DELL'ASSISTENTE SOCIALE, DELL'EDUCATORE PROFESSIONALE, DELL'ASSISTENTE DOMICILIARE E DEI
SERVIZI TUTELARI
AREA COMUNE
OBIETTIVI:
Realizzazione del programma del distretto sociosanitario.
METODI OPERATIVI:
- Rapporto tecnico-professionale diretto con la utenza.
- Lavoro interdisciplinare.
- Progettazione degli strumenti.
STRUMENTI:
- Predisposizione, attuazione e verifica del piano di lavoro di servizio e/o di settore e di
distretto.
- Analisi della domanda dell'utenza.
- Utilizzo del sistema informativo e individuazione
dei rischi.
- Interventi di educazione alla
salute.
- Raccolta e diffusione delle informazioni.
- Organizzazione della partecipazione della utenza.
- Archivio e documentazione.
- Attività di filtro, di
segnalazione e di collegamento con i servizi del distretto e dell'USSL.
- Formazione permanente e individuazione di priorità di aggiornamento
specifico.
- Docenza nell'ambito delle proprie competenze
professionali.
AREA
SPECIFICA
ASSISTENTE
SOCIALE
OBIETTIVI:
Prevenire e risolvere situazioni di bisogno individuali
e collettive, nell'ambito dei servizi socioassistenziali
e sanitari del distretto.
METODO OPERATIVO PREVALENTE:
Utilizzo del rapporto bisogni - risorse sociali.
STRUMENTI:
- Diagnosi individualizzata dei bisogni sociali delle
persone e/o dei gruppi;
- presa in carico di persone e/o
famiglie e/o gruppi, anche in tempi non continuativi, per periodi brevi o
prolungati;
- erogazione diretta di prestazioni e/o servizi, in relazione ai bisogni differenziati della utenza;
- applicazione di istituti
giuridici;
- consulenza socio-assistenziale per l'accesso ai
servizi sociali;
- organizzazione della raccolta e
diffusione delle conoscenze nel settore dei servizi sociali;
- promozione di autonomia
nelle scelte e di responsabilizzazione dell'utenza;
- promozione e organizzazione di servizi e prestazioni
socio-assistenziali del distretto e loro adeguamento continuo all'evolversi dei bisogni;
- studi e ricerche nell'ambito dei
bisogni e dell'organizzazione dei servizi sociali.
EDUCATORE
PROFESSIONALE
OBIETTIVI:
Promuovere e contribuire allo sviluppo delle potenzialità di crescita personale e sociale, nell'ambito
dei servizi socio-educativi del distretto.
METODO OPERATIVO PREVALENTE:
Utilizzo del rapporto bisogni -
relazioni interpersonali.
STRUMENTI:
- Diagnosi individualizzata dei bisogni educativi e
socializzativi delle persone e/o dei gruppi;
- presa in carico dell'utenza con
impegno a tempo pieno nello specifico progetto, per periodi prolungati e senza
soluzioni di continuità;
- uso dell'intenzionalità educativa di ogni intervento operativo;
- gestione della quotidianità emergente dal rapporto
educativo;
- coinvolgimento personale nell'ambito della fruizione dei momenti di realizzazione e di socializzazione
dell'utenza;
- organizzazione della raccolta e
diffusione della conoscenza nel settore dei servizi socioeducativi;
- promozione di modifiche
comportamentali e di responsabilizzazione dell'utenza;
- promozione di servizi
socio-educativi del distretto;
- studi e ricerche nell'ambito dei bisogni e dei
servizi socio-educativi.
ASSISTENTE
DOMICILIARE E DEI SERVIZI TUTELARI
OBIETTIVI:
Favorire l'autonomizzazione
delle persone nell'ambito del loro ambiente di vita.
METODO OPERATIVO PREVALENTE:
Utilizzo del rapporto bisogni - contesto
socio-culturale definito.
STRUMENTI:
- Promozione dell'utilizzo
ottimale nell'ambiente domestico e sociale delle persone;
- assistenza diretta alle persone attraverso prestazioni
di aiuto domestico, igienico-sanitario,
di socializzazione e di tutela;
- scelta di priorità, nell'ambito
di strumenti predeterminati, per favorire l'autosufficienza nell'attività
giornaliera;
- gestione della quotidianità emergente dal rapporto assistenziale con l'utenza;
- veicolazione nel settore
del segretariato sociale e dell'informazione sui servizi;
- raccolta dati e conoscenza sui bisogni e sui
servizi di assistenza domiciliare e tutelare.
(1) Funzionario dell'Assessorato alla
Sanità e Assistenza della Regione Piemonte.
(2) Si prevede infatti che, rispetto al
fabbisogno formativo individuato, nel triennio 85-87, si possa realizzare il
35% per gli educatori (100% entro il 1993), ed il 60% per gli assistenti
domiciliari e dei servizi tutelari (100% entro il 1989).
www.fondazionepromozionesociale.it