Prospettive assistenziali, n. 71
bis, luglio - settembre 1985
INTERVENTO
DI A. CHIRICO, M.P. MUSCI, R. OLIVERO, R. VACCHINO (1)
La formazione è un tentativo di sintesi culturale,
che partendo dall'analisi delle «culture» espresse dagli individui, dai gruppi
e dalle istituzioni, tenta di rispondere ai bisogni di «risoluzione dei problemi» in un ambito specifico, cercando di
collegare le esigenze della teoria con quelle della prassi e viceversa. Non vi
è formazione senza un preciso assetto metodologico, che faccia da «struttura
portante» per i contenuti che si intende esprimere.
II significato della formazione si colloca nel
perseguimento di obiettivi espliciti che confrontati
a più livelli, individuale, di gruppo ed istituzionale, conducono alla
formulazione di progetti, la cui responsabilità ultima rimanda all'Istituzione,
in quanto depositaria di un mandato ufficiale.
L'Ente pubblico, nella sua funzione istituzionale,
diventa quindi anche promotore di formazione, come possibile tutela del
raggiungimento degli obiettivi individuati e promozione di
«cultura» professionale nei Servizi Socio-assistenziali.
Se cultura vuol dire non solo «sapere», ma anche «saper fare», viene superata la dimensione della competenza solo
individuale, a favore dello sviluppo del gruppo
di lavoro, come luogo privilegiato di crescita di un «sapere» e «saper
fare» che integri punti di vista diversi.
La necessità di «punti di vista» integrati:
sperimenta soprattutto in relazione alla comprensione
di fenomeni «complessi», che non si
prestino a «riduzioni» da parte di una singola chiave di lettura, sia essa
psicologica, sociologica o medica,... Ne consegue la necessità di attrezzarsi
degli strumenti atti a sostenere un'analisi della situazione, in tutti i suoi
aspetti, sia più esterni e formali (es.:
organigramma, funzioni, mansioni,...), sia più «interni» e legati ai rapporti
interpersonali (tra operatori e tra questi gli utenti).
Nel caso in cui i Servizi Socio-assistenziali
sono gestiti da Cooperative, la rete di relazione appare particolarmente
complessa e richiede da parte degli stessi operatori una più matura capacità di
muoversi nel rapporto con gli altri soggetti, l'Ente pubblico, la Cooperativa,
l'utenza.
Nello schema n. 1 sono messi a confronto i diversi
modelli interattivi presenti nel caso a), i cui gli operatori dipendono direttamente
dall'Ente, e nel caso b), in cui il loro rapporto di lavoro è con la
Cooperativa.
Nel primo caso (a), l'Ente effettua
un'analisi dei bisogni, individua le risposte possibili, eroga servizi,
assumendosi la responsabilità in toto (definizione degli obiettivi, individuazione delle
modalità per conseguirli, finanziamento, gestione).
Nel
caso (b), è ancora l'Ente ad assumersi la responsabilità dell'intervento per
quanto riguarda l'individuazione dei bisogni, delle risposte degli obiettivi da
perseguire,ma la gestione dell'intervento stesso (ivi
comprese le modalità per raggiungere gli obiettivi), è delegata dall'Ente alla
Cooperativa.
Schema
n. 1 - Modelli interattivi ENTE-OPERATORI-COOPERATIVA
Un punto fondamentale è rappresentato dalla capacità
dei due contraenti (Ente e
Cooperativa) di negoziare e di raggiungere un accordo il più possibile chiaro ed esplicito, differenziando i diversi
livelli di responsabilità, di competenze e di intervento.
La definizione precisa di questo rapporto appare determinante,
poiché a sua volta influenza quello tra operatori e committenti: una scarsa
chiarezza al livello iniziale, del «contratto», ingenera necessariamente
confusione a livello gestionale e operativo.
Tanto l'Ente quanto la Cooperativa, si aspettano,
poi, dei rimandi da parte degli operatori impegnati nell'attuazione dei
servizi; é importante che tali rimandi
avvengano in termini il più possibile espliciti,
rispettivamente alla Cooperativa per gli aspetti gestionali,
e all'Ente per quelli attinenti all'impostazione generale del servizio. Questo
consente di effettuare verifiche e di negoziare
eventuali modificazioni relative alle modalità di gestione, alle metodologie,
fino ad una parziale ridefinizione degli obiettivi
previsti.
La capacità di inviare feed-back espliciti - o di
«leggere indizi» meno immediatamente decodificabili - appare un elemento assai
importante per tutte le parti in gioco, al fine di evitare che eventuali cambiamenti
avvengano attraverso «agiti» le cui motivazioni ed i cui fini restano
impliciti, quindi esclusi non solo da una rinegoziazione,
ma anche dalla possibilità di comprensione e di controllo del processo che
viene ad innescarsi.
Le stesse considerazioni valgono nel caso in cui gli
operatori, essendo alle dirette dipendenze dell'Ente, inviino
a questo i loro rimandi in relazione a tutti gli aspetti ed i momenti del servizio
erogato.
A questo proposito, tuttavia, sembrano esistere
differenze significative nelle aspettative dell'Ente,
a seconda che la gestione del servizio sia attuata direttamente o attraverso
una delega alla Cooperativa. Da quest'ultima infatti l'Ente si aspetta dei rimandi già parzialmente
elaborati, in quanto essa rappresenta un interlocutore in termini
istituzionali, culturali e metodologici. Nel caso della gestione diretta l'Ente
non può aspettarsi rimandi dagli operatori se non in
termini «grezzi» e frammentari, finché questi provengono dai singoli.
È necessario quindi che gli operatori si costituiscano in quanto gruppo
di lavoro, portatore di richieste e proposte progettuali, e anche di cultura
e metodologia, ponendosi come interlocutori nei confronti dell'Ente, che a sua
volta può favorire questa scelta. In caso contrario gli
operatori sembrano svolgere un ruolo meramente esecutivo, con poche
possibilità di elaborazione, se non in termini personali, quindi con scarse probabilità
di modificare gli aspetti culturali ed organizzativi del servizio.
Oltre agli aspetti più «esterni», che si sono presi
in considerazione finora, sono presenti aspetti più «interni» - nel rapporto
tra operatori, Cooperativa ed Ente -, legati ai processi d'identificazione.
Nel caso (a) l'identificazione degli operatori può
rivolgersi prevalentemente all'utenza a prevalentemente all'Ente di appartenenza; nei confronti di quest'ultimo
ci si muove tra i due poli estremi di un'adesione incondizionata, acritica o di
una opposizione/rifiuto che esaspera
la differenziazione del singolo o di un gruppo nei confronti dell'Ente
stesso. Un'altra possibilità è costituita dal verificarsi di
identificazioni parziali, che
consentono spazi per l'autonomia ed il cambiamento.
Nel secondo caso (b) il gioco delle identificazioni
si presenta più complesso, ed appare inevitabilmente influenzato dal tipo di
rapporto esistente tra Ente e Cooperativa. Gli operatori possono identificarsi
completamente con uno dei due «contraenti» escludendo l'altro; oppure possono
muoversi attraverso parziali identificazioni con ciascuno di essi
(l'Ente per gli obiettivi e la impostazione generale, la Cooperativa per gli
aspetti gestionali), ricercando una propria identità di operatori che non
escluda le altre componenti, ma anzi consenta di mettersi in relazione con
entrambi, senza scissioni, né confusioni (rapporto di distanza-vicinanza
ottimale).
Questa situazione richiede una notevole maturità da
parte degli operatori, ed, evidentemente, molta chiarezza nel rapporto tra i
contraenti. In caso contrario, il rischio è che, per salvaguardare la propria
identità nella confusione, il gruppo degli operatori (ad es. di Comunità
alloggio), si configuri come entità del tutto indipendente, che persegue i
propri obiettivi, con proprie modalità, senza
negoziazione con i contraenti/committenti. Oppure il
gruppo può escludere una componente, riferendosi implicitamente solo
all'altra, mettendo in atto un processo di semplificazione (o di scissione,
con conseguente negazione o espulsione del terzo).
Una prima ed imprescindibile funzione dell'intervento formativo sembra quindi consistere nel
mettere in grado di analizzare il ruolo professionale all'interno di una rete
di relazioni complessa, che comprende il gruppo degli operatori di cui si fa
parte, i gruppi paralleli, l'utenza, i committenti.
Anche rispetto ai processi formativi, è opportuno
distinguere tra le due situazioni inizialmente individuate, interrogandosi, in
particolare, sulla collocazione che assumono i
formatori nei confronti dei fruitori e dei committenti (v. schema 2).
Nel caso a), i feed-back circa i processi che
avvengono durante e grazie alla formazione, e che si riflettono sulla qualità
del servizio, giungono all'Ente da parte dei formatori; inoltre, è possibile
che si verifichino altri rimandi da parte degli
operatori che attraverso l'intervento formativa giungono a costituirsi in un
gruppo, elaborando una propria «cultura» e ponendosi come interlocutori in
senso propositivo.
Nel caso b), se la Cooperativa decide di utilizzare una parte dei fondi, erogati dall'Ente, per
la formazione dei propri operatori, è perché si sente interlocutrice dell'Ente
stesso, quindi chiamata a riflettere sulle proprie modalità di intervento.
L'Ente e l'Utenza si collocano come attori che
inviano e ricevono rimandi indiretti sulle trasformazioni indotte dal processo
formativo: l'Ente attraverso il confronto con la Cooperativa; gli Utenti
attraverso i servizi che ricevono e le valutazioni che possono darne.
In entrambi i casi - committenza diretta da parte
dell'Ente (a), o committenza della Cooperativa (b) - la formazione dev'essere esterna
rispetto a Ente e Cooperativa per poter svolgere la
funzione di «terzo»: perché possa garantire, cioè, uno spazio di riflessione ed
una distanza ottimale rispetto alla situazione in esame.
L'analisi dei processi organizzativi, e delle dinamiche interattive - che comprendono i versanti
istituzionale, conoscitivo, operativo, emotivo - appare non solo preliminare a
qualsiasi intervento formativo specifico, ma sempre presente, come necessario
accompagnamento di questi ultimi.
(1) Ask
Servizi di consulenza e formazione, Torino.
Schema
n. 2 - Posizione “terza” dei formatori
www.fondazionepromozionesociale.it