Prospettive assistenziali, n. 71
bis,
luglio - settembre 1985
SINTESI
DEL 2° GRUPPO «FORMAZIONE, PROFESSIONALITA’ DEL PERSONALE ED
ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO»
Nel gruppo erano presenti
rappresentanze di Cooperative di Servizio, di operatori,
di strutture di formazione pubbliche e private, forze sociali, sindacali.
Sulla base delle relazioni
introduttive e della discussione, è emerso che sul piano della professionalità
degli operatori sociali e della definizione dell'iter formativo manca un
quadro normativo di riferimento.
A tutt'oggi siamo in presenza
solo di una proposta tecnica avanzata da una Commissione Nazionale di studio
che ha tentato una definizione organica sui profili professionali e relativi
requisiti di formazione degli operatori sociali, identificandone le figure
centrali, ossia: assistenti sociali, educatore professionale, assistente domiciliare
dei servizi tutelari.
È emersa l'importanza che tali
figure debbano essere rigorosamente delineate per
garantirne l'identità professionale, e sufficientemente flessibili per autoregolare la propria attività alle esigenze di
cambiamento e di integrazione con gli altri operatori nell'ambito dei servizi
sociali riformati così come si sono configurati negli ultimi 10 anni.
L'attenzione del gruppo si è
soprattutto soffermata sulla figura dell'educatore come la più problematica e
meno definita sia in ordine al suo utilizzo che al
ruolo assunto nei servizi, sia pubblici che cooperativistici.
Sul piano della formazione di
base il gruppo converge sulla necessità di una formazione post secondaria,
anche tenendo conto delle esperienze esistenti, a partire da
quelle locali, nonché di una omogeneità di percorsi e standards
formativi sia per il settore pubblico che cooperativistico.
Ciò deve comportare un progetto
di riqualificazione complessivo per gli operatori educativi in attività, da attuarsi con la necessaria gradualità, e deve
essere attuato dalla pubblica amministrazione.
Sul piano della formazione
permanente, è emersa la necessità di agganciare i progetti di formazione con i
progetti di intervento della specifica realtà
operativa collegandoli con la realtà del territorio come espressioni di bisogni
differenziati, che giustificano esperienze diversamente articolate. Rilevanti
sono, a questo fine fra gli altri, gli strumenti informativi sullo stato dei
servizi e delle risorse.
Questa modalità formativa deve
coinvolgere sia gli operatori pubblici che quelli
delle Cooperative.
Richiama pure la necessità di
sviluppare, a tal fine, l'organizzazione del lavoro nel senso di consentire agli operatori spazi costanti per la propria
formazione, che non deve essere considerata un «sur plus», ma parte integrante
dell'operatività.
Ciò permette inoltre la
conoscenza interprofessionale e contemporaneamente gli approfondimenti
riguardanti le singole professionalità.
Si ribadisce
che tali livelli di formazione debbano essere obbligatoriamente assunti dalla
pubblica amministrazione, anche in termini di verifica e controllo, e dagli
operatori stessi.
A tal fine vengono
criticati gli scarsi investimenti finanziari devoluti per la formazione, che
non deve più essere considerata strumento accessorio e opzionale, ma strategia
necessaria per garantire la buona qualità delle prestazioni.
È stata inoltre sottolineata l'autonomia gestionale della formazione che
interessa i soci operatori delle Cooperative di servizio in ordine alla
propria autonomia aziendale.
Per quanto concerne il tema
riguardante l'organizzazione del lavoro, pur non sviluppato compiutamente
anche per limiti di tempo, il dibattito ha sottolineato,
per quanto concerne le esperienze acquisite dal settore della cooperazione, la
condizione di attuare con più agilità i programmi definiti. Questo perché
l'organizzazione di lavoro, date le caratteristiche congiunte di soci, imprenditori
ed operatori, consente una maggiore flessibilità nell'uso delle risorse umane
ed economiche.
Si rende necessario discutere
della formazione permanente con una precisa
finalizzazione di creare un modello di organizzazione del lavoro diverso dai
modelli fondati sul professionismo individuale o sui livelli gerarchici e di mansionario, cioè l'O.d.L. oggi
prevalente nel settore privato e pubblico.
L'integrazione tra le varie
professionalità e competenze, la chiarezza dell'informazione e la sua
circolarità interna ed esterna, la motivazione e la considerazione
dell'individualità complessiva dell'utenza sono componenti
di un «sapere» collettivo che si sviluppa all'interno della cooperativa e che permette di
qualificarla non solo dal punto di vista «produttivo», ma anche da quello sociale
e culturale.
Significa quindi promuovere
studio e ricerca applicata concependo la professionalità non
solo come un bene esprimibile individualmente, ma come integrazione di
competenze e coordinamento di risorse che concorrano a determinare «un di più»
professionale
rispetto le caratteristiche, le motivazioni dei singoli.
Si è rilevata infine, l'esigenza
che gli operatori educativi pubblici possano partecipare effettivamente alla
progettazione relativa ai livelli di organizzazione
dei servizi, in relazione soprattutto al momento decisionale del processo
formativo.
Nell'ambito dei rapporti di
reciprocità fra Enti locali e cooperative devono essere esplicitati
nelle convenzioni, tutti gli aspetti di contenuto relativi alle prestazioni da
erogare, ivi comprese le iniziative di formazione di interesse comune.
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