Prospettive assistenziali, n. 72, ottobre - dicembre 1985

 

 

Notiziario dell'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie

 

 

LETTERA APERTA SUL SUICIDIO DELLA PICCOLA TERESA

 

Ho letto della tragedia della piccola boliviana che adottata nel nostro Paese, dopo 5 anni, mor­to il padre, suicida la madre, si è ritrovata sola (aveva 11 anni) e ha fatto la scelta di morire.

L'episodio sconvolgente è stato ampiamente riportato dalla stampa, con commenti talvolta superficiali ed inadeguati, che mi inducono a scrivere queste brevi riflessioni con la speranza che contribuiscano ad una migliore comprensio­ne delle cause di questo struggente epilogo di una vita e che servano ad evitare che un fatto del genere abbia a ripetersi in futuro.

Adottare significa mettere una famiglia a di­sposizione di un bambino che non ce l'ha; il presupposto fondamentale perché l'adozione ab­bia successo è che la famiglia adottante abbia la capacità di corrispondere alle esigenze del minore adottato costruendo quel legame affet­tivo che fa di un bambino un figlio, esattamente come avviene in tutte le famiglie, adottive o meno.

Crescere bene dei bambini non è facile; qual­che difficoltà in più sorge con i bambini adot­tati; il bambino adottato, infatti, entra nella nuo­va famiglia portandosi dietro un sacchettino che, a seconda dei casi, è più o meno pesante. Il sac­chettino contiene sempre le figure genitoriali biologiche e, per i bambini grandicelli, il ricordo di un passato sempre fatto più di dolori che di gioie.

I genitori adottivi devono essere capaci di fare i conti con queste immagini genitoriali e con queste esperienze, con amore e con equilibrio. Questo rappresenta il «di più» che si chiede a chi adotta oltre «al molto» che si chiede a chi i figli se li fa.

Se il minore poi proviene da un altro Paese, in genere molto lontano dal nostro e non solo geograficamente, chi adotta deve essere capace di accettare l'apparente «diversità» del figlio e di farla accettare agli altri, senza ansie, con amore e anche con determinazione.

Tutto ciò per spiegare molto sinteticamente perché nell'interesse preminente del minore, è necessario assicurarsi a priori che la famiglia che intende adottare disponga nel massimo gra­do possibile di quei requisiti che la rendono ido­nea a dare quel «di più» di cui si è detto poco sopra.

Per inciso sottolineo che anche la gioventù fa parte di questi requisiti e non perché chi è più avanti negli anni non abbia notevoli risorse af­fettive bensì in quanto, di norma, la gioventù aiuta ad essere più flessibili nei propri compor­tamenti e ad accettare atteggiamenti nuovi: re­sta fermo poi il fatto oggettivo che chi è giovane ha maggiori speranze di vita di chi giovane non è più.

L'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie si è sempre ispirata a questi principi, suffragati da un'esperienza ormai più che ven­tennale e dagli studi e dalle ricerche condotte in merito e, con un impegno puntiglioso e co­stante, ha contribuito perché fossero ribaditi dalla nuova legge sull'adozione e perché conte­stualmente fossero estesi anche all'adozione dei minori stranieri.

A nostro parere l'angosciante epilogo della vita della piccola Teresa, adottata prima dell'en­trata in vigore della nuova legge, non è stato quindi frutto di mera fatalità e tanto meno per­ché la piccola era un'adottata, ma si è originato proprio perché si sono volute ignorare queste regole e perché si è voluto dimenticare che l'ado­zione deve essere attuata nel preminente inte­resse del minore.

 

Il Presidente nazionale Giorgio Pallavicini

Agosto 1985.

 

www.fondazionepromozionesociale.it