Prospettive assistenziali, n. 72, ottobre - dicembre 1985
SENTENZA DELLA PRETURA
DI ROMA SUL DIRITTO AL LAVORO DEGLI HANDICAPPATI BENEFICIARI DELL'INDENNITÀ DI ACCOMPAGNAMENTO
PRETURA DI ROMA
Sezione Controversie di lavoro
Il Pretore, Dott. E.
Foscolo, tra .......... domiciliato elettivamente in Roma, Via Degli Avignonesi
n. 5 nello studio dell'Avv. Petrilli che lo rappresenta
per procura in calce o in margine al ricorso e Ministero dell'interno domiciliato
elettivamente in Roma, Via Dei Portoghesi n. 12 nello
studio dell'Avv. dello Stato che lo rappresenta per procura in calce o in
margine al ricorso - contumace.
All'udienza del giorno 20.10.1984 ha pronunciato la
presente sentenza dando lettura del seguente
dispositivo:
1) condanna il Ministero convenuto alla
corresponsione della indennità di accompagnamento in favore della
ricorrente dall'1.1.1980 con gli interessi legali sui ratei scaduti;
2) condanna il Ministero al pagamento delle spese del
giudizio, liquidate in complessive lire 470.000 da distrarsi in favore
dell'Avv. Puliatti, antistatario.
Roma, 20.10.1984
IL PRETORE
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 17.10.1983, la signora
.......... conveniva in giudizio il Ministero dell'interno per sentirsi riconoscere il diritto alla
indennità di accompagnamento, ex legge 11.2. 1980, n. 18, versando nelle
condizioni previste dall'art. 1, della stessa legge. Il ricorso veniva notificato anche all'Ente Regione Lazio, nei confronti
del quale però la attrice non avanzava alcuna pretesa.
Il Ministero convenuto chiedeva il rigetto della domanda.
Espletata la consulenza medico-legale, la causa veniva decisa
alla udienza del 20.10.1984, previo deposito di note autorizzate da parte del
procuratore della ricorrente, nelle quali lo stesso - in via del tutto
subordinata - chiedeva che venisse sollevata l'eccezione di incostituzionalità
dell'art. 1 legge 11.2.1980, n. 18, in relazione agli artt.
3, 4 e 38 della Costituzione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Risulta dagli atti che la ricorrente ha chiesto alla U.S.L.
RM/13 con istanza del 22.2.80, l'indennità di accompagnamento. Sottoposta il
4.5.1981 ai prescritti accertamenti sanitari da parte della competente
commissione medica, fu disconosciuta la ricorrenza del prescritto requisito di invalidità.
Interposto reclamo il 15.5.1981, avverso tale esito alla Commissione invalidi civili della Regione
Lazio, ai sensi dell'art. 9 legge 30.3.1971 n. 118, non veniva
adottato alcun provvedimento, pur essendo trascorsi oltre tre anni dalla presentazione
del reclamo.
L'attrice adiva pertanto il Pretore del lavoro,
precisando altresì all'udienza del 26.6.1984, di essere impiegata alle
dipendenze del .........., per esservi stata assunta
con avviamento dell'UPLMO di Roma, in base alla legge 2.4.1968 n. 482.
L'attrice ha dimostrato altresì, con dichiarazione sostitutiva di atto notorio del 23.6.1984, la condizione
di non ricovero in istituto a carico dello Stato.
Inoltre, il Consulente tecnico d'ufficio, dr. Achille
Varcasia, nella sua relazione peritale ha accertato
che la ricorrente è nella impossibilità di autonoma
deambulazione e che ha necessità di una assistenza personale e continuativa per
il compimento degli atti quotidiani della vita, secondo quanto previsto
dall'art. 1, legge n. 18/80.
Ciò premesso, questo pretore ritiene che non osti
all'accoglimento della domanda la circostanza che la ricorrente svolge
attività lavorativa retribuita in quanto collocata ope
legis presso .......
Infatti, è vero che l'art. 1, 1° comma della legge
11.2.1980, n. 18, individua i soggetti beneficiari della indennità
di accompagnamento con un esplicito riferimento ai mutilati ed invalidi civili
totalmente inabili di cui agli artt. 2 e 12 della
legge 30.3.1971 n. 118, ulteriormente specificando che non siano in grado di
deambulare, previo l'aiuto permanente di un accompagnatore o di compiere gli
atti quotidiani della vita ed è vero altresì che il tenore formale del citato
art. 12, 1° comma della legge n. 118 è il seguente: «ai mutilati ed invalidi
civili di età superiore agli anni 18, cui nei
confronti, in sede di visita medico-sanitaria, sia
accertata una totale inabilità lavorativa, é concessa... una pensione di
inabilità...», dal che potrebbe dedursi che il requisito legale per godere
della indennità di accompagnamento consista nella invalidità fisica o psichica
associata alla inabilità lavorativa totale.
Allora, ne deriverebbe una conseguenza davvero
aberrante: l'esclusione del beneficiario dal diritto al lavoro, con gli effetti
disciplinati dall'art. 1, ultimo comma, e dall'art. 10 della legge 2.4.68 n.
482, comportanti rispettivamente l'esclusione dalla assunzione
al lavoro e il licenziamento dal posto occupato.
Contro tale interpretazione, che invece non è sostenuta
da precedenti giurisprudenziali, deve ribadirsi che
l'intento della legge n. 18/80 è quello di attuare concretamente gli artt. 3, 4 e 38 della
Costituzione, al fine del recupero lavorativo e sociale dei cittadini inabili,
con la rimozione delle difficoltà che possono limitare il recupero stesso.
È opportuno anche ricordare al riguardo, che con
legge n. 406 del '68, la stessa indennità di accompagnamento
era stata istituita in favore dei ciechi civili, partendo dalle stesse premesse
costituzionali, e che - come espressamente statuito dalla legge in parola - il
diritto veniva riconosciuto in favore anche dei minorati della vista,
occupati in attività lavorative, tenuto conto che occorreva sollevarli proprio
dal costo economico che comportava per loro l'esigenza di essere accompagnati
sul posto di lavoro, come avviene anche per i non deambulanti.
Pertanto, il rinvio agli artt.
2 e 12 della legge n. 118/71, così come opinato dall'art. 1, legge
n. 18/80, deve intendersi nel senso della individuazione della
categoria di cittadini invalidi civili portatori delle più gravi menomazioni,
in contrapposizione a quelli di cui al successivo art. 13, affetti da
minorazioni meno gravi e con più limitata riduzione della capacità lavorativa.
Restano pertanto esclusi dalla indennità
di accompagnamento solo gli invalidi civili gravi, ricoverati gratuitamente in
istituto. Tale interpretazione trova anche pieno sostegno negli atti
parlamentari, dove espressamente si sottolineò la
indipendenza della indennità di accompagnamento dal reddito personale o
familiare.
Richiamate quindi tutte le considerazioni che
precedono, deve ritenersi illegittimo il riferito
parere della Commissione medica della USL competente, vincolante per
l'amministrazione convenuta, che va quindi disatteso.
Conseguentemente, il Ministero dell'interno va
condannato al pagamento della indennità di accompagnamento
in favore della ricorrente, con decorrenza dall'1.1.80, con gli interessi
legali sui ratei scaduti.
Non compete invece la rivalutazione monetaria, non
trattandosi di credito di lavoro.
Le spese seguono la soccombenza
e sono liquidate come nel dispositivo.
Tali i motivi della decisione già riportata in
epigrafe.
Così deciso in Roma il 20.10.1984
Depositato il 23.10.1984
IL CANCELLIERE
IL PRETORE
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