Prospettive assistenziali, n. 72, ottobre - dicembre 1985

 

 

Specchio nero

 

 

LA LEGGE FINANZIARIA CONTRO I PIÙ DEBOLI

 

Pubblichiamo il comunicato stampa dell'ANIEP, Associazione nazionale tra invalidi per esiti di poliomielite e altri invalidi civili, che condividia­mo pienamente.

La crisi economica e i tentativi di risolverla si scaricano pesantemente sul settore sanitario e assistenziale che non vengono più considerati una funzione dello Stato ma un ambito di «pri­vilegi».

La sicurezza sociale italiana stenta a soppor­tare il peso finanziario dell'universalismo delle prestazioni, ma anziché intervenire sulle molte­plici cause degli sprechi, delle inefficienze e delle distorsioni derivanti dalla lottizzazione po­litica, si intende ridurre i diritti dei più deboli (poveri, anziani e handicappati).

La legge finanziaria 1986 contiene un disuma­no e ripugnante tentativo di revocare la pensione di inabilità a quasi tutti gli handicappati gravi, di bloccare il limite di reddito degli assegni di invalidità, di abolire tutte le esenzioni dai tickets farmaceutici e diagnostici, di favorire nel con­tempo l'internamento nelle così dette «strutture protette», di tutti i soggetti non autosufficienti, con la partecipazione agli oneri degli stessi pa­zienti e delle loro famiglie.

Con gli articoli 24, 25 e 26 e con la tabella G della legge finanziaria si stabilisce che per otte­nere assegni, indennità socio-sanitarie o servizi sociali, si fa riferimento ai redditi di tutti i com­ponenti il nucleo familiare dell'interessato e si richiedono limiti che sono un quinto del reddito nazionale pro-capite.

Attualmente per l'assistenza economica si tie­ne conto del reddito personale dell'invalido (che varia, a seconda del tipo di prestazione, da 4 a 11 milioni annui), ora si vorrebbe reintrodurre l'antico criterio della «beneficenza pubblica» secondo il quale i familiari sono obbligati all'as­sistenza del congiunto inabile, ciò che significa negare il diritto soggettivo dei singoli e costrin­gerli in una situazione di umiliazione e di subal­ternità.

È sufficiente comunque che nella famiglia del cittadino handicappato totalmente inabile vi sia un solo lavoratore per determinare l'impossibilità di qualsiasi forma di pensione o di servizio socio­sanitario gratuito. È incredibile che lo Stato vo­glia risparmiare sull'assistenza agli invalidi, ma l'intenzione appare grottesca se si tiene conto che non si tratta di «pensioni d'oro», bensì di 214.000 lire mensili, una specie di salario della disperazione!

La proposta appare poi ancora più rozza e ripu­gnante se si pensa che per gli handicappati to­talmente inabili non vi è soltanto una condizione di mancanza di reddito, tale da non garantire il minimo vitale, ma vi è anche la presenza dei bi­sogni per i quali un reddito medio è insufficiente.

Un handicappato non deve soltanto procurarsi vitto, alloggio, riscaldamento, vestiti, ma deve sostenere forti spese aggiuntive per la propria sopravvivenza che richiede l'intervento e l'assi­stenza continua di terzi per gli atti quotidiani della vita (alzarsi, lavarsi, mangiare, uscire, ecc.).

L'Associazione nazionale tra invalidi per esiti di poliomielite e altri invalidi civili, denuncia questo iniquo provvedimento legislativo che of­fende la coscienza morale e civile di tutti i citta­dini, che rinnega i diritti costituzionali all'assi­stenza e all'integrazione sociale degli handicap­pati, che ripropone un'oscura cultura di segre­gazione e di rifiuto dei poveri e degli invalidi.

L'ANIEP afferma che nessun cittadino, povero o ricco, colto o incolto, credente o non credente, marxista o liberale o socialista, può accettare un tale affronto al comune senso di solidarietà e il tentativo di negare i diritti civili dei poveri e degli handicappati.

Nessuno può condividere questo squallido ten­tativo di «risanare» il bilancio dello Stato sot­traendo 200.000 lire mensili agli handicappati più gravi.

Per contrastare il mortificante progetto della legge finanziaria, l'ANIEP chiede l'appoggio dei parlamentari, dei partiti politici, dei sindacati, di tutte le formazioni democratiche, ma soprat­tutto sollecita i singoli cittadini, anche se non direttamente interessati, ad esprimere una pro­testa che sia insieme etica, culturale e politica.

 

 

INGIUSTIFICATI PRIVILEGI PER I CITTADINI PIÙ ILLUSTRI

 

Dobbiamo mettere la Costituzione nel casset­to? L'art. 3 è un ricordo (1)? Sono questi gli in­terrogativi che ci poniamo dopo che il Parlamen­to ha approvato la legge 8 agosto 1985 n. 440 «Istituzione di un assegno vitalizio a favore dei cittadini che abbiano illustrato la Patria e che versino in stato di particolare necessità» che ri­portiamo integralmente insieme con il commen­to di Anna Rita Vezzosi del Tribunale per i diritti del malato.

 

Testo della legge.

 

Art. 1

1. È istituito presso la Presidenza del Consi­glio dei Ministri il Fondo per gli interventi a favo­re di cittadini illustri che versino in stato di par­ticolare necessità.

2. Con proprio decreto, su conforme delibera­zione del Consiglio dei Ministri, il Presidente del Consiglio dei Ministri, previa comunicazione al Parlamento, può assegnare, a carico del Fondo a cui al precedente comma, un assegno straordi­nario vitalizio a favore dei cittadini italiani di chiara fama, che abbiano illustrato la Patria con i meriti acquisiti nel campo delle scienze, delle lettere, delle arti, dell'economia, del lavoro, dello sport e nel disimpegno di pubblici uffici o di at­tività svolte a fini sociali, filantropici e umanitari e che versino in stato di particolare necessità.

3. L'importo dell'assegno straordinario vitali­zio è commisurato alle esigenze dell'interessato e non può, in ogni caso, essere superiore a lire cento milioni annui.

4. La concessione può essere revocata nell'i­potesi di condanna penale, divenuta irrevocabile, cui consegua l'interdizione dai pubblici uffici.

5. La concessione può altresì essere revocata quando venga meno lo stato di particolare neces­sità di cui al primo comma.

6. L'assegno vitalizio non è in alcun modo computabile nel calcolo del reddito di coloro che ne usufruiscono, né ai fini fiscali, previdenziali o assistenziali, né in alcun altro caso in cui il reddito del soggetto assuma rilevanza.

7. Per ciascuno degli anni dal 1985 al 1987 il Fondo di cui al primo comma è fissato nella misu­ra di lire 500 milioni. A decorrere dall'anno 1986 l'entità del Fondo può essere rideterminata in sede di legge finanziaria, secondo quanto dispo­sto dall'articolo 19. quattordicesimo comma, del­la legge 22 dicembre 1984, n. 887.

 

Art. 2

1. All'onere di lire 500 milioni annui, derivante dall'attuazione della presente legge per il trien­nio 1985 - 1987, si provvede mediante corrispon­dente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fi­ni del bilancio triennale 1985-1987, al cap. 6856 della stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno finanziario 1985, all'uopo utilizzando parte dell'accantonamento preordinato per «Provvedimenti per l'adeguamento ed il poten­ziamento delle strutture dell'Amministrazione del tesoro».

2. Il Ministro del tesoro è autorizzato ad ap­portare, con propri decreti, le occorrenti varia­zioni di bilancio.

 

Testo della lettera.

 

La legge Bacchelli è stata approvata, stabilen­do il tetto del vitalizio in 100 milioni annui e i re­quisiti per ottenerlo.

Forse é una notizia positiva, nata dalle solleci­tazioni di persone che «contano» (qualcosa di si­mile avvenne per Elsa Morante), ma sicuramente è un atto che fa riflettere. Appurato che per con­cedergli un ricovero «decente» in una clinica per lungodegenti i familiari di Bacchelli hanno dovu­to vendere la casa e la ricca biblioteca, nasce la domanda: come se la passano le migliaia di vec­chi bisognosi di ricoveri protetti che percepisco­no 3.185.000 annue (pensione sociale) oppure 4.160.000 (minima Inps)? Ha un senso una legge che «autorizzi aiuti pubblici per cittadini illustri»?

Personalmente conosco cittadini con tali refe­renze che vivono e muoiono in istituti di pubblica assistenza, fianco a fianco con anonimi, ma ugualmente degni, cittadini che la vita ha lascia­to soli, in balia di un'assistenza che non sempre è degna di questo nome. Ma la mia domanda, an­gosciata, è: quando sarà riconosciuto a tutti gli uomini uguale diritto ad una vecchiaia dignitosa e assistita?

Se il grande Bacchelli e la grande Morante hanno servito a sollevare il velo sulla realtà del­la vecchiaia, non ci si limiti a emanare leggi di­scriminanti, ma si affronti il problema nella sua globalità.

Non può, non deve esistere una graduatoria tra uomini in uguale stato di bisogno.

Anna Rita Vezzosi

 

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