Prospettive assistenziali, n. 73, gennaio - marzo 1986
Notiziario dell'Associazione nazionale
famiglie adottive e affidatarie
PROGRAMMA
DI ATTIVITÀ DELL'ANFAA PER LA DEISTITUZIONALIZZAZIONE DEI
MINORI
Il ricovero in istituto è ancora oggi, purtroppo, l'intervento assistenziale più praticato e diffuso.
Sebbene ci sia stata dal 1962 (anno in cui
risultavano essere 310.000 i minori in istituto) a
oggi una sensibile riduzione dei ricoveri (75% circa) la situazione è ancora
gravissima e intollerabile. Nel 1981 infatti i
bambini e ragazzi ricoverati, erano ancora 80.000 (dati ISTAT).
Le conseguenze negative e anche irreparabili del
ricovero in istituto sono note da oltre 30 anni.
Resta dunque primario l'obiettivo della riduzione a zero dei ricoveri in
istituto dei minori; si tratta di un obiettivo concretamente realizzabile.
Per conseguire questo obiettivo
è ancora oggi necessaria e indispensabile la partecipazione attiva di gruppi,
associazioni e cittadini sensibili a questo problema, così come è avvenuto e avviene
in tutte le zone del nostro Paese in cui sono stati proposti e realizzati
interventi alternativi al ricovero.
L'ANFAA propone che la priorità degli interventi sia
rivolta ai minori di età inferiore ai 6 anni, con lo
scopo di giungere nel più breve tempo possibile alla eliminazione di tutti i
ricoveri di bambini dell'età suddetta, indipendentemente dal fatto che il
ricovero sia stato disposto dall'ente locale, dalla famiglia o da qualsiasi
persona o gruppo.
La priorità dell'età dei bambini da 0 a 6 anni è dovuta ai seguenti motivi:
- suo carattere preventivo, in
considerazione delle esigenze dello sviluppo del bambino e delle conseguenze
particolarmente negative del ricovero
in istituto;
- maggior rispondenza dell'opinione pubblica ai
problemi dei bambini piccoli;
- minori difficoltà di realizzazione
sia per quanto riguarda la messa a disposizione dei servizi primari
non assistenziali (asili nido, scuole materne, alloggi per le famiglie di nuova
formazione, ecc.), sia per quanto riguarda le alternative al ricovero
(assistenza economica, aiuto domestico, assistenza educativa, comunità alloggio);
- minori difficoltà a reperire
famiglie affidatarie.
Occorre quindi estendere a tutto il territorio
nazionale iniziative concrete:
1)
Nei confronti dell'opinione pubblica
a) agendo sui
mezzi di comunicazione:
- proponendo articoli su giornali e riviste che,
partendo anche da situazioni specifiche, affrontino la problematica generale e
le possibili soluzioni alternative;
- proponendo servizi radiofonici, televisivi, anche
su reti private;
b) preparando e
diffondendo volantini, documenti, libri bianchi, ecc. per:
- informare i cittadini sulle
conseguenze negative del ricovero e sulle possibili soluzioni alternative (es.
petizioni);
- denunciare situazioni specifiche (es. condizioni
di vista in un istituto specifico);)
- segnalare l'inattività degli Enti
pubblici: Regioni, Province, Comuni, USL ecc. in questo settore;
c) organizzando
incontri, dibattiti, ecc. per la sensibilizzazione di gruppi, associazioni,
OO.SS., organi collegiali
della scuola, ecc.
2)
Nei confronti dei singoli istituti
Occorre pretendere la frequenza alle scuole esterne
(dalle materne alle superiori) e degli altri servizi
del territorio (sportivi, ricreativi, culturali, ecc.) in modo da rompere la
catena che inchioda i bambini e i ragazzi all'interno della struttura
residenziale.
Bisogna verificare il funzionamento, parlando con i
familiari dei ricoverati, con il personale, e con tutti coloro
che possono fornire notizie, denunciando le situazioni negative riscontrate
(es. maltrattamenti o abusi) alle autorità competenti, informandone l'opinione pubblica
(vedi punto precedente). Vanno sollecitati Regioni, Comuni, USL, ad esercitare
i poteri che le leggi assegnano a detti enti in
materia di vigilanza e controllo sugli istituti.
Né va dimenticato che ai sensi dell'art. 9 della legge
4.5.83 n. 184 «il giudice tutelare, ogni sei mesi, procede ad ispezioni negli
istituti (...). Può procedere ad ispezioni straordinarie in ogni tempo». Al
riguardo va ricordato che per svolgere queste funzioni anche il giudice
tutelare può avvalersi della collaborazione degli Enti locali e dei relativi
servizi sociali in base all'art. 23 del DPR 616/77.
Anche i poteri dei Tribunali per i minorenni sono
notevoli.
Ricordiamo ad es. il decreto del Tribunale per i minorenni
dell'Emilia Romagna emesso il 23 maggio 1972 in cui, sulla
base di una dettagliata perizia d'ufficio, disponeva la chiusura di un
istituto in quanto «attualmente, e cioè come è strutturato in persone e
ambienti, l'istituto medico-psicopedagogico di Villa
Giardini - Modena» non era «idoneo per assicurare uno sviluppo armonico e
valido dei bambini ricoverati».
3)
Nei confronti di Comuni, Comunità
montane, Usl, Province
È assolutamente necessario che gli Enti locali
applichino - finalmente - tutte le leggi che - direttamente o indirettamente -
migliorano le condizioni di vita dei minori e delle loro famiglie
(casa, diritto allo studio, cultura, ecc.).
Occorre inoltre pretendere che gli Enti suddetti
diano piena, completa e tempestiva attuazione alla legge 184/1983
«Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori»:
a) istituendo i servizi necessari;
b) vigilando sulle situazioni a rischio;
c) abolendo i ricoveri diretti e scoraggiando quelli
privati sostituendoli con soluzioni alternative ogniqualvolta si verifichi una situazione di bisogno e di disagio del
bambino.
4)
Nei confronti delle Regioni
Anche in mancanza della legge quadro di riforma
dell'assistenza, le Regioni hanno ampie possibilità - come hanno fatto alcune
di esse - di emanare leggi di riordino del settore, di
approvare piani socio-assistenziali o socio-sanitari, di promuovere servizi a
misura delle esigenze dei minori e delle loro famiglie.
5)
Nei confronti del Parlamento
Da oltre trent'anni viene dichiarato che la legge di riforma dell'assistenza è
necessaria, anzi indifferibile.
Decine di migliaia di minori, di anziani,
di handicappati sono costretti - a causa dell'inattività del Parlamento - a
vivere in condizioni spesso disumane. Ma la legge di riforma deve essere
redatta in modo che sia definito in modo assolutamente certo l'ente che deve intervenire (mentre - purtroppo - vi sono partiti che chiedono
che alcune competenze siano svolte dai Comuni singoli e altre dai Comuni
associati).
Né è ammissibile che la legge stessa sia l'occasione
per regalare ai privati parte o gran parte degli
ingenti patrimoni delle IPAB, istituzioni pubbliche di assistenza e
beneficenza, patrimoni che, secondo alcuni, ammontano a 30-40 mila miliardi.
N.B. - Sono disponibili presso la sede nazionale e
le sezioni i seguenti documenti:
- «Proposte dell'ANFAA in merito alle iniziative che
dovrebbero assumere le Regioni e gli Enti locali per attuare la nuova
disciplina in materia di adozione e di affidamento
educativo».
- «Caratteristiche essenziali della
legge 4 maggio 1983 n. 184 "Disciplina dell'adozione e dell'affidamento
dei minori"».
www.fondazionepromozionesociale.it