Prospettive assistenziali, n. 74, aprile - giugno 1986
IL SERVIZIO DI
CONSULENZA EDUCATIVA DOMICILIARE DEL COMUNE DI TORINO PER I BAMBINI HANDICAPPATI
MARINA RUDÀ (1)
La presentazione del servizio di consulenza educativa
domiciliare (C.E.D.) che segue, fa riferimento alla organizzazione,
alle modalità di offerta e di fruizione che lo hanno caratterizzato nella fase
di attivazione iniziale. Attualmente è infatti in
corso una verifica, insieme con il servizio di neuropsichiatria infantile (N.P.I.) finalizzata ad una ridefinizione
degli obiettivi e dei rispettivi ambiti operativi, onde evitare, nella presa
in carico comune dei soggetti handicappati, interventi frammentari, settoriali,
non coordinati fra loro, o peggio, contraddittori.
Obiettivo è la collocazione
della C.E.D. all'interno di un progetto globale di intervento sull'handicap da
parte del servizio pubblico, corrispondente ad un modello dinamico e integrato
nel quale sono impegnati i contingenti dei diversi servizi: sanitari,
socio-assistenziali e educativi, in un lavoro unitario e sistematico di
programmazione degli interventi e di verifica dei risultati ottenuti.
Il servizio di consulenza educativa domiciliare,
attivato a partire dal settembre 84, è nato in seguito
alle richieste avanzate dalle Associazioni dei genitori dei bambini handicappati,
delle quali si è fatto portavoce presso l'Assessorato istruzione del Comune di
Torino il C.S.A., Coordinamento sanità e assistenza
fra i movimenti di base.
Tale organizzazione evidenziava la necessità di un
intervento educativo precoce nella fascia 0-3 anni in una fase evolutiva in cui
sono aperte molte possibilità sul piano dello sviluppo
delle potenzialità presenti nel bambino. Nello stesso tempo essa richiamava
l'attenzione sul drammatico disagio vissuto dalle famiglie, alla nascita di un
bambino che viene dichiarato handicappato, o con
problemi, sia rispetto al comportamento da assumere nei suoi confronti,
avvertendo come inadeguati i rapporti che si stabiliscono in una situazione
normale, sia per il disorientamento nell'individuazione dei servizi
pubblici, sanitari, assistenziali, educativi, cui fare riferimento per far
fronte ai bisogni del bambino.
Tale condizione determina una notevole perdita di
tempo che riduce le possibilità di intervento, in
quanto le potenzialità del bambino non tempestivamente e adeguatamente
stimolate, risultano spesso irrimediabilmente compromesse. Gli obiettivi del
servizio di C.E.D., dunque,
traendo origine dai bisogni sopra evidenziati, rispondono ad un progetto
educativo nella fascia 0-3 anni, all'interno della famiglia, rivolto al bambino
e nello stesso tempo mirato al coinvolgimento dei genitori in modo da fornire
loro gli strumenti per assumere gradualmente il ruolo di educatori.
La dinamica della presa in
carico educativa comporta inoltre l'attivazione del collegamento con i diversi
servizi territoriali ai quali vengono indirizzati i genitori che non hanno
ancora individuato in essi la possibilità di trovare un sostegno e risposte
specifiche in ordine ai problemi che il bambino presenta. Per i casi segnalati
dal servizio di N.P.I.,
viene attivato immediatamente un rapporto di collaborazione reciproca (rapporto
auspicabile anche nel caso si tratti di medico curante privato), finalizzato ad
una maggior conoscenza del bambino e dei suoi bisogni attraverso l'analisi
del disturbo che presenta, per predisporre un piano di intervento il più
possibile mirato ed efficace.
In particolare risulta utile
approfondire:
- quali competenze sono compromesse dall'handicap;
- in che modo il bambino può organizzarsi a partire dal suo disturbo, e come, contro il suo disturbo
può mettere in atto strategie di compenso;
- come il disturbo evolve nel tempo in rapporto alle
diverse fasi dello sviluppo affettivo, cognitivo, sociale.
Attualmente le modalità della presa in carico dei casi sono le
seguenti: la famiglia informata della possibilità di fruire del servizio di
C.E.D. attraverso i canali fondamentali: N.P.I.,
assistenza, associazioni di base, stabilisce il contatto. Fa
seguito un incontro presso la sede del servizio, il cui scopo è quello di
fornire alla famiglia interessata, tutte le informazioni ad esso relative
(obiettivi e modalità) in modo da verificare se l'offerta corrisponde alle
aspettative e alle motivazioni che hanno determinato la domanda.
Al termine del colloquio, condotto dalla coordinatrice
della consulenza educativa domiciliare, si consente ai genitori che manifestano
incertezze, la possibilità di una ulteriore
riflessione rispetto alla loro decisione. Qualora questa venisse confermata
nel corso dell'incontro, si presenta loro la
consulente educativa domiciliare che seguirà
il bambino, concedendo spazio alla reciproca presentazione e agli accordi per
il primo incontro a casa. In questo primo incontro i genitori decidono per i
successivi, relativamente alla frequenza settimanale,
al giorno, sull'ora (nella fascia 9-17), compatibilmente con gli altri casi
eventualmente seguiti.
La prima fase dell'intervento è
dedicata all'osservazione del bambino, alla verifica delle difficoltà e delle
possibilità che presenta, relativamente allo sviluppo senso-percettivo,
motorio, cognitivo, sociale. Successivamente, sulla
base dei dati rilevati, la C.E.D. programma un piano di lavoro finalizzato alla
sollecitazione delle funzioni dei diversi settori di sviluppo.
L'intervento educativo
domiciliare consente inoltre di analizzare concretamente la situazione
specifica della vita del bambino e quindi di valorizzare
momenti della routine quotidiana (quali ad esempio il bagno, l'alimentazione)
per «insegnare» alla mamma ad utilizzarli come momenti educativi e di intensa
relazione con il bambino. Nello stesso tempo offre la possibilità di suggerire ai genitori indicazioni sulla organizzazione
dell'ambiente domestico (spazi, arredi, materiali, giocattoli) in modo da renderlo
funzionale alle esigenze di esplorazione e di sperimentazione del bambino.
Nel momento in cui si ritiene
opportuno il passaggio alle strutture educative, decisione alla quale
pervengono concordemente, famiglia, C.E.D., N.P.I., la consulente educativa
presenterà il caso alle educatrici della struttura di riferimento
territoriale, seguirà l'inserimento ed illustrerà il programma educativo
svolto, per garantire al bambino una continuità di interventi.
Alcuni casi seguiti
Ramona - età anni 2,5
La bambina è stata segnalata dall'Unione italiana ciechi.
Diagnosi: fibroplasia
retrolenticolare (provocata dall'ossigenazione
dell'incubatrice).
Il nucleo famigliare è composto
dai genitori e una sorella di sei anni, affetta da disturbi cardiaci, che
frequenta la seconda elementare.
Ramona è nata prematura, posta in
incubatrice per un mese, è stata successivamente
condotta a Lione per una visita specialistica finalizzata ad accertare una
sospetta compromissione della funzione visiva.
Ipotesi confermata dagli esami effettuati. Successivamente,
all'età di 18 mesi, è stata sottoposta ad un intervento chirurgico a Boston,
per tentare un recupero funzionale dell'organo
visivo. Gli esiti dell'operazione non sono tuttavia
valutabili, in quanto non si registrano miglioramenti apprezzabili.
Tale situazione ha determinato
uno stato di depressione dei genitori e l'instaurarsi di una forma ansiogena
nella mamma, sempre più chiusa ai rapporti esterni e attualmente
sottoposta a terapia neurologica con assunzione di psicofarmaci. Nonostante ciò, l'atmosfera famigliare appare sostanzialmente
serena.
L'intervento educativo
domiciliare è stato concordato secondo le seguenti modalità: nella prima
settimana incontri giornalieri per definire, attraverso
l'osservazione, il profilo della bambina (competenze - difficoltà). Successivamente una frequenza di tre incontri settimanali
della natura di due ore circa.
Dall'osservazione di Ramona
emerge: sviluppo fisico nella norma, buona motricità globale e fine (coordina il movimento delle mani), si
orienta nello spazio domestico con sicurezza. Linguaggio strutturato ed
adeguato all'età.
Difficoltà nell'attività di
rappresentazione a causa dell'handicap visivo, utilizza simboli di tipo uditivo
e tattile. Sensibile e ricettiva alle stimolazioni
provenienti dall'ambiente che utilizzano i canali sensoriali integri: udito -
tatto - gusto - olfatto. Tendenza a stereotipie gestuali (dondolio -
saltelli).
Ramona è piuttosto instabile, non
è autonoma nelle attività di routine (alimentazione - igiene personale),
nell'esecuzione delle quali richiede l'aiuto della mamma.
Coerentemente con i dati
rilevati, la programmazione dell'intervento
educativo, sarà mirato a guidare Ramona:
1) alla conoscenza dell'ambiente
in cui vive, degli oggetti che lo caratterizzano e della loro funzione,
attraverso una esplorazione che utilizza il canale
tattile e uditivo (ricorrendo anche a quello gustativo e olfattivo);
2) alla conoscenza del proprio
corpo;
3) all'autonomia nelle attività
legate all'alimentazione e alla pulizia e igiene
personale.
Le attività sono state proposte a
Ramona con l'obiettivo di coinvolgere anche la mamma, la quale ha dimostrato un
costante interesse. Ramona
partecipa e risponde correttamente a tutte le sollecitazioni anche se tende ad
affaticarsi. L'intervento secondo le modalità stabilite si è protratto per un
anno.
La C.E.D. ha prospettato la
possibilità di inserimento della bambina presso la
scuola materna del proprio quartiere presentando ai genitori l'organizzazione
del servizio scolastico e offrendosi come intermediario nel passaggio di Ramona
dalla famiglia alla scuola. I genitori, pur interessati, hanno tuttavia
manifestato la loro ansia all'idea di «separarsi» dalla bambina, pur riservandosi
la possibilità di una più meditata riflessione. Nel rispetto
della decisione della famiglia e delle necessità di maturare questa scelta, continua
l'intervento educativo domiciliare secondo modalità che assumono le caratteristiche
della consulenza ai genitori: definizione degli obiettivi educativi, supervisione
al loro intervento, verifica dei risultati ottenuti attraverso incontri a
scadenza quindicinale e/o mensile.
Marilena - anni 2
mesi 4
La segnalazione del caso è
pervenuta attraverso il Coordinamento servizio handicappati
al quale la mamma si è rivolta per l'inserimento della bambina all'asilo nido.
Il servizio di C.E.D. è stato
proposto alla famiglia con l'obiettivo di «preparare»
Marilena al passaggio al nido e di effettuare l'inserimento in parziale
sostituzione della mamma impegnata in un lavoro domiciliare vincolante.
Parallelamente sono stati avviati
i rapporti con il Centro di riabilitazione presso il quale
Marilena è seguita in terapia, per una maggiore conoscenza dei disturbi che
presenta e dell'impostazione del programma riabilitativo al quale conformare
quello educativo. La diagnosi è di atrofia cerebrale
di media entità.
La famiglia, composta dai
genitori ed un fratello di 6 anni, vive in un appartamentino del centro
storico. Nel primo incontro, la mamma accoglie la C.E.D. cordialmente;
Marilena è seduta nel seggiolone vicino al tavolo, sul quale sono stati
appoggiati alcuni giochi. Osserva e risponde al saluto con un sorriso. La
signora parla volentieri, racconta la storia della
bambina: il decorso della gravidanza, il parto, i problemi successivi, i primi
segnali sintomatici di un disturbo dello sviluppo. L'accrescimento fisico è
nella norma. Ha acquisito il controllo del capo a circa un anno e la posizione
seduta a due anni. Attualmente sta in posizione eretta
con appoggio, non deambula, usa il triciclo (senza pedali) per spostarsi
nell'ambiente. La motricità fine è discreta: afferra,
rilascia oggetti. Ha difficoltà nella manipolazione e nella coordinazione dei
movimenti. Integrità sensoriale: osserva tutto ciò che la circonda, segue con
lo sguardo il movimento, reagisce a stimoli uditivi. La comunicazione è
prevalentemente gestuale; comprende richieste semplici; pronuncia con
difficoltà alcune parole (mamma - papà). Ricerca il
rapporto con altri bambini e con il fratello. Non è autonoma
nell'alimentazione, tuttavia porta con le mani alla bocca cibi solidi ed inizia
ad usare il cucchiaio. Non ha acquisito il controllo sfinterico.
Vive un intenso rapporto
affettivo con la mamma, alla quale richiede costantemente
attenzioni. La signora intravede nell'inserimento al nido la possibilità di
avviare la bambina ad una maggiore indipendenza:.
L'impostazione
del programma educativo è mirato alla sollecitazione delle competenze
psicomotorie riconducibili ai seguenti settori di sviluppo:
- percezione tattile - visiva -
uditiva - gustativa - olfattiva;
- motricità
globale - motricità fine;
- coordinamento percettivo
motorio;
- schema corporeo;
- comunicazione: linguaggio
mimico-gestuale, linguaggio verbale nell'ambito dei
quali sono state individuate attività-stimola, con una progressione di
difficoltà graduale. La risposta della bambina alle diverse proposte educative
è soddisfacente. Marilena ha stabilito un buon rapporto con la C.E.D., è interessata alle esperienze
che essa le propone e partecipa attivamente.
A tre mesi dall'inizio
dell'intervento educativo domiciliare, si predispone l'inserimento della
bambina al nido, concordando con la mamma e le educatrici modalità e tempi di
permanenza. La frequenza iniziale sarà di poche ore. La mamma, per quanto le
sarà possibile, si soffermerà nel momento in cui accompagna Marilena, poi
resterà accanto a lei la C.E.D.
L'accettazione del nuovo ambiente
da parte della bambina è stata lenta e graduale. Per molto tempo la C.E.D. è stata il suo unico riferimento, il contenitore delle sue
angosce di separazione. Progressivamente, attraverso la mediazione della C.E.D., Marilena ha stabilito i
contatti con il nuovo ambiente.
Proseguono gli incontri periodici
di verifica dell'evoluzione della bambina e di messa a
punto della programmazione educativa insieme con le educatrici e il Centro di
riabilitazione.
Lucia - età: anni 2
mesi 6
La segnalazione è pervenuta dal
servizio di N.P.I. territoriale, dalla neuropsichiatra che segue la bambina e con la quale è stato concordato il primo incontro per la
presentazione del caso.
Lucia presenta un ritardo
psicomotorio, ipotonia degli arti inferiori,
paraparesi. La TAC evidenzia una atrofia cerebrale.
Il caso è molto delicato a causa
della complessa situazione famigliare, turbata da problemi economici e
dinamiche relazionali tormentate.
Il primo incontro con Lucia e la
mamma avviene presso il Centro di riabilitazione,
dove la bambina è impegnata due volte alla settimana, in trattamenti di terapia
psicomotoria.
La signora appare molto
interessata al servizio che le si offre, rinviando
tuttavia l'inizio degli incontri domiciliari, per problemi di organizzazione
famigliare.
La prima osservazione della
bambina è stata dunque effettuata presso il Centro di
riabilitazione, nel corso degli interventi della fisioterapista.
Lucia presenta uno sviluppo
fisico sotto la norma, un aspetto denutrito ed una costituzione gracile.
È interessata agli oggetti che le
vengono proposti (palla, pupazzi di gomma) per ottenere movimenti attivi.
Comunica con lo sguardo lanciando rapide occhiate ora alla mamma, ora ai
giochi. La motricità degli arti inferiori è
gravemente compromessa ed è indubbiamente il disturbo che preoccupa
maggiormente la mamma, la quale richiede insistentemente alla fisioterapista
di far assumere a Lucia la posizione eretta. La bambina reagisce al contatto e
alla mobilizzazione con pianto e grida, ritornando
alla posizione supina, che predilige, con un giochino posto sul torace. Afferra
gli oggetti, ma ha difficoltà a coordinare il movimento delle mani. Reagisce a
stimoli sensoriali visivi, tattili, uditivi (ma non individua la fonte dei
suoni). Non utilizza e non riconosce le parti del suo corpo. La comunicazione mimico-gestuale pare limitata al contatto occhio-occhio,
mentre quella verbale alla pronuncia di poche parole (palla - via - miao) che
pronuncia spontaneamente.
Gli incontri proseguono presso il
Centro di riabilitazione. Dopo l'interruzione dovuta alle festività pasquali
la neuropsichiatra e la fisioterapista riscontrano
un peggioramento della bambina. Si concorda di avviare al più presto l'intervento
educativo domiciliare. Con la mamma si stabilisce una
frequenza di tre interventi settimanali. L'abitazione della famiglia, composta da Lucia e dai suoi genitori, è molto piccola e buia. Lucia
è in un lettino e gioca con il lenzuolo portandolo alla bocca. Questa
situazione verrà riscontrata anche nei successivi
incontri, la mamma raggiunge la bambina, la solleva dal lettino e la cambia
quando arriva la C.E.D.
Dal quadro complessivo della
situazione famigliare ed evolutiva della bambina, si è ritenuto opportuno
mirare l'intervento educativo su tre obiettivi fondamentali:
1) favorire la relazione
mamma-bambina attraverso il coinvolgimento attivo della mamma nelle proposte
educative (gioco corporeo, gioco con oggetti) utilizzando anche operazioni
della routine quotidiana quali il bagno e
l'alimentazione, come momenti di intenso scambio affettivo dai quali entrambe possano
ricevere gratificazioni;
2) stimolare
Lucia all'esplorazione dell'ambiente, degli oggetti, favorendo l'acquisizione
di schemi senso-percettivi e percettivo-motori;
3) favorire la
scoperta di sé e dell'ambiente circostante attraverso l'azione sugli oggetti,
l'utilizzo della comunicazione gestuale-verbale.
L'obiettivo più difficile da
raggiungere nel corso del lavoro di otto mesi, è
stato quello di ottenere che la bambina accettasse il contatto corporeo con
la C.E.D., modalità di rapporto molto primitiva, alla
quale tuttavia non era mai stata abituata.
Prima dell'interruzione
dell'intervento domiciliare per la pausa estiva, è stato riferito alla mamma
che si riteneva ormai opportuno l'inserimento della bambina presso la scuola
materna, dalla cui frequenza avrebbe potuto trarre ulteriori
vantaggi, ricevendo stimolazioni più adeguate allo sviluppo raggiunto e la
possibilità di socializzazione con i coetanei.
Il passaggio prospettato ha
determinato nella mamma la sua caratteristica reazione di difesa che si
manifesta rimandando l'evento, prendendo tempo «per organizzarsi».
La frequenza a scuola è stata
caratterizzata nelle prime settimane dagli stessi problemi manifestati
nell'intervento a casa: rifiuto del contatto con i
bambini e con gli adulti e delle operazioni relative alla pulizia personale e
all'alimentazione. Manifestazioni che si sono gradualmente
e progressivamente attenuate. Attualmente la bambina è ben inserita.
Katia - età 2 anni
La mamma della bambina è stata
informata del servizio di C.E.D. dalle insegnanti della
scuola dove frequenta uno dei fratelli di Katia.
La signora manifesta molta ansia
per il ritardo psico-motorio della bambina che lei stessa ha rilevato
basandosi sull'esperienza acquisita nella crescita di altri
due figli, anche se i pediatri consultati tendevano a minimizzare i suoi
timori. Ha dunque accettato con entusiasmo la presenza della consulente
educativa domiciliare, individuando in essa la
persona con la quale condividere le sue preoccupazioni. La visita neuropsichiatrica a cui la
bambina è stata sottoposta presso il servizio di N.P.I.
di territorio, ha confermato la diagnosi di lieve ritardo psico-fisico (età mentale
18 mesi, età cronologica 24 mesi). La neuropsichiatra ha ritenuto di doversi
assumere la presa in carico della mamma per il forte stato di
ansia e depressione manifestato ed ha concordato incontri con la C.E.D.
a scadenza quindicinale, per seguire l'evoluzione di Katia.
L'intervento dell'educatrice all'interno della famiglia è stato concordato con una
frequenza di tre giorni alla settimana (a volte quattro). I dati emersi
dall'osservazione sono i seguenti: buona motricità
fine (manipola bene), difficoltà nella deambulazione, discreta comprensione
verbale (risponde ad ordini semplici), mentre la
esecuzione verbale è carente (papà - mamma - acqua). Si evidenzia immediatamente
il problema fondamentale di Katia e cioè un grave disturbo del comportamento.
Manifesta
continue crisi
di opposizione, accompagnate da pianto, urla, atteggiamento autolesionista
(si graffia, si morde, batte la testa sul pavimento), si isola, rifiuta il
rapporto con adulti e bambini, mentre cerca invece la mamma alla quale richiede
continue attenzioni e gratificazioni affettive. L'ambiente famigliare offre poche stimolazioni alla bambina. La casa è piccola e
quindi è scarsa la possibilità di movimento. Fin dai primi incontri
la mamma e la C.E.D. concordano sulla opportunità di inserimento della bambina
all'asilo nido, anche per poche ore al giorno, senza l'interruzione del
rapporto che si è stabilito, per offrire alla bambina possibilità di
socializzazione e stimolazioni adeguate.
Il piano di lavoro programmato
prevede una serie di proposte finalizzate alla sollecitazione di tutti i
settori di sviluppo. In particolare si è cercato di proporre a Katia giochi corporei, accompagnati da canzoncine e
movimenti ritmici per favorire la percezione e l'accettazione di sé e degli
altri, il rilassamento, la comunicazione attraverso
il dialogo tonico.
Le attività proposte alla bambina
coinvolgono la mamma attivamente, specie nel primo periodo di
intervento, poiché la bambina non è ancora in grado di accettare il
rapporto con figure estranee. Questo coinvolgimento gratifica la mamma e le
consente di scoprire risorse della bambina che vanno al di là
delle sue aspettative.
Col tempo Katia
ha stabilito anche un buon rapporto con la C.E.D. e questo consente di intensificare il lavoro educativo. Nella misura in cui
aumenta l'interesse per le attività proposte, diminuiscono le crisi isteriche e
di opposizione della bambina e migliora il rapporto
con i fratelli.
A tre mesi dall'inizio
dell'intervento domiciliare sono stati stabiliti i
contatti con l'asilo nido. La C.E.D, ha incontrato le
educatrici per presentare loro il caso, il lavoro svolto e per stabilire
insieme le modalità di inserimento individuando per la
bambina una figura fissa di riferimento che avrebbe sostituito gradualmente la
sua presenza.
La mamma ha seguito Katia nei primi giorni di frequenza con soddisfazione
rispetto all'ambiente e alle attenzioni per la bambina.
L'inserimento è avvenuto senza
traumi ed ha superato le più ottimistiche previsioni. L'attaccamento ad una educatrice in particolare ha consentito a Katia di stabilire gradualmente rapporti adeguati e
soddisfacenti con l'ambiente ed i coetanei, mediando il suo impatto con
l'ambiente.
Il piano di lavoro
individualizzato è stato impostato insieme alle educatrici proseguendo e sviluppando
le esperienze proposte nell'intervento domiciliare.
Attualmente Katia
cerca gli altri bambini, partecipa ad attività di gruppo, è ben orientata nell'ambiente
rispetto agli stimoli che offre.
Il miglioramento si riflette
anche all'interno della dinamica famigliare, le crisi
di opposizione sono scomparse e l'atmosfera è complessivamente più serena.
Le verifiche relative
all'evoluzione della bambina proseguono con le educatrici del nido e la
neuropsichiatria curante.
Arturo - anni 2
mesi 4
Caso segnalato dall'Unione
italiana ciechi. Diagnosi: cataratta congenita ereditaria. Il bambino è stato sottoposto ad intervento chirurgico all'età di
10 mesi.
Il primo incontro, concordato con
la famiglia, è avvenuto presso lo studio medico oculistico durante una visita
di controllo alla quale i genitori hanno condotto Arturo. Tale occasione offriva la possibilità di conoscere, attraverso le informazioni
del medico curante, l'entità del deficit visivo del bambino e nello stesso
tempo consentiva una prima osservazione. Arturo è apparso sicuro e orientato
negli spostamenti nell'ambiente, collaborativo con
il medico nel corso della visita.
La famiglia, composta dai
genitori entrambi subvedenti e da Arturo, ha accolto
consapevolmente e serenamente l'handicap del bambino. Gli incontri sono stati
concordati in orario pomeridiano, per consentire alla
mamma, impegnata al mattino, di essere presente. Arturo è vivace, accoglie fin dal primo approccio la C.E.D. con
entusiasmo, le mostra i suoi giocattoli e la coinvolge nel gioco. La mamma
osserva ed interviene solo quando il bambino la
invita a farlo. I giocattoli sono pochi e non offrono stimoli adeguati. In
particolare Arturo predilige le costruzioni che cerca all'interno di un grande
scatolone, distinguendole fra altri oggetti; con esse
costruisce un telefono e lo utilizza. È instabile, cambia
rapidamente attività. Si muove con agilità e sicurezza. La motricità globale e fine, il
coordinamento motoria sono buoni; lo schema corporeo è acquisito. La
percezione uditiva è particolarmente sviluppata: riconosce suoni e rumori interni
ed esterni all'ambiente famigliare; ama la musica, riconosce brani musicali,
segue e riproduce ritmi. L'osservazione è stata mirata in particolare alla
verifica del deficit visivo, sulla cui entità il medico
oculista ha dichiarato di non potersi pronunciare in mancanza degli elementi
necessari a stabilire il grado di compromissione
funzionale. La percezione visiva, nonostante la diagnosi, appare discreta:
Arturo segue il movimento, individua oggetti a distanze diverse (di media, piccola
dimensione), discrimina forme, appaia figure e colori uguali, riconosce
dimensioni in base ad elementi di contrasto (grande - piccolo),
ma non sa porre in seriazione più oggetti.
L'espressione grafica è alla fase
dello scribillo. Il linguaggio è ben strutturato e
adeguato all'età. L'espressione verbale è molto intensa, il vocabolario ricco
di termini che il bambino usa appropriatamente.
È aperto ai rapporti
interpersonali. Socializza con adulti e coetanei. Non è completamente autonomo
nelle attività di routine (alimentazione, pulizia personale, capacità di
vestirsi).
L'intervento educativo è stato
mirato ad incentivare la concentrazione sulle attività, aumentando
progressivamente i tempi di attenzione e la
complessità. Arturo è stato aiutato a trovare gratificazioni nel risultato
finale e ad isolare gli stimoli interferenti. Inoltre si è ritenuto opportuno sviluppare le capacità di orientamento spaziale,
partendo dalle nozioni topologiche - avanti/dietro, sopra/sotto - per
migliorare la conoscenza del proprio schema corporeo in rapporto agli
spostamenti nello spazio, alle relazioni fra sé e gli oggetti e,
successivamente, degli oggetti fra loro. A livello di rappresentazione mentale
le attività educative programmate sono state mirate a sviluppare le capacità di associazione, classificazione, seriazioni di oggetti,
figure e segni differenziati nei loro elementi costitutivi (forma, colore,
dimensioni, materia, funzioni).
Al termine dell'intervento
educativo domiciliare (durata 5 mesi), Arturo appare
più stabile e orientato rispetto alle diverse attività e le conduce a termine.
I risultati sul piano della rappresentazione mentale sono
soddisfacenti.
La C.E.D. ha concordato con i
genitori l'iscrizione presso la scuola materna vicina all'abitazione,
dove sono stati accompagnati per stabilire con le insegnanti i tempi di
frequenza iniziale e le modalità di inserimento relativamente alla presenza
della mamma e della consulente. Arturo è stato seguito nei primi due mesi di
frequenza, nel corso dei quali sono stati programmati gli interventi educativi,
in continuità con il lavoro svolto a casa, centrando maggiormente gli obiettivi
relativi all'acquisizione dell'autonomia personale e
della socializzazione, nel rispetto delle regole che la convivenza in comunità
impone.
(1) Responsabile Circolo didattico
Scuole municipali per l'infanzia - Coordinatrice del Servizio di Consulenza educativa
domiciliare.
www.fondazionepromozionesociale.it