Prospettive assistenziali, n. 74, aprile - giugno 1986

 

 

Notiziario del Centro italiano per l'adozione internazionale

 

 

UNA INTERESSANTE RICERCA SULL'ADOZIONE DI MINORI IN INDIA

 

Gli indiani non adottano! Questa affermazione si è sentita ripetere per molti anni in diverse occasioni di incontri nazionali e internazionali, suffragata dal fatto che moltissimi bambini in­diani vengono adottati all'estero.

In realtà negli ultimi anni siamo stati testimoni dei primi passi che le Associazioni indiane di as­sistenza ai minori hanno fatto per sensibilizzare l'opinione pubblica e le autorità locali sulla ne­cessità che al bambino orfano o abbandonato venisse offerta la possibilità di essere adottato prioritariamente nel suo Paese.

È a tutti noto quanto sia lungo e difficile il pro­cesso di sensibilizzazione, e più ancora risulta difficile il superamento di tabù millenari legati a tradizioni culturali, religiose e di caste tuttora presenti nella realtà indiana. Ciò nonostante qual­cosa si è mosso e le prime adozioni indiane sono state realizzate.

Ci sembra doveroso sottolineare la serietà del procedere, e lo dimostra il fatto che il «Ministry of Social Welfare» ha compreso l'importanza di verificare il lavoro svolto e ha ritenuto pertanto di dare il proprio patrocinio alla ricerca sulle ado­zioni indiane.

Certamente si può discutere molto sui dati emersi che qui sotto pubblichiamo, ma, a nostro avviso, l'iniziativa è valida e va sostenuta e inco­raggiata a tutti i livelli.

Nella sua ricerca intitolata «Adozione di mino­ri: studio dell'esperienza in India», Homai H. Bil­limoria giunge alla conclusione che l'adozione di un bambino è stata, per la stragrande maggioran­za dei genitori intervistati, una esperienza posi­tiva. Esperienza che ha dato loro grandi soddisfa­zioni e ha offerto ai bambini adottati la possibilità di condurre un'esistenza normale.

Patrocinata dal «Ministry of Social Welfare» la ricerca ha coinvolto 40 coppie che avevano completato l'iter dell'adozione prevalentemente attraverso la «Family Welfare Agency».

La ricerca ha voluto inoltre essere un momen­to di approfondimento e di verifica dei 30 anni di lavoro svolto dalla «Family Welfare Agency» nel campo delle adozioni nazionali. Il campione della ricerca si basa su 48 adozioni realizzate, tenendo conto che 8 sono seconde adozioni.

L'autore ritiene che questo studio, avendo un carattere esplorativo, può solo limitarsi ad indi­care delle tendenze generali.

 

Genitori adottivi

La ricerca ha evidenziato il fatto che l'adozione coinvolge individui appartenenti a tutte le classi sociali e alle diverse fedi religiose, siano essi ricchi o poveri, istruiti o non, uomini d'affari, operai semplici o specializzati.

Risulta inoltre che la «famiglia tipo» indiana che si avvicina all'adozione è una famiglia nu­cleare dotata di una lunga e stabile esperienza matrimoniale.

Le motivazioni all'adozione che risultano esse­re più comuni sono: il desiderio di completare il nucleo familiare, perpetuare il nome della fami­glia, assicurarsi un sostegno nell'età avanzata o problemi di lasciti ereditari. Dei genitori intervi­stati, otto hanno dichiarato di aver voluto provare la gioia di diventare genitori di un bambino.

Nel primo approccio con la «Family Welfare Agency» gli aspiranti all'adozione hanno manife­stato una certa reticenza nell'accettare un bam­bino a loro sconosciuto, manifestando invece delle precise preferenze circa il sesso - maschi­le -, l'età inferiore ai sei mesi, la buona salute e l'appartenenza alla stessa religione della fami­glia adottiva.

In un secondo tempo, al momento effettivo del­la selezione e dopo diversi colloqui, si è potuto notare un affievolirsi delle rigidità, pur restando fermi i desideri circa il sesso e l'età del bambino.

 

Atteggiamenti riguardo all'adozione

Se, durante l'iter burocratico della domanda, l'atteggiamento dei nonni è stato indifferente o addirittura ostile, tale atteggiamento è cambiato positivamente con l'inserimento fisico del bambi­no in seno alla famiglia.

I parenti ed i vicini sembrano essere più soli­dali con la famiglia adottiva, forse perché non sono direttamente coinvolti.

Paradossalmente, la comunità nel suo comples­so, sembra essere meno favorevole dimostrando di non comprendere il significato dell'adozione. L'adozione è vissuta più come un atto di altrui­smo da parte dei genitori adottivi che non una mutua gratificante esperienza per genitori e bam­bino.

Due terzi dei genitori hanno espresso la loro piena soddisfazione per l'esperienza adottiva e hanno sempre considerato il bambino come figlio loro, non riscontrando alcuna differenza fra se stessi ed i genitori naturali, fatta eccezione per il momento della nascita biologica.

 

L'informazione al bambino

Solo dodici bambini sanno di essere stati adot­tati. Alcuni genitori, pur desiderando ardente­mente informare il bambino sin dall'inizio, hanno in seguito cambiato parere o hanno continuato a rimandare nel tempo, pur paventando la possibi­lità che il bambino venisse a saperlo da estranei.

Le ragioni per le quali si sono riscontrate gros­se difficoltà nel dare l'informazione al bambino sono legate a diverse paure, come ad esempio: perdere l'affetto del figlio, paura delle domande che il bambino può fare circa la madre naturale, paura dello stigma di illegittimità del bambino o della loro sterilità di coppia, ecc.

Coloro che hanno informato il proprio figlio hanno vissuto precedentemente dei momenti di grassa ansietà, seguiti poi da una grande sensa­zione di sollievo. Rispetto agli altri, costoro, han­no accettato con più consapevolezza la loro con­dizione di genitori adottivi e si sono dimostrati più sicuri nei rapporti con il figlio adottivo nei confronti del quale risultano avere minori aspet­tative.

Come situazione generale emerge che la mag­gior parte dei genitori non è stata sufficientemen­te preparata a questo compito così delicato.

 

Sviluppo del bambino

La maggioranza dei bambini ha avuto una cre­scita normale e i genitori si sono dichiarati pie­namente soddisfatti del loro sviluppo fisico e delle loro capacità intellettive.

Solo dieci di loro dichiarano che le loro aspet­tative sono state parzialmente corrisposte, so­prattutto per quanto riguarda le capacità psichi­che del bambino.

I rapporti tra genitori - figli adottivi - figli bio­logici - fratelli e sorelle sono generalmente po­sitivi e non presentano particolari stati di ansietà o di aggressività. Eppure 25 bambini hanno mani­festato segni di insicurezza emotiva, in certa mi­sura, associabile al cambiamento dei modi di vita. Non è stato facile trovare giustificazioni a tale insicurezza, né scoprire se essa è diretta­mente ascrivibile all'adozione in se stessa oppu­re a una sua conseguenza o ancora se si tratta di un fattore accidentale.

 

Raccomandazioni

Nelle sue raccomandazioni finali l'autore sotto­linea la necessità di dissipare l'opinione secondo la quale gli aspiranti genitori adottivi indiani sono troppo selettivi e ciò al fine di incoraggiare e promuovere l'adozione di bambini indiani da parte di cittadini indiani.

 

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