Prospettive assistenziali, n. 75, luglio - settembre 1986

 

 

Notiziario dell'Unione per la lotta contro l'emarginazione sociale

 

 

LE UNITÀ SANITARIE LOCALI DEVONO CURARE E RIABILITARE ANCHE GLI ANZIANI MALATI DI MENTE (1)

 

La legge 13 maggio 1978 n. 180 obbliga le Unità sanitarie locali ad assicurare a tutti i cit­tadini, qualsiasi sia la loro età, le necessarie prestazioni dirette alla prevenzione, cura e ria­bilitazione delle malattie mentali.

Questo diritto è confermato dalla legge di ri­forma sanitaria 23 dicembre 1978 n. 833 che im­pone alle Unità sanitarie locali di provvedere alla «tutela della salute degli anziani, anche al fine dì rimuovere le condizioni che possono concor­rere alla loro emarginazione». Le prestazioni devono essere fornite agli anziani, come a tutti i cittadini, qualsiasi siano «le cause, la feno­menologia e la durata» delle malattie.

Trasferire dal settore sanitario a quello assi­stenziale gli anziani malati, in particolare quelli non autosufficienti a causa di disturbi psichiatrici in atto (come è previsto dal decreto del Presi­dente del Consiglio dei Ministri dell'8 agosto 1985 e dalla proposta di piano sanitario nazio­nale), significa:

- violare i diritti fondamentali dei cittadini alla prevenzione, cura e riabilitazione delle ma­lattie, diritti sanciti da precise leggi;

- ricreare o potenziare isole di vera e propria emarginazione (case protette, cronicari, ecc.), spesso peggiori dei vecchi manicomi;

- obbligare gli utenti ed i parenti tenuti agli alimenti a pagare di tasca loro fino a 50-60 mila lire al giorno per le rette di ricovero.

CHIEDIAMO che anche agli anziani con malat­tie mentali, compresi quelli non autosufficienti, siano assicurati i necessari interventi preventi­vi, curativi e riabilitativi:

- se possibile a domicilio o ambulatoria­mente;

- altrimenti in comunità alloggio con al mas­simo 8-10 posti o, per i pazienti in situazione acuta, in comunità terapeutiche anch'esse di 8-10 posti;

- da parte di altri servizi e strutture non ghet­tizzanti da definire.

Questi interventi devono essere forniti dai ser­vizi sanitari delle USL, compresi quelli di salute mentale.

Al riguardo si ricorda che le Province hanno trasferito alle USL il personale ed i finanziamenti concernenti tutti i pazienti psichiatrici, compresi quelli anziani autosufficienti e non autosufficienti.

CHIEDIAMO inoltre:

a) la creazione di un apposito ufficio pubblico in ciascuna USL i cui componenti siano designati (dall'Assemblea dell'USL?) con precise garanzie di professionalità, autonomia e responsabilità. Detto ufficio pubblico dovrebbe essere l'anello di congiunzione fra il giudice tutelare, i tutori, i curatori, i coadiutori, gli operatori e le perso­ne (minori, adulti, anziani) che necessitano di una particolare protezione sociale. Dovrebbe non solo provvedere in modo adeguato alla corretta gestione dei beni e dei redditi, ma assicurare anche la difesa dei diritti personali e sociali dei soggetti. Con la creazione dell'ufficio di cui so­pra, dovrebbe cessare ogni autonoma gestione del denaro e dei beni dei pazienti sia da parte dei servizi psichiatrici e assistenziali, sia da par­te delle istituzioni pubbliche (ad esempio le IPAB) e private. Ai servizi di salute mentale po­trebbero essere affidati i compiti in materia di gestione di denaro dei pazienti, esclusivamente da parte dell'ufficio pubblico. Ciò anche allo sco­po di ridurre al minimo le responsabilità degli operatori;

b) l'abrogazione degli articoli del codice civile concernente l'inabilitazione e la creazione, in cer­ti precisi casi da definire per legge, del «coadiu­tore». Detto «coadiutore» dovrebbe affiancare (non sostituire) la persona non in grado di prov­vedere autonomamente a se stessa, nei casi in cui non sia necessario o opportuno chiederne l'interdizione. Ad esempio il giudice tutelare po­trebbe stabilire che, per i prelievi bancari, sia necessaria la firma congiunta del soggetto e del «coadiutore». I limiti dell'autonomia del soggetto e dell'intervento del «coadiutore» dovrebbero essere definiti dal giudice tutelare, sentito l'in­teressato e l'ufficio pubblico di cui sopra;

c) la obbligatoria presenza di un difensore nei procedimenti che possono portare ad una limita­zione dell'autonomia della capacità di agire, pro­cedimenti che devono essere previsti esclusiva­mente tenendo conto degli interessi e dei diritti personali e sociali dei cittadini.

 

 

(1) Documento presentato dall'ULCES al convegno di Trieste del 12-14 giugno 1986 «Un altro diritto per il ma­lato di mente - Esperienze e soggetti della trasforma­zione».

 

 

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