SERVIZI PER LE PERSONE GRAVEMENTE
NON AUTOSUFFICIENTI: CRITERI-GUIDA E PROPOSTE
Per poter
fornire indicazioni circa i servizi proponibili per le persone gravemente non
autosufficienti (cfr. l'allegato 1), si ritiene
sia necessario esplicitare anche i criteri guida.
Detti criteri guida devono
essere individuati tenendo conto delle esigenze dell'utenza, esigenze che
investono problemi tecnici (interventi specialistici, attrezzature particolari,
ecc.), umani (servizi e strutture non emarginanti, positive
relazioni con il personale), familiari e sociali (possibilità di rapporti con
parenti, con conoscenti e con i volontari).
I criteri guida possono essere così riassunti:
1) La degenza
del paziente deve essere attuata il più vicino possibile alla residenza del paziente
stesso, e comunque, il più vicino possibile alle
persone (parenti e non) che lo seguono.
a) Nei casi in cui non vi
sia la necessità di particolari interventi che richiedono il ricovero
residenziale, le esigenze di cui al paragrafo precedente sono soddisfatte in misura ottimale con il servizio di ospedalizzazione a
domicilio. Detto servizio dovrebbe prevedere:
- le prestazioni del medico
di base, così come sono stabilite dalle norme vigenti;
-
l'intervento a domicilio del personale infermieristico e riabilitativo e,
occorrendo, dei medici specialisti;
- la garanzia del ricovero
ospedaliero nei casi in cui ciò sia necessario sia per rispondere alle esigenze
del paziente, sia per consentire adeguati periodi di riposo delle persone
(parenti o non parenti) che accolgono a casa loro i
pazienti gravemente non autosufficienti;
- idonei controlli per
evitare abusi;
- la corresponsione ai
familiari e ai terzi che provvedono alla ospedalizzazione
a domicilio di una somma sufficiente a coprire le spese da essi sostenute per
ottenere i necessari aiuti da parte del personale non
specializzato, ad esempio colf. Detto contributo dovrebbe essere fornito dal
Servizio sanitario nazionale (come è previsto, ad
esempio, dalla legge della Regione Piemonte 3 maggio 1985 n. 59, punto
2.3.5.31).
La richiesta del contributo
nasce dalla constatazione che ai familiari e ai terzi
non può essere chiesto di essere presenti 24 ore su 24 per tutti i 365 giorni
dell'anno, tanto più che molto spesso provvedono alla ospedalizzazione a
domicilio del loro coniuge, anziani di età molto avanzata (1).
Il compenso potrebbe
corrispondere a 4/5 ore di colf, dovrebbe essere erogato dal Servizio sanitario
nazionale, come tutte le prestazioni sanitarie,
indipendentemente dai redditi del paziente e dei familiari o terzi che lo
accolgono.
Con detto contributo,
coloro che provvedono alla ospedalizzazione a
domicilio possono ricercare con la massima elasticità possibile il personale
necessario per le esigenze proprie e del paziente quando occorre e quindi
anche nei giorni festivi e di notte.
Al fine di favorire e
sostenere la ospedalizzazione a domicilio dovrebbero
essere previsti servizi gratuiti di trasporto del paziente da casa all'ospedale
e viceversa, esenzione dal ticket e agevolazioni nel rapporto di lavoro per
coloro che provvedono a detto intervento.
b) Una soluzione
ottimale è ottenibile, in certi casi, mediante l'integrazione fra
ospedale diurno e parziale ospedalizzazione a domicilio.
In questi casi, l'ospedale
diurno può garantire una presenza dei pazienti gravemente non autosufficienti
anche per 30 o 40 ore alla settimana (giorni festivi
esclusi); l'intervento a domicilio del personale infermieristico e
riabilitativo potrebbe essere previsto solo nei casi di emergenza.
Trattandosi di ospedalizzazione parziale a domicilio il contributo di
cui al punto precedente potrebbe essere, a seconda dei casi, ridotto 0
azzerato.
c) Attuando la degenza del
paziente il più vicino possibile alla residenza del paziente stesso o, comunque, il più vicino possibile alle persone (parenti e
non) che lo seguono, si dà ai familiari e ai conoscenti l'effettiva possibilità
di intervenire.
Detto intervento è molto
importante per quanto riguarda la salute del paziente che si sente protetto e
circondato dall'affetto dei suoi; inoltre questo rapporto può sfociare in un
impegno maggiore e cioè in una delle due forme di ospedalizzazione
a domicilio prima indicate.
2) Massima
riduzione possibile dei fenomeni di cronicizzazione
che si manifestano nelle strutture ospedaliere.
Dato lo scopo di questa
nota, non viene trattato il problema della prevenzione, ma solo quello più specifico della eliminazione dei fenomeni di
cronicizzazione.
Su questo problema G. Scardigli, Presidente nazionale dell'ANIMGG, Associazione
nazionale italiana medici e operatori geriatrici,
sostiene nell'articolo «L'assistenza all'anziano
invalido» (Medicina geriatrica, XVII, 3 1985) quanto
segue: «Non possiamo dimenticare quante colpe abbiamo
noi stessi medici, nel non curare abbastanza questi soggetti nella fase acuta,
e lasciarli quindi arrivare alla cronicizzazione. Diceva Casarsa:
"Ci si dimentica una cosa fondamentale e cioè che
oggi buona parte dei lungodegenti li creiamo noi medici ospedalieri: sembra una
cosa assurda per chi è fuori dall'ospedale, ma purtroppo è così. Noi negli
ospedali di fronte ad un ictus ci occupiamo dell'ictus stesso,
ma passato il momento acuto dimentichiamo tutto, e se il soggetto
diventa paralitico non ci occupiamo più di lui, perché non ne abbiamo i mezzi,
ed ecco che abbiamo creato un lungodegente".
«In realtà la mancanza di adeguati servizi sociali e sanitari sia negli ospedali
che fuori, fa sì che il 90% dei vecchi malati divengano dei cronici
irrecuperabili, se al contrario si applicano idonei e tempestivi trattamenti
il numero dei cronici si riduce al 10%».
Sotto il profilo
organizzativo (che, ovviamente, non è l'unico che possa e debba intervenire in
questo campo), si ritiene che la cronicizzazione:
- sia favorita
quando le divisioni ospedaliere sono autorizzate o addirittura costrette
a trasferire ad un altro settore di competenza (cronicario, reparto di lungodegenza, casa protetta assistenziale, ecc.) i
pazienti (anziani e non) cronici non autosufficienti. Infatti
il trasferimento di detti pazienti che da un lato libera letti consentendo di
intervenire nei confronti di malati acuti (preferiti in genere ai malati
cronici), d'altro lato riduce notevolmente il carico di lavoro soprattutto del
personale infermieristico e riabilitativo;
- non sia favorita quando la divisione ospedaliera è tenuta a
provvedere direttamente ai pazienti cronici, in particolare a quelli che, ricoverati
come acuti, nella divisione stessa sono diventati cronici. Poiché i pazienti
cronici richiedono prestazioni molto impegnative da
parte del personale infermieristico e generico, l'unica possibilità di
intervento della divisione ospedaliera coinvolta, per evitare l'aumento del
carico di lavoro, è data dai trattamenti diretti a far acquisire ai pazienti
il massimo possibile di autonomia.
3) Garantire
nella misura del possibile la continuità terapeutica fra le diverse fasi dell'intervento ospedaliero.
La continuità terapeutica è
ritenuta di fondamentale importanza in quanto numerose e frequenti sono le situazioni
di riacutizzazione dei pazienti cronici non
autosufficienti. Inoltre la continuità terapeutica è la soluzione che
impedisce al gruppo di curanti della divisione ospedaliera di
poter scaricare la responsabilità del trattamento ad altri.
Inoltre il paziente non viene stressato a causa del cambiamento del gruppo di
curanti, ed i familiari ed i medici di base hanno un unico riferimento.
L'attuazione del principio
della continuità terapeutica fra la fase acuta e
quella cronica è una condizione di fondamentale importanza, altresì, per
l'avvio di ricerche scientifiche che comprendono tutto l'arco di tempo
intercorrente dal momento del ricovero ospedaliero per motivi di acuzie, alla
fase di cronicità e al decesso.
Inoltre la continuità
terapeutica è anche un elemento che consente l'approfondimento
scientifico della efficacia degli interventi attuati.
4) Possibilità
per il personale di alternare il lavoro con i
pazienti cronici con quello con i pazienti acuti.
Per il personale, in
particolare per quello infermieristico, riabilitativo e generico, è estremamente
stressante lavorare con i malati cronici.
La creazione di cronicari,
reparti di lungodegenza, case protette assistenziali pone problemi insolubili al personale addetto
che è costretto, dall'assunzione al pensionamento (o al licenziamento) a
lavorare sempre e solo con malati cronici.
5) Curabilità
delle malattie inguaribili.
Si rinvia a quanto indicato al punto 5 del documento «Diritti ed
esigenze delle persone gravemente non autosufficienti», riportato in questo
numero di Prospettive assistenziali.
6) Umanizzazione
dell'ospedale.
Una delle esigenze più
avvertite da tutti i pazienti (acuti e cronici), da tutti i familiari dei malati
e da tutti coloro che frequentano gli ospedali, è la
necessità che, insieme allo sviluppo della preparazione scientifica e tecnica
del personale medico, paramedico, tecnico e amministrativo, allo sviluppo
delle tecnologie idonee per la prevenzione, cura e riabilitazione, al miglioramento
del funzionamento della struttura e dei servizi, si proceda alla massima
umanizzazione possibile dei rapporti fra il personale, i pazienti, i loro
familiari ed i volontari.
Si ritiene che il primo
passo significativo se non determinante per detta
umanizzazione possa essere compiuto solo quando la classificazione «acuto»,
«lungodegente», «cronico» non verrà più usata per allontanare i pazienti più
difficili.
Altre
precisazioni
Prima di avanzare proposte
si ritiene necessario sottolineare altri quattro
problemi:
A) In primo luogo va accettato il fatto che i cronici ci sono e ci saranno, anche
se occorre intervenire a tutti i livelli, compreso quello organizzativo, per
ridurre il fenomeno al minimo.
Anche a questo riguardo citiamo G. Scardigli:
«I cronici e in particolare i non autosufficienti, ci sono, da
qualsiasi causa originati, e saranno numerosi anche in futuro, perché
anche attuando le migliori misure assistenziali, sociali, mediche,
riabilitative, preventive, non si può per ora ragionevolmente prevedere un
rimedio che possa contrastare efficacemente quella perdita o quell'affievolimento dei meccanismi omeostatici
che è caratteristica della senescenza, che deriva dall'evolvere stesso dei
processi d'invecchiamento delle strutture organiche, e che provoca le insufficienze
funzionali caratteristiche dell'estrema senescenza».
Dello stesso parere è A. Mazzotti che nel libro «Istruzioni per la vecchiaia»,
Editori Riuniti, afferma quanto segue: «Quando si
parla di cronici bisogna sapere di che cosa si parla; esistono, sono una
realtà, è inutile far finta di non saperlo. Anzi, più si va avanti e si inventeranno metodi di cura più efficaci per salvare la
vita alla gente e più aumenteranno, non solo ma saranno anche più gravi».
B) In secondo luogo occorre
tener conto che le persone croniche gravemente non autosufficienti abbisognano
di interventi indubbiamente terapeutici. Al riguardo
A. Mazzotti nel volume già citato afferma: «Tutti
sono capaci di dare pillole e sciroppi e non ci vuole molto a fare le iniezioni
e le fleboclisi tanto in voga. Se per cura si intende
questo, certo, non ci vuole l'ospedale. E come lo chiamate voi imboccare
l'ammalato, fare i lavaggi vescicali e sostituire il
catetere urinario, detergere una piaga da decubito, fare il clistere e rinnovare
la biancheria, mutare il punto d'appoggio del bacino e dei talloni, aspirare
il muco e il catarro, mobilizzare l'articolazione anchilosata,
massaggiare il muscolo, medicare il dolore? Bravi, lo
chiamate assistenza, perché la cura è quando serve a qualcosa e i vecchi
quando sono veramente ammalati non possono migliorare e più di assisterli non
si può».
C) Si ritiene necessario
fornire alcune indicazioni circa le caratteristiche essenziali del settore
sanitario e del settore socio-assistenziale:
Settore sanitario |
Settore socio-assistenziale |
Settore sanitario |
Settore socio-assistenziale |
La Costituzione estende gli interventi a tutti i
cittadini senza alcuna limitazione. |
La Costituzione limita gli
interventi al cittadino «inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari
per vivere». |
Nessuna contribuzione è a
carico dei parenti tenuti agli alimenti. |
Molto spesso viene
richiesto un contributo economico anche ai parenti tenuti agli alimenti. |
Le prestazioni sono fornite immediatamente a
semplice richiesta del cittadino. |
Le prestazioni sono fornite solo dopo l'eftuazione di inchieste sociali
(spesso lunghe). |
I titoli di studio di tutto il personale medico e paramedico sono riconosciuti. |
I titoli di studio degli assistenti sociali e degli
educatori (che sono gli operatori più importanti del settore assistenziale) non sono riconosciuti. |
I servizi sono gratuiti, salvo ticket. |
Agli utenti viene sempre
richiesto un contributo, esclusi - evidentemente - coloro che sono privi di
mezzi economici. La retta di un cronicario può
arrivare a 60-70 mila lire al giorno. |
Gli standards minimi
delle strutture pubbliche e private sono da anni
definiti da leggi nazionali. |
Gli standards minimi
delle strutture pubbliche e private non sono
definiti da nessuna legge nazionale e regionale. |
D) Quando si fa riferimento
alla competenza sanitaria, vi sono alcuni che l'interpretano come insieme di interventi medicalizzati e medicalizzanti.
Questo concetto va respinto
(cfr. l'allegato 1). Inoltre
occorre tener presente che fanno parte degli organici del settore sanitario
non solo gli operatori medici, paramedici, tecnici e amministratori, ma anche
quelli sociali (assistenti sociali ed educatori).
In sostanza fanno parte del settore sanitario tutte le figure professionali
necessarie per assicurare interventi adeguati alle esigenze di prevenzione,
cura e riabilitazione dei cittadini.
I problemi reali sono
dunque quelli dell'indirizzo politico, della
programmazione, dell'organizzazione e della formazione di base e permanente
del personale.
Inoltre le USL hanno la
possibilità di convenzionarsi con terzi. Al riguardo si segnala la convenzione riportata nell'allegato 2.
Proposte
Sulla base dei criteri
guida e tenendo conto di quanto indicato nel paragrafo «Altre precisazioni»,
si ritiene che la soluzione preferibile per le persone croniche non
autosufficienti, a cui non è possibile provvedere con la ospedalizzazione
a domicilio, sia la seguente.
Le divisioni ospedaliere,
in particolare le geriatrie e le medicine, provvedono nei propri reparti ad
allestire apposite camere per le persone croniche non
autosufficienti, ed a fornire a detti pazienti, con il proprio personale, tutte
le necessarie prestazioni.
Ovviamente, per quanto
riguarda il personale soprattutto infermieristico, riabilitativo e generico,
occorrerà prevedere le necessarie integrazioni
quantitative.
Inoltre è necessario che l'edilizia risponda alle esigenze
dei pazienti (spazi per camere da letto, sale da pranzo e di soggiorno, servizi
igienici, pavimentazione antisdrucciolevole, ecc.).
Alcuni pazienti cronici
dovrebbero essere accolti anche dalle altre divisioni ospedaliere, escluse
quelle chirurgiche.
Nella riorganizzazione
delle divisioni ospedali-ere (geriatrie, medicine, altre) occorrerebbe aumentare
o diminuire i posti letto esistenti tenendo conto
dell'effettivo bisogno di posti letto per acuti, delle possibilità operative
del personale e del miglior utilizzo possibile delle attrezzature. A questi posti letto dovrebbero poi essere aggiunti quelli
per i cronici.
Seconda
soluzione
Altre strutture sanitarie,
attuabili soprattutto nelle zone con popolazione dispersa, potrebbero essere
piccole comunità di territorio (di 8-10 posti) in
modo da consentire proficui rapporti dei pazienti con i propri familiari e
conoscenti.
Dette comunità potrebbero
essere gestite dal personale sanitario di distretto, con la consulenza e
l'intervento degli specialisti di una divisione
ospedaliera di riferimento.
Si tratterebbe in sostanza
di una forma comunitaria di ospedalizzazione a
domicilio.
Terza
soluzione
Questa soluzione non è
molto soddisfacente in quanto è ghettizzante.
Si tratta di una struttura
per le persone croniche non autosufficienti, costituita da uno o due repartini, ciascuno composto di
20-25 posti letto al massimo (capienza totale massima 50 posti).
Al fine
di soddisfare le esigenze espresse alla lettera B, n. 1, 2, 3, 4 e 5, ciascun repartino dovrebbe essere gestito dalla divisione ospedaliera di riferimento (geriatria o medicina
generale) mediante il proprio personale: primario, aiuti, assistenti,
infermieri, riabilitatori, inservienti.
La
divisione ospedaliera di riferimento dovrebbe essere l'unico servizio
abilitato a disporre i ricoveri.
Soluzioni
non valide
Partendo dai criteri guida
indicati alla lettera B, punti 1, 2, 3, 4 e 5, si
ritiene che non sia accettabile la creazione di reparti o strutture per
cronici a gestione autonoma.
Pazienti
psichiatrici
La legge 13 maggio 1978 n.
180 obbliga le Unità sanitarie locali ad assicurare a tutti i cittadini,
qualsiasi sia la loro età, le necessarie prestazioni dirette alla prevenzione,
cura e riabilitazione dei disturbi psichici.
Ai sensi della legge
suddetta, le Province hanno trasferito alle USL tutte le funzioni in materia
psichiatrica, tutto il personale, tutte le attrezzature
e tutti gli utenti, compresi quelli cronici non autosufficienti.
Spetta pertanto alle USL e
non ai servizi socioassistenziali provvedere a tutti
questi soggetti, compresi quelli non autosufficienti.
Gli interventi preventivi,
curativi e riabilitativi per i pazienti cronici non autosufficienti dovrebbero
essere assicurati o dal settore psichiatrico o da quello neurologico o insieme
dai suddetti settori:
- se
possibile a domicilio;
- altrimenti in comunità
alloggio con al massimo 8-10 posti.
PROPOSTE ORGANIZZATIVE (Schemi)
Prima
soluzione (1)
Reparto ospedaliero di geriatria o di medicina
Degenza acuti (*) |
Degenza acuti |
Degenza acuti |
Degenza acuti |
Degenza acuti |
Degenza cronici
non autosufficienti |
Degenza cronici non
autosufficienti |
Reparto ospedaliero di geriatria o di medicina
Degenza acuti |
Degenza acuti |
Degenza acuti |
Degenza acuti |
Degenza acuti |
Degenza cronici
non autosufficienti |
Degenza cronici
non autosufficienti |
(1) Questa soluzione è attuabile, in particolare, nelle
città grandi e medie.
Caratteristiche principali:
a) degenza attuata il più
vicino possibile alla residenza del paziente e, comunque,
il più vicino possibile alle persone (parenti e non) che seguono il paziente
stesso;
b) continuità terapeutica
fra la fase acuta e quella cronica;
c)
possibilità per il personale di alternare il lavoro con i pazienti cronici con
quello con i pazienti acuti;
d)
riconoscimento effettivo della curabilità delle malattie inguaribili;
e) umanizzazione degli ospedali (anche ai pazienti
più indifesi sono assicurate tutte le necessarie prestazioni preventive,
curative e riabilitative);
f)
massima riduzione possibile (sul piano organizzativo) dei fenomeni di
cronicizzazione;
g) nessuna esigenza di trasferire il paziente nei casi di
emergenza e/o di riacutizzazione.
(*) Ogni rettangolo indica una stanza di degenza
comprendente da 2 a 4 posti letto. Resta da definire il numero dei posti letto
dei reparti.
Seconda
soluzione (2)
Comunità alloggio
sita Comunità
alloggio sita
nel Comune di ........... nel
Comune di ...........
Degenza cronici
non autosufficienti |
Degenza cronici
non autosufficienti |
|
|
|
|
Degenza cronici
non autosufficienti |
Degenza cronici
non autosufficienti |
Reparto ospedaliero di geriatria o di medicina
|
|
Degenza acuti |
Degenza acuti |
Degenza acuti |
Degenza acuti |
|
|
Reparto ospedaliero di geriatria o di medicina
|
|
Degenza acuti |
Degenza acuti |
Degenza acuti |
Degenza acuti |
|
|
Comunità alloggio sita Comunità
alloggio sita Comunità
alloggio sita
nel Comune di ........... nel Comune di ........... nel Comune di
...........
Degenza cronici
non autosufficienti |
Degenza cronici
non autosufficienti |
|
Degenza cronici
non autosufficienti |
Degenza cronici
non autosufficienti |
|
Degenza cronici
non autosufficienti |
Degenza cronici
non autosufficienti |
(2) Questa soluzione
è attuabile soprattutto nelle Unità sanitarie locali con popolazione dispersa.
La gestione delle comunità
alloggio è assicurata, come nella prima soluzione, dal personale (primario,
aiuti, assistenti, infermieri, riabilitatori,
ausiliari, ecc.) del reparto ospedaliero di riferimento, reparto
che provvede anche alle ammissioni e dimissioni dalle comunità alloggio.
Le
caratteristiche di questa soluzione coincidono con quelle della prima soluzione,
ad esclusione di quanto indicato alla lettera g).
Terza
soluzione (3)
Reparto ospedaliero di
geriatria o di medicina Repartino staccato di
geriatria o di medicina
Degenza acuti |
Degenza acuti |
Degenza acuti |
Degenza acuti |
Degenza acuti |
|
Degenza cronici
non autosufficienti |
Degenza cronici
non autosufficienti |
Reparto ospedaliero di
geriatria o di medicina Repartino staccato di
geriatria o di medicina
Degenza acuti |
Degenza acuti |
Degenza acuti |
Degenza acuti |
Degenza acuti |
|
Degenza cronici
non autosufficienti |
Degenza cronici
non autosufficienti |
(3) Questa soluzione,
attuabile in particolare nelle città grandi e medie, è meno soddisfacente
della prima soluzione in quanto, a nostro avviso, ghettizzante. Ciascun repartino staccato dovrebbe avere 20-25 posti
letto. La capienza massima dell'insieme della struttura dovrebbe essere
di 40-50 posti letto.
La gestione dei repartini staccati dovrebbe essere assicurata, come nelle
soluzioni precedenti, dal personale (primario, aiuti, assistenti, infermieri, riabilitatori, ausiliari, ecc.) del reparto ospedaliero di
riferimento, reparto che provvede anche alle
ammissioni e dimissioni dai repartini staccati.
Per alcuni servizi (pasti,
lavanderia, ecc.) potrebbe essere prevista una
organizzazione e un personale specifico della struttura staccata.
Le
caratteristiche di questa soluzione coincidono con quelle della prima
soluzione, ad esclusione di quanto indicato alla lettera g).
Soluzione
non valida (4)
Struttura
autonoma
rispetto ai reparti
Reparto ospedaliero di
geriatria ospedalieri,
gestita dal
medicina, chirurgia o specialistico settore
sanitario e/o da
quello assistenziale
Degenza acuti |
Degenza acuti |
Degenza acuti |
Degenza acuti |
|
|
Degenza o ricovero cronici non autosufficienti |
Degenza o ricovero cronici non autosufficienti |
Degenza acuti |
Degenza acuti |
Degenza acuti |
Degenza acuti |
|
|
Degenza o ricovero cronici non autosufficienti |
Degenza o ricovero cronici non autosufficienti |
Servizi territoriali sanitari e/o assistenziali |
|
|
|
|
(4) Questa soluzione non è ritenuta valida per i
seguenti principali motivi:
- discontinuità terapeutica
fra la fase acuta e quella cronica;
-
incentivazione della cronicizzazione da parte dei reparti ospedalieri, essendo
la cronicizzazione stessa una delle condizioni per la dimissione dei pazienti;
- necessità di trasferire i
pazienti nei casi di emergenza e/o di riacutizzazione;
- nessun effettivo ,e pieno riconoscimento della curabilità delle
malattie croniche, specialmente nei casi di gestione della struttura per i cronici
da parte del settore assistenziale;
- demotivazione del
personale costretto a lavorare, magari
dall'assunzione al pensionamento, sempre e solo con cronici non
autosufficienti;
- disumanizzazione
degli ospedali (i più deboli vengono allontanati).
Allegato 1
Definizione
di cronico non autosufficiente (2)
Per poter definire il
concetto di cronico non autosufficiente, occorre precisare che cosa è la
malattia, quando essa è cronica e quando il soggetto non è autosufficiente.
1) Innanzitutto
la definizione di malattia. Sembra
essere necessario partire dalla definizione dell'OMS, che definisce la salute
attraverso tre parametri: il biologico, lo psicologico, il sociale.
Pertanto la malattia potrebbe
essere definita come «una contemporanea rottura di equilibrio
biologico, psicologico e sociale», da cui deriva un disagio dell'individuo su
tutti e tre i piani, anche se, di volta in volta, variamente rappresentati o
anche se, di volta in volta, uno dei tre aspetti sembra proporsi come
preminente sugli altri. È importante sottolineare
questo concetto in quanto riafferma che l'atto medico è inscindibile dall'atto
sociale se non vuole ridursi a puro atto medicalizzato
e medicalizzante, cioè, in parole semplici, se non
si vuole ridurre l'operatore sanitario al ruolo di «meccanico del corpo
umano».
2) Definizione di cronicità. Si propone una definizione pragmatica,
che assume come parametro fondamentale la durata. Si può quindi dire che una malattia cronica è una «malattia che si protrae
nel tempo». Anche in questo caso l'atto sanitario, per definirsi tale, deve
considerare la cronicità sempre e comunque come
evento temporaneo che si protrae, non accettarne quindi l'ineluttabilità. In
ciò si qualifica l'intervento come sempre e comunque
preventivo, ma anche sempre e comunque sanitario in tutti i suoi aspetti in
quanto sempre finalizzato al ristabilimento di un equilibrio.
3) Concetto di non autosufficienza. Se per i concetti precedentemente esposti, la pratica e l'esperienza possono
suffragare e sostanziare le definizioni, in questo caso troppo è lasciato alla
soggettività dell'operatore, il cui giudizio è spesso condizionato più dalle
esigenze dell'organizzazione dell'istituzione, che dall'esigenza di rispondere
al bisogno dell'utenza (necessità di posti letto liberi, carichi di lavoro del
personale, perdita di «tensione terapeutica», ecc.). Anche in questo caso
conviene affidarsi ad una definizione pragmatica che si fondi sui tre
parametri proposti quando ci siamo riferiti al
concetto di malattia.
Potremmo allora dire che una persona non è autosufficiente quando, in
seguito ad un qualsiasi evento morboso, non è in grado di «provvedere a se
stessa se non con l'aiuto di altre persone, a causa della rottura di un
equilibrio psicofisico sociale».
Si può anche fare un'ulteriore suddivisione delle persone non autosufficienti:
- coloro che sono in grado di manifestare le proprie esigenze;
- coloro che non sono in grado di manifestare le proprie esigenze.
Riassumendo, si potrebbe
definire il paziente cronico non autosufficiente come «la persona che, a causa
di una contemporanea rottura dell'equilibrio biologico, psicologico e sociale,
è in una situazione di malattia che si protrae nel tempo,
malattia che o lo rende incapace di provvedere a se stesso se non con l'aiuto
di altre persone, oppure determina la necessità di interventi di terzi in
grado di soddisfare le esigenze che il soggetto stesso non è in grado di
manifestare».
* * *
Si segnala anche la
definizione proposta dal gruppo di studio ANIMOG-ULCES: «II termine di cronico,
da mantenersi perché invalso nell'uso, deve essere arricchito dal concetto di autonomia e del suo opposto di dipendenza.
Un individuo con affezioni
croniche stabilizzate può essere autonomo se è in grado di gestire se stesso
per condizioni fisiche, psicologiche e sociali. La rottura dell'equilibrio di
una o più di questa dimensioni innesca meccanismi di
dipendenza.
La condizione di cronico deriva spesso da inadeguati interventi in
condizioni di disagio; l'anziano è un soggetto particolarmente esposto al
rischio di cronicità e di perdita dell'autonomia. Il cronico ha diritto a tutte
le prestazioni sociali e sanitarie previste dalla legge per la totalità dei
cittadini. Lo stato di cronicità crea condizioni di maggior bisogno a cui va data
risposta adeguata e fruibile».
Allegato 2
Convenzione
USL Roma 9 - Cooperativa Obiettivo 2000
Tra l'Unità sanitaria
locale RM/9 (Cod. Fisc. n. 97003200587) in appresso indicata con la dizione «USL»
in persona del Presidente del Comitato di gestione Renato Masini,
domiciliato, per la carica, in Roma - Via Dell'Amba Aradam n. 9 - che stipula il presente atto in forza ed
esecuzione della deliberazione n. 1728 del 12.10. 1984, adottata con i poteri
dell'Assemblea Generale, ai sensi dell'art. 10 lettera C della Legge regionale
n. 93 del 6.12.1979, resa esecutiva dal CO.RE.CO. e tuttora all'esame
dell'Assemblea generale delle UU.SS.LL. del Comune di Roma e previo nulla osta della Prefettura di
Roma - ai sensi della Legge 23.12.1982 n. 936 e la Società Cooperativa a
responsabilità limitata «Obiettivo 2000», Posiz. IVA 06450140584, con sede in Roma, Via Faleria 40/B, in proseguio chiamata brevemente «Cooperativa» in
persona del dott. Lomonaco Aldo Vittorio, nato a
Reggio Calabria il 26.8.1918, in qualità di Presidente, domiciliato, a tutti
gli effetti del presente atto e conseguenziali, ove
sopra, si conviene e si stipula quanto segue:
Art. 1
La «Cooperativa» assume
l'impegno di effettuare il servizio di assistenza
sanitaria domiciliare in favore di handicappati, invalidi, anziani,
tossicodipendenti e di altre persone non autosufficienti residenti nel
territorio della «USL» assicurando, per ciascun operatore,
la disponibilità di 38 ore settimanali per 7 giorni lavorativi. Ciascun
operatore dovrà effettuare il servizio in favore di un
numero utenti per ogni giornata, rapportato al tipo di prestazione secondo gli
standard concordati con la «USL».
I destinatari
dell'assistenza saranno indicati ed autorizzati dall'apposito
Ufficio della «USL», nominativamente.
Il programma delle
prestazioni, da effettuarsi nell'arco di 12 ore, verrà
concordato tra la «Cooperativa» e la «USL» in relazione al
tempo richiesto dalla patologia accertata.
La «USL» si riserva ogni
facoltà di controllo da effettuarsi nei tempi e modi
più opportuni.
Art. 2
La «Cooperativa» dovrà
assicurare le seguenti prestazioni:
1) attività di aiuto alla persona intese a favorire l'autosufficienza
(pulizia personale, vestizione, nutrizione, ecc.);
2) attività infermieristica;
3)
prestazioni di terapia riabilitativa; 4) prestazioni fisioterapiche;
5) ogni altra prestazione
che concorra alla realizzazione del programma riabilitativo impostato
dall'Ufficio Sanitario della «USL» che possa essere affidato professionalmente
agli operatori in servizio.
Tutta l'attività della
«Cooperativa» dovrà essere oggetto di relazione mensile, da inviare, entro il
giorno 10, al competente Ufficio della «USL» che provvederà a
vistarla e ad esprimere parere sull'attività stessa.
I programmi predisposti
dalla «USL» vincolano la «Cooperativa» all'esatto adempimento di quanto previsto, fatte salve le modifiche di intervento
che si renderanno necessarie per il mutare delle condizioni degli assistiti e
per eventuali interventi di urgenza, autorizzati dalla «USL».
Art. 3
Per lo svolgimento del
servizio la «Cooperativa» metterà a disposizione il seguente personale:
n. 10 Infermieri professionali
n. 2 Terapisti della riabilitazione
n. 2 Terapisti occupazionali
n. 5 Ausiliari sanitari
per i quali dovranno essere forniti i titoli professionali
corrispondenti ed ogni altra documentazione utile ai fini della valutazione
delle capacità professionali richieste.
Resta inteso che il limite di età ai fini del servizio è quello previsto dalle vigenti
disposizioni di legge per il personale ospedaliero.
Art. 4
Per l'espletamento del
servizio indicato la «USL» corrisponderà un corrispettivo annuo forfettario
lordo di L. 248.985.000 (duecentoquarantottomilioninovecentottantacinquemila)
IVA compresa.
Il suddetto corrispettivo
sarà pagato con versamenti mensili posticipati, sulla
base di attestazioni di prestato servizio redatte, su modelli appositamente
predisposti, dalla «Cooperativa» e vistate dall'assistito o da un suo familiare
e dal competente Ufficio della «USL».
Si dà atto, che per effetto
della presente convenzione la responsabilità del servizio ricade
esclusivamente sulla «Cooperativa» e pertanto nessun rapporto
di lavoro o di pubblico impiego si costituisce tra gli operatori impiegati nel
servizio e la «USL».
Art. 5
La «USL» fornirà il
materiale e le attrezzature necessarie (guanti di gomma, lacci emostatici,
siringhe, alcool, ovatta, cerotti, ecc.) necessari agli operatori per
l'effettuazione dei loro compiti, attraverso i propri incaricati. I
prelevamenti dovranno essere di volta in volta autorizzati dall'apposito Ufficio della «USL».
Art. 6
Rimarrà a carico della «Cooperativa» ogni onere assicurativo e previdenziale nei
confronti dei propri associati o soci.
La «Cooperativa» solleva la
«USL» da ogni e qualsiasi responsabilità, molestia ed onere, sia relativamente all'osservanza delle disposizioni di legge e
regolamenti, sia per qualunque atto od omissione da parte del personale in
servizio nei confronti dei pazienti.
A tale scopo la «Cooperativa»
dovrà provvedere alla stipula di una polizza RCT in favore degli operatori
impiegati nel servizio per un congruo importo e con una Compagnia Assicurativa
autorizzata.
Art. 7
Il mancato rispetto di una
delle clausole indicate nella presente convenzione determina la risoluzione
di diritto della stessa ai sensi dell'art. 1456 del Codice Civile e l'immediata
sospensione dei compensi pattuiti.
Art. 8
La presente convenzione
avrà durata di anni uno con decorrenza dal 20 febbraio
1985.
La medesima è impegnativa e
vincolante per la «Cooperativa» mentre lo sarà per la «USL» solo dopo
l'intervenuta ratifica della deliberazione n. 1728
del 12 ottobre 1984 da parte dell'Assemblea Generale delle UU.SS.LL.
del Comune di Roma.
Art. 9
Tutte le spese relative al presente atto e conseguenziali
(sua registrazione, bolli, copie, ecc.) nonché tutte le tasse ed imposte
presenti e future sono a totale carico della «Cooperativa».
(1) In
Italia vi sono 1 milione 250 mila ultraottantenni, di cui 150 mila hanno superato
i 90 anni.
(2) Il
presente appunto è in parte tratto da una nota fornita da Domenico Casagrande al Gruppo di studio ANIMOG-ULCES nel 1984.
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