Prospettive assistenziali, n. 75, luglio - settembre 1986

 

 

SERVIZI PER LE PERSONE GRAVEMENTE NON AUTOSUFFICIENTI: CRITERI-GUIDA E PROPOSTE

 

 

Per poter fornire indicazioni circa i servizi pro­ponibili per le persone gravemente non autosuffi­cienti (cfr. l'allegato 1), si ritiene sia necessario esplicitare anche i criteri guida.

Detti criteri guida devono essere individuati tenendo conto delle esigenze dell'utenza, esigen­ze che investono problemi tecnici (interventi spe­cialistici, attrezzature particolari, ecc.), umani (servizi e strutture non emarginanti, positive re­lazioni con il personale), familiari e sociali (pos­sibilità di rapporti con parenti, con conoscenti e con i volontari).

I criteri guida possono essere così riassunti:

1) La degenza del paziente deve essere attuata il più vicino possibile alla residenza del pa­ziente stesso, e comunque, il più vicino pos­sibile alle persone (parenti e non) che lo se­guono.

a) Nei casi in cui non vi sia la necessità di particolari interventi che richiedono il ricovero residenziale, le esigenze di cui al paragrafo pre­cedente sono soddisfatte in misura ottimale con il servizio di ospedalizzazione a domicilio. Det­to servizio dovrebbe prevedere:

- le prestazioni del medico di base, così come sono stabilite dalle norme vigenti;

- l'intervento a domicilio del personale infer­mieristico e riabilitativo e, occorrendo, dei medici specialisti;

- la garanzia del ricovero ospedaliero nei casi in cui ciò sia necessario sia per rispondere alle esigenze del paziente, sia per consentire adeguati periodi di riposo delle persone (parenti o non parenti) che accolgono a casa loro i pazienti gra­vemente non autosufficienti;

- idonei controlli per evitare abusi;

- la corresponsione ai familiari e ai terzi che provvedono alla ospedalizzazione a domicilio di una somma sufficiente a coprire le spese da essi sostenute per ottenere i necessari aiuti da parte del personale non specializzato, ad esempio colf. Detto contributo dovrebbe essere fornito dal Ser­vizio sanitario nazionale (come è previsto, ad esempio, dalla legge della Regione Piemonte 3 maggio 1985 n. 59, punto 2.3.5.31).

La richiesta del contributo nasce dalla consta­tazione che ai familiari e ai terzi non può essere chiesto di essere presenti 24 ore su 24 per tutti i 365 giorni dell'anno, tanto più che molto spesso provvedono alla ospedalizzazione a domicilio del loro coniuge, anziani di età molto avanzata (1).

Il compenso potrebbe corrispondere a 4/5 ore di colf, dovrebbe essere erogato dal Servizio sanitario nazionale, come tutte le prestazioni sa­nitarie, indipendentemente dai redditi del pazien­te e dei familiari o terzi che lo accolgono.

Con detto contributo, coloro che provvedono alla ospedalizzazione a domicilio possono ricer­care con la massima elasticità possibile il perso­nale necessario per le esigenze proprie e del pa­ziente quando occorre e quindi anche nei giorni festivi e di notte.

Al fine di favorire e sostenere la ospedalizza­zione a domicilio dovrebbero essere previsti ser­vizi gratuiti di trasporto del paziente da casa all'ospedale e viceversa, esenzione dal ticket e agevolazioni nel rapporto di lavoro per coloro che provvedono a detto intervento.

b) Una soluzione ottimale è ottenibile, in certi casi, mediante l'integrazione fra ospedale diurno e parziale ospedalizzazione a domicilio.

In questi casi, l'ospedale diurno può garantire una presenza dei pazienti gravemente non auto­sufficienti anche per 30 o 40 ore alla settimana (giorni festivi esclusi); l'intervento a domicilio del personale infermieristico e riabilitativo po­trebbe essere previsto solo nei casi di emer­genza.

Trattandosi di ospedalizzazione parziale a do­micilio il contributo di cui al punto precedente potrebbe essere, a seconda dei casi, ridotto 0 azzerato.

c) Attuando la degenza del paziente il più vi­cino possibile alla residenza del paziente stesso o, comunque, il più vicino possibile alle persone (parenti e non) che lo seguono, si dà ai familiari e ai conoscenti l'effettiva possibilità di inter­venire.

Detto intervento è molto importante per quan­to riguarda la salute del paziente che si sente protetto e circondato dall'affetto dei suoi; inol­tre questo rapporto può sfociare in un impegno maggiore e cioè in una delle due forme di ospe­dalizzazione a domicilio prima indicate.

 

2) Massima riduzione possibile dei fenomeni di cronicizzazione che si manifestano nelle strut­ture ospedaliere.

Dato lo scopo di questa nota, non viene trat­tato il problema della prevenzione, ma solo quel­lo più specifico della eliminazione dei fenomeni di cronicizzazione.

Su questo problema G. Scardigli, Presidente nazionale dell'ANIMGG, Associazione nazionale italiana medici e operatori geriatrici, sostiene nell'articolo «L'assistenza all'anziano invalido» (Me­dicina geriatrica, XVII, 3 1985) quanto segue: «Non possiamo dimenticare quante colpe abbia­mo noi stessi medici, nel non curare abbastanza questi soggetti nella fase acuta, e lasciarli quindi arrivare alla cronicizzazione. Diceva Casarsa: "Ci si dimentica una cosa fondamentale e cioè che oggi buona parte dei lungodegenti li creiamo noi medici ospedalieri: sembra una cosa assurda per chi è fuori dall'ospedale, ma purtroppo è così. Noi negli ospedali di fronte ad un ictus ci occupiamo dell'ictus stesso, ma passato il mo­mento acuto dimentichiamo tutto, e se il sogget­to diventa paralitico non ci occupiamo più di lui, perché non ne abbiamo i mezzi, ed ecco che ab­biamo creato un lungodegente".

«In realtà la mancanza di adeguati servizi so­ciali e sanitari sia negli ospedali che fuori, fa sì che il 90% dei vecchi malati divengano dei cronici irrecuperabili, se al contrario si applica­no idonei e tempestivi trattamenti il numero dei cronici si riduce al 10%».

Sotto il profilo organizzativo (che, ovviamente, non è l'unico che possa e debba intervenire in questo campo), si ritiene che la cronicizzazione:

- sia favorita quando le divisioni ospedaliere sono autorizzate o addirittura costrette a trasfe­rire ad un altro settore di competenza (cronica­rio, reparto di lungodegenza, casa protetta assi­stenziale, ecc.) i pazienti (anziani e non) cronici non autosufficienti. Infatti il trasferimento di det­ti pazienti che da un lato libera letti consentendo di intervenire nei confronti di malati acuti (prefe­riti in genere ai malati cronici), d'altro lato riduce notevolmente il carico di lavoro soprattutto del personale infermieristico e riabilitativo;

- non sia favorita quando la divisione ospe­daliera è tenuta a provvedere direttamente ai pazienti cronici, in particolare a quelli che, rico­verati come acuti, nella divisione stessa sono di­ventati cronici. Poiché i pazienti cronici richiedo­no prestazioni molto impegnative da parte del personale infermieristico e generico, l'unica pos­sibilità di intervento della divisione ospedaliera coinvolta, per evitare l'aumento del carico di la­voro, è data dai trattamenti diretti a far acquisire ai pazienti il massimo possibile di autonomia.

 

3) Garantire nella misura del possibile la con­tinuità terapeutica fra le diverse fasi dell'in­tervento ospedaliero.

La continuità terapeutica è ritenuta di fonda­mentale importanza in quanto numerose e fre­quenti sono le situazioni di riacutizzazione dei pazienti cronici non autosufficienti. Inoltre la con­tinuità terapeutica è la soluzione che impedisce al gruppo di curanti della divisione ospedaliera di poter scaricare la responsabilità del trattamen­to ad altri.

Inoltre il paziente non viene stressato a causa del cambiamento del gruppo di curanti, ed i fami­liari ed i medici di base hanno un unico riferi­mento.

L'attuazione del principio della continuità tera­peutica fra la fase acuta e quella cronica è una condizione di fondamentale importanza, altresì, per l'avvio di ricerche scientifiche che compren­dono tutto l'arco di tempo intercorrente dal mo­mento del ricovero ospedaliero per motivi di acuzie, alla fase di cronicità e al decesso.

Inoltre la continuità terapeutica è anche un ele­mento che consente l'approfondimento scienti­fico della efficacia degli interventi attuati.

 

4) Possibilità per il personale di alternare il la­voro con i pazienti cronici con quello con i pazienti acuti.

Per il personale, in particolare per quello in­fermieristico, riabilitativo e generico, è estre­mamente stressante lavorare con i malati cronici.

La creazione di cronicari, reparti di lungode­genza, case protette assistenziali pone problemi insolubili al personale addetto che è costretto, dall'assunzione al pensionamento (o al licenzia­mento) a lavorare sempre e solo con malati cronici.

 

5) Curabilità delle malattie inguaribili.

Si rinvia a quanto indicato al punto 5 del docu­mento «Diritti ed esigenze delle persone grave­mente non autosufficienti», riportato in questo numero di Prospettive assistenziali.

 

6) Umanizzazione dell'ospedale.

Una delle esigenze più avvertite da tutti i pa­zienti (acuti e cronici), da tutti i familiari dei ma­lati e da tutti coloro che frequentano gli ospe­dali, è la necessità che, insieme allo sviluppo della preparazione scientifica e tecnica del per­sonale medico, paramedico, tecnico e ammini­strativo, allo sviluppo delle tecnologie idonee per la prevenzione, cura e riabilitazione, al mi­glioramento del funzionamento della struttura e dei servizi, si proceda alla massima umanizza­zione possibile dei rapporti fra il personale, i pa­zienti, i loro familiari ed i volontari.

Si ritiene che il primo passo significativo se non determinante per detta umanizzazione possa essere compiuto solo quando la classificazione «acuto», «lungodegente», «cronico» non ver­rà più usata per allontanare i pazienti più dif­ficili.

 

Altre precisazioni

Prima di avanzare proposte si ritiene necessa­rio sottolineare altri quattro problemi:

A) In primo luogo va accettato il fatto che i cronici ci sono e ci saranno, anche se occorre intervenire a tutti i livelli, compreso quello orga­nizzativo, per ridurre il fenomeno al minimo.

Anche a questo riguardo citiamo G. Scardigli: «I cronici e in particolare i non autosufficienti, ci sono, da qualsiasi causa originati, e saranno numerosi anche in futuro, perché anche attuando le migliori misure assistenziali, sociali, mediche, riabilitative, preventive, non si può per ora ragio­nevolmente prevedere un rimedio che possa con­trastare efficacemente quella perdita o quell'affie­volimento dei meccanismi omeostatici che è ca­ratteristica della senescenza, che deriva dall'evol­vere stesso dei processi d'invecchiamento delle strutture organiche, e che provoca le insufficien­ze funzionali caratteristiche dell'estrema sene­scenza».

Dello stesso parere è A. Mazzotti che nel libro «Istruzioni per la vecchiaia», Editori Riu­niti, afferma quanto segue: «Quando si parla di cronici bisogna sapere di che cosa si parla; esi­stono, sono una realtà, è inutile far finta di non saperlo. Anzi, più si va avanti e si inventeranno metodi di cura più efficaci per salvare la vita alla gente e più aumenteranno, non solo ma saranno anche più gravi».

B) In secondo luogo occorre tener conto che le persone croniche gravemente non autosuffi­cienti abbisognano di interventi indubbiamente terapeutici. Al riguardo A. Mazzotti nel volume già citato afferma: «Tutti sono capaci di dare pillole e sciroppi e non ci vuole molto a fare le iniezioni e le fleboclisi tanto in voga. Se per cura si intende questo, certo, non ci vuole l'ospe­dale. E come lo chiamate voi imboccare l'amma­lato, fare i lavaggi vescicali e sostituire il cate­tere urinario, detergere una piaga da decubito, fare il clistere e rinnovare la biancheria, mutare il punto d'appoggio del bacino e dei talloni, aspi­rare il muco e il catarro, mobilizzare l'articolazio­ne anchilosata, massaggiare il muscolo, medicare il dolore? Bravi, lo chiamate assistenza, perché la cura è quando serve a qualcosa e i vecchi quando sono veramente ammalati non possono migliorare e più di assisterli non si può».

C) Si ritiene necessario fornire alcune indica­zioni circa le caratteristiche essenziali del setto­re sanitario e del settore socio-assistenziale:

Settore sanitario

Settore socio-assistenziale

Settore sanitario

Settore socio-assistenziale

La Costituzione e­stende gli interventi a tutti i cittadini sen­za alcuna limitazione.

La Costituzione limi­ta gli interventi al cittadino «inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere».

Nessuna contribuzio­ne è a carico dei pa­renti tenuti agli ali­menti.

Molto spesso viene richiesto un contribu­to economico anche ai parenti tenuti agli alimenti.

Le prestazioni sono fornite immediata­mente a semplice ri­chiesta del cittadino.

Le prestazioni sono fornite solo dopo l'ef­tuazione di inchieste sociali (spesso lun­ghe).

I titoli di studio di tutto il personale me­dico e paramedico sono riconosciuti.

I titoli di studio degli assistenti sociali e degli educatori (che sono gli operatori più importanti del setto­re assistenziale) non sono riconosciuti.

I servizi sono gratui­ti, salvo ticket.

Agli utenti viene sempre richiesto un contributo, esclusi - evidentemente - coloro che sono privi di mezzi economici. La retta di un croni­cario può arrivare a 60-70 mila lire al giorno.

Gli standards minimi delle strutture pub­bliche e private sono da anni definiti da leggi nazionali.

Gli standards minimi delle strutture pub­bliche e private non sono definiti da nes­suna legge nazionale e regionale.

 

 

D) Quando si fa riferimento alla competenza sanitaria, vi sono alcuni che l'interpretano come insieme di interventi medicalizzati e medicaliz­zanti.

Questo concetto va respinto (cfr. l'allegato 1). Inoltre occorre tener presente che fanno par­te degli organici del settore sanitario non solo gli operatori medici, paramedici, tecnici e ammi­nistratori, ma anche quelli sociali (assistenti so­ciali ed educatori).

In sostanza fanno parte del settore sanitario tutte le figure professionali necessarie per assi­curare interventi adeguati alle esigenze di pre­venzione, cura e riabilitazione dei cittadini.

I problemi reali sono dunque quelli dell'indi­rizzo politico, della programmazione, dell'organiz­zazione e della formazione di base e permanente del personale.

Inoltre le USL hanno la possibilità di conven­zionarsi con terzi. Al riguardo si segnala la con­venzione riportata nell'allegato 2.

 

Proposte

Sulla base dei criteri guida e tenendo conto di quanto indicato nel paragrafo «Altre precisa­zioni», si ritiene che la soluzione preferibile per le persone croniche non autosufficienti, a cui non è possibile provvedere con la ospedalizzazione a domicilio, sia la seguente.

Le divisioni ospedaliere, in particolare le ge­riatrie e le medicine, provvedono nei propri re­parti ad allestire apposite camere per le perso­ne croniche non autosufficienti, ed a fornire a detti pazienti, con il proprio personale, tutte le necessarie prestazioni.

Ovviamente, per quanto riguarda il personale soprattutto infermieristico, riabilitativo e gene­rico, occorrerà prevedere le necessarie integra­zioni quantitative.

Inoltre è necessario che l'edilizia risponda alle esigenze dei pazienti (spazi per camere da letto, sale da pranzo e di soggiorno, servizi igie­nici, pavimentazione antisdrucciolevole, ecc.).

Alcuni pazienti cronici dovrebbero essere ac­colti anche dalle altre divisioni ospedaliere, escluse quelle chirurgiche.

Nella riorganizzazione delle divisioni ospeda­li-ere (geriatrie, medicine, altre) occorrerebbe au­mentare o diminuire i posti letto esistenti tenen­do conto dell'effettivo bisogno di posti letto per acuti, delle possibilità operative del personale e del miglior utilizzo possibile delle attrezzature. A questi posti letto dovrebbero poi essere ag­giunti quelli per i cronici.

 

Seconda soluzione

Altre strutture sanitarie, attuabili soprattutto nelle zone con popolazione dispersa, potrebbero essere piccole comunità di territorio (di 8-10 po­sti) in modo da consentire proficui rapporti dei pazienti con i propri familiari e conoscenti.

Dette comunità potrebbero essere gestite dal personale sanitario di distretto, con la consu­lenza e l'intervento degli specialisti di una divi­sione ospedaliera di riferimento.

Si tratterebbe in sostanza di una forma comu­nitaria di ospedalizzazione a domicilio.

 

Terza soluzione

Questa soluzione non è molto soddisfacente in quanto è ghettizzante.

Si tratta di una struttura per le persone cro­niche non autosufficienti, costituita da uno o due repartini, ciascuno composto di 20-25 posti letto al massimo (capienza totale massima 50 posti).

Al fine di soddisfare le esigenze espresse alla lettera B, n. 1, 2, 3, 4 e 5, ciascun repartino do­vrebbe essere gestito dalla divisione ospedaliera di riferimento (geriatria o medicina generale) me­diante il proprio personale: primario, aiuti, as­sistenti, infermieri, riabilitatori, inservienti.

La divisione ospedaliera di riferimento dovreb­be essere l'unico servizio abilitato a disporre i ricoveri.

 

Soluzioni non valide

Partendo dai criteri guida indicati alla lettera B, punti 1, 2, 3, 4 e 5, si ritiene che non sia accetta­bile la creazione di reparti o strutture per cronici a gestione autonoma.

 

Pazienti psichiatrici

La legge 13 maggio 1978 n. 180 obbliga le Unità sanitarie locali ad assicurare a tutti i cittadini, qualsiasi sia la loro età, le necessarie prestazioni dirette alla prevenzione, cura e riabilitazione dei disturbi psichici.

Ai sensi della legge suddetta, le Province han­no trasferito alle USL tutte le funzioni in materia psichiatrica, tutto il personale, tutte le attrezza­ture e tutti gli utenti, compresi quelli cronici non autosufficienti.

Spetta pertanto alle USL e non ai servizi socio­assistenziali provvedere a tutti questi soggetti, compresi quelli non autosufficienti.

Gli interventi preventivi, curativi e riabilitativi per i pazienti cronici non autosufficienti dovreb­bero essere assicurati o dal settore psichiatrico o da quello neurologico o insieme dai suddetti settori:

- se possibile a domicilio;

- altrimenti in comunità alloggio con al mas­simo 8-10 posti.

 

 

PROPOSTE ORGANIZZATIVE (Schemi)

 

Prima soluzione (1)

 

Reparto ospedaliero di geriatria o di medicina

Degenza acuti

(*)

Degenza acuti

Degenza acuti

Degenza acuti

Degenza acuti

Degenza cronici non autosufficienti

Degenza cronici non autosufficienti

 

Reparto ospedaliero di geriatria o di medicina

Degenza acuti

 

Degenza acuti

Degenza acuti

Degenza acuti

Degenza acuti

Degenza cronici non autosufficienti

Degenza cronici non autosufficienti

 

(1) Questa soluzione è attuabile, in particolare, nelle città grandi e medie.

 

Caratteristiche principali:

a) degenza attuata il più vicino possibile alla residenza del paziente e, comunque, il più vicino possibile alle persone (parenti e non) che se­guono il paziente stesso;

b) continuità terapeutica fra la fase acuta e quella cronica;

c) possibilità per il personale di alternare il lavoro con i pazienti cronici con quello con i pazienti acuti;

d) riconoscimento effettivo della curabilità delle malattie inguaribili;

e) umanizzazione degli ospedali (anche ai pa­zienti più indifesi sono assicurate tutte le ne­cessarie prestazioni preventive, curative e ria­bilitative);

f) massima riduzione possibile (sul piano or­ganizzativo) dei fenomeni di cronicizzazione;

g) nessuna esigenza di trasferire il paziente nei casi di emergenza e/o di riacutizzazione.

 

(*) Ogni rettangolo indica una stanza di degenza compren­dente da 2 a 4 posti letto. Resta da definire il numero dei posti letto dei reparti.

 

 

Seconda soluzione (2)

 

Comunità alloggio sita                                                                                    Comunità alloggio sita

nel Comune di ...........                                                                                   nel Comune di ...........

 

Degenza cronici non autosufficienti

Degenza cronici non autosufficienti

 

 

 

Degenza cronici non autosufficienti

Degenza cronici non autosufficienti

Reparto ospedaliero di geriatria o di medicina

 

 

 

Degenza

acuti

Degenza

acuti

Degenza

acuti

Degenza

acuti

 

 

 

Reparto ospedaliero di geriatria o di medicina

 

 

 

Degenza

acuti

Degenza

acuti

Degenza

acuti

Degenza

acuti

 

 

Comunità alloggio sita                           Comunità alloggio sita                         Comunità alloggio sita

nel Comune di ...........                          nel Comune di ...........                        nel Comune di ...........

 

Degenza cronici non autosufficienti

Degenza cronici non autosufficienti

Degenza cronici non autosufficienti

Degenza cronici non autosufficienti

Degenza cronici non autosufficienti

Degenza cronici non autosufficienti

 

 (2) Questa soluzione è attuabile soprattutto nelle Unità sanitarie locali con popolazione di­spersa.

 

La gestione delle comunità alloggio è assicu­rata, come nella prima soluzione, dal personale (primario, aiuti, assistenti, infermieri, riabilitato­ri, ausiliari, ecc.) del reparto ospedaliero di rife­rimento, reparto che provvede anche alle ammis­sioni e dimissioni dalle comunità alloggio.

Le caratteristiche di questa soluzione coinci­dono con quelle della prima soluzione, ad esclu­sione di quanto indicato alla lettera g).

 

 

Terza soluzione (3)

 

Reparto ospedaliero di geriatria o di medicina                                                   Repartino staccato di

                                                                                                                    geriatria o di medicina

Degenza acuti

Degenza acuti

Degenza acuti

Degenza acuti

Degenza acuti

Degenza cronici non autosufficienti

Degenza cronici non autosufficienti

 

Reparto ospedaliero di geriatria o di medicina                                                   Repartino staccato di

                                                                                                                    geriatria o di medicina

Degenza acuti

Degenza acuti

Degenza acuti

Degenza acuti

Degenza acuti

Degenza cronici non autosufficienti

Degenza cronici non autosufficienti

 

 

 (3) Questa soluzione, attuabile in particolare nelle città grandi e medie, è meno soddisfacen­te della prima soluzione in quanto, a nostro av­viso, ghettizzante. Ciascun repartino staccato do­vrebbe avere 20-25 posti letto. La capienza mas­sima dell'insieme della struttura dovrebbe es­sere di 40-50 posti letto.

La gestione dei repartini staccati dovrebbe es­sere assicurata, come nelle soluzioni precedenti, dal personale (primario, aiuti, assistenti, infer­mieri, riabilitatori, ausiliari, ecc.) del reparto ospedaliero di riferimento, reparto che provvede anche alle ammissioni e dimissioni dai repartini staccati.

Per alcuni servizi (pasti, lavanderia, ecc.) po­trebbe essere prevista una organizzazione e un personale specifico della struttura staccata.

Le caratteristiche di questa soluzione coinci­dono con quelle della prima soluzione, ad esclu­sione di quanto indicato alla lettera g).

 

 

Soluzione non valida (4)

 

                                                                                                                    Struttura autonoma

                                                                                                                    rispetto ai reparti

Reparto ospedaliero di geriatria                                                                       ospedalieri, gestita dal

medicina, chirurgia o specialistico                                                                   settore sanitario e/o da

                                                                                                                    quello assistenziale

Degenza acuti

Degenza acuti

Degenza acuti

Degenza acuti

 

 

Degenza o ricovero cronici non autosufficienti

Degenza o ricovero cronici non autosufficienti

Degenza acuti

Degenza acuti

Degenza acuti

Degenza acuti

 

Degenza o ricovero cronici non autosufficienti

Degenza o ricovero cronici non autosufficienti

 

Servizi territoriali

sanitari e/o assistenziali

 

 

 

 

 

 

 

(4) Questa soluzione non è ritenuta valida per i seguenti principali motivi:

- discontinuità terapeutica fra la fase acuta e quella cronica;

- incentivazione della cronicizzazione da par­te dei reparti ospedalieri, essendo la croniciz­zazione stessa una delle condizioni per la dimis­sione dei pazienti;

- necessità di trasferire i pazienti nei casi di emergenza e/o di riacutizzazione;

- nessun effettivo ,e pieno riconoscimento del­la curabilità delle malattie croniche, specialmen­te nei casi di gestione della struttura per i cro­nici da parte del settore assistenziale;

- demotivazione del personale costretto a la­vorare, magari dall'assunzione al pensionamen­to, sempre e solo con cronici non autosufficienti;

- disumanizzazione degli ospedali (i più de­boli vengono allontanati).

 

 

Allegato 1

 

Definizione di cronico non autosufficiente (2)

 

Per poter definire il concetto di cronico non autosufficiente, occorre precisare che cosa è la malattia, quando essa è cronica e quando il sog­getto non è autosufficiente.

 

1) Innanzitutto la definizione di malattia. Sem­bra essere necessario partire dalla definizione dell'OMS, che definisce la salute attraverso tre parametri: il biologico, lo psicologico, il sociale.

Pertanto la malattia potrebbe essere definita come «una contemporanea rottura di equilibrio biologico, psicologico e sociale», da cui deriva un disagio dell'individuo su tutti e tre i piani, anche se, di volta in volta, variamente rappre­sentati o anche se, di volta in volta, uno dei tre aspetti sembra proporsi come preminente sugli altri. È importante sottolineare questo concetto in quanto riafferma che l'atto medico è inscindi­bile dall'atto sociale se non vuole ridursi a puro atto medicalizzato e medicalizzante, cioè, in pa­role semplici, se non si vuole ridurre l'opera­tore sanitario al ruolo di «meccanico del corpo umano».

 

2) Definizione di cronicità. Si propone una defi­nizione pragmatica, che assume come parametro fondamentale la durata. Si può quindi dire che una malattia cronica è una «malattia che si pro­trae nel tempo». Anche in questo caso l'atto sa­nitario, per definirsi tale, deve considerare la cro­nicità sempre e comunque come evento tempo­raneo che si protrae, non accettarne quindi l'ine­luttabilità. In ciò si qualifica l'intervento come sempre e comunque preventivo, ma anche sem­pre e comunque sanitario in tutti i suoi aspetti in quanto sempre finalizzato al ristabilimento di un equilibrio.

 

3) Concetto di non autosufficienza. Se per i concetti precedentemente esposti, la pratica e l'esperienza possono suffragare e sostanziare le definizioni, in questo caso troppo è lasciato alla soggettività dell'operatore, il cui giudizio è spes­so condizionato più dalle esigenze dell'organiz­zazione dell'istituzione, che dall'esigenza di ri­spondere al bisogno dell'utenza (necessità di po­sti letto liberi, carichi di lavoro del personale, perdita di «tensione terapeutica», ecc.). Anche in questo caso conviene affidarsi ad una defini­zione pragmatica che si fondi sui tre parametri proposti quando ci siamo riferiti al concetto di malattia.

Potremmo allora dire che una persona non è autosufficiente quando, in seguito ad un qual­siasi evento morboso, non è in grado di «prov­vedere a se stessa se non con l'aiuto di altre persone, a causa della rottura di un equilibrio psicofisico sociale».

Si può anche fare un'ulteriore suddivisione del­le persone non autosufficienti:

- coloro che sono in grado di manifestare le proprie esigenze;

- coloro che non sono in grado di manifestare le proprie esigenze.

Riassumendo, si potrebbe definire il paziente cronico non autosufficiente come «la persona che, a causa di una contemporanea rottura dell'equilibrio biologico, psicologico e sociale, è in una situazione di malattia che si protrae nel tem­po, malattia che o lo rende incapace di provvede­re a se stesso se non con l'aiuto di altre per­sone, oppure determina la necessità di interventi di terzi in grado di soddisfare le esigenze che il soggetto stesso non è in grado di manifestare».

 

*  *  *

 

Si segnala anche la definizione proposta dal gruppo di studio ANIMOG-ULCES: «II termine di cronico, da mantenersi perché invalso nell'uso, deve essere arricchito dal concetto di autonomia e del suo opposto di dipendenza.

Un individuo con affezioni croniche stabiliz­zate può essere autonomo se è in grado di ge­stire se stesso per condizioni fisiche, psicologi­che e sociali. La rottura dell'equilibrio di una o più di questa dimensioni innesca meccanismi di dipendenza.

La condizione di cronico deriva spesso da ina­deguati interventi in condizioni di disagio; l'an­ziano è un soggetto particolarmente esposto al rischio di cronicità e di perdita dell'autonomia. Il cronico ha diritto a tutte le prestazioni sociali e sanitarie previste dalla legge per la totalità dei cittadini. Lo stato di cronicità crea condizioni di maggior bisogno a cui va data risposta adeguata e fruibile».

 

 

Allegato 2

 

Convenzione USL Roma 9 - Cooperativa Obiettivo 2000

 

Tra l'Unità sanitaria locale RM/9 (Cod. Fisc. n. 97003200587) in appresso indicata con la di­zione «USL» in persona del Presidente del Co­mitato di gestione Renato Masini, domiciliato, per la carica, in Roma - Via Dell'Amba Aradam n. 9 - che stipula il presente atto in forza ed esecuzione della deliberazione n. 1728 del 12.10. 1984, adottata con i poteri dell'Assemblea Gene­rale, ai sensi dell'art. 10 lettera C della Legge regionale n. 93 del 6.12.1979, resa esecutiva dal CO.RE.CO. e tuttora all'esame dell'Assemblea ge­nerale delle UU.SS.LL. del Comune di Roma e previo nulla osta della Prefettura di Roma - ai sensi della Legge 23.12.1982 n. 936 e la Società Cooperativa a responsabilità limitata «Obiettivo 2000», Posiz. IVA 06450140584, con sede in Ro­ma, Via Faleria 40/B, in proseguio chiamata bre­vemente «Cooperativa» in persona del dott. Lo­monaco Aldo Vittorio, nato a Reggio Calabria il 26.8.1918, in qualità di Presidente, domiciliato, a tutti gli effetti del presente atto e conseguenzia­li, ove sopra, si conviene e si stipula quanto segue:

 

Art. 1

La «Cooperativa» assume l'impegno di effet­tuare il servizio di assistenza sanitaria domici­liare in favore di handicappati, invalidi, anziani, tossicodipendenti e di altre persone non autosuf­ficienti residenti nel territorio della «USL» as­sicurando, per ciascun operatore, la disponibili­tà di 38 ore settimanali per 7 giorni lavorativi. Ciascun operatore dovrà effettuare il servizio in favore di un numero utenti per ogni giornata, rapportato al tipo di prestazione secondo gli stan­dard concordati con la «USL».

I destinatari dell'assistenza saranno indicati ed autorizzati dall'apposito Ufficio della «USL», nominativamente.

Il programma delle prestazioni, da effettuarsi nell'arco di 12 ore, verrà concordato tra la «Coo­perativa» e la «USL» in relazione al tempo ri­chiesto dalla patologia accertata.

La «USL» si riserva ogni facoltà di controllo da effettuarsi nei tempi e modi più opportuni.

 

Art. 2

La «Cooperativa» dovrà assicurare le seguen­ti prestazioni:

1) attività di aiuto alla persona intese a favorire l'autosufficienza (pulizia personale, vestizio­ne, nutrizione, ecc.);

2) attività infermieristica;

3) prestazioni di terapia riabilitativa; 4) prestazioni fisioterapiche;

5) ogni altra prestazione che concorra alla rea­lizzazione del programma riabilitativo impo­stato dall'Ufficio Sanitario della «USL» che possa essere affidato professionalmente agli operatori in servizio.

Tutta l'attività della «Cooperativa» dovrà es­sere oggetto di relazione mensile, da inviare, entro il giorno 10, al competente Ufficio della «USL» che provvederà a vistarla e ad espri­mere parere sull'attività stessa.

I programmi predisposti dalla «USL» vincola­no la «Cooperativa» all'esatto adempimento di quanto previsto, fatte salve le modifiche di inter­vento che si renderanno necessarie per il mutare delle condizioni degli assistiti e per eventuali interventi di urgenza, autorizzati dalla «USL».

 

Art. 3

Per lo svolgimento del servizio la «Coopera­tiva» metterà a disposizione il seguente per­sonale:

n. 10 Infermieri professionali

n. 2 Terapisti della riabilitazione

n. 2 Terapisti occupazionali

n. 5 Ausiliari sanitari

per i quali dovranno essere forniti i titoli profes­sionali corrispondenti ed ogni altra documenta­zione utile ai fini della valutazione delle capacità professionali richieste.

Resta inteso che il limite di età ai fini del ser­vizio è quello previsto dalle vigenti disposizioni di legge per il personale ospedaliero.

 

Art. 4

Per l'espletamento del servizio indicato la «USL» corrisponderà un corrispettivo annuo for­fettario lordo di L. 248.985.000 (duecentoquaran­tottomilioninovecentottantacinquemila) IVA com­presa.

Il suddetto corrispettivo sarà pagato con versa­menti mensili posticipati, sulla base di attesta­zioni di prestato servizio redatte, su modelli ap­positamente predisposti, dalla «Cooperativa» e vistate dall'assistito o da un suo familiare e dal competente Ufficio della «USL».

Si dà atto, che per effetto della presente con­venzione la responsabilità del servizio ricade esclusivamente sulla «Cooperativa» e pertanto nessun rapporto di lavoro o di pubblico impiego si costituisce tra gli operatori impiegati nel ser­vizio e la «USL».

 

Art. 5

La «USL» fornirà il materiale e le attrezzature necessarie (guanti di gomma, lacci emostatici, siringhe, alcool, ovatta, cerotti, ecc.) necessari agli operatori per l'effettuazione dei loro compiti, attraverso i propri incaricati. I prelevamenti do­vranno essere di volta in volta autorizzati dall'apposito Ufficio della «USL».

 

Art. 6

Rimarrà a carico della «Cooperativa» ogni one­re assicurativo e previdenziale nei confronti dei propri associati o soci.

La «Cooperativa» solleva la «USL» da ogni e qualsiasi responsabilità, molestia ed onere, sia relativamente all'osservanza delle disposizioni di legge e regolamenti, sia per qualunque atto od omissione da parte del personale in servizio nei confronti dei pazienti.

A tale scopo la «Cooperativa» dovrà provve­dere alla stipula di una polizza RCT in favore degli operatori impiegati nel servizio per un con­gruo importo e con una Compagnia Assicurativa autorizzata.

 

Art. 7

Il mancato rispetto di una delle clausole indi­cate nella presente convenzione determina la ri­soluzione di diritto della stessa ai sensi dell'art. 1456 del Codice Civile e l'immediata sospensio­ne dei compensi pattuiti.

 

Art. 8

La presente convenzione avrà durata di anni uno con decorrenza dal 20 febbraio 1985.

La medesima è impegnativa e vincolante per la «Cooperativa» mentre lo sarà per la «USL» solo dopo l'intervenuta ratifica della deliberazio­ne n. 1728 del 12 ottobre 1984 da parte dell'As­semblea Generale delle UU.SS.LL. del Comune di Roma.

 

Art. 9

Tutte le spese relative al presente atto e con­seguenziali (sua registrazione, bolli, copie, ecc.) nonché tutte le tasse ed imposte presenti e fu­ture sono a totale carico della «Cooperativa».

 

 

 

 

(1) In Italia vi sono 1 milione 250 mila ultraottantenni, di cui 150 mila hanno superato i 90 anni.

(2) Il presente appunto è in parte tratto da una nota for­nita da Domenico Casagrande al Gruppo di studio ANIMOG-­ULCES nel 1984.

 

 

www.fondazionepromozionesociale.it