DONATA MICUCCI
Sono incredibili le complicazioni create dalla
Regione Lombardia con la legge 7 gennaio 1986 n. 1 «Riorganizzazione e
programmazione dei servizi socio-assistenziali della
Regione Lombardia». Le complicazioni sono tali da renderla di difficile, se non
impossibile applicazione.
Si tratta di un testo lunghissimo, comprendente ben
97 articoli, spesso chilometrici (1).
Gestione dei servizi
Caotica è l'attribuzione delle funzioni gestionali. Infatti la legge 1/1986 stabilisce all'art. 14 che nelle
zone che comprendono il territorio di più Comuni:
«a) deve
essere attribuita ai Comuni singoli la gestione dei servizi che non abbiano
complessità tecnica e gestionale e il cui bacino di
utenza sia compreso nell'ambito del Comune;
«b) deve
essere riservata agli E.R. (2) la decisione
relativa a ciascun tipo di intervento ad utenza sovracomunale, salve le attività informative, istruttorie
e di promozione che possono essere demandate ai singoli Comuni.
«c) devono
essere assicurate in ogni Comune della zona adeguate possibilità di accesso ai tipi di prestazioni previste dal programma
zonale di attività, in conformità agli standard fissati dal piano regionale
socio-assistenziale, nonché a criteri di economicità;
«d) deve
essere assicurata in ogni caso dall'E.R. l'integrazione delle attività svolte dai singoli Comuni
con quelle svolte dall'ente medesimo, mediante la programmazione zonale dei
servizi e delle risorse finanziarie e di personale, la determinazione di
indirizzi generali validi per l'intera zona con riguardo ai singoli tipi di
prestazioni, lo scambio di esperienze e la collaborazione degli operatori, l'attuazione di forme di coordinamento dei metodi e dei criteri
degli interventi, il collegamento operativo fra attività organizzate nei
singoli Comuni e attività organizzate a livello sovracomunale,
sia distrettuale che zonale».
Ma non finisce qui, in quanto, sempre in base all'art.
14 della legge 1/1986, «con riferimento
alla gestione dei singoli servizi, l'assemblea degli E.R.
può deliberare che:
«a) attività
attribuite agli E.R. possano essere svolte dai Comuni
singoli, che abbiano i requisiti di ampiezza demografica
e capacità gestionale definiti dal piano regionale socio-assistenziale, a
condizione che i Comuni stessi concordino con 1'E.R.
medesimo le modalità per garantire l'eventuale accesso ai servizi anche ai
cittadini residenti negli altri Comuni della zona;
«b) servizi
attribuiti al singoli Comuni possano essere svolti
dall'E.R. qualora i Comuni stessi ne facciano
richiesta in quanto non in grado di organizzarli in modo efficiente, e salvi
comunque i criteri di organicità e di globalità; in tal caso l'assemblea dell'E.R. determina d'intesa coi Comuni interessati le risorse
finanziarie e di personale da trasferirsi all'E.R.
medesimo, fermo l'obbligo di destinare risorse non inferiori a quelle già
impiegate a livello comunale per lo svolgimento degli stessi servizi».
È ovvio che la gestione dei servizi socio-assistenziali,
essendo attribuita in parte ai Comuni e in parte alle Associazioni di Comuni o
alle Comunità montane, determinerà certamente - come
insegna l'esperienza di altre Regioni - vuoti di intervento, sovrapposizioni,
conflitti, disorientamento degli utenti, del personale e degli amministratori.
L'indeterminatezza dell'organo competente ad
intervenire e la mancata definizione di precise priorità di intervento
si ripercuoteranno negativamente soprattutto sui servizi alternativi al ricovero,
incrementando il ricorso all'istituzionalizzazione (convitti, case di riposo,
strutture protette) di minori, anziani, handicappati, e ciò in contrasto con
quanto stabilito, ad esempio, dalla legge nazionale 4 maggio 1983 n. 184
«Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori»
che impone per i minori in situazione di gravi carenze familiari priorità ben
precise, finalizzate a sostituire al più presto il ricovero in istituto.
Inoltre, in tal modo, si favoriscono notevolmente gli enti privati che
gestiscono queste strutture e ciò grazie anche alle norme particolarmente
favorevoli all'assistenza privata contenute nella
legge 1/1986.
Invece di unificare le competenze nelle USSL, la
Regione Lombarda complica ulteriormente le cose, creando un Comitato di
coordinamento.
Stabilisce infatti l'art. 15
della legge 1/1986 quanto segue:
«Nelle zone
che comprendono il territorio di più Comuni, al fine di assicurare il
coordinamento tra le attività gestite dall'E.R. e
quelle gestite da Comuni singoli, è istituito un
comitato di coordinamento zonale, che può eventualmente articolarsi a livello
di uno o più distretti, composto dai sindaci o dagli assessori competenti per
materia dei Comuni interessati.
«Il comitato
di coordinamento:
«a) concorre,
d'intesa col comitato di gestione, all'elaborazione del programma zonale socioassistenziale e di ogni atto di programmazione da proporre
all'assemblea dell'E.R. in materia di assistenza
sociale;
«b) esprime
parere al comitato di gestione ai fini della predisposizione della
proposta di cui al terzo comma dell'articolo precedente;
«c) formula
proposte al comitato di gestione per la predisposizione dei piani operativi
settoriali e intersettoriali di intervento in materia
sociale, ancorché integrati con l'attività sanitaria di competenza del
comitato di gestione medesimo;
«d) esprime,
per quanto attiene alle attività di tipo socio-assistenziale, parere preventivo
su tutti gli atti di cui all'art. 24 della L.R. 5
aprile 1980, n. 35;
«Il comitato
di coordinamento si riunisce periodicamente, su convocazione del presidente
del comitato di gestione, in via ordinaria per l'espletamento delle proprie
funzioni o, in via straordinaria, su richiesta anche
di un solo rappresentante dei Comuni.
«Fermo
restando quanto previsto dal comma precedente, per la validità delle sedute e
per la adozione degli atti di competenza del comitato
di coordinamento si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni che
disciplinano il funzionamento dei consigli comunali.
«Le decisioni
assunte ed i pareri espressi dal comitato di coordinamento sono verbalizzati e
di essi è fatta espressa menzione negli atti deliberativi
conseguenti dell'assemblea dell'E.R., del comitato di
gestione o dei singoli Comuni, per quanto di rispettiva competenza».
In sostanza si tratta di un comitato di coordinamento
senza alcun potere reale di coordinamento, visto che
deve limitarsi ad esprimere pareri e proposte.
Al fine di soffocare in tutta la misura del possibile
l'autonomia degli Enti responsabili della gestione di servizi
socio-assistenziali (Comuni, Associazioni di Comuni, Comunità montane), la
legge 1/1986 non solo attribuisce, come vedremo, strapoteri alla Regione, in
particolare alla Giunta regionale, ma definisce anche in modo pignolesco e a
volte ossessivo i vari tipi di intervento degli E.R. (assistenza economica, aiuto domiciliare, affidamenti
familiari, ecc.) e le modalità di erogazione dei servizi (3).
Funzioni delle Province
Come se non fosse sufficiente la confusione fra compiti
dei Comuni singoli, delle USSL, delle Comunità montane, dei Comitati di
coordinamento, la legge 1/86 prevede (art. 50) che l'autorizzazione a
funzionare delle strutture assistenziali (asili nido e strutture similari,
soggiorni di vacanza per minori, istituti per minori, centri diurni, centri
socio-educativi, case albergo, case di soggiorno, case di riposa,
strutture protette, centri residenziali per handicappati gravi) sia rilasciata
(e revocata) dalle Province (4).
Inoltre le Province (art. 16):
«a)
esprimono pareri alla Regione sulle delimitazioni degli ambiti territoriali
per la gestione dei servizi sanitari e socio-assistenziali (...);
«b)
esprimono pareri alla Regione sul coordinamento dei piani zonali
socio-assistenziali con la programmazione socio-economica
provinciale;
«c)
approvano i programmi di localizzazione dei presidi assistenziali».
È previsto invece - e il fatto è positivo
- che «al fine di realizzare
l'integrazione nel sistema dei servizi socio-assistenziali delle attività di assistenza
tuttora loro spettanti in tal settore, ivi comprese quelle esercitate a seguito
dello scioglimento dell'ONMI, operato a norma della legge 23 dicembre 1975, n.
698, le Province stipulano con gli E.R. apposite
convenzioni sulla base di uno schema-tipo approvato dalla Giunta regionale».
Trasferimento di competenze dalla
sanità all'assistenza
Estremamente grave è quanto previsto dall'articolo 21, che
trasferisce rilevanti funzioni dal settore sanitario (gratuito salvo ticket) a
quello assistenziale (con contributi; spessa rilevanti a carico degli
interessati e dei familiari), di cui riportiamo integralmente il testo: «1. I piani regionali socio-assistenziali
ed i programmi di attività delle U.S.S.L. indicano le
modalità specifiche per l'integrazione dei servizi sanitari con quelli
socio-assistenziali a livello distrettuale e zonale, con particolare riguardo
alle seguenti attività socio-assistenziali le quali,
ancorché svolte da personale del ruolo sanitario regionale, dipendono dal
Servizio di assistenza sociale:
a) risocializzazione dei dimessi dagli
ospedali psichiatrici e dei malati di mente in genere;
b)
prevenzione, cura e riabilitazione dei tossicodipendenti;
c)
assistenza e reinserimento familiare e sociale degli handicappati;
d) assistenza
psico-sociale attinente alla maternità, all'infanzia
e all'età evolutiva, nonché attinente alle finalità psico-sociali e preventive di cui alla L.R.
6 settembre 1976, n. 44;
e) assistenza agli anziani non autosufficienti
ricoverati in strutture protette.
2. I piani
regionali sanitari e socio-assistenziali e i relativi progetti-obiettivo
individuano le prestazioni di rilievo sanitario connesse con
quelle socio-assistenziali nell'ambito dei servizi e presidi integrati,
i cui oneri sono posti a carico del fondo sanitario regionale, nel rispetto
delle disposizioni statali vigenti in materia.
3. L'integrazione
si attua, fermo restando quanto previsto dagli artt.
31 e 32 della L.R. 31 dicembre 1980, n. 106 e dal
secondo comma dell'art. 6 della L.R.
11 aprile 1980, n. 39, mediante l'organizzazione e lo svolgimento unificati di attività afferenti ad entrambi gli ambiti dei servizi,
nonché mediante la unificazione dei servizi generali.
4. Sono
inoltre organizzate e svolte in modo unificato le attività di
informazione degli utenti, di assistenza amministrativa, di raccolta e
gestione dei dati, di educazione e informazione sanitaria e sociale della
popolazione».
Strapoteri della Regione
Evidentissimo è lo scopo della legge 1/1986 di
stabilire per gli enti gestori dei servizi socioassistenziali
tutti i vincoli possibili, di modo che gli enti stessi siano costretti a fare
tutto ciò che vuole la Regione.
Allo scopo di consentire ai lettori di sapere quali
sono i poteri, o meglio gli strapoteri, della Regione, riportiamo tutte le
relative disposizioni contenute nella legge 1/1986.
L'art. 13 prevede quanto segue:
«1. La Regione,
ai fini dell'organizzazione e della programmazione del sistema dei servizi
socioassistenziali:
a) partecipa
all'elaborazione degli strumenti di programmazione nazionale dei servizi di assistenza sociale, mantiene e coordina i rapporti con
gli organi centrali cui spetta l'attività di indirizzo e coordinamento, con le
competenti autorità giudiziarie e con gli altri organi pubblici che svolgono
attività comunque connesse con quelle del sistema dei servizi sociali;
b) determina
gli ambiti territoriali per la gestione dei servizi, coincidenti con quelli
per la gestione dei servizi sanitari, e promuove la costituzione
delle associazioni intercomunali per i servizi, in conformità a quanto disposto
dalla L.R. 5 aprile 1980, n. 35;
c)
stabilisce gli indirizzi per l'organizzazione e l'attività del sistema dei
servizi di assistenza sociale; a tal fine elabora e
approva i1 piano regionale socio-assistenziale e ne verifica l'attuazione in
conformità a quanto disposto dal successivo titolo V, parte I;
d)
stabilisce i criteri per l'organizzazione dei servizi a livello zonale e
distrettuale, in conformità a quanto disposto dalla L.R.
11 aprile 1980, n. 39 e dal successivo titolo III, parte I;
e) promuove
la migliore utilizzazione del personale addetto ai
servizi, ne favorisce altresì la mobilità, la formazione e l'aggiornamento
professionale, in conformità a quanto disposto dai successivi titoli III e
IV, parte I;
f)
ripartisce tra gli E.R, il fondo regionale di cui al
successivo art. 41 e promuove l'impiego coordinato di tutte le risorse
finanziarie destinate a tali servizi, in conformità a quanto disposto nel
successivo titolo VI, parte I, e nei piani regionali
socio-assistenziali;
g)
disciplina, in conformità a quanto disposto nel successivo titolo VI, parte I, il riparto e l'impiego delle risorse finanziarie destinate
agli investimenti;
h) attua in
collaborazione con gli E.R. forme di controllo di
gestione al fine di verificare l'efficienza e
l'efficacia dei servizi in conformità a quanto disposto nel successivo titolo
V, parte I;
i) individua i presidi e i servizi che abbiano carattere
multizonale e ne disciplina le forme speciali di gestione e finanziamento;
l)
stabilisce i requisiti delle strutture, anche ai fini dell'autorizzazione al
funzionamento e dell'attività di vigilanza di cui al
successivo titolo VII, parte I;
m) provvede
all'accertamento e alla dichiarazione di idoneità al convenzionamento delle istituzioni private ai sensi
dell'art. 18, secondo comma, della L.R. 11 aprile
1980, n. 39, fissa i criteri per la stipulazione delle convenzioni, in attuazione
degli artt. 16, 17 e 18 della L.R.
11 aprile 1980, n. 39 e cura la tenuta del registro di cui al precedente art.
6;
n) cura la
tenuta del registro regionale del volontariato di cui
al precedente art: 8 e assicura il sostegno tecnico ed economico alle organizzazioni
di volontariato;
o)
organizza, in collaborazione con gli E.R., il sistema informativo sui servizi socio-assistenziali,
promuovendo lo scambio di informazione tra gli E.R.
medesimi;
p) promuove
iniziative ed attività sperimentali ed innovative, con particolare riferimento
allo sviluppo della cooperazione di servizi ed alla sperimentazione nelle
attività di supporto ai servizi di forme di autogestione
da parte dell'utenza;
q) promuove
lo svolgimento di studi, ricerche finalizzate; indagini conoscitive sul sistema
dei servizi socio-assistenziali e di attività di informazione,
mediante la realizzazione e la diffusione di pubblicazioni e la promozione di
convegni, seminari, corsi di aggiornamento e di riqualificazione;
r) provvede all'eventuale copertura assicurativa degli utenti e degli
operatori delle strutture socio-assistenziali, con particolare riguardo a
quelle per handicappati, ad esclusione di coloro che sono già coperti da
assicurazione ai sensi di altre Leggi Regionali.
2. Spetta
altresì alla Regione la decisione delle controversie, tra Comuni singoli o associati
o tra Comuni ed altri vari enti pubblici, per il rimborso degli oneri sostenuti
per spese di soccorso e di assistenza, rese
obbligatorie da particolari disposizioni di Legge o statutarie: comprese
quelle relative al mantenimento degli inabili di cui all'art. 154 del T.U.
approvato con R.D. 19 giugno 1931, n. 773».
A sua volta l'art. 33 definisce come segue i
contenuti del piano regionale socio-assistenziale:
«1. La
Regione, in armonia con le linee ed i contenuti del programma regionale di
sviluppo, determina gli obiettivi della programmazione di settore mediante la
predisposizione del piano socio-assistenziale, coordinato e integrato con quello sanitario, ai sensi di quanto previsto dagli artt. 1, 2, 3, 4 e 5 della L.R. 20 agosto 1981, n. 49.
2. Il piano
socio-assistenziale si articola in progetti-obiettivo
e azioni programmatiche, oltre che in prescrizioni
finalizzate al corretto svolgimento degli interventi normali e ricorrenti.
3. Nell'ambito
del piano, sono individuati:
a) gli
obiettivi da perseguire;
b) i criteri
e le priorità di intervento;
c)
l'ammontare delle risorse finanziarie e di personale
disponibili, la loro provenienza e le modalità del loro utilizzo;
d) gli
standard di realizzazione dei servizi e degli
interventi in funzione del previsto livello di soddisfacimento di fabbisogni
prioritari.
4. Inoltre
il piano socio-assistenziale:
a) detta
criteri per il riparto delle attribuzioni tra i diversi livelli, individuando comunque le funzioni che devono essere obbligatoriamente
esercitate dagli EA;
b) specifica
le attività di intervento diretto, di istruttoria e di
proposta che devono o possono essere organizzate a livello distrettuale o interdistrettuale;
c) indica
criteri e modalità specifici per la integrazione dei
servizi socio-assistenziali con quelli sanitari a livello distrettuale e
zonale;
d) indica
indirizzi e criteri per la localizzazione dei nuovi presidi assistenziali;
e) individua
i presidi assistenziali cui è riconosciuto carattere
multizonale;
f)
stabilisce il livello di qualificazione professionale degli
operatori socio-assistenziali addetti a diverso titolo ai servizi e
presidi, nonché i rapporti numerici tra personale ed utenti;
g)
stabilisce i criteri in base ai quali gli utenti sono tenuti a concorrere al
costo dei servizi.
5. Per
quanto attiene ai singoli servizi, il piano socio-assistenziale:
a)
disciplina le procedure per il rilascio della autorizzazione
al funzionamento di strutture socio-assistenziali,
pubbliche e private, e ne determina i requisiti strutturali ed organizzativi;
b) fissa gli
standard edilizi e tecnico-organizzativi, sulla base dei quali possono essere
convenzionati i presidi socio-assistenziali gestiti da enti pubblici e i
presidi socio-assistenziali gestiti da enti e organismi privati che possono
ottenere la idoneità al convenzionamento;
c)
stabilisce gli indirizzi a cui si devono uniformare i regolamenti di zona dei
servizi socioassistenziali di cui ai successivo art.
60, con particolare riguardo alle modalità ed ai criteri di accesso alle prestazioni
e ai servizi.
6. Il piano
socio-assistenziale fornisce indicazioni in merito alle convenzioni ed ai
programmi di collaborazione tra Regione ed E.R. con
università, istituti scientifici, centri di ricerca, per la promozione
di studi e ricerche, ai fini di una più adeguata conoscenza dei bisogni
socio-assistenziali della popolazione lombarda, dell'attuale livello di
interventi e di servizi, della loro eventuale riconversione e della
sperimentazione di nuove metodologie.
7. Il piano
socio-assistenziale indica altresì i criteri per l'assegnazione ai Comuni e
agli E.R. dei beni mobili ed immobili delle II.PP.AA.BB.. interregionali e
degli enti nazionali soppressi operanti in materia assistenziale, trasferiti
alla Regione ai sensi del DPR 24 luglio 1977, n. 616 e del DPR 24 luglio 1977,
n. 617».
In base all'art. 55: «le controversie in materia di rimborso delle spese di
soccorso e assistenza di cui al secondo comma del precedente art. 13 sono
decise in via amministrativa dal Presidente della Giunta regionale o
dall'assessore competente, se delegato; la decisione costituisce provvedimento
definitivo».
Ricordiamo altresì le seguenti norme:
- l'iscrizione delle organizzazioni di volontariato
in un apposito registro regionale (art. 8);
- la concessione da parte della
Regione di contributi alle organizzazioni di volontariato iscritte nel registro
di cui sopra (art. 8);
- «i piani
regionali e socio-assistenziali specificano le attività da organizzare in
ciascun distretto, nonché lo standard minimo di personale
riferito a ogni singola figura professionale necessaria per lo svolgimento
della predetta attività» (art. 17);
- «i piani
regionali socio-assistenziali e i programmi di attività
degli E.R, indicano:
a) le
attività che devono o possono essere organizzate, a livello zonale ovvero a livello di due o più distretti di base;
b)
l'articolazione del Servizio di assistenza sociale e
di dipartimenti ai quali partecipano unità operative di tale servizio» (art. 19);
- «i piani
regionali sanitari e socio-assistenziali individuano i presidi di assistenza, direttamente gestiti o convenzionati, che
erogano prestazioni assistenziali di elevata specializzazione e a favore della
popolazione di più zone, ai quali è riconosciuto carattere multizonale»
(art. 23);
- «La Regione,
fermo restando l'obbligo di adeguamento alle
disposizioni generali in materia, cura anche avvalendosi dell'Istituto
regionale lombardo di formazione per l'amministrazione pubblica (I.R.E.F.), sentite le organizzazioni sindacali
maggiormente rappresentative (...) lo svolgimento di adeguati corsi di
formazione, riqualificazione e aggiornamento degli operatori dei servizi
socio-assistenziali, anche al fine di assicurare la riqualificazione del
personale in sede di primo inquadramento» (art. 31);
- «La Giunta
regionale, entro novanta giorni dal ricevimento dei programmi di zona, ne verifica la compatibilità con le direttive del piano regionale
socio-assistenziale e, se del caso, li rinvia all'E.R.
interessato con motivate osservazioni per l'adeguamento» (art. 36);
- «Al fine di
consentire la conoscenza dello stato dei servizi e la loro evoluzione annuale, nonché di consentire, in particolare, una razionale
assegnazione delle risorse regionali di parte corrente annualmente finalizzate
sia al sostegno degli interventi in atto sia allo sviluppo dei servizi ai
sensi del successivo art. 42, il comitato di gestione, sentito il comitato di
coordinamento di cui al precedente art. 15, rassegna ogni anno alla Giunta
regionale la relazione di zona, con annesse proposte di finanziamento,
elaborata sulla base delle relazioni di distretto.
2. La
relazione di zona deve contenere:
a) l'analisi
dei caratteri specifici della patologia sociale della zona e dei fattori di
rischio che la determinano;
b) la valutazione dei servizi resi in rapporto ai bisogni individuati;
c) le
modalità di utilizzo delle strutture, anche
convenzionate;
d) le
modalità di utilizzo del personale;
e) le
indicazioni propositive in merito alle priorità degli interventi per cui si avanzano richieste di finanziamento di parte
corrente ed alle eventuali correzioni da apportare alle pratiche operative;
f) le
modalità di integrazione dei servizi socioassistenziali
con quelli sanitari;
g) lo stato di attuazione dei progetti-obiettivo regionali e delle
azioni programmatiche previste nel programma di zona.
3. In
particolare, devono venir indicati, sulla base degli
schemi all'uopo predisposti dalla Giunta regionale, i dati conoscitivi
attinenti alla gestione dei servizi realizzati nell'esercizio precedente,
sotto il profilo quantitativo e qualitativo, nonché le previsioni finanziarie
relative alla gestione dei servizi di prossimo sviluppo, anche in relazione
alla possibile assegnazione di risorse integrative regionali.
4. Le
relazioni annuali di zona vanno trasmesse alla Giunta regionale entro il 31
marzo di ogni anno.
5. Delle
relazioni di zona si tiene conto al fini
dell'aggiornamento del piano regionale socio-assistenziale in atto, nonché
dell'elaborazione del piano successivo» (art. 38);
- «La Regione,
per il conseguimento delle finalità di cui alla presente legge, a decorrere
dall'esercizio finanziario 1986, istituisce un fondo destinato al finanziamento
dei servizi socio-assistenziali» (art. 41);
- «Il Consiglio
regionale definisce con propria deliberazione; sulla base delle indicazioni
generali contenute nel piano regionale socio-assistenziale ed entro trenta
giorni dall'approvazione del piano stesso, i criteri per il finanziamento delle
spese di investimento» (art. 45);
- «I contributi
per le spese di investimento sono concessi mediante
programmi pluriennali approvati con una o più deliberazioni della Giunta
regionale» (art. 47);
- «La Regione
assicura il finanziamento delle spese operative relative alle funzioni
socio-assistenziali delegate o subdelegate»
(art. 48);
- «Fatto
salvo quanto disposto dal successivo art. 55, sono
delegate agli E.R. le seguenti funzioni
amministrative (5):
a) la vigilanza sulle istituzioni pubbliche per l'assistenza di cui alla
L. 17 luglio 1890, n. 6972; b) la vigilanza sulle
strutture socio-assistenziali soggette all'autorizzazione al funzionamento di
cui al precedente art. 50;
c) la vigilanza su tutte le istituzioni pubbliche e private per la
protezione della maternità e dell'infanzia di cui alla L.
23 dicembre 1975, n. 698;
d) la
vigilanza sulle organizzazioni di volontariato iscritte nel registro di cui al
precedente art. 8, anche ai fini della verifica delle condizioni di permanenza dei requisiti che hanno dato luogo
all'iscrizione.
2. Ai fini
dell'esercizio delle funzioni di cui al precedente comma le Istituzioni
pubbliche per la assistenza sono tenute ad inviare per
conoscenza agli E.R., entro otto giorni dalla loro
adozione, copia delle deliberazioni soggette a controllo di merito; ove dall'esame
di dette deliberazioni si rilevi la necessità di adottare nei confronti degli
organi di amministrazione i provvedimenti di cui al successivo art. 55, primo
comma, lett. b), le deliberazioni stesse sono trasmesse alla Giunta regionale
per gli adempimenti di competenza.
3. Le
funzioni delegate ai sensi del presente articolo sono esercitate secondo i
criteri e le direttive stabilite dal piano regionale socio-assistenziale e in
conformità alle istruzioni eventualmente impartite
dalla Giunta regionale.
4. Qualora
gli E.R. non esercitino le funzioni delegate e
sub-delegate, la Giunta regionale, previa assegnazione di un congruo termine
per provvedere, si sostituisce ad essi nelle attività
non adempiute.
5. Nel caso
di grave persistente violazione delle direttive o di inerzia
continuata nell'esercizio delle attività delegate o sub-delegate, può essere
disposta con Legge regionale la revoca delle funzioni delegate e sub-delegate
anche nei confronti di un solo ente delegatario» (art. 54);
Restano di competenza regionale le funzioni
amministrative relative a:
«a)
l'erezione, il riconoscimento, 1a fusione, il raggruppamento, il consorzio, le
modifiche statutarie, le trasformazioni patrimoniali, la trasformazione e
l'estinzione delle I.P.A.B. operanti in ambito
regionale;
b) la
sospensione e lo scioglimento del Consiglio di
amministrazione delle I.P.A.B. e la nomina del
commissario straordinario su proposta dell'autorità di vigilanza o d'ufficio;
c) l'autorizzazione all'acquisto di beni immobili e all'accettazione di
donazioni, eredità e legati da parte delle I.P.A.B,
operanti in ambito regionale;
d) le
autorizzazioni in deroga alle norme di salvaguardia di
cui all'art. 2 della L.R. 28 dicembre 1981, n. 72» (art. 55);
Inoltre restano di competenza regionale «le funzioni in materia di persone
giuridiche private, operanti nell'ambito assistenziale,
delegate alla Regione ai sensi degli artt. 14 e 15
del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616» (art. 55).
Inoltre restano di competenza regionale «le funzioni di controllo pubblico, previste dagli articoli 23 e 25
del codice civile, sull'amministrazione delle persone giuridiche private
disciplinate dall'art. 12 del codice civile ed operanti in ambito regionale
nelle materie di cui all'art. 22 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616» (art.
55).
Ricordiamo inoltre che la Giunta regionale è
autorizzata a concedere deroghe al vincolo di destinazione a servizi di assistenza dei beni mobili e immobili trasferiti alla
Regione a seguito dello scioglimento delle IPAB interregionali, degli enti
nazionali e degli ECA (art. 56).
Conclusioni
Il nostro giudizio sulla legge della Regione
Lombardia n. 1/1986 è decisamente negativo perché le
norme non tengono assolutamente conto dell'esigenza prioritaria dell'utenza:
avere un unico organismo (l'Unità socio-sanitaria locale) competente a
fornire tutti i servizi necessari alle persone che non sono in grado di
provvedere alle loro esigenze vitali autonomamente o con l'aiuto dei propri
familiari.
Non riteniamo nemmeno accettabile che alle Unità
socio-sanitarie locali sia sottratta ogni autonomia operativa e programmatoria e che, pertanto, ad esse
sia attribuito il ruolo di meri esecutori delle disposizioni impartite dalla
Regione.
(1) La legge regionale dell'Umbria 31
maggio 1982 n. 29 «Norme ed indirizzi per il riordino delle funzioni amministrative
e per la programmazione dei servizi in materia socio-assistenziale» è composta da 38 articoli; la legge 23 agosto 1982 n. 20 «Indirizzo e
normative per il riordino dei servizi socio-assistenziali della Regione
Piemonte» ne comprende 40.
(2) Ai sensi della legge regionale
lombarda 5 aprile 1980 n. 5, gli E.R. (Enti
responsabili dei servizi di zona) sono:
«a) il comune, nelle zone Il cui ambito coincida con il territorio del
comune medesimo o con una parte di esso;
b) la comunità montana, nelle zone il cui ambito coincida con la
delimitazione della medesima;
c) l'associazione dei comuni, nelle zone comprendenti il
territorio di più comuni e non coincidenti con il territorio di una comunità
montana.
La struttura operativa dell'ente responsabile dei servizi è denominata
unità socio-sanitaria locale (USSL)».
(3) Si vedano in particolare gli
articoli da 57 a 89.
(4) Riteniamo molto grave che gli asili
nido siano inclusi fra le attività socio-assistenziali e non in quelle relative
al settore istruzione, anche per il fatto che viene di fatto ostacolata
l'unificazione fra asili nido e le scuole materne.
Anche le attività di soggiorno di
minori, anziani e handicappati, a nostro avviso, sarebbero più adeguatamente
svolte dal settore tempo libero e senza la caratterizzazione emarginante
propria del settore assistenziale.
(5) Sottolineamo
che si tratta di funzioni delegate e non trasferite agli E.R.
La Regione conserva pertanto i poteri di cui al punto 3 dell'art. 54.
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