Notiziario dell'Associazione nazionale
famiglie adottive e affidatarie
L'ADOZIONE
DI STEFANIA, I DIARI DI LICIO GELLI E LA CORTE COSTITUZIONALE
La procedura giudiziaria
Stefania, nata in Uruguay il 24.10.80, fu ceduta alla
nascita, dalla «madre» naturale a una coppia di
coniugi italiani, che la riconobbero come loro figlia davanti all'Ufficiale di
stato civile uruguaiano, commettendo il reato di alterazione di stato.
Dopo il rientro in Italia, gli apparenti genitori
tennero con sé la bambina 11 mesi, cioè fino al
momento in cui il Tribunale per i minorenni di Venezia - venuto a conoscenza dell'alterazione
di stato civile di Stefania - dispose il suo allontanamento da loro e avviò la
procedura di adottabilità, affidando in via
provvisoria la minore ad un'altra coppia di coniugi disposta ad adottarla.
Contemporaneamente veniva
instaurata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale l'azione civile
conclusasi con una sentenza che accertava l'insussistenza del rapporto di filiazione
falsamente denunciato.
I primi affidatari
sollecitarono il governo uruguaiano ad intervenire. La
Giunta militare, che in quel momento governava il Paese sudamericano, chiese
in via diplomatica al Governo italiano la restituzione della bambina.
La richiesta fu dal Governo italiano trasmessa al Tribunale per i minorenni,
che la rifiutò perché contrastante con la normativa
italiana sull'adozione.
Allora il Governo uruguaiano indusse la a madre «naturale»
proporre opposizione avverso la dichiarazione di
adattabilità di Stefania.
L'opposizione era soprattutto motivata su di un
presunto difetto di competenza giurisdizionale dell'autorità giudiziaria
italiana nei confronti di una bambina di nazionalità straniera.
L'opposizione fu dichiarata inammissibile dal
Tribunale per i minorenni con sentenza in data 14.4.83. Sull'impugnazione della
«madre» naturale, la Corte d'appello di Venezia, con sentenza in data 24.6.83, annullò la sentenza del Tribunale, ritenendo
che la dichiarazione di adottabilità poteva essere
emessa dopo la audizione personale della madre (audizione omessa dal Tribunale
perché all'epoca la bambina risultava nei registri di stato civile figlia di
ignoti). Peraltro la Corte d'appello, come già il Tribunale, confermò la
competenza giurisdizionale italiana anche in base all'art. 37 della legge
4.5.83 n. 184, nel frattempo entrata in vigore, secondo il quale il minore
straniero in stato di abbandono nel territorio
italiano è soggetto al potere conferito alla autorità giudiziaria dalle norme
sull'adozione.
La Corte di cassazione a sezioni unite, investita
della controversia, ha ritenuto che l'art. 37 non fosse applicabile ai minori
stranieri abbandonati in Italia prima dell'entrata in vigore della nuova legge, perché l'art. 76 imponeva al giudice di
applicare ai minori stranieri la vecchia normativa, che nulla disponeva in modo
esplicito al riguardo.
Ravvisando in tale disposizione una disparità di
trattamento tra minori stranieri in stato di abbandono
e tra aspiranti all'adozione fondata su un elemento temporale (data di entrata
in vigore della nuova legge), la Corte di cassazione ha sollevato la questione
di legittimità costituzionale.
Con sentenza n. 199 in data 18.7.86 la Corte
costituzionale accogliendo l'opinione della Corte di cassazione, ha dichiarato
illegittimo l'art. 76 «nella parte in cui
preclude l'applicazione, dell'art. 37 alle procedure già iniziate nei confronti
di minore straniero in stato di abbandono In Italia».
Ora dovrà pronunciarsi in via definitiva la Corte di cassazione, che quasi certamente confermerà la
sentenza della Corte d'appello. Successivamente il Tribunale per i minorenni,
che nel frattempo ha raccolto per via diplomatica in Uruguay le dichiarazioni
della «madre» naturale di Stefania, potrà nuovamente dar corso alla procedura di adottabilità.
La procedura dovrebbe concludersi
rapidamente se, com'è sperabile, il nuovo Governo democratico uruguaiano non
contrasterà l'adozione della bambina da parte dei coniugi che l'hanno in
affidamento da ben 5 anni.
La sentenza della Corte costituzionale
La Corte costituzionale, pur apprezzando la diffusa
opinione secondo la quale l'autorità giudiziaria italiana era competente ad
intervenire nei confronti di minori di nazionalità straniera anche prima
dell'entrata in vigore della legge n. 184/83, ha voluto rimuovere ogni
incertezza interpretativa per affermare l'applicabilità dell'art. 37 anche a
favore dei minori dichiarati in stato di adattabilità
anche mentre era in vigore la legge precedente.
La Corte ha quindi stabilito l'importante principio
della retroattività di una norma finalizzata alla migliore tutela del minore.
Poiché la mancata applicazione dell'art. 37 avrebbe
comportato per Stefania (come per ogni altro minore in analoga situazione) la sua restituzione ad una donna che, dopo averla partorita,
l'aveva rifiutata e ceduta e l'interruzione di un valido affidamento familiare
a fini adozionali, il favor minoris imponeva la scelta indicata
dalla Corte di cassazione e accolta dalla Corte costituzionale.
Tra i passi più significativi
della sentenza della Corte costituzionale riteniamo degno di particolare
considerazione il richiamo ai principi della Convenzione europea sull'adozione
(ratificata dall'Italia con legge 22.5.74 n. 357) e della Costituzione (artt. 2, 3 e 30 primo e secondo comma), applicabili a
favore di tutti i minori italiani e stranieri, principi in base ai quali ogni
persona ha diritto di crescere in un ambiente familiare, cioè
di godere di quelle cure parentali indispensabili per un equilibrata sviluppo
della sua personalità.
Le norme sull'adozione, sia quella previgente n. 431 del 1967 sia quella migliorativa n. 184
del 1983, sono secondo la Corte costituzionale la
migliore risposta che la società ha potuto finora dare per soddisfare le
esigenze dei minori in attuazione dei principi costituzionali.
L'atteggiamento del Governo italiano
La Giunta militare uruguaiana,
assumendo di aver diritto alla consegna di una propria cittadina uscita
illegalmente dal proprio territorio, attuò nei confronti dell'Italia una serie di ritorsioni. Dispose il
rimpatrio del proprio ambasciatore, rifiutò di portare a compimento accordi migliorativi
delle condizioni dei lavoratori italiani in Uruguay, rifiutò di consegnare al
governo italiano documenti sequestrati ai capo della
P2, Licio Gelli.
Dopo aver inutilmente esercitato pressioni nei
confronti del Tribunale per i minorenni per un rimpatrio di Stefania in
Uruguay, il Governo italiano ritenne opportuno di attuare un'iniziativa
propria con un provvedimento di espulsione dall'Italia
della bambina. Tale provvedimento, firmato dal Presidente del consiglio Fanfani, dal Ministro
dell'interno Rognoni e dal Ministro degli affari esteri Colombo, non ebbe
attuazione perché poco dopo il Governo dovette dimettersi. Il nuovo Governo approntò un nuovo provvedimento, che fu firmato
dal Presidente del consiglio Craxi e dal Ministro
dell'interno Scalfaro. Mancava la firma del Ministro
degli affari esteri Andreotti, quando notizie di
stampa (primo di tutti il quotidiano «La Repubblica»)
rivelarono le iniziative, fino a quel momento rimaste segrete, delle due
compagini governative.
La stampa riferì anche che la restituzione della
bambina al Governo uruguaiano era l'adempimento di un accordo tra i due
governi avente ad oggetto il baratto di Stefania coi
documenti di Gelli.
Il Governo in via ufficiosa smentì la notizia del
baratto, ma i dubbi sono rimasti in quanto il Ministero degli affari esteri non
ha mai risposto alle interrogazioni di numerosi parlamentari sulla specifica
circostanza. Comunque il Governo non ha giustificato
il provvedimento, non rendendosi conto della crudeltà dell'azione diretta a
privare la bambina di una famiglia dopo 3 anni di affidamento.
Inoltre «La Repubblica» del 16 marzo 1984 riferì di
un intervento presso il Presidente del consiglio della Sen.
Tina Anselmi, presidente della Commissione
parlamentare d'inchiesta sulla loggia P2, che
chiedeva l'attuazione del progettato baratto.
In via ufficiosa si venne a
conoscenza di analoghe pressioni da parte del ministro Spadolini. Una serie di iniziative
dell'ANFAA (Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie) e del C.I.A.I. (Centro italiano per l'adozione internazionale)
indussero il governo a bloccare l'iniziativa (1). Il Ministro Andreotti, con la collaborazione del suo sottosegretario
Susanna Agnelli, comprese finalmente l'assurdità del provvedimento
e, resistendo a tutte le contrarie pressioni, ne subordinò l'esecuzione alle
decisioni dell'autorità giudiziaria.
Questi sono i fatti. Le valutazioni le lascio ai
lettori.
EZIO ADAMI
(1) Cfr. «Stefania
Bruna: una bambina al centro di una assurda contesa
diplomatica», in Prospettive
assistenziali, n. 66, aprile-giugno 1984.
www.fondazionepromozionesociale.it