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CONVEGNO DI AOSTA SU «L'ANZIANO
NON AUTOSUFFICIENTE - PROBLEMI E PROSPETTIVE»
Il convegno
sul tema «L'anziano non autosufficiente - Problemi e prospettive», svoltosi ad
Aosta il 23, 24 e 25 ottobre 1986, organizzato dal Comune di Aosta
e dalla Lega delle Autonomie locali, è stato preceduto dal lavoro di cinque
gruppi. Riportiamo le parti principali delle sintesi dei primi tre gruppi,
rinviando al prossimo numero la pubblicazione delle sintesi degli altri due
gruppi.
Sintesi del gruppo «La non autosufficienza
per motivi di salute»
La legislazione vigente, conforme al dettato
costituzionale, introduce una disciplina compieta ed organica in materia, e
prevede cure sanitarie gratuite anche per gli ammalati cronici non autosufficienti,
in particolare anziani, cui nella realtà viene invece spesso negato il diritto
ad un trattamento paritario, sotto il profilo della qualità, quantità e
continuità delle prestazioni sanitarie e sotto il profilo dei costi
alberghieri.
La legge 662/1955 riconosce agli anziani affetti da
malattie tipiche della vecchiaia elencate nel D.M. 21.12.1956, il diritto alla assistenza sanitaria senza limiti di durata, anche con
il ricovero ospedaliero, qualora gli accertamenti diagnostici, le cure
mediche o chirurgiche non siano praticabili a domicilio.
La legge n. 132/1968 inoltre impone alle regioni di programmare i posti letto degli ospedali,
tenendo conto delle esigenze dei malati acuti, cronici, convalescenti e
lungodegenti (art. 29), e nel determinare l'ammissione e la dimissione
dall'ospedale stabilisce il principio della obbligatorietà del ricovero, nel
caso in cui ne sia accertata la necessità (art. 41).
La legge 180/1978 prevede poi che le U.S.L.
forniscano i necessari interventi preventivi, curativi e riabilitativi
per tutte le persone con disturbi mentali, qualunque sia la loro età e la
gravità della malattia.
La legge 833/1978 recepisce
ed amplia le disposizioni anteriori prevedendo, nell'ambito delle competenze
del Servizio sanitario nazionale, la tutela della salute degli anziani, anche
al fine di prevenire e rimuovere le condizioni che possono concorrere alla loro
emarginazione. Assicura, inoltre, loro il diritto alla salute, mediante la diagnosi e la cura degli eventi morbosi quali che ne siano
le cause, la fenomenologia e la durata; assicura anche la riabilitazione degli
stati di invalidità somatica e psichica. La stessa legge prevede poi fra le
competenze delle U.S.L. l'assistenza medico-generica,
specialistica ed infermieristica sia ambulatoriale che domiciliare e la riabilitazione;
tali disposizioni costituiscono il presupposto per la creazione di servizi
alternativi all'ospedale, in assenza dei quali questo può rimanere l'unica
struttura sanitaria per gli ammalati cronici e quindi ogni loro dimissione,
anche se impropria, diventa giuridicamente illegittima.
La prassi di atti
amministrativi che negano di fatto il diritto all'assistenza sanitaria, costringendo
questi ammalati a rivolgersi alla sanità privata o al settore assistenziale,
non è una fonte di diritto, ma potrebbe diventare tale, se trovasse una
convalida per acquiescenza o per adesione di massa, o quanto meno delle forze
politiche, attraverso la manifestazione di un convincimento comune e generale.
Quindi bisogna opporsi al sorgere di una cultura, che
potrebbe creare i presupposti per questo fatto normativo:
- stimolando gli interessati ad impugnare i
provvedimenti amministrativi illegittimi attraverso il ricorso al T.A.R. e/o
alla Magistratura ordinaria;
- attivando le istituzioni democratiche ed i
movimenti di massa per far sì che vengano sollevate eventuali questioni di illegittimità costituzionale di leggi e di atti aventi
forza di legge dello Stato e delle Regioni.
Più che di perdita di salute
nell'anziano è opportuno parlare di perdita dell'autosufficienza, esprimendo
questo termine, anche sotto l'aspetto più strettamente sanitario, un concetto
più comprensivo ed assai rispondente alla realtà del soggetto anziano. La perdita del coniuge o l'insufficienza di mezzi
economici può rivestire ad esempio maggior effetto patogeno della malattia
medesima. Non sono quindi possibili, ma anzi dannose, separazioni rigide tra i
vari settori d'intervento. Una programmazione
sanitaria che non tenga conto di tali aspetti è
destinata a fallire rispetto allo scopo prefissato.
La filosofia che deve guidare la politica sanitaria
per l'anziano è quindi quella di non privilegiare il sanitario come regola
generale, ma di dare tutta il sanitario di cui
l'individuo ha bisogno in caso di necessità.
La perdita dell'autosufficienza per ragioni primitivamente
di salute, rimane un problema di pertinenza sanitaria
anche quando ci si trovi di fronte ad esiti cronici della malattia, variamente
connessi ed intricati con situazioni deficitarie di ordine sociale. Non si può
usare la parola cronico e negarne nel contempo il
significato medico.
L'equivoco fondamentale nasce dal non recepire che,
ove la causa primaria della perdita dell'autosufficienza risieda in eventi
morbosi, anche quando - superata la fase di acuzie
della malattia - si rendano necessari prolungamenti di attività sanitaria a
lungo termine (riabilitative in specie), od anche quando la malattia abbia un
decorso inevitabilmente infausto tale che il paziente sia in attesa di morire,
od anche ancora quando le lesioni fisiche abbiano determinato irreversibili
decadimenti funzionali (esiti di vasculopatia
cerebrale, incontinenza sfinteriale, ecc.), pur
sempre il paziente ha necessità e diritti di assistenza sanitaria. Le necessità
sanitarie sono estremamente diverse e comprendono una
gamma assai vasta di prestazioni che vanno dall'unità intensivo-rianimatoria
alle situazioni sopra delineate. I bisogni di tipo sanitario non sono mai
disgiunti da quelli sociali ed assistenziali in qualsiasi
condizione di infermità, sia essa acuta «intensiva» o cronica; ciò che varia è
il peso rispettivo, il coefficiente sanitario.
L'esperienza insegna che il mancato riconoscimento della situazione reale conduce di fatto ad
una proliferazione di soluzioni alternative proposte talora con
caratteristiche di grave insufficienza e di speculazione.
Il medico di base, di fronte ad un anziano bisognoso
di cure maggiori, può concordare con il sanitaria ospedaliero
le procedure per:
- l'ospedalizzazione a tempo
pieno;
- l'ospedalizzazione diurna;
- l'ospedalizzazione a
domicilio;
- la normale terapia domiciliare;
- l'intervento del servizio di distretto;
- l'ospedalizzazione ciclica, per l'aggiornamento
diagnostico-terapeutico e per il sollievo alla famiglia in
relazione alla disponibilità di alcuni letti fluttuanti («floating bed» degli
anglosassoni).
La concezione stessa dell'ospedale come deputata
esclusivamente al trattamento delle affezioni acute non è più rispondente alla attuale realtà e al tipo di patologia di carattere
degenerativo.
Tra i provvedimenti operativi si segnala di primaria
importanza, ai fini preventivi, l'individuazione degli anziani a maggior
rischio: si intendono come tali gli individui di età
particolarmente avanzata (indicativamente 80 anni) e/o in condizioni
socio-economiche disagiate, e/o viventi soli ed isolati.
Si sottolinea l'estrema
importanza della prevenzione della cronicità e della non autosufficienza,
problema che va affrontato in modo globale poiché investe interventi e
competenze di vari settori (sanità, urbanistica, trasporti, autosufficienza
economica, ecc.).
Per una efficace prevenzione
è indispensabile l'autocontrollo dei cittadini, autocontrollo che deve essere
favorito mediante una informazione tempestiva ed aggiornata.
Altro problema importante riguarda la formazione di
base e permanente di tutti gli operatori, provvedendo ove è il caso alla
riconversione del personale da adibire a nuovi servizi.
Al riguardo si sottolinea la
necessità che siano rivedute le recenti disposizioni (cfr.
Tab. XVIII), in modo da inserire l'insegnamento della
geriatria e della gerontologia nelle materie obbligatorie del corso di studi
per il conseguimento della laurea in medicina.
Per ottenere più adeguati interventi da parte dei familiari
e dei terzi che si prendono a carico anziani cronici non autosufficienti, è indispensabile assicurare a questi una adeguata
informazione e preparazione in modo da dare più sicurezza a detti familiari e
terzi e creare pertanto anche le condizioni per un miglior livello qualitativo
e per l'ampliamento quantitativo delle prestazioni familiari.
Gli interventi devono essere forniti in modo da
promuovere altresì e sollecitare la massima attivizzazione
possibile dei pazienti e dei loro familiari.
Si otterrebbe pertanto una ottimizzazione
fra apporti affettivi e prestazioni appropriate. L'umanizzazione
degli interventi deve essere estesa a tutti i servizi, compresi quelli ambulatoriali
e ospedalieri.
Obiettivo dell'umanizzazione è il raggiungimento di
risposte globali alle molteplici esigenze dei pazienti
(in particolare di quelli mena autonomi), tenendo nel massimo conto la dignità
dei pazienti stessi e l'efficacia degli interventi tecnici.
Dal punto di vista della umanizzazione
degli interventi, si sottolinea l'esigenza di assicurare tutte le cure
necessarie anche alle persone colpite da malattie non guaribili.
Un'altra fondamentale esigenza riguarda l'integrazione
fra interventi domiciliari (a tal fine si sottolinea
il ruolo fondamentale del medico di base), ambulatoriali ed ospedalieri,
assicurando ai pazienti la possibilità di usufruire di tutte le strutture e
servizi necessari.
Un ruolo fondamentale può essere assicurato dal
servizio di ospedalizzazione a domicilio degli anziani
cronici non autosufficienti, fornendo ai familiari tutti i necessari supporti
anche di tipo economico.
Soprattutto a livello di distretto si deve realizzare
l'integrazione operativa di tutto il personale. A livello preventivo, curativo
e riabilitativo un'attenzione particolare dovrà essere rivolta, anche al fine
di contenere od evitare le complicanze, ai soggetti a rischio (diabetici,
cardiopatici, ecc.).
Sintesi del gruppo «La non
autosufficienza economica»
Il lavoro si è articolato su due aree riferite
all'autosufficienza economica: l'area dell'osservazione
e analisi fenomenologica della situazione italiana, l'area
di un possibile ventaglio di indicazioni propositive.
Hanno assunto rilevanza i seguenti aspetti:
a) l'utilizzo dei dati e dell'informazione
In questo, come in altri settori delle politiche
sociali, c'è un notevole uso di ricerche e informazioni sull'argomento preso
in esame. È costante il rischio di interpretazioni di
parte e di strumentalizzazioni.
Si sono evidenziati alcuni dati giudicati rilevanti
per la nostra analisi:
- il numero di anziani sotto
la soglia di povertà. Dall'ultimo rapporto della Commissione di indagine sulla povertà in Italia si rileva che gli
anziani poveri sono 1.360.000 (il 21,8% del totale dei poveri). Di questi
936.000 sono individui soli o coppie di anziani. La
Commissione giudica «contenuta» questa cifra, desunta da una linea di povertà
tracciata in basso, tanto in basso da non coprire i pensionati al minimo (che
sono il 71% dei pensionati I.N.P.S.). A nostro avviso è invece un dato
pesantissimo e approssimato per grave difetto perché considera il solo dato
delle condizioni economiche, trascurando le concomitanti
povertà da disagio psicofisico o da carenze di servizi primari, in
particolare la casa;
- il rapporto cittadini occupati / cittadini
pensionati è oggi del 41% di pensionati e nel 2000 sarà del 46%. Esistono
quindi rischi di tenuta del sistema previdenziale perché gli anziani, sempre
più numerosi e meno attivi, dovranno essere sostenuti da un numero
progressivamente sempre più ridotto di adulti;
- la politica assistenzialistica
dello Stato nei confronti delle imprese che nel periodo 1981/1984 hanno
ricevuto ben 220.000 miliardi per fiscalizzazione, oneri sociali e contributi
per interventi e ristrutturazioni;
- mentre la spesa
pensionistica complessiva tende a crescere rispetto al Prodotto interno lordo
(siamo attorno al 17%), aumentano quantitativamente le fasce di marginalità
degli anziani (dati ISTAT). La ragione della crisi finanziaria, allocativa e
distributiva dell'INPS è determinata dal fatto che sul fondo lavoratori
dipendenti (di per sé attivo) gravano spese improprie quali: prestazioni
integrative al minimo, cassa integrazione, pensioni a
lavoratori autonomi;
- con l'attuale legge finanziaria (41/1986) una
coppia di pensionati entrambi al minimo (anche se di età
superiore ai 65 anni) è esclusa dalla esenzione del pagamento del ticket; ciò
porta peraltro all'incentivazione conseguente delle domande di invalidità
civile.
b) elementi significativi di
ordine sociologico e di politica sociale
Ci é sembrato opportuno considerare che alla non
autosufficienza economica si arriva anche attraverso:
- una politica di categorizzazione dell'anziano e di «buon uso del vecchio»
(con conseguente produzione di modelli culturali incidenti sui bisogni, sui consumi, su status e ruoli funzionali
al sistema e mortificanti l'individualità);
- una concezione della famiglia nucleare ristretta,
dove da un lato non c'è più posto (anche fisicamente) per i vecchi, dove si
riducono i valari di parentela e tradizioni, dove si
predilige il modello dell'acquisività - razionalità,
ma dove - per altro verso e paradossalmente - nel contesto in cui c'è un
anziano si introducono richieste di surroga dello Stato sociale. La famiglia è
certamente un polo primario di solidarietà, che deve però essere basata sulla
parità e piena autonomia dei componenti e non come
centro di solidarietà sociale sostitutivo delle latitanze dello Stato;
- una diversa e squilibrata dotazione di servizi e risorse fra città e campagna;
- i problemi di status e ruolo dell'anziano nelle società post-industriali sono generali e non esistono
ricette preconfezionate. I paesi che da tempo praticano strategie di welfare
non hanno comunque risolto i termini di passaggio tra autosufficienza
economica e benessere psico-fisicosociale e, più in
generale, tra tempo libero (che per l'anziano è di 24 ore al giorno) e loisir (cioè
tutte le attività positive culturalmente e socialmente rilevanti);
- nell'attuale sistema italiano di welfare esiste
un grave squilibrio di spesa nel settore delle persone anziane: i trasferimenti
monetari ad personam
costituiscono infatti il 70% della spesa complessiva e ciò a scapito degli
investimenti in servizi sociali. Questo sistema centralistico
di massiccio ricorso (sulle percentuali di spesa) ad erogazioni monetarie
spesso caratterizzate da privilegi e differenziazioni corporative ha storicamente
consentito un buon livello di controllo politico e di organizzazione
del consenso. La scelta di invertire questa tendenza è una scelta politica che
come tale richiede un vasto movimento partecipativo. Significa infatti puntare ad una organica regolamentazione delle
prestazioni economiche a carattere continuativo da parte della Stata e
contemporaneamente puntare a più dilatati interventi erogativi in termini di
servizi da parte degli Enti locali e delle U.S.L. Una scelta del genere è
certamente di «campo» perché connessa ad un effettivo decentramento dei poteri
dello Stato (applicazione organica DPR 616), all'incentivazione delle autonomie
locali, allo sviluppo della partecipazione e della solidarietà;
- all'interno di questo scontro politico tra due
diversi modi di impostazione delle politiche sociali
si deve registrare - come segnale positivo - l'aumento di consenso verso il
movimento sindacale che raccoglie i pensionati. Abbiamo oltre due milioni di
cittadini anziani che si riconoscono nelle organizzazioni sindacali, cresce contemporaneamente una sensibile domanda
partecipativa accomunata ad un forte spirito rivendicativo per l'autonomizzazione economica e l'uscita dall'equazione
anziano = assistito. Occorrerà vedere come questo movimento di
anziani riesce ad integrarsi organicamente con il complesso delle
rivendicazioni del movimento dei lavoratori, evitando così pericolose
compartimentazioni.
Da quanto detto emerge chiara
l'esigenza di una netta separazione contabile tra assistenza e previdenza,
nell'ambito della distribuzione di competenze tra Stato, comparto sanitario,
Regioni, Enti locali. Ciò implica
una corretta attuazione della normativa vigente, secondo i seguenti settori:
a) definizione-erogazione, a livello nazionale, del
minimo vitale cui adeguare tutte le pensioni che attualmente
sono al di sotto della cifra stabilita (che va periodicamente aggiornata in
funzione dell'aumento del costo della vita). Ciò nel quadro di un effettivo
sistema di sicurezza sociale che operi sul complesso delle necessità primarie
(v. in particolare la casa);
b) competenze e spesa inerenti interventi onnicomprensivi
di ordine preventivo - curativo - riabilitativo senza
alcuna discriminazione tra ogni forma di patologia acuta o cronica. Con il
termine onnicomprensività dovranno intendersi tutti
gli interventi ascrivibili agli oneri di carattere specificatamente sanitario,
residenziale, di assistenza integrativa e protesica,
trasporto degenti ecc. Ciò fatto salvo quanto previsto dalla vigente normativa
in materia (legge 18/1980);
c) formulazione ed attivazione di
leggi specifiche per il settore socio-assistenziale ed in genere per le
materie trasferite e delegate. Azione raccordata per ottenere dallo Stato la legge di riforma del
settore socio-assistenziale;
d) in assenza di una legge di riordino del sistema assistenziale, i riferimenti normativi centrali
rimangono il DPR 616/1977, la legge 833/1978 e quanto di residua rilevanza del
Testo unico delle leggi comunali e provinciali del 1934 e successive
integrazioni e modificazioni. In questo quadro i Comuni devono provvedere a:
- creare ed erogare servizi primari
volti al miglioramento della qualità della vita (casa, trasporti, rimozione
barriere architettoniche, occasioni
di relazione, mense, lavanderie, ecc.). Per l'accesso a tali servizi, che dovranno essere collettivi (cioè aperti a tutta la cittadinanza),
occorrerà prevedere una corresponsione monetaria da parte degli utenti con
reddito superiore al minimo vitale;
- superare ogni forma di surroga delle competenze
dello Stato in materia di servizi e di prestazioni economiche a carattere
continuativo o prestazioni ascrivibili al settore
sanitario (es. l'assistenza ai cronici). In tal senso l'intervento di assistenza economica svolto dai Comuni dovrà avere
carattere di assoluta straordinarietà a soddisfacimento di bisogni particolari,
eccezionali o di specifica competenza ex DPR 616. Particolare rilevanza in
questo contesto assume la iniziativa dei Comuni
rispetto ad un corretto utilizzo delle risorse (fondi, patrimonio, personale)
con vincolo di destinazione. Ruolo gestionale sulle
risorse già trasferite e promozionale nei confronti degli enti non ancora
disciolti;
- promozione e coordinamento delle diverse forme di
volontariato singolo ed organizzato che non dovrà in alcun caso ritenersi
sostitutivo 0 surrogatorio degli interventi di cui sopra, nella corretta
applicazione della normativa in materia.
Il gruppo ritiene che in tal modo sarà possibile
assicurare a tutti gli anziani un soddisfacente
livello di sicurezza sociale a cui si affiancheranno prestazioni previdenziali
corrispondenti ai livelli professionali raggiunti nell'età lavorativa ed agli
oneri corrisposti.
Sintesi del gruppo «La non
autosufficienza abitativa»
La non autosufficienza abitativa può essere provocata
da:
- motivi endogeni alla persona anziana (declino
delle forze fisiche, senso di insicurezza, paura
della solitudine, ecc.);
- cause esogene all'anziano, correlate alla
funzionalità e fruibilità dell'alloggio o di parti di esse,
in relazione alle esigenze individuali dell'anziano;
- inadeguata localizzazione dell'alloggio nell'organismo
abitativo e nel contesto territoriale;
- resistenza culturale ad accettare modifiche nel
proprio habitat anche se estremamente necessarie.
Tale atteggiamento può assumere connotazioni diverse a
seconda del luogo in cui l'anziano vive (paese, case isolate, centro
città, ecc.).
Obiettivi
- Garantire all'anziano un alloggio adeguato,
evitando la segregazione;
- mantenere il più possibile
l'anziano nel proprio alloggio, nelle migliori condizioni;
- favorire l'integrazione sociale
dell'anziano nella comunità e sviluppare la sensibilità ed il coinvolgimento
diretto di questa nei confronti del
problema;
- promuovere iniziative ed interventi sociosanitari
integrati, volti a migliorare la qualità della vita e a recuperare un
accettabile stato di salute, qualora essa sia compromessa.
Proposte
- Riserva di alloggi nel
parco dell'edilizia residenziale pubblica, da destinare ad anziani, all'interno
della normale edilizia (evitando le grosse concentrazioni), sia nei nuovi
interventi che nel recupero (utilizzando anche il patrimonio edilizio ex IPAB,
ex ECA). Tali alloggi devono essere previsti di taglio diverso fra di loro per rispondere a varie esigenze (ad es.
mini-alloggi, alloggi per coppie, alloggi di dimensione più consistente per
terapia a domicilio, per anziano con famiglia, ecc.) e con diversa possibilità
di abbinamento (ad es. piccolo o grande alloggio allo stesso piano, affiancati).
Una analoga quota di alloggi deve essere individuata
anche negli interventi tipo casa-albergo;
- riadeguamento
dell'alloggio (impianti, arredi, ausili, ecc.) in dotazione all'anziano in
relazione alle sue necessità particolari;
- incentivi, rivolti ai privati, per riserva di alloggi, come prima illustrato, negli interventi di
edilizia residenziale;
- generalizzazione dell'abolizione delle barriere
architettoniche e della applicazione di norme di
sicurezza all'interno degli edifici residenziali (parti comuni e alloggi) ed
all'esterno, nel nuovo e nel recupero, a livello di interventi pubblici e
privati, attraverso normative specifiche (dalle leggi regionali ai regolamenti
edilizi) e atti amministrativi adeguati;
- creazione di comunità alloggio (appartamento per
piccolo gruppo di coabitazione con l'ausilio del servizio di assistenza
domiciliare) con caratteristiche di residenza temporanea, permanente o di
libera fruizione a scelta dell'anziano, a seconda delle sue necessità, con
diffusione equilibrata sul territorio, evitandone la concentrazione;
- comunità alloggio
protetta: unità abitativa come al punto precedente, con supporto del servizio
sanitario pubblico;
- potenziamento o costruzione di servizi territoriali
socio-sanitari di aiuto all'anziano solo o in
famiglia;
- esigenza di riqualificazione del tessuto urbano (e
non) esistente, attraverso la creazione e il potenziamento dei servizi sociali
aperti a tutta la popolazione, rendendoli effettivamente accessibili e
fruibili, tenendo conto della loro localizzazione in rapporto alla residenza.
Nei casi in cui non sia possibile garantire una agevole
raggiungibilità (zone rurali, comunità montane, ecc.) è necessario istituire
idonei servizi di collegamento;
- per quanto riguarda ospizi, ricoveri, case di
riposo e strutture similari, in una prospettiva di superamento delle stesse, si
rende necessario al momento attuale (date le
condizioni di fatiscenza di molti edifici e le conseguenti drammatiche
situazioni di vita degli anziani) garantire almeno minime condizioni di
abitabilità, agibilità e sicurezza.
Strumenti e metodi
- Necessità di un sistema informativo finalizzato ad
una migliore conoscenza della questione abitativa dell'anziano all'interno della più generale politica della casa;
- approfondimento della conoscenza dei requisiti
abitativi in relazione ai diversi bisogni (fisici,
psicologici, culturali, sociali) dell'anziano e loro applicazioni sul piano
progettuale. Tale strumento é utile per la predisposizione di
idonee normative e di piani di intervento (nuovo, recupero);
- sperimentazione di progetti-obiettivo collocati in
determinati contesti territoriali (quali: quartieri di
città, paesi o comunità montane con problematiche similari e confrontabili)
finalizzati a verificare il raggiungimento dell'obiettivo di mantenere il più
possibile al proprio domicilio l'anziano secondo indicatori di efficienza e di
efficacia;
- risulta indispensabile,
per attuare quanto sopra evidenziato, garantire la possibilità di lavori
interdisciplinari (progettisti, medici, operatori socio-sanitari di base,
geriatri, psicologi e tecnici della riabilitazione, ecc.) a livello di programmazione,
progettazione e verifica degli interventi.
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