Editoriale
UNA ILLECITA SOTTRAZIONE AI POVERI
DI BENI PUBBLICI: L'ABERRANTE LEGGE DELLA REGIONE SICILIA SULLE IPAB
È successo quel che temevamo (1). La
legge della Regione Sicilia, 9 maggio 1986, n. 22 «Riordino dei servizi
e delle attività socio-assistenziali in Sicilia» ha stabilito la privatizzazione delle IPAB. Recita, infatti, l'art. 30: «Le istituzioni in atto qualificate
quali IPAB per atto positivo di riconoscimento o per possesso di stato, che,
avuto riguardo alle disposizioni della legge fondamentale sulle Opere pie 17
luglio 1980, n. 6972 e successive modifiche, agli atti di fondazione ed agli
statuti delle istituzioni medesime, nonché ai criteri selettivi da determinare
con le procedure di cui al successivo camma, per prevalenza di elementi
essenziali sono classificabili quali enti privati, sono incluse dal Presidente
della Regione, su proposta dell'Assessore regionale per gli enti locali, in
apposito elenco ai fini del riconoscimento ai sensi dell'art. 12 del codice
civile.
Per
l'attuazione del precedente comma i criteri
selettivi, entra i limiti prefissati al precedente comma, sono determinati
dalla Giunta regionale su proposta del Presidente della Regione, di concerto
con l'Assessore regionale per gli enti locali, sentita la competente commissione
legislativa dell'Assemblea regionale siciliana, che si pronuncia entro tre mesi
dalla ricezione delle proposte.
Qualora risulti che fra gli enti di cui al primo comma taluni hanno
caratteristiche di enti ecclesiastici, il Presidente della Regione, su proposta
dell'Assessore regionale per gli enti locali, forma l'elenco di tali
istituzioni e, d'intesa con l'autorità ecclesiastica, lo trasmette al Ministero
dell'interno per le procedure di riconoscimento della personalità giuridica
agli effetti civili. Le operazioni previste dal presente articolo sono
completate entro dodici mesi dalla data di entrata in
vigore della presente legge. Entro i successivi sei mesi le IPAB con prevalenti finalità assistenziali ricevono il
provvedimento declaratorio, avente carattere di atto definitivo.
I
provvedimenti adottati a norma del presente articolo sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana e trasmessi
ai sindaci per la pubblicazione nell'albo pretorio per la durata di quindici
giorni consecutivi».
In sostanza la legge 22/1986 attribuisce al
Presidente della Regione Sicilia una pressoché totale discrezionalità per la privatizzazione delle IPAB, in quanto la legge stessa non
stabilisce alcun criterio per la loro individuazione.
I privati, ai quali sono regalati i patrimoni mobili
(titoli di Stato ad esempio) ed immobili (alloggi, negozi, terreni, ecc.) non
hanno alcun obbligo, nemmeno quello di conservarne la destinazione a fini assistenziali.
Sono quindi liberi, ricevuto il dono (magari del
valore di miliardi), di vendere i beni e di intascare i quattrini realizzati. A
nostro avviso si tratta di un vero e proprio furto di beni che appartengono alla Stato e che sono destinati ai poveri. Tali beni, già
pubblici in base alla legge 3 agosto 1862 n. 753, hanno avuto la loro natura
confermata dalla legge, tuttora in vigore, 17 luglio 1890 n. 6792 (2).
Le leggi 753/1862 e 6972/1890 stabilivano in modo
inequivocabile che i patrimoni dovevano essere utilizzati per «soccorrere le
classi meno agiate» (3) e per «prestare assistenza ai
poveri» (4).
La privatizzazione delle IPAB e dei relativi patrimoni
sottrae, invece, al settore pubblico l'uso di beni mobili e immobili che
potrebbero e dovrebbero essere destinati per la creazione di
alternative al ricovero in istituto di minori, di handicappati, di
anziani.
I mezzi economici per la creazione delle strutture
ci sono; non solo non vengono utilizzati, ma vengono
addirittura regalati ai privati.
La privatizzazione delle IPAB è dunque un'altra
iniziativa diretta a emarginare i più deboli (5).
La legge della Regione Sicilia stabilisce che parte
delle IPAB privatizzate diventino beni ecclesiastici.
C'è il pericolo che ciò riguardi quasi tutte le IPAB (6), perché è difficile
che la Chiesa cattolica rifiuti l'acquisizione gratuita di patrimoni, anche se
a scapito dei cittadini bisognosi.
Contro l'aberrante legge della Regione Sicilia (ma
dov'è e che cosa fa il rappresentante del Governo?) è urgente intervenire sul piano politico, anche per evitare che la
privatizzazione delle IPAB venga stabilita da altre leggi regionali o dalla
legge nazionale di riforma dell'assistenza.
Sul piano giuridico, occorrerebbe ottenere che la
Corte costituzionale esaminasse la legge della
Regione Sicilia.
Per avviare una iniziativa
avanti l'autorità amministrativa e giudiziaria, riteniamo che potrebbe essere
utilizzata dai cittadini della Sicilia l'azione popolare prevista dall'art. 82
della legge 17 luglio 1890 n. 6972, il quale prevede quanto segue: «Salve le disposizioni dell'allegato E, alla
legge 20 marzo 1865, n. 2248, e delle altre leggi che regolano la competenza amministrativa e giudiziaria, ogni cittadina
che appartenga, anche ai termini del capo VII della presente legge, al comune
o alla frazione di esso, a cui la beneficenza si estende, può esercitare
l'azione giudiziale nell'interesse dell'istituzione o dei poveri a cui
beneficio è destinata:
a) insieme
con i rappresentanti la istituzione o in loro luogo e
vece, per far valere contro i terzi i diritti spettanti all'istituzione o ai
poveri;
b) contro i
rappresentanti e amministratori della istituzione per
far valere gli stessi diritti limitatamente però agli oggetti seguenti:
1) per far dichiarare la nullità della nomina o la decadenza
dall'ufficio nei casi previsti dalla legge, indipendentemente da ogni addebito di fatti
dannosi;
2) per far
liquidare le obbligazioni in cui essi fossero incorsi, e per conseguire
l'adempimento; purché tali obbligazioni siano state, almeno in genere, precedentemente dichiarate per sentenze, o in alcuno dei
provvedimenti di cui agli artt. 29 e 30;
3) per la costituzione di parte civile in giudizio penale, e per i1
conseguimento delle indennità di ragione» (7).
(1) Cfr. in Prospettive
assistenziali: Riforma dell'assistenza
e privatizzazione delle IPAB, n. 57, gennaio-marzo 1982; G. Battistacci, Rilievi
sulla sentenza della Corte costituzionale relativa alle
IPAB, ibidem; Riforma dell'assistenza,
IPAB, modifiche della legge 180, case protette: come segregare i più deboli,
n. 58, aprile-giugno 1982; Riforma
dell'assistenza e IPAB: qualcosa si muove, n. 60, ottobre-dicembre 1982; IPAB e riforma dell'assistenza: ipocrisia e
potere, n. 61, gennaio-marzo 1983; G.U. Rescigno,
Lo stato giuridico delle IPAB dopo le
sentenze della Corte costituzionale, n. 65, gennaio-marzo 1984; F. Santanera, Valorizzazione delle IPAB ed emarginazione
degli anziani non autosufficienti in Emilia-Romagna,
ibidem; Valorizzazione delle IPAB e
delle case protette - L'intervento del Comune di Modena e la replica della
redazione, n. 68, ottobre-dicembre 1984; Perché diciamo no alla privatizzazione delle IPAB, n. 70,
aprile-giugno 1985.
(2) Cfr. M. Tortello - F. Santanera,
L'assistenza espropriata - I tentativi
di salvataggio delle IPAB e la riforma dell'assistenza, Nuova Guaraldi Editrice, Firenze, 1982.
(3) Art. 1
della legge 753/1862.
(4) Art. 1
della legge 6972/1890.
(5) Cfr. in Prospettive
assistenziali: I nulla, n. 64, ottobre-dicembre 1983; Tentativi
di rilancio della segregazione dei più deboli, n. 66, aprile-giugno 1984; Tutto è pronto per una nuova emarginazione
di massa, n. 68, ottobre-dicembre 1984; Un
decreto per l'emarginazione di massa dei più deboli, n. 72,
ottobre-dicembre 1985.
(6) Cfr. M. Dogliotti, Il «pasticcio» degli enti ecclesiastici e il destino delle IPAB,
in Prospettive assistenziali, n. 70,
aprile-giugno 1985.
(7) Circa l'azione popolare si vedano
anche gli articoli da 117 a 123 del R.D. 5 febbraio 1891, n. 99.
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