Editoriale
L'ABBANDONO DEGLI ANZIANI CRONICI NON AUTOSUFFICIENTI TRAGICA
CONSEGUENZA DELLA NEGAZIONE DEL DIRITTO ALLA SALUTE
Le vicende dì seguito riportate dimostrano
li preoccupante livello di degradazione umana e sociale raggiunto nei confronti
degli anziani cronici non autosufficienti. Ciò rappresenta, a nostro avviso,
la diretta conseguenza della negazione del loro
diritto alla salute.
1° caso: «La signora T.F., di 82 anni, vive sola (è
senza parenti) in una casa del centro di Bologna; a
causa di malattia acuta era stata ricoverata all'Ospedale ... di Bologna. Il
22.1.86 è stata dimessa e gli inservienti l'hanno
portata a casa in barella alle ore 20 e l'hanno lasciata sul letto, dove è
rimasta fino alle 3, quando la sua vicina di casa, rientrando, ha udito invocazioni
di aiuto. Questa vicina, già prima del ricovero, aveva prestato assistenza
alla T.F., che, essendo
"allettata" abbisognerebbe di assistenza continua. 1 medici
ospedalieri - qualche giorno prima delle dimissioni - avevano anticipato alla
vicina che avrebbero dimesso la T.F. il giorno 22 fra
le ore 13 e 14; la stessa aveva fatto subito presente che non avrebbe più
potuto continuare a prestare l'assistenza fino ad allora fornita. Comunque si era premurata di restare a casa fino alle 14,
dopo di che era uscita per impegni. Grande è stata la sua meraviglia nel trovare
la signora T.F. da sola e infreddolita; ha provveduto a
chiamare il medico curante; questi, rispettando anche la volontà della T.F., che definiva l'ospedale ... come "1'inferno dei
vivi", provvedeva a farla ricoverare in un altro ospedale della città».
2° caso: «La signora
R., di 85 anni, è affetta da grave cardiopatia; nel luglio '86 si era fratturata
il femore, e perciò era stata ricoverata all'Ospedale ... di Bologna, dove si è
provveduto alla frattura. Verso il 10 agosto, i medici della divisione hanno
fatto presente al parente la necessità di provvedere ad una sistemazione della paziente, che non avrebbe potuto occupare un letto
ortopedico per molto tempo ancora. Da un sopralluogo
che il Centro per i diritti del malato di Bologna ha effettuato,
è risultato che la paziente aveva continue crisi cardiache, alle quali si era
risposto con terapie farmacologiche e con
ossigenoterapia. Sembrava pertanto assurdo poter contare di eseguire al
domicilio quanto era necessario, nonostante l'infermiera della divisione
assicurasse che il servizio domiciliare avrebbe provveduto (ignoranza o
malafede?)».
3° caso: «La signora N.I. (85 anni), era ospite a ... (casa di riposo privata)
dove non aveva possibilità di ricevere l'assistenza di cui aveva bisogno. A
causa di una grave disidratazione e di conseguente stato di coma, era stata
portata al pronto soccorso dell'Ospedale ... di Bologna e ricoverata nella
divisione di medicina. Il 22.1.86 è stata dimessa ed
inviata presso l'unica persona che si era occupata di lei, un'amica, che dopo
molte resistenze aveva acconsentito ad ospitarla a casa sua. La paziente
avrebbe dovuto usufruire dell'assistenza domiciliare, secondo i responsabili
della dimissione ospedaliera. Alla visita domiciliare
eseguita il giorno dopo, appariva un quadro talmente grave da non consentire
il trattamento a domicilio: febbre alta, tremito convulso di tutto il corpo,
pressione bassa, incontinenza urine e feci e vaste piaghe da decubito. Dopo un
primo immediato intervento di medicazione, il servizio domiciliare sanitario ha
chiamato l'ambulanza di Bologna Soccorso, con sede presso l'ospedale stesso: a
questo punto sono sorte difficoltà, motivate dal fatto che la paziente era
stata dimessa il giorno prima; anche i medici del
reparto cui la paziente è stata inviata, medicina ... sembravano non volessero
trattenerla, forse giudicavano la situazione non abbastanza acuta. La
situazione si è poi risolta rapidamente in quanto la signora è deceduta tre
giorni dopo».
4° caso: «La signora H.V. di anni 83 - ospite da 5 anni
di una Casa di riposo delle Suore ... - nel luglio '86 viene ricoverata per un
intervento di cataratta. Dopo l'operazione è colpita da infarto
e viene trasferita dalla Clinica ... al reparto rianimazione dell'Ospedale di
... Superata la fase acuta viene ricoverata in medicina per sopraggiunte
complicazioni seguite al grave attacco cardiaco. È un ricovero motivato da
affezioni di varia natura ed è seguito, per il notevole bisogno di assistenza, dalle Suore della casa di riposo in cui era
ospitata. Dopo circa due mesi di degenza, sempre in condizioni cliniche gravi
(nutrita quasi esclusivamente con flebo, incontinente, con piaghe da
decubito), il primario del reparto la mette in dimissione: le Suore non hanno
le condizioni per riaccoglierla perché il loro istituto è strutturato in
piccole camerette singole dove ciascun ospite vive in totale autonomia. Fanno
presente le loro difficoltà ad accogliere la malata bisognosa di continua
assistenza (letto con cancelli, catetere, ecc.), ma la
sostituta del primario dice alle Suore di aver segnalato che "la malata è
dimessa, ma rifiutata dal domicilio d'origine". Le Suore interessano il
Centro sociale di zona - che è privo di proposte -: troverebbe posto a ...
che è una Casa di cura per lungodegenti (di recentissima inaugurazione) non
convenzionata, con rette da 89.000 a 100.000 giornaliere + Iva + spese extra.
La malata è sola al mondo, ha la sola pensione sociale
e quindi non può sostenere una spesa così rilevante. Per l'interessamento di un
medico della Casa di cura ... (convenzionata) viene
trasferita lì, ma dopo pochi giorni ne è dimessa perché le cure fisioterapiche
praticate e che sono alla base del servizio, risultano vane per la signora H.V. Nel contempo le Suore hanno la disponibilità di alcune
aule inadoperate annesse alla Casa di riposo e così
"montano" una camera dove la Madre superiora si trasferisce per
assisterla la notte e tra le Suore (poche e anziane) e le ospiti, organizzano
l'assistenza».
Queste quattro vicende - le prime tre segnalateci
dal Centro per i diritti del malato di Bologna e la
quarta dall'Associazione per la tutela del malato e il diritto alla salute di
Firenze (1) - dimostrano senza ombra di dubbio quali
siano le aberranti conseguenze della linea politica perseguita da
amministratori, programmatori e operatori sanitari e assistenziali per
l'espulsione degli anziani cronici non autosufficienti dal settore sanitario.
L'anziano malato cronico non autosufficiente non è considerato una persona da curare, ma un intruso da allontanare
al più presto dai servizi sanitari, poco importa come.
Contro l'eutanasia da abbandono
Contro questa linea che abbiamo definito «eutanasia
da abbandono» (2), segnaliamo la presentazione, avvenuta il 10 marzo 1986
nella sala Cenacolo della Camera dei Deputati, del documento «Diritti ed esigenze delle persone gravemente non autosufficienti»
(3).
Il prof. Pietro Rescigno,
illustre giurista, ha rilevato che il decreto del Presidente
del Consiglio dei ministri dell'8 agosto 1985 è certamente
anticostituzionale e illegittimo in quanto, pur avendo detto provvedimento
solamente natura amministrativa, tende nella sostanza a modificare i diritti
dei cittadini sanciti da leggi approvate dal Parlamento.
Di fondamentale importanza l'intervento di Mons. Giovanni Nervo, il quale ha sostenuto che la
situazione attuale degli anziani cronici non autosufficienti, non difesi da
parenti o da terzi, è ormai sui pericolosissimo piano
inclinato il cui fondo è rappresentato dalla eliminazione fisica dei più
deboli.
In realtà, nessuno dichiara di pensare ad una eliminazione fatta alla luce del sole; nessuno vuole
assumersi precise responsabilità a livello politico ed operativo. Ma, in
realtà, si finisce con l'aumentare e di molto l'area dei più deboli ai quali -
come avviene già attualmente - vengono forniti
interventi qualitativamente scadenti e quantitativamente ridotti al minimo. Per
perseguire questi obiettivi, i nuovi emarginatori,
sulla base delle esperienze dei manicomi e delle altre strutture segregative per bambini e per handicappati, propongono di
rinchiudere gli anziani cronici non autosufficienti in luoghi appartati, le
case protette.
Ha affermato Mons. Nervo: «Il mio discorso è etico e politico e non
può avere come interlocutori solamente í tecnici. La tutela della salute è un
diritto fondamentale riconosciuto dalla Costituzione. Nell'attuale ordinamento
legislativo la cura della salute è gratuita per tutti i cittadini. L'anziano malato cronico non autosufficiente, anche se
stabilizzato, é un malato con tutti i suoi diritti di cittadino alla tutela
della salute.
Mentre
l'ospedale nella fase acuta e in quella di riabilitazione tutela, bene o male,
il diritto dei cittadini alla salute, non altrettanto può dirsi
che molte delle attuali case di riposo, che si chiameranno strutture protette
socio-sanitarie, garantiscano il "mantenimento" allo stato di
stabilizzazione raggiunto, se funziona, dall'ospedale. La conseguenza è che ci
sono i cittadini di categoria A che godranno della
tutela della salute nella fase acuta e nella fase di riabilitazione perché poi
rientreranno nel circuito più o meno attivo e produttivo, o comunque per il
momento non graveranno ulteriormente sulla società; e ci saranno i cittadini
di categoria B, gli anziani malati cronici non autosufficienti stabilizzati
che saranno emarginati nei cronicari senza nessuna garanzia effettiva, nella
situazione attuale, che la loro salute sia realmente curata, sia pure in
ambiente diverso, con modalità e con ritmi diversi: cioè perdono parzialmente
il diritto alla tutela della salute perché non sono più produttivi, attivi o
comunque autosufficienti e perciò costano troppo alla collettività.
Quello che
si chiede è che si eviti l'errore della 180: non basta supporre i servizi
adeguati, fuori dell'ospedale, bisogna organizzarli e garantirli prima di
estromettere gli anziani dall'ospedale. Rimane l'altro problema, quello del pagamento della retta alberghiera. Se l'anziano malato
cronico non autosufficiente stabilizzato continua ad essere un malato, perché
deve pagare la retta alberghiera, che invece non pagava
quando era in fase acuta o di riabilitazione?
Non è una
penalizzazione e una discriminazione dei più deboli, proprio nel momento In,
cui avrebbero maggior bisogno di risorse, perché ad esempio hanno bisogno di assistenza infermieristica integrativa e non hanno più i
familiari accanto?
Si dice: se
hanno risorse, è giusto che paghino. Può essere un
criterio giusto, ma allora deve essere applicato a tutti i cittadini malati,
anche a quelli che sono curati nella fase acuta e nella fase
di riabilitazione. In fondo la Costituzione lo consente, perché il vincolo
delle cure gratuite è limitato agli indigenti. Si tratta di modificare fa linea
politica sociale, ma non si può partire a tagliare dai più deboli».
Una allarmante
dichiarazione
Come risulta da una notizia
diramata dalla Agenzia ANSA, «il Ministro
degli interni danese, il liberale Knud Engaard, ha proposto che gli studenti di medicina vengano
preparati a fare una selezione fra i pazienti, quando questi devono essere
operati, applicando non solo criteri esclusivamente medici, ma anche economici
e morali.
Il che
significa che molti malati anziani, per i quali ci sono poche speranze di
guarigione, non potranno essere destinatari di cure lunghe e costose da parte
dell'assistenza pubblica.
Il Prof. Poul Riis,
presidente del Comitato scientifico nazionale, ha ammesso che già oggi i medici
sono costretti, a causa del crescente numero di
costose terapie a scegliere tra "pazienti buoni" e "pazienti
cattivi"; su tali considerazioni si è intanto accesa una vasta polemica
negli ambienti sanitari e politici».
Non si tratta - purtroppo - di una posizione isolata. Nel n. 74, ottobre-dicembre 1986 di «Società e salute», nella
recensione del libro di D.E. Meier
e C.K. Casse «Nursing
home placement and the demented
patient. A case presentation and ethical analysis», Annals of Int. Med. (1986) 104.98, viene affermato che un
«problema sociale di grande rilevanza
per la cura di un paziente demente è l'attuale previsione per il contenimento
dei costi sanitari. Il problema della restrizione della spesa si ripercuote in
modo marcato sull'anziano, in particolare sul paziente demente. L'impiego delle risorse disponibili sembra a molti inadeguato se
rivolto alla persona dipendente, senza possibilità di recupero».
È proprio partendo da queste considerazioni che il
Consiglio sanitario nazionale ha sollecitato, con il documento approvato l'8 giugno 1984, l'espulsione degli anziani cronici non
autosufficienti dal settore sanitario affermando quanto segue: «Considerato lo stretto intreccio della
presenza sanitaria e socio-assistenziale anche nelle strutture protette, appare
necessario che, nel transitorio, sia per l'inadeguatezza dei servizi sanitari
sul territorio che non possono farsi carico in maniera completa del problema,
sia perché storicamente il non autosufficiente è stato ricoverato e assistito
in ambito ospedaliero e paraospedaliero, la spesa relativa al
ricovero in casa protetta o struttura similare di persone non autosufficienti
carichi parzialmente (fino al massimo del 50%) sul fondo sanitario nazionale, ai fini di determinare la correlativa riduzione
della spesa ospedaliera».
Il decreto Craxi dell'8 agosto 1985, attuativo del
parere del Consiglio sanitario nazionale, ha trovato favorevole accoglienza nei
nuovi emarginatori.
Ad esempio, nella proposta di legge «Norme per la
programmazione, organizzazione e gestione delle
residenze di assistenza sanitaria e sociale del Lazio», l'Assessore alla
sanità, igiene e ambiente (4) ha previsto il dirottamento nelle strutture
assistenziali protette (con oneri a carico dei ricoverati) di una fascia estremamente
ampia di pazienti:
«a) i
soggetti portatori di alterazioni morbose stabilizzate
che hanno superato la fase acuta della malattia e che abbiano eventualmente compiuto
un adeguato trattamento di riabilitazione, trascorso il quale non è possibile
ottenere ulteriori miglioramenti »;
«b) gli
anziani che presentano patologie progressivamente ingravescenti
ma non bisognevoli di assistenza ospedaliera»;
«c) i
soggetti affetti da patologie psico-geriatriche»;
«d) i
pazienti affetti da malattie in fase terminale per i quali non sono
prevedibili episodi di emergenza sanitaria».
Come si vede, l'Assessore della Regione Lazio non va
tanto per il sottile, prevedendo addirittura l'espulsione dagli ospedali di
pazienti con malattie acute. Inoltre, è di estrema pericolosità
la dimissione di coloro che vengono definiti
«non bisognevoli di assistenza ospedaliera», dichiarazione il cui rilascio
spetta allo stesso personale ospedaliero che vuole sbarazzarsene (5).
Sulla stessa linea si è posto l'On. Curci, relatore della proposta di legge «Modifiche e integrazioni alla legge 23
dicembre 1978, n. 833 e nuove norme in materia di assistenza
psichiatrica», che nella bozza di testo unificato presentato al Comitato
ristretto della Commissione Sanità della Camera dei Deputati, ha proposto (art.
4) quanto segue: «I servizi residenziali di assistenza socio-sanitaria svolgono funzioni di lunga assistenza
e/o di riabilitazione indirizzate a soggetti parzialmente autosufficienti o
non autosufficienti».
Dette residenze di assistenza
socio-sanitarie sono distinte da quelle a carattere sanitario (art. 1).
Infine è previsto che gli ex ospedali psichiatrici e
neuropsichiatrici possono essere utilizzati quali
residenze di assistenza socio-sanitaria (articolo 5).
In buona sostanza è aperta la strada per la
riattivazione degli ex manicomi.
L'unica parola d'ordine di numerosi amministratori
regionali e locali e di molti programmatori sembra essere: case protette
ovunque per i non autosufficienti. Molti prevedono addirittura di internarvi anche gli handicappati adulti ed i pazienti
psichiatrici.
Seguace di questa linea é, ad
esempio, l'Assessore all'assistenza della Regione Piemonte che, dopo aver
sollecitato ed ottenuto l'approvazione
della legge 24 marzo 1986 n. 14 «Finanziamento dei presidi socio-assistenziali
a carattere residenziale», ha erogato i primi 4 miliardi per la
ristrutturazione e il completamento di residenze destinate in gran parte ad
anziani non autosufficienti (6). I finanziamenti sono stati assegnati anche a
strutture situate in piccoli paesi, per cui viene
rilanciata la deportazione assistenziale dei più deboli, creando in tal modo
le condizioni per ostacolare la presenza dei familiari.
La politica di emarginazione
della Regione Piemonte è destinata a svilupparsi.
Nella «Proposta di programma pluriennale di attività
e spesa 1987-90», approvata dalla Giunta regionale il 19 dicembre 1986 è
previsto lo stanziamento di 102 miliardi per la costruzione e ristrutturazione
di strutture residenziali a carico del comparto assistenziale per anziani
autosufficienti e soprattutto per non autosufficienti.
E i servizi alternativi? Di potenziamento dell'assistenza
domiciliare (presente solo in 364 dei 1209 Comuni piemontesi), dell'assistenza
economica, delle comunità alloggio, nell'atto della
Giunta non si fa alcun cenno concreto.
Infine segnaliamo che nelle varie deliberazioni
assunte dalle Regioni in attuazione del decreto Craxi
dell'8 agosto 1985 (7), anche al fine di poter spillare quattrini proprio alle
persone non in grado di difendersi, si fa riferimento ad una nuova categoria di utenti.
Ad esempio nella deliberazione del Consiglio
regionale piemontese del 31 luglio 1986 n. 24511964, si indicano
quali utenti delle strutture assistenziali protette gli anziani «non malati che si trovano in condizioni di
prevalente non autosufficienza psico-fisica».
Si tratterebbe cioè di sani non autosufficienti sul piano
psico-fisico: pur di emarginare si fa a pugni con il buon senso.
Ricordiamo, inoltre che, come ha affermato Massimo Dogliotti, docente dell'Università della Calabria e giudice
del Tribunale di Genova (8) «la nozione
di non autosufficienza è, allo stato attuale della legislazione, nozione
extra-giuridica (...). Attualmente l'ordinamento
giuridico può solo rispondere che la salute è diritto di ogni cittadino,
autosufficiente e non autosufficiente».
Aggiunge M. Dogliotti: «Il soggetto non autosufficiente
(definizione medico-clinica e non giuridica) può necessitare
di una cura ospedaliera, e pure di interventi di riabilitazione, recupero,
terapie o semplice accudimento extra-ospedaliero. Anche questi interventi dovrebbero rientrare nel settore
sanitario (tondo sanitario, USL). E così pure le prestazioni
di vitto e alloggio, ad esempio, nelle case protette. Nessuno si sognerebbe di pensare che le prestazioni di vitto e alloggio
in ospedale rientrano nel sociale. Questa sembra l'intenzione del legislatore
nella riforma sanitaria che, proprio con riferimento all'anziano, precisa che
il servizio sanitario nazionale persegua la tutela
della sua salute, anche al fine di prevenire e di rimuovere le condizioni che
possono concorrere alla sua emarginazione. Non si risolvono i problemi di
bilancio, scaricando il sanitario, in quest'accezione
più ampia, il sociale, ma semmai imponendo, con legge dello Stato, il pagamento
in tutto o in parte di alcune prestazioni sanitarie ai cittadini, in relazione al reddito (anche se vi sarebbe un problema di
ulteriore graduazione per i lavoratori che hanno diritto a prestazioni previdenziali)».
Aggiungiamo che moltissime sono le Regioni
(Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Veneto, Liguria, ecc.) e le USL che
procedono alla costruzione di case protette assistenziali
per rinchiudervi anziani e adulti cronici non autosufficienti, compresi
quelli con malattie mentali.
Conclusioni
Amministratori e programmatori a livello nazionale e
locale, in aperta violazione delle leggi vigenti, continuano imperterriti a
sostenere soluzioni di emarginazione dei cittadini
più deboli.
L'eutanasia da abbandono è una modalità di intervento praticata con sempre maggiore intensità e
brutalità anche se si cerca in tutti i modi di mascherarla.
L'ampia diffusione del documento «Diritti
ed esigenze delle persone gravemente non autosufficienti» (9), le numerose
adesioni al documento stesso e il successo della manifestazione di Roma del 10
marzo 1987 consentono di sperare in una prossima, anche se non immediata inversione
di tendenza. Numerose e consistenti sono le difficoltà, enormi gli interessi
politici ed economici da vincere: ancora una volta è indispensabile l'unità
di tutti coloro che non accettano che siano calpestati
i diritti della fascia più debole della popolazione, fascia di cui ciascuno di
noi può venire a far parte a seguito di malattia o d'incidente.
(1) Altre 18 analoghe storie sono
pubblicate nel libro di F. Santanera
e M.G. Breda «Vecchi da
morire», recentemente pubblicato da Rosenberg & Sellier nella Collana «Quaderni di promozione sociale».
(2) Cfr. «Gli
anziani cronici non autosufficienti: eutanasia da abbandono», in Prospettive assistenziali,
n. 59, luglio-settembre 1982.
(3) Al documento integralmente
pubblicato sul n. 75, luglio-settembre 1986 di Prospettive assistenziali, hanno aderito: Pierpaolo Donati -
Professore ordinario di Sociologia - Università di Bologna; Antonio Maria Strambi - Società San Vincenzo De Paoli
- Consiglio Superiore per l'Italia - Roma; Nando Agostinelli
- Presidenza della Associazione nazionale pensionati della Confcoltivatori
- Roma; Quinzio Granata, Primario Geriatria USL RM/9, Presidente Centro
italiano per lo studio dell'Algheimer e della
longevità - Roma; Vittorio Lumia, Primario Geriatria
Ospedale dell'Addolorata RM/9 - Roma, Libero docente Università terza età -
Roma; Renzo Scortegagna, Associato sociologia
dell'organizzazione, Dipartimento di sociologia - Università di Padova; Luigi Cancrini, Vice presidente Commissione Sanità - Consiglio
regionale Lazio; Lidia Menapace, Consigliere Regione
Lazio - Sinistra indipendente; Teresa Angela Migliasso
- Deputato PCI; Leda Colombini - Deputato PCI; Elio Gabbuggiani - Deputato PCI; Sergio Fontanari
- Senatore Gruppo Misto-SVP; Pierluigi Onorato -
Deputato Sinistra indipendente; Gianfranco Boris - Senatore Sinistra
indipendente; Pasquino Ulianich - Senatore Sinistra
indipendente; Antonio Gatto, Direttore e Coordinatore sanitario - USL/9 Basso
Vicentino (Regione Veneto); Bruna Cicconi,
Presidente Cooperativa Pulcinella Roma; Uberto Gatti, Ordinario di criminologia
dell'Università di Genova; Carlo Carozzo - Redazione
de «Il Gallo» - Genova; Maria Pia Bozzo Ferraris, Consigliere comunale DC di Genova - Direttrice
IRRSAE; Roberto Balestreri, Ordinario di
gerontologia, Università di Genova; Bruno Venzi,
Presidente COOPOS (Cooperativa Popolare Operatori Sociali) - Genova; Marino Peruzza, Primario geriatria, Ospedale Giustiniani
- Venezia; Maria Antonietta Aveni
Casucci, Associato di psicologia, Facoltà medica
Università di Milano,
Direttrice della sezione gerontologica e clinica dell'Istituto di psicologia della Facoltà medica -
Università di Milano; Volontariato A.V.A.S.S., Gruppo
di Manta (CN); Le assistenti sociali delle UU.SS.LL. n. 49 e 50 della Regione Piemonte: Gabriella Caccini, Marinella Marchitelli,
Marina Serra, Isa Strona, M. Luisa Morace, Giuliana De Gasperis,
Stefano Scarpinato; U.I.L.D.M. - Direzione Nazionale - Unione italiana lotta
alla distrofia muscolare Padova; Gruppi Direttivi della Caritas
Marcelliana e del volontariato cittadino - Città di Monfalcone (GO) (rif. Giovanni Fragiacomo);
Francesco Cavazzuti, Primario USI- 28 - Regione
Emilia Romagna - Bologna Nord - Ospedale OrsolaMalpaghi;
ACAP - Comunità di Sant'Egidio - Roma; Francesco Florenzano, Gruppo
italiano di ricerca economica e sociale di Salerno; Gianfranco Pasquino,
Senatore Sinistra indipendente; Adriana Ferretti, Responsabile socio-assistenziale
- USL 73 del Piemonte - Novi Ligure (AL); Lucia Gardillo,
Assessore alla sanità - Provincia di Potenza; Amministrazione Provinciale di
Potenza; Enrico Piovani, Presidente CO.SE.PO. - Cooperativa servizi polivalenti - Viterbo;
Paolo Putrino, Vice Presidente USL/19 Spezzino (La
Spezia); Paolo Liverani, Università di Urbino,
Docente in assistenza sociale e servizi sociali; Giuseppe Raganato,
Primario Geriatria Ospedale Civile Copertino,
Specialista geriatria e gerontologia - Copertino
(LE); Luigi Covatta, Senatore PSI; Unione per la
lotta contro l'emarginazione sociale - ULCES - Torino; Carlo Cuomo (Comitato regionale lombardo PCI) - Milano; Bianca Guidetti Serra, Consigliere comunale DP - Torino; Renato Henriet, Società San Vincenzo De Paoli
- Aosta; Arnold Tribus,
Consigliere regionale del Trentino Alto Adige (Lista alternativa per l'altro
5udtirolo) - Bolzano; F. Fosson,
Associazione valdostana famiglie portatori handicap - Aosta; Franco Calamida, Deputato Democrazia proletaria; Salvatore Cerminara - Coordinatore Settore servizi sociali - Regione
Lazio, Assessorato Enti locali - Roma; Vito Totìre,
Consigliere regionale Gruppo Verde - Emilia Romagna - Bologna; Adriano Salvagnin - assistente sociale - responsabile attività
della terza età ULSS/31 - Adria (RO); Silvana Cavazzin,
Infermiera professionale - ULSS/31 - Adria (RO); Antonella Franzoso,
Infermiera professionale - ULSS/31 - Adria (RO); Cinzia Ruzza, Infermiera
professionale - ULSS/31 - Adria (RO); Marta Ghinello,
Assistente sanitaria visitatrice ULSS/31 - Adria (RO); Daniela Smorgon, Ostetrica ULSS/ 31 - Adria (RO): Fiammetta Frigato, Assistente sociale - Servizio ospedaliero - Adria
(RO); Antonio Pennacchio, Fisioterapista USL 37 - Breno (BS); Giampietro Martinelli, Psicologo - USL 37 - Breno (BS); Giancarlo Paoletti, Funzionario socio-sanitario - Regione Toscana;
Ornella Galletto, Assistente sociale - Comune di Carrara; Elena Rocchiccioli, Funzionario direttivo - Comune di Massa; Gabriella Novani, Assistente
sociale USL/2 - Massa Carrara; Silvana Bonotti,
Responsabile Servizio sociale USSL/2 Massa Carrara; Maria
Marcellina Puliti, Regione Toscana, Funzionario socio-sanitario; Fabrizia Guastalli, Assistente sociale e coordinatore - USL/2
Toscana; Pasqualina Napoletano, Consigliere regionale del Lazio (Comm. Sanità) - Regione Lazio; Leo Canullo
- Deputato PCI; Ornella Benedetti, Assistente sociale - Viareggio; Piergiacomo Baroni, Assistente sociale -A.S.A.P.
Novara; Laura Mussano Davi, Assistente sociale - Presidio ospedaliero - Rivoli
(TO); Walter Mandolini, Coordinatore casa di riposo «Villa Serena»
- Comune S. Marcello Pistoiese; Luisa Gorgoni, Assistente sociale coordinatore - USL/LE/1 -
Ospedale G. Galateo Responsabile del Tribunale per i diritti del malato
- M.F.D. - Lecce; Roberto Mazza, Assistente sociale -
USL/ 19 (La Spezia); Giorgio Satti,
Commissario IPAB - Istituto triestino interventi sociali - Trieste; Domenica
Corso, Direttore e Professore universitario - Scuola superiore servizio
sociale - Reggio Calabria; Giovanni Mario Dal Molin,
Coordinatore sociale - ULSS/4 - Feltre (Veneto);
Giuliano Silvestri - Deputato DC; Silvia D'Ambrosio, Educatore professionale -
Comune di Cologno Monzese
(MI); Anna Carla Bargone, Assistente sociale -
Regione Sardegna; Giuseppe Pascucci, Responsabile
settore sociale ULSS - Valle Umbra Sud; Salvatore Nasca, Direttore servizio
sociale - Ministero grazia e giustizia - Livorno;
Guido Bernardi, Deputato DC - Responsabile Trasporti;
Giovanni Masu, Presidente USL/3 Tempio P. (SS);
Daniela Tobaldini, Assistente sociale - Comune di Seregna (MI); Gabriele Rosati, sociologo USL VT/5; Giovanni
M. Obinli, Primario geriatria, Ospedale Civile -
Genova Sestri; Maria Luisa Saroni
Addario, Direttrice scuola assistenti sociali UNSAS - Torino; Annarosa Di
Nicola, assistente sociale - Coop. C.O.S.; Silvano Miniati, Dir. nazionale UIL - Segr. Nazionale UILP; Della Martina Giuseppe,
Segretario Agenzia Diritti Anziani - c/o AICS; Maria
Bonaria Marras, Assistente sociale, ex ENAOLI;
Massimo Mantero, Primario inc. servizio recupero
rieducazione funzionale - USL/7 ligure «del Savonese»;
Rita Andrenacci, Assistente sociale, Associazione di
volontariato S. Saturnino; Salvatore Crispi,
Operatore sociale- Associazione siciliana assistenza spastici - Palermo; Donatella Anserini, assistente
sociale - Selenia S.p.A.;
Gerardo Canora, Direttore ripartizione servizi culturali, sociali, tempo
libero - Comune di Cava dei Tirreni (SA); Ettore d'Ignazi,
assistente sociale - Ripatransone (AP); Pia David,
assistente sociale - USL Centro Sud - Ospedale regionale - Bolzano; Marta Ranzi, Assistente sociale - USL Centro Sud - Ospedale
regionale - Bolzano; Daniela Pompei, Assistente sociale - Cooperativa cultura
popolare - Roma; Franco Giustinelli - Senatore PCI;
Lucilla Bonaco, Presidente Movimento gruppo servizi
anziani; Marco Gallo, Responsabile studi e ricerche di INECOOP (istituto
nazionale per l'educazione cooperativa); Anna Maria Conterno Degli Abbati, Ispettrice
Ministero pubblica istruzione; Mario Calbí, Assistente
sociale - Consigliere Comune dì Genova - Indipendente PCI - ex Assessore ai
Servizi sociali - Comune di Genova; Maria Stefani, Assistente sociale - ISTISS:î (Istituto per gli
Studi sui servizi sociali) - Roma; Salvatore Taurino, Coordinatore e Direttore
sanitario - USL/BR/6 - San Pietro Vernotico (BR);
Giorgio Raos, Direttore amministrativo - Capo
servizio - USL/7 - Tradate (Varese).
(4) Fra i vantaggi delle strutture
protette, nella relazione è indicato anche il seguente: «Offrire una valida opportunità
di riconversione alle case di cura private che cesseranno i rapporti
convenzionali con le Unità sanitarie locali per effetto dei provvedimenti
regionali diretti al ridimensionamento della retta ospedaliera privata, anche
in conseguenza della necessità di contenere la spesa sanitaria entro le
risorse finanziarie disponibili».
(5) Ricordiamo che le leggi vigenti non
prevedono tale possibilità. II ricovero in ospedale o in altre strutture residenziali
sanitarie deve essere disposto quando le esigenze e
la situazione del paziente non consentono il trattamento domiciliare o
ambulatoriale. In merito ai pazienti cronici, V. Brutti, nell'articolo
«Anziani e handicappati in ospedale: degenza e fattori socio-ambientali» (Censis, n. 2/3, 15 gennaio - 1° febbraio 1986), osserva che
essi «tendono a permanere presso la
struttura (ospedaliera, n.d.r.) per lunghissimi periodi di tempo,
influenzando così fortemente il calcolo della durata media della degenza
generale. Questa categoria di utenti delle strutture
ospedaliere risulta "scomoda" anche per altri motivi: per i
sanitari, gli ammalati acuti sono in genere più stimolanti sul piano
diagnostico o terapeutico; per il personale infermieristico, avere in reparto
molti pazienti anziani significa aumento del carico di lavoro, per la maggiore
assistenza che questi richiedono».
(6) Le disposizioni della Regione
Piemonte prevedono il ricovero in case protette non solo di anziani e di adulti
non autosufficienti, ma anche di minori.
(7) Ci risulta che nessuna Regione
abbia contestato il decreto, chiaramente anticostituzionale e illegittimo, come
ha anche sostenuto Pietro Rescigno, come abbiamo
segnalato in questo articolo.
(8) Cfr. «Il diritto dell'anziano non autosufficiente alla salute»,
Seminario della Fondazione Zancan di Malosco del 26-29 giugno 1985, in Servizi sociali,
n. 4, 1985.
(9) Il documento è stato pubblicato
integralmente da Medicina geriatrica, Prospettive
assistenziali (che ne ha diffuso anche 5000 estratti), Prospettive sociali e sanitarie, La rivista di servizio sociale, Il
medico d'Italia, Quaderni di azione sociale, Notiziario AIAS, Controcittà e, in sintesi, dal Giornale dei Pensionati CISL, Gli altri, Progetto. Inoltre il testo
completo è stato inserito fra i documenti preparatori del Convegno «L'anziano
non autosufficiente: problemi e prospettive», svoltosi ad Aosta il 23, 24 e 25
ottobre 1986, organizzato dal Comune di Aosta e dalla
Lega per i poteri e le autonomie locali.
Le adesioni vanno inviate a ISTISSS, Via Arno 2, Roma oppure a CSPSS, Via della Scala
3, Roma.
www.fondazionepromozionesociale.it