Notiziario del Centro italiano per
l'adozione internazionale
ADOZIONE
INTERNAZIONALE: CON LA LEGGE (E COL BAMBINO) NON SI SCHERZA
Il decreto del Tribunale per i
minorenni di Trieste apparso sul n. 1-2, 1985, pp.
577 e segg. della rivista «Il diritto di famiglia e delle persone»
non può non destare il massimo allarme in chi, come noi, si occupa da vent'anni di adozione internazionale,
e deve pertanto trovare in questa sede una presa di posizione fermamente
negativa, tanto più doverosa in quanto la rivista sopra citata -
indubbiamente autorevole e solitamente ben fornita di validi collaboratori - si
è stranamente limitata in questo caso a pubblicare tale pericolosa decisione
senza corredarla di alcuna nota esplicativa.
Il caso preso in esame dai giudici minorili di
Trieste è tra i più semplici e scontati. Due coniugi, dopo aver ottenuto
all'estero un minore straniero e dopo averlo introdotto in Italia, decidono
finalmente di farsi vivi presso il Tribunale per ottenere l'obbligatoria
dichiarazione di idoneità all'adozione internazionale.
Il Pubblico ministero si oppone, e chiede giustamente che la domanda sia
respinta, ricordando ai suoi colleghi del Tribunale che - a norma degli artt. 30 e 32 della legge 184/83 - tale dichiarazione avrebbe dovuto essere chiesta dagli aspiranti genitori
adottivi e concessa dal Tribunale in via assolutamente prioritaria all'inizio
di qualsiasi altra pratica adozionale e che, in ogni
caso, avrebbe dovuto e deve sempre precedere sia il provvedimento straniero
di affidamento che l'ingresso del minore nel territorio italiano, così come
d'altronde deve precedere (ovviamente) la stessa dichiarazione di efficacia in
Italia del provvedimento straniero richiesta dall'art. 32 della legge 184/83.
Il Tribunale di Trieste ha, invece, letteralmente
capovolto le sacrosante osservazioni del P.M., così ragionando: è vero, normalmente la valutazione
circa l'idoneità della coppia all'adozione internazionale è fatta
preventivamente, e cioè prima che sia individuato fisicamente un determinato
minore, ma nulla vieta che essa venga invece fatta slittare successivamente
allo svolgimento delle pratiche all'estero ed
all'arrivo del bambino in Italia. Anzi - si aggiunge - così facendo si ottiene
addirittura un vantaggio, in quanto in tal modo c'è la possibilità di
sindacare più approfonditamente i requisiti soggettivi della coppia con
riferimento ad un minore determinato, sostituendo cioè
una idoneità in concreto (e quindi più tutelata) ad una mera idoneità in
astratto (di per sé suscettibile di essere invalidata da eventuali
controindicazioni negative insorte in un secondo tempo nei richiedenti).
Ma stiamo attenti alle facili lusinghe ed alle false
suggestioni di questo (falso) ragionamento, per capire il quale basta del
resto andare a verificare - scorrendo le prime e le ultime righe del
provvedimento in discussione - con quali reali criteri i giudici triestini
abbiano poi dato luogo a quella loro valutazione concreta. Ed
infatti i nostri due coniugi sono stati approvati con due righe di
motivazione: «Viste le informazioni del commissariato Polstato
di Villa Opicina che dipingono i coniugi richiedenti
come persone in condizioni personali ed economiche tali da reputarsi idonee
all'adozione; vista la relazione del servizio sociale
che attesta l'ambiente familiare sereno e stimolante e la confortevolezza
della situazione abitativa».
E questo sarebbe lo strombazzato approfondimento in
concreto dei requisiti della coppia, con riferimento a quel determinato minore
(minore che quasi certamente né i giudici minorili né l'assistente sociale
hanno nemmeno visto in faccia)? In realtà - molto più banalmente e (ahimè)
gravemente - siamo di fronte ad un caso in cui (ci si passi il bisticcio) si
adotta una giurisprudenza per adattare la legge ad un'emergenza spicciola e
poco encomiabile, e cioè all'esigenza di
«accontentare» una coppia che, ancora una volta, ha come prima cosa deciso di
mettersi alla ricerca privata e captatoria di un
bambino, ponendo quindi di fronte al fatto compiuto il Tribunale e confidando
nella sua benevolenza (o, meglio, nella sua acritica e connivente arrendevolezza).
Un accomodante azzeccagarbugli in vena di spirito
potrebbe commentare il tutto ricorrendo al motto: «Fatta la legge, trovato l'inganno». Ma
noi affermiamo invece che con la legge (e col bambino) non si scherza. L'interpretazione letterale e sistematica delle norme sopra
citate, e soprattutto lo spirito dell'intera legge 184/83 (come ben hanno
rilevato da tempo gli studiosi più sensibili ed avvertiti, come ad esempio A. e
M. Finocchiaro, B. Poletti
di Teodoro, M. Pavone, ai quali rinviamo per le dettagliate considerazioni
specifiche), non consente, non può consentire manipolazioni o accondiscendenze
di sorta. Basti pensare che, con una giurisprudenza del genere, non soltanto non viene affatto perseguito quel favor minoris
che a parole si sostiene di voler difendere, incorrendo viceversa nella
gravissima stortura di avallare ad occhi chiusi la scelta di un minore fatta da
una coppia nell'elusione di tutti i controlli
istituzionali preventivi, ma si incorre addirittura in un male ancora
peggiore, poiché a questo punto l'illegalità finisce per creare di pari passo
ed irresponsabilmente le premesse di un affidamento preadottivo
quanto meno affrettato e superficiale, con il rischio conseguente di dover
poi esporre il minore alla procedura terribile (perché traumatica in sommo
grado per ogni bambino) prevista obbligatoriamente dagli artt.
33 e 37 della legge, comportante l'allontanamento del piccolo dalla coppia,
con la riapertura della pratica di adozione e, al
limite, l'eventuale rimpatrio nel Paese d'origine! Ed allora sì che avrebbe
ragione il pessimista Sacchetti, là dove osserva che «lo strumento dell'adozione è creato per i
bambini di Paesi sottosviluppati, politicamente deboli e di fatto
condiscendenti alla manipolazione dei propri provvedimenti»!
Per troncare ogni residuo dubbio in proposito, non si
ricorderà mai abbastanza che gli Enti che - come il CIAI - sono autorizzati per
legge (art. 38 legge 184/83 e D.M. 28-6-1985) allo svolgimento
delle pratiche per l'adozione internazionale non prendono in alcuna
considerazione le domande di assistenza pervenute da parte di coppie non in
regola con la dichiarazione di idoneità dei Tribunali per i minorenni. Ed in
senso per certi versi analogo si è anche pronunciato ultimamente -
nell'incontro organizzato a Roma dall'Ufficio per la giustizia minorile del
Ministero di grazia e giustizia il 5 e 6 dicembre 1986 - il rappresentante del
Ministero degli affari esteri, il quale ha rilevato come molte coppie ignorino
le disposizioni dell'art. 31 legge 184/83 sull'ingresso dei minori in Italia a
scopo di adozione internazionale, insistendo sulla
necessità d'informarle dettagliatamente al riguardo, fin dal momento della dichiarazione di idoneità.
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