Prospettive assistenziali, n. 77, gennaio-marzo 1987

 

 

Notizie

 

 

CONVEGNO DI AOSTA SU «L'ANZIANO NON AUTOSUFFICIENTE - PROBLEMI E PROSPETTIVE»

 

Concludiamo la pubblicazione delle sintesi dei gruppi di lavoro costituiti in occasione del con­vegno «L'anziano non autosufficiente - Problemi e prospettive», svoltosi ad Aosta il 23, 24 e 25 ottobre 1986, organizzato dal Comune di Aosta e dalla Lega per le autonomie locali.

 

Sintesi del gruppo «I problemi relazionali, sociali e culturali»

Problemi concettuali

Gli aspetti relazionali, sociali e culturali della non-autosufficienza dell'anziano si colgono facil­mente in presenza di altre situazioni di non-auto­sufficienza e possono intendersi come stati di isolamento, di emarginazione (carenza di comu­nicazioni, perdita di ruoli sociali, ecc.).

Tali aspetti peraltro, indipendentemente dalia loro manifestazione, riguardano la generalità de­gli anziani, proprio per le caratteristiche dell'at­tuale organizzazione sociale; in proposito sono rilevanti gli effetti che alcune di queste caratte­ristiche riescono a provocare sulla non autosuf­ficienza, quali la disuguaglianza sociale, la stra­tificazione sociale, la struttura e l'organizzazione del potere, l'organizzazione del lavoro, il control­lo sociale, ecc. Effetti che investono gli anziani, ma anche qualsiasi altro gruppo sociale «debo­le», specialmente nel momento in cui viene identificato come tale.

Le cause che generano questo tipo di non-au­tosufficienza possono collocarsi in almeno quat­tro sedi:

a) il contenuto degli interventi sociali e sani­tari (carenza della dimensione relazionale o co­municativa, non differenziazione in rapporto alle diverse situazioni, ecc.);

b) la storia di vita individuale e lo status so­ciale acquisito nell'età adulta, dove si riscontra­no in modo evidente anche le differenze di sesso;

c) il sistema dei servizi sociali e sanitari così com'è concepito e così come i servizi vengano erogati: tendenza a istituzionalizzare, a catego­rizzare, a stigmatizzare, difficoltà a cogliere le differenze, tendenza a generalizzare e a stereo­tipare sia i bisogni (domanda), sia gli interventi (offerta);

d) lo stesso modello culturale o l'ambiente di vita, i quali non hanno ancora trovato uno spazio adeguato al problema dell'invecchiamen­to e della non-autosufficienza (tendenza a segre­gare, ad espellere, ad assistenzializzare, ecc.).

La manifestazione della non-autosufficienza nell'anziano non deve essere slegata dal processo che la determina. Considerando la non-autosuf­ficienza come processo, si possono trarre indi­cazioni rilevanti:

a) possibilità di determinare i diversi gradi di non-autosufficienza e differenziare corrisponden­temente l'intervento;

b) possibilità di individuare un momento pre­ventivo in corrispondenza alle fasi iniziali del processo stesso.

 

Problemi operativi

Le azioni concrete che possono affrontare il problema della non-autosufficienza negli anziani sono diverse e presentano gradi di complessità variabili:

1) azioni destinate a conoscere la situazione concreta, per evitare applicazioni acritiche di ste­reotipi o modelli ritenuti aprioristicamente va­lidi, ma non verificati;

2) azioni sull'organizzazione dei servizi, sui contenuti degli stessi, sulle metodologie di ero­gazione, sulla professionalità degli operatori (non basta una abilità «tecnica» di eseguire bene una prestazione, ma occorre una capacità di tipo «relazionale»);

3) azioni sui contenuti e sui metodi della po­litica sociale e su quanti hanno responsabilità in proposito (amministratori e politici). L'Ente lo­cale deve elaborare politiche, promuovere, pro­grammare e coordinare e non soltanto e preva­lentemente gestire servizi. La gestione può avve­nire anche da parte di altri (privati, cooperative, gruppi autogestiti, volontariato, ecc.), ma non in modo confuso e frammentario, senza una rifles­sione sugli obiettivi. Forse l'Ente locale dovrà ritrovare un proprio nuovo ruolo, non soltanto determinato da situazioni di emergenza;

4) azioni destinate a creare una nuova cultu­ra sull'invecchiamento e sulla non-autosufficien­za (non ghettizzante o emarginante); tali azioni corrispondono in parte agli effetti delle azioni precedenti sull'ambiente e sul contesto sociale.

Nelle fasi operative occorre sempre tener pre­sente la dimensione processuale della non-au­tosufficienza:

a) azioni rivolte a quanti già si trovano in situa­zioni di non-autosufficienza (potenziamento e re­cupero capacità residue);

b) azioni rivolte a quanti si trovano nel proces­so o in alcune sue fasi (prevenzione). Rispetto agli ambiti dove la non-autosufficien­za relazionale può manifestarsi e quindi dove va organizzato l'intervento, si possono distin­guere:

a) situazioni istituzionali (case di riposo, co­munità protette, ecc.);

b) l'ambito delle relazioni interpersonali (fami­glia, vicinato, amicizie, ecc.);

c) il contesto ambientale, compreso il sistema locale dei servizi (servizi sanitari, sociali, cultu­rali, trasporti, ecc.).

 

Alcuni suggerimenti

È obiettivamente impossibile formulare un pia­no di intervento, valido per ogni realtà e che ri­spetti le problematiche generali esposte nei pun­ti precedenti; è invece utile presentare alcuni suggerimenti, che possono integrare le conside­razioni teoriche e problematiche e prestarsi an­che ad applicazioni concrete.

Le linee su cui si dovrebbe orientare l'inter­vento sono:

a) promuovere e conservare l'integrazione so­ciale degli anziani, come antidoto all'emargina­zione e alla perdita di autosufficienza; l'integra­zione tra anziani e tra anziani e altre fasce di popolazione (adulti e giovani);

b) valorizzare la longevità in modo che il pas­sare degli anni e la perdita di autosufficienza (an­che parziale) non incidano sulla «voglia di vi­vere».

Rispetto al problema dell'integrazione occorre favorire l'aggregazione (o le aggregazioni) tra an­ziani, anche creando opportunità diverse, valo­rizzando la facoltà di scelta da parte degli an­ziani stessi. Tali aggregazioni, promosse e soste­nute da parte dei responsabili della politica so­ciale con interventi di animazione, appoggiati a servizi culturali, sociali o al volontariato, po­tranno anche favorire attività (lavori, servizi, hob­bies, giochi, ecc.) socialmente riconosciute, in grado di rafforzare e aiutare la costruzione di una identità individuale e collettiva degli anziani nel­la società.

Rispetto alla valorizzazione della longevità, la attenzione va posta a quelle azioni che creano opinione e che possono incidere su una cultura dell'invecchiamento, della non-autosufficienza e della morte, che sia portatrice di elementi posi­tivi (mezzi di comunicazioni di massa, program­mi scolastici, movimenti di opinione, gruppi di

pressione, ecc.) (parlare ad anziani, ma special­mente con anziani e di anziani).

Un'attenzione particolare agli istituti, come luo­go dove c'è forse la massima concentrazione di non-autosufficienti, tenendo ben presente che comunque l'istituto dev'essere una scelta che viene dopo aver esplorato concretamente ogni altra alternativa possibile. In proposito le que­stioni da evidenziare sono le seguenti:

1) in quasi tutte le regioni esiste una legi­slazione sulle strutture residenziali per anziani auto e non-autosufficienti, che risulta in molti casi inapplicata, sia nelle caratteristiche abita­tive, sia sui criteri di gestione (stanze dormito­rio, carenza di personale, cronicari, deportazio­ni, ecc.); occorre un maggior impegno e una maggiore vigilanza;

2) l'istituzionalizzazione per l'anziano compor­ta una situazione di «convivenza forzata», da cui spesso si esce soltanto con la morte; questo deve essere riconosciuto in modo da prevedere interventi di vera e propria risocializzazione per un vivere in comunità, con interventi di anima­zione e di rieducazione vera e propria;

3) occorre essere attenti alla professionalità degli operatori degli istituti, sia nel momento del reclutamento, che in quello dell'addestra­mento e della formazione continua. Nell'ambito di un sistema di servizi territoriali articolato, si suggeriscono anche forme di rotazione tra il per­sonale dei servizi per anziani, in modo da osta­colare processi di sclerotizzazione professionale, tipici negli istituti;

4) all'interno degli istituti le iniziative che pro­muovono relazioni devono collocarsi in un piano e non essere momenti episodici, che non incido­no su una routine, altrimenti estranea (esigenza di pianificazione).

 

Sintesi dei lavori di gruppo «I problemi di accessibilità ai servizi e di accesso alle informazioni»

Nell'affrontare i problemi connessi all'acces­sibilità ai servizi e all'accesso alle informazioni, la prima considerazione su cui il gruppo si è trovato concorde, riguarda la necessità di ricon­siderare tali ordini di problemi non come spe­cifici della popolazione anziana in quanto tale, bensì comuni a tutti coloro che, per ragioni sani­tarie, sociali, culturali, ecc., si trovano a rico­prire ruoli «deboli» all'interno delle organizza­zioni sociali contemporanee.

Si pensi, ad esempio, al prevalere del model­lo urbano nelle trasformazioni che l'ambiente ha subito, e il conseguente imporsi di spazi, ritmi, modalità di trasporto, di consumo, ecc. concepiti per individui massimamente efficienti e, comun­que, completamente autonomi; da qui l'originar­si di disadattamento per tutti coloro che non posseggono in pieno tali requisiti.

Certo, le dimensioni che quantitativamente le classi di età anziane andranno assumendo, non­ché le specifiche connotazioni ad esse connesse (la maggior debolezza economica rispetto alle età precedenti, la crescita numerica non solo degli anziani rispetto al totale della popolazio­ne, ma tra questi dei «molto anziani», il pro­gressivo isolamento, e così via) indurranno ne­cessariamente un notevole aumento della doman­da di servizi, a fronte di una facilmente ipotizza­bile prosecuzione delle politiche di tagli della spesa pubblica da destinarsi a prestazioni sociali.

Diventerà, quindi, prioritario, all'interno del rap­porto utenti-servizi pubblici, il tema della massi­ma razionalizzazione dell'intervento, cioè della funzionalità complessiva del sistema dei servizi.

In primo luogo, allora, si presentano come osta­coli alla possibilità di fruire dei servizi tutte le barriere non solo architettoniche, ma, più in ge­nerale, di tipo urbanistico e di organizzazione del territorio che continuano ad essere tutt'oggi, con estrema disinvoltura, riproposte ed attuate.

Se su questo sfondo si innesta un sistema di servizi i cui molteplici punti di accesso sono ca­sualmente sparsi e distribuiti sul territorio, il disagio, per chiunque debba percorrerne la se­quenza prevista, è consistente.

Alle predette barriere se ne affiancano spesso altre, meno evidenti, ma non meno pesanti, che potremmo definire «di linguaggio», intendendo con ciò le diverse modalità espressive utilizzate nella comunicazione (e quindi dalla scelta dei vocaboli, alla veste grafica del messaggio, al tipo di canale di trasmissione, ecc.) spesso sen­za alcuna considerazione per la tipologia dei de­stinatari.

Un altro insieme dei problemi è stato indivi­duato con riferimento alle informazioni «sui» e «all'interno» dei servizi.

Qual è, infatti, il livello di conoscenza, pos­seduta e quindi trasmessa, dell'intera rete dei servizi esistente nei diversi punti, ma soprat­tutto nei principali punti di accesso al sistema?

È evidente, infatti, che il corretto orientamen­to dell'utenza (come più in generale la possibili­tà di fruire dei servizi) è strettamente dipendente dall'informazione ricevuta, ma questa spesso è lacunosa anche tra gli stessi operatori.

Nei diversi momenti decisionali, inoltre, che costellano i processi di programmazione, gestio­ne e verifica degli interventi, di quali informazioni si dispone?

In che modo, ad esempio, e in che misura si tiene conto delle aspirazioni, opinioni, valutazio­ni degli utenti?

Esiste un momento di ricomposizione delle svariate informazioni sul singolo utente esisten­ti nei diversi punti del sistema dei servizi?

Dopo aver evidenziato i problemi prioritari (an­che se non gli unici), il gruppo ha affrontato gli aspetti propositivi enucleando tre punti nodali e consequenziali:

1) la necessità di ricomporre gli interventi nei diversi settori: casa, trasporti, sanità, scuola, formazione professionale; assistenza, ecc. affin­ché nel loro ambito vengano programmati e rea­lizzati interventi coordinati ed integrati volti a tutta la popolazione anche per prevenire il biso­gno assistenziale. Questo presuppone scelte a livello politico improntate ad una diversa cultu­ra di governo che utilizzi ed integri al massimo le risorse esistenti, comprese l'associazionismo, il volontariato e (e aggregazioni spontanee;

2) l'esigenza conseguente di unificare il livello di gestione per avere un unico organo di gover­no (vedi Comuni singoli od associati) che costi­tuisca l'esclusivo interlocutore responsabile in merito alla programmazione, gestione, verifica e valutazione dei servizi. Ciò favorirebbe la parte­cipazione dei cittadini consentendo proposte e controllo sulla pertinenza delle risposte alle loro reali esigenze. Vengono al riguardo individuati, quali presupposti, la consultazione preventiva sulle scelte a livello politico-amministrativo e l'informazione, pubblicizzazione e verifica sulle decisioni assunte;

3) ulteriori condizioni per la diffusione dell'in­formazione sono:

- la conoscenza approfondita delle caratteri­stiche del territorio;

- l'organizzazione di una rete capillare acces­sibile ed adeguata di riferimento sul territorio per la distribuzione dell'informazione (vedi in particolare i distretti di base);

- la preparazione degli operatori che preveda formazione permanente, aggiornamento e conti­nua informazione.

 

 

DIRITTI DELL'INVALIDO CIVILE E DEI SUOI EREDI ALLA PENSIONE E ALL'INDENNITA’ DI ACCOMPAGNAMENTO

 

Con la sentenza n. 7220 del 2 dicembre 1983 la Corte di Cassazione, in difformità di quanto veniva attuato da anni, ha stabilito che gli eredi dell'handicappato hanno diritto di percepire le mensilità arretrate relative alla pensione di in­validità e dell'indennità di accompagnamento so­lamente nei casi in cui il Comitato provinciale di assistenza e beneficenza pubblica abbia ema­nato l'atto autorizzativo prima del decesso dell'interessato.

Il principio stabilito nella sentenza, pur avendo valore vincolante solo nei limiti del caso deciso, è stato assunto dal ministero dell'Interno per l'emanazione della circolare del 6 giugno 1986.

Ora, com'è noto, dall'accertamento dell'invali­dità da parte della Commissione sanitaria alla decisione del Comitato provinciale decorrono spesso moltissimi mesi, e a volte anche anni.

Allo scopo di porre fine a questa palese e gra­ve ingiustizia, l'onorevole Angela Migliasso ha presentato in data 7 maggio 1986 alla Camera dei deputati la proposta di legge n. 3738, proposta da cui è scaturita la legge 13 dicembre 1986 n. 912, la quale prevede quanto segue:

«1. L'articolo 12, ultimo comma, della legge 30 marzo 1971, n. 118, deve intendersi nel senso che gli eredi del mutilato o invalido civile, dece­duto successivamente al riconoscimento della inabilità, hanno diritto a percepire le quote di pensione già maturate dall'interessato alla data del decesso, anche se il decesso stesso sia in­tervenuto prima della deliberazione concessiva del comitato provinciale di assistenza e benefi­cenza pubblica, ferma restando la necessità del­la deliberazione stessa.

2. Nello stesso senso deve intendersi l'arti­colo 7, ultimo comma, della legge 26 maggio 1970, n. 381, relativamente ai soggetti affetti da sordomutismo».

Va precisato che nella discussione avvenuta in Commissione, il Sottosegretario di Stato, Raf­faele Costa, ha dato assicurazioni circa l'esten­sione della suddetta norma interpretativa ai non vedenti assoluti.

 

 

SEMINARI 1987 DELLA FONDAZIONE ZANCAN

 

1. - 5.11.1987, Gruppi di adolescenti: strate­gie di conoscenza e di rapporto.

2. - 19-25.7.1987, Carcere e territorio: insieme per un rinnovamento della società.

3. - 26-31.7.1987, L'area del volontariato orga­nizzato oggi: quali ruoli specifici tra istituzioni e società

4. - 16-22.8.1987, L'assistenza a domicilio: 1i­velli di integrazione e indicatori di verifica.

5. - 23-29.8.1987, Bisogni e indicatori di verifica nel processo di presa in carico da parte della comunità locale delle problematiche relative ai soggetti in età evolutiva.

6. - 30.8-5.9.1987, Il sistema informativo del «sociale»: aspetti metodologici e operativi nelle realtà locali.

7. - 6-12.9.1987, Distretto di base: ricerca degli indicatori di verifica tra piano di lavoro e rela­zione.

8. - 20-26.9.1987, Per una lettura della dimen­sione educativa dei progetti adolescenti.

9. - 27.9-3.10.1987, Filosofie e ideologie sotto­stanti ai programmi di intervento per persone tossicodipendenti.

10. - 11-17.10.1987, Tutela della salute mentale. Strutture intermedie finalizzate alla risocializza­zione dei disabili psichici.

11. - 25-31.10.1987, Gli handicappati gravi e gra­vissimi: problemi interistituzionali e interprofes­sionali per l'integrazione nelle scuole per tutti. Esperienze a confronto.

12. - 22-26.11.1987, I diritti degli anziani non au­tosufficienti.

13. - data da definire, La presa in carico, da par­te della comunità locale delle problematiche dei soggetti in età evolutiva.

14. - data da definire, Progetto obiettivo «tu­tela della salute degli anziani»: integrazione dei servizi sociali e sanitari nel Distretto di base.

15. - data da definire, Terzo-mondiali: istituzio­ni pubbliche e private e volontariato dopo la legge n. 1820-1356 sui lavoratori extra-comuni­tari in Italia.

Sede dei seminari:

Malosco per i seminari dal n. 1 al n. 9; per quelli dal n. 10 al n. 15 la sede sarà precisata nel programma completo.

Caratteristiche e condizioni di partecipazione:

a) per la partecipazione ai seminari è richiesto un impegno attivo come amministratori, funzio­nari, operatori nel campo relativo al tema del seminario;

b) ciascun seminario inizia la domenica sera alle ore 21 e si conclude il venerdì sera alle ore 20 (arrivi la domenica pomeriggio e partenze il sabato mattina);

c) si richiede ai partecipanti la presenza conti­nua a tutti i lavori del seminario.

Quote: L. 300.000 iscrizione (IVA 18% com­presa); L. 220.000 soggiorno (IVA 9% compresa) (le quote di soggiorno relative ai seminari dal n. 10 al n. 15 saranno indicate nel programma generale).

Adesioni: entro il 30 maggio per i seminari di luglio e agosto; entro il 31 luglio per gli altri.

Per ulteriori informazioni rivolgersi alla Se­greteria della Fondazione E. Zancan - Via Patriar­cato, 41 - Padova - tel. 049/664800 (dal lunedì al venerdì ore 8,30-12,30; 15-19).

 

 

www.fondazionepromozionesociale.it