Prospettive assistenziali, n. 79, luglio-settembre 1987

 

 

CRITERI GUIDA PER GLI INTERVENTI SANITARI RELATIVI ALLE PERSONE GRAVEMENTE NON AUTOSUFFICIENTI E INDICAZIONI IN MERITO AGLI INTERVENTI DOMICILIARI, SEMI RESIDENZIALI, RESIDENZIALI (1)

 

SECONDO DOCUMENTO REDATTO IN DATA 14 LUGLIO 1987 DAL GRUPPO DI LAVORO COSTITUITOSI A ROMA. LA SEGRETERIA TECNICA È STATA ASSICURATA A TITOLO GRATUITO DAL CSPSS (CENTRO STUDI E PROGRAMMI SOCIALI E SANITARI) E DALL'ISTISSS (ISTITUTO PER GLI STUDI SUI SERVIZI SOCIALI)

 

 

Premessa

Di fronte alle condizioni di vita e di sopravvi­venza in cui versano molte persone gravemente non autosufficienti, alla necessità di fornire ri­sposte ragionevoli per la risoluzione di problemi tanto gravi e drammatici; di fronte al diffondersi di una cultura solo apparentemente efficiente e a scelte che gravano pesantemente sui cittadini senza risolvere positivamente la questione deci­siva posta dalle persone gravemente non auto­sufficienti, un gruppo di lavoro ha prodotto una serie di riflessioni che qui riportiamo.

Tale gruppo di lavoro, che si è costituito in via informale presso l'ISTISSS e prosegue ora i suoi lavori con la collaborazione del CSPSS, ha ela­borato e pubblicato un primo documento su «Di­ritti ed esigenze delle persone gravemente non autosufficienti» (2). La pubblicazione è avvenuta negli ultimi mesi su numerose riviste e la pre­sentazione del documento stesso è avvenuta a Roma il 10 marzo 1987, presso la sala «Cenaco­lo» della Camera dei Deputati. Sono intervenuti come relatori: Andrea Bartoli (CSPSS), Giovanna Bitto (FNP/CISL), Aurelia Florea (ISTISSS), Fa­brizio Fabris (Geriatra), Giovanni Nervo (Caritas), Pietro Rescigno (Giurista), Gualfredo Scardigli (Geriatra), Giglia Tedesco (Senatrice PCI), Giu­liano Zincone (Corriere della Sera).

Il gruppo ha proseguito il lavoro con questo se­condo documento.

Prima di ogni considerazione di tipo organizza­tivo e strutturale, sarà bene tenere presente in modo evidente il quadro di riferimento concreto in cui si inserisce il problema delle persone gra­vemente non autosufficienti in Italia. È bene ri­cordare che la prevenzione va garantita a tutti soprattutto agli anziani, assieme alle cure e alla riabilitazione. Per ogni tipo di malattia, fisica o psichica, è necessario prevedere e realizzare ri­sposte adeguate. Per ciascuna condizione parti­colare si dovranno ricercare le soluzioni ottimali sia dal punto di vista dell'efficacia che dell'effi­cienza. Ciò vuol dire considerare il cittadino ma­lato non come un peso, un danno o un problema e la struttura sanitaria e sociale non come una realtà ostile.

Si tenga presente che, secondo quanto affer­mato dalla Costituzione italiana, tutte le persone colpite da malattia hanno diritto ai necessari trat­tamenti curativi o riabilitativi. Tutti hanno diritto a trattamenti sanitari forniti senza ritardi e omis­sioni.

In particolare è necessario ricordare che nes­suno può negare la cura con il pretesto che il malato non guarirà più, essendo cronico: ingua­ribile non vuoi dire incurabile.

È necessario ribadire tutto questo in presenza di una situazione di abbandono e di discrimina­zione cui le persone gravemente non autosuffi­cienti sono continuamente sottoposte.

Innanzi a ciò tutte le potenzialità culturali de­vono essere utilizzate per ridurre al minimo le conseguenze negative degli stati di cronicità e dì non autosufficienza sia per i singoli che per le loro famiglie.

Lo Stato può trovare forme anche nuove per of­frire prestazioni adeguate, ma ciò dovrà avvenire sempre all'interno del Servizio sanitario naziona­le. Ogni persona gravemente non autosufficiente, come tutti i cittadini, ha diritto ad essere curata e riabilitata. Questo diritto è rafforzato, non di­minuito, dalla condizione di cronicità.

Il Servizio sanitario nazionale non può delega­re in nessun caso ad altri comparti - né tutto né in parte - obiettivi suoi propri sanciti dalla leg­ge istitutiva (art. 2 legge 23.12.1978 n. 833). In ogni caso non si può modificare, con semplici atti amministrativi, quanto stabilito dalla normativa vigente.

È chiaro che non è accettabile l'addossare alle persone gravemente non autosufficienti o ai loro parenti, oneri più gravosi degli altri cittadini. Piut­tosto sarà necessario prevedere delle agevolazio­ni affinché sia sostenuta l'opera della famiglia e della solidarietà sociale.

Il Servizio sanitario nazionale dovrebbe istitui­re e diffondere l'ospedalizzazione a domicilio del­le persone gravemente non autosufficienti.

Gli Enti locali e le Regioni, nei loro ambiti di competenza, dovranno orientare in tal senso le loro risorse. Tale nuova impostazione esige un ripensamento articolato dei servizi sanitari dal punto di vista organizzativo, formativo, finan­ziario.

Queste premesse sembrano indispensabili alla corretta impostazione del problema e delle riso­luzioni riguardanti le persone gravemente non au­tosufficienti. Quello che segue non è ovviamente un testo esaustivo di ciò che sarà necessario prevedere sul tema. È pur tuttavia un contributo che riteniamo di poter offrire al dibattito sulle persone affette da patologie croniche e da non autosufficienza, e sulle migliori risposte alle loro domande di vita e di salute. Il documento indica, preliminarmente, alcuni criteri-guida che devono improntare la realizzazione di tutti i servizi ipo­tizzati. Si sofferma, successivamente, sulla de­scrizione (evidentemente aperta a qualsiasi inte­grazione e/o specificazione) di una serie di ser­vizi - domiciliari, semi residenziali, residenzia­li - intorno a cui può articolarsi un progetto di tutela sanitaria delle persone gravemente non autosufficienti.

 

 

CRITERI GUIDA PER GLI INTERVENTI SANITARI RELATIVI ALLE PERSONE GRAVEMENTE NON AUTOSUFFICIENTI

 

Riteniamo di dover indicare alcuni criteri-guida che risultano particolarmente significativi per poter ipotizzare servizi a favore delle persone gravemente non autosufficienti.

I criteri-guida si muovono intorno a due neces­sità fondamentali:

- superare gli elementi negativi che caratte­rizzano i servizi prevalentemente erogati alle per­sone gravemente non autosufficienti;

- indicare gli elementi positivi che devono essere contenuti nei servizi ipotizzati.

 

Elementi negativi

1 - L'attuale organizzazione della struttura ospe­daliera favorisce spesso il formarsi di fenomeni di cronicizzazione.

Il malato lungodegente è, infatti, curato in ospedale quasi sempre solo nella fase acuta della sua malattia, ed anche in tale fase manca spesso l'attenzione volta ad evitare la croniciz­zazione.

Al termine di questa fase la tutela sanitaria si riduce considerevolmente: la riabilitazione e la cura delle complicanze non sono rese dalla struttura ospedaliera in maniera adeguata.

II lungodegente è trasferito in altre strutture o reparti, interrompendo la continuità terapeutica. Ciò comporta:

- il disagio soggettivo del malato costretto al continuo cambiamento dei curanti;

- riduce la possibilità di un intervento sani­tario con esiti positivi;

- favorisce di fatto, non realizzando un piano completo di intervento, lo scarico di responsabi­lità sulla istanza successiva;

- riduce la possibilità di verificare l'efficacia degli interventi attuati.

Tutto ciò costituisce una causa che favorisce il fenomeno della cronicizzazione.

La possibilità di trasferire in altre strutture o reparti la persona gravemente non autosufficiente è assunta come pretesto per liberare un posto letto a favore di malati acuti e per ridurre il ca­rico di lavoro per il personale infermieristico: ciò rappresenta, di fatto, un disincentivo a curare il malato per evitarne la cronicizzazione.

La struttura ospedaliera non offre di regola tut­ta l'assistenza sanitaria necessaria alla persona gravemente non autosufficiente (riabilitazione, mobilizzazione, prevenzione e cura dei decubiti...) per ridurre la cronicizzazione e favorire il mante­nimento dell'autonomia.

Al contrario, l'assenza di questo tipo di assi­stenza può favorire la cronicizzazione, permetten­do all'ospedale di liberare rapidamente un po­sto letto.

2 - La persona gravemente non autosufficiente istituzionalizzata è costretta a ridurre i suoi rap­porti con i familiari, gli amici, il mondo esterno.

Le strutture per persone non autosufficienti (variamente denominate) sono spesso ubicate lontano dal centro abitato, in zone spesso nem­meno dotate di una buona rete di trasporti pub­blici.

La motivazione della maggiore salubrità del cli­ma nei luoghi lontani dalle città sembra, però, decisamente meno importante della constatazio­ne della impossibilità per il malato di mantenere un rapporto frequente con i parenti e gli amici.

Non esiste alcuna normativa, alcuna prassi consolidata, alcuna preoccupazione per garantire alla persona non autosufficiente di poter essere ricoverata in strutture vicine alla sua abitazione e/o alla abitazione dei suoi familiari.

3 - La persona gravemente non autosufficiente istituzionalizzata perde di fatto la possibilità di godere dei suoi propri diritti, compresa la tutela dei suoi beni.

Accanto ad una organizzazione spesso lesiva dei diritti personali del malato, accanto alla per­dita, nei fatti, del diritto di essere curati come tutti gli altri cittadini, le persone non autosuffi­cienti istituzionalizzate non sono tutelate nei pro­pri beni e nei propri redditi.

Non esistono, infatti, normative chiare che pre­vedano la tutela dei beni e dei redditi della per­sona Istituzionalizzata e non sono sempre rispet­tate quelle che tutelano genericamente la pro­prietà.

Non esistono prassi di controllo rigido sulle deleghe pensionistiche.

Esiste, talora, la consuetudine di far pagare prestazioni che spetterebbero gratuitamente.

 

Elementi positivi

A - Va garantita alla persona gravemente non autosufficiente la continuità terapeutica.

In particolare i servizi sanitari devono garan­tire questa continuità.

Le divisioni ospedaliere devono essere tenute a provvedere direttamente ai pazienti ricoverati in esse. Ogni divisione ospedaliera deve preve­dere al suo interno dei posti letto per persone gravemente non autosufficienti per le quali non siano attuabili la dimissione od altri servizi sa­nitari, in particolare quelli domiciliari o ambula­toriali.

Ciò anche al fine di garantire la caduta del di­sincentivo alla cura contro la cronicizzazione rap­presentato dalla possibilità di trasferire altrove il paziente cronico.

Va incentivato e qualificato il ruolo del medico di base per meglio garantire la continuità tera­peutica.

B - Vanno garantite alla persona gravemente non autosufficiente cure adeguate ed aggiornate con gli sviluppi della scienza medica.

Le terapie per favorire e mantenere l'autono­mia, contrastare e stabilizzare la cronicizzazione,

devono essere oggetto di studio, sperimentazio­ne, ricerca.

È opportuno, per questo, che siano previste quote di posti letto per i lungodegenti nei poli­clinici universitari e nelle strutture sanitarie con­venzionate con l'università.

È altresì opportuno che siano previsti corsi di formazione e aggiornamento continui degli ope­ratori.

C - La degenza della persona gravemente non autosufficiente deve essere attuata il più vicino possibile alla sua residenza e, comunque, alla re­sidenza dei suoi familiari (o chi per loro).

È questa una modalità facilmente attuabile in molti casi che permette di ottenere notevoli van­taggi per il degente, per i suoi familiari e/o amici, per lo stesso sistema che può giovarsi del soste­gno, dello stimolo, del benefico effetto norma­lizzante rappresentato dal non essere condannati all'isolamento.

Le difficoltà logistiche che, in alcuni casi, pos­sono sorgere nell'attuare questo tipo di inter­vento, possono essere normalmente inferiori ai benefici che se ne traggono.

I benefici tratti dagli interventi contro l'isola­mento dei pazienti, devono spingere l'organizza­zione sanitaria a creare strutture non emarginan­ti e a favorire il rapporto con il mondo esterno, attuando regolamenti che non ostacolino, ma anzi promuovano la partecipazione degli agenti socia­li (volontariato, associazionismo, vicinato...) alla realizzazione di idonei interventi sia nelle strut­ture ospedaliere che non ospedaliere.

D - I servizi a favore delle persone gravemente non autosufficienti devono poter realizzare eco­nomie di spesa senza ledere il diritto alla cura e senza ridurre la qualità delle prestazioni sani­tarie.

Il criterio della economicità non può risolversi nella privazione del diritto alla cura con il pas­saggio delle persone gravemente non autosuffi­cienti al settore assistenziale.

può risolversi nella riduzione della quan­tità e qualità delle prestazioni.

Le economie vanno realizzate istituendo servi­zi più elastici, di facile gestione e strutturazione, domiciliari o residenziali, che garantiscano il mas­simo dell'intervento con una spesa inferiore.

Va riaffermato il principio che in nessun caso possono essere realizzati travasi impropri dal settore sanitario a quello socio-assistenziale, le cui caratteristiche essenziali sono, costituzional­mente, divise e distinte come segue:

 

Settore sanitario

Settore assistenziale

La Costituzione estende gli interventi a tutti i cittadini senza alcuna limitazione.

La Costituzione limita gli interventi ai cittadi­ni «inabili al lavoro e sprovvisti dei mezzi necessari per vivere»

(art. 38 Cost.).

Le prestazioni sono fornite immediatamente a semplice richiesta del cittadino.

I servizi sono gratuiti salvo tickets.

Le prestazioni sono for­nite solo dopo l'effet­tuazione di inchieste sociali (spesso lunghe).

Agli utenti viene sem­pre richiesto un contri­buto, esclusi evidente­mente coloro che sono privi di mezzi econo­mici.

Nessuna contribuzione è a carico dei parenti tenuti agli alimenti.

Molto spesso viene ri­chiesto un contributo economico anche ai pa­renti tenuti agli ali­menti.

La legge richiede abilitazioni e titoli specifici e prevede mansionari tassativi.

La legge non richiede abilitazioni o titoli spe­cifici né prevede man­sionari, neppure per la direzione dei servizi.

Gli standards minimi delle strutture pubbliche e private, anche se non soddisfacenti, sono da anni definiti da leggi nazionali.

Gli standards minimi delle strutture pubbli­che e private non sono definiti da nessuna leg­ge nazionale.

 

E - II rispetto delle esigenze sanitarie, unita­mente a quelle psicologiche e umane dei pa­zienti e del personale addetto, comporta una pro­fonda trasformazione della struttura e dei servi­zi sanitari. Tale cambiamento deve procedere da un ripensamento profondo della stessa concezio­ne di «atto sanitario», di struttura e di ser­vizio. La revisione sarà tanto più profonda per il settore ospedaliero.

Si segnala che positive esperienze sono state realizzate attuando comunità alloggio sanitarie a dimensione para-familiare (max. 8/10 posti). Tali esperienze hanno soprattutto coinvolto pazienti psichiatrici, ma non si può escludere che possa­no coinvolgere persone non autosufficienti per altre cause.

 

 

INDICAZIONI RELATIVE AL SERVIZIO DI OSPEDALIZZAZIONE A DOMICILIO

 

L'ospedalizzazione a domicilio si configura co­me un intervento sanitario (non va confusa con le altre attività praticabili a domicilio) che può riguardare una gamma variegata di prestazioni: - il medico di famiglia, il cui impegno viene ad essere incentivato dalla nuova convenzione per la medicina di base, che prevede da un lato l'intensificazione delle visite domiciliari e dall'altro il suo ingresso in ospedale, utile ad assi­curare la continuità delle cure;

- i medici specialisti, i quali dovrebbero inter­venire su richiesta del medico di famiglia, per una elaborazione concertata con lui nelle fasi di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione;

- gli infermieri e i terapisti della riabilitazio­ne, per lo svolgimento delle attività dì loro com­petenza che possono essere rese a domicilio.

I medici specialisti, gli infermieri e i terapisti della riabilitazione possono far parte del perso­nale convenzionato o dipendente della U.S.L. ope­rante nei distretti sanitari di base o appartenente alle piante organiche dei poliambulatori o degli ospedali.

Il servizio di ospedalizzazione a domicilio va istituito a favore delle persone gravemente non autosufficienti. Non si tratta, quindi, di un ser­vizio da ipotizzare solo per i malati cronici: po­trà essere opportuno e utile offrire questo ser­vizio a persone colpite da malattie gravemente invalidanti anche in fase acuta e certamente è opportuno e utile offrirlo ai malati terminali.

Per le particolari caratteristiche, anche di tipo logistico, familiare, sanitario, che costituiscono il presupposto per la realizzazione della ospedaliz­zazione domiciliare, si ritiene realistico ipotizza­re in via di prima realizzazione uno standard di attivazione pari al 10% delle persone gravemente non autosufficenti residenti in ciascuna U.S.L.

L'ospedalizzazione domiciliare si configura, quindi, come una possibilità di intervento che non deve essere considerata estensibile alla genera­lità delle situazioni: è un servizio offerto agli utenti che non va, però, ritenuto obbligatoriamen­te sostitutivo della normale degenza ospedaliera o delle altre strutture residenziali sanitarie.

Per la sua buona riuscita il servizio di ospeda­lizzazione domiciliare deve poter interagire con gli altri servizi sanitari.

In particolare con il day hospital, la cui attiva­zione è prevista dalla legge 833/1978, sia per l'attuazione di verifiche diagnostiche e curative non praticabili a domicilio, sia per sopperire alle esigenze dei familiari impegnati di giorno in at­tività lavorative.

Analogamente, sarebbe necessario integrare l'ospedalizzazione domiciliare con la possibilità di usufruire di posti letto ospedalieri, predisposti per ricoveri brevi a fini diagnostici e terapeutici. Le Regioni per la fase normativa e le U.S.L. per quella attuativa devono attivare questo tipo di servizio.

È necessario sottolineare, infine, che la realiz­zazione del servizio di ospedalizzazione domici­liare è comunque subordinata alla presenza di fa­miliari disponibili ad accettarne l'attivazione, o di altri che volontariamente se ne facciano ca­rico per i necessari supporti.

Di fondamentale importanza ai fini dell'attua­zione e diffusione della ospedalizzazione a do­micilio risulta l'integrazione dell'intervento sani­tario con quello dei servizi sociali che possono meglio rispondere alle necessità della famiglia.

Poste queste premesse, offriamo alcune indi­cazioni che riteniamo utili per la programmazio­ne/realizzazione del servizio di ospedalizzazione domiciliare.

 

Strutturazione della ospedalizzazione a domicilio

Quanto scritto in questo paragrafo si rifà all'esperienza del servizio di ospedalizzazione a domicilio dell'U.S.L. di Torino. Sono certamente possibili e auspicabili altri tipi di esperienze, ad esempio incentrate sull'équipe di distretto di base.

Il personale ospedaliero può fornire prestazioni di tipo infermieristico, medico. di terapia specia­listica ed intensiva, di riabilitazione nel domici­lio della persona gravemente non autosufficiente.

L'ospedale fornisce, ove necessario, anche le apparecchiature diagnostiche e terapeutiche. L'ospedale garantisce il ricovero nei suoi re­parti in caso di aggravamento della patologia o, comunque, nei casi di necessità.

Vanno ipotizzati e realizzati interventi di sup­porto a favore delle famiglie che ospitano la per­sona non autosufficiente ospedalizzata a domici­lio: in particolare, per rendere possibile il servi­zio e la sua buona riuscita sarebbero opportuni interventi quali:

- garantire la possibilità di ottenere permessi lavorativi regolamentati sul modello della legi­slazione a favore delle lavoratrici madri, in par­ticolare per quanto riguarda la concessione delle aspettative. È necessario che il Governo, at­traverso i Ministeri competenti, emani opportu­ne normative a riguardo;

- garantire la possibilità di usufruire di sus­sidi economici, utilizzando:

- la normativa che regola 1'assegno di ac­compagnamento garantendone, con apposita cir­colare del Ministero dell'interno l'immediata con­cessione alle persone riconosciute gravemente non autosufficienti e, comunque, a quelle ospe­dalizzate a domicilio;

- sussidi predisposti appositamente dal Ser­vizio sanitario nazionale finalizzati alla assunzio­ne, da parte dei- familiari che provvedono alla ospedalizzazione a domicilio, di collaboratrici fa­miliari per un congruo numero di ore settimanali;

- l'esenzione da ogni contributo economico per tutte le spese sanitarie connesse alla ospe­dalizzazione domiciliare;

- interventi degli Enti locali per la sistema­zione dell'alloggio, per renderlo rispondente alle esigenze delle persone gravemente non autosuf­ficienti e alle necessità del servizio;

- è necessario che le Regioni inseriscano nei propri piani sanitari l'istituzione di questo ser­vizio, cui fa riferimento anche la bozza di Piano sanitario nazionale; è necessario altresì che le U.S.L. definiscano le modalità della concreta at­tuazione.

 

Condizioni richieste

La persona gravemente non autosufficiente ospedalizzata a domicilio deve godere del soste­gno e dell'aiuto di una unità familiare o di altri che volontariamente si facciano carico dei neces­sari supporti; deve altresì poter usufruire di un alloggio idoneo alle sue necessità.

Va valutata volta per volta la possibilità di ospedalizzare a domicilio chi vive solo ma può contare su una buona rete di assistenza (vicina­to, volontariato, assistenza domiciliare...).

La persona ospedalizzata a domicilio deve poter usufruire di collaborazioni rese attraverso un au­tonomo rapporto di lavoro, il cui costo sarà so­stenuto con il sussidio sopra menzionato.

La realizzazione della ospedalizzazione a do­micilio è subordinata alla presenza di condizioni fisiche nell'utente che la rendano possibile con esiti positivi. In particolare:

- patologie stabilizzate e non necessitanti di terapie particolarmente intensive;

- patologie la cui terapia possa essere resa positivamente nel domicilio, anche con l'ausilio di apparecchiature di facile trasporto e manu­tenzione.

La realizzazione dell'ospedalizzazione domici­liare richiede inoltre:

- la disponibilità oggettiva e soggettiva della famiglia ad ospitare la persona ospedalizzata a domicilio o la disponibilità di altri che volontaria­mente se ne facciano carico;

- la presenza della possibilità /disponibilità dei familiari e dello stesso utente ad accettare la ristrutturazione dell'appartamento per renderlo idoneo alla realizzazione del servizio;

- la presenza di condizioni funzionali che ren­dano l'ospedalizzazione domiciliare sicuramente utile dal punto di vista terapeutico ed economica come rapporto tra costi e risultati, e comunque socialmente positiva.

La realizzazione della ospedalizzazione domi­ciliare è subordinata inoltre alla presenza di buo­ne condizioni organizzative e funzionali. In par­ticolare:

- la vicinanza di un presidio sanitario di pron­to intervento;

- la non eccessiva dispersione territoriale dell'utenza.

Si ritiene che, alle condizioni delineate, il ser­vizio di ospedalizzazione domiciliare possa es­sere avviato prioritariamente nelle aree urbane. Per le località con popolazione dispersa, vanno studiate apposite soluzioni organizzative.

 

Vantaggi della ospedalizzazione a domicilio

L'ospedalizzazione a domicilio, se realizzata ar­monizzando positivamente gli aspetti strutturali con le condizioni richieste, presenta degli indub­bi vantaggi sul piano sanitario, psicologico, socia­le ed economico.

Dal punto di vista sanitario e psicologico:

- consente di realizzare la continuità tera­peutica che viene, viceversa, normalmente com­promessa al momento della ammissione/dimis­sione ospedaliera;

- consente di trarre giovamento dal valore terapeutico rappresentato dal poter rimanere a casa propria, conservando i propri ritmi vitali e le proprie abitudini quotidiane;

- consente di ridurre o azzerare il rischio del­l'insorgere:

- di stati confusionali dovuti al cambiamento dì habitat;

- di infezioni ospedaliere;

- di sindromi depressive causate dal trovar­si in un ambiente estraneo e normalmente inteso come ostile;

- di nuove patologie, anche dovute a fatti traumatici, causati dalla difficoltà a muoversi in luoghi poco conosciuti;

- di squilibri dannosi nei ritmi biologici, ge­nerati dalla perdita di abitudini acquisite e fa­miliari;

- di disturbi dovuti alla malnutrizione e al cambiamento di vitto;

- consente, infine, di rimotivare il lavoro del personale, promuovendo un rapporto più finaliz­zato con il paziente e riducendo il rischio di un rapporto anonimo, demotivato, deresponsabiliz­zante.

Dal punto di vista sociale:

- consente di recuperare positivamente il contributo degli «agenti naturali» presenti nel territorio come la famiglia, il vicinato, i rapporti amicali, il volontariato. Si recupera in questo modo un importante potenziale di aiuto che nel­la struttura ospedaliera, per vari motivi, difficil­mente riesce a trovare una positiva coordinazio­ne ed utilizzo;

- consente di utilizzare gli stimoli positivi de­rivanti da interventi resi all'interno di un rap­porto familiare e amicale.

Dal punto di vista economico occorre ricer­care le condizioni affinché:

- appoggiandosi alla rete naturale riduca la spesa pubblica per caso trattato, sia con riguardo al breve periodo dell'eventuale episodio acuto, sia con riguardo al lungo periodo, evitando o rin­viando l'istituzionalizzazione definitiva;

- aumenti il rapporto di efficienza dell'inter­vento, ove i vantaggi derivati al paziente dalla ospedalizzazione domiciliare siano superiori a quelli della istituzionalizzazione.

 

Conclusioni

Va ribadito che il servizio di ospedalizzazione domiciliare è un servizio sanitario. Tuttavia, per la sua buona riuscita è necessario attivare ser­vizi e normative parallele ed interagenti, che fan­no capo a responsabilità anche diverse da quelle del Servizio sanitario nazionale.

In questo senso sono da considerarsi gli inter­venti:

- del Servizio sanitario nazionale (Ministero della sanità, Regioni, U.S.L.) per l'attuazione del servizio di ospedalizzazione a domicilio;

- del legislatore per permettere la fruizione di permessi lavorativi e di aspettative ai familiari delle persone ospedalizzate a domicilio;

- degli Enti locali per predisporre sussidi al­le famiglie finalizzati alla ristrutturazione degli alloggi.

Tali interventi sono da considerarsi necessari per la effettiva realizzazione del servizio.

La ospedalizzazione domiciliare deve conside­rarsi tale solo se effettuata nella abitazione del­la persona interessata o di chi vi provvede.

 

 

INDICAZIONI RELATIVE ALLE SOLUZIONI SEMI RESIDENZIALI

 

Si chiamano così le soluzioni che non coprono l'intero arco della giornata ma soltanto una parte di essa. Molti di questi servizi hanno caratteri­stiche di assistenza sociale (servizi di assisten­za domiciliare, contributi economici diretti ad as­sicurare il minimo vitale, ecc.) ed esulano per­tanto dal nostro specifico campo di interesse. Occorre però che sia riconosciuta dagli Enti com­petenti la notevole importanza dei suddetti inter­venti e delle altre prestazioni assistenziali e non assistenziali finalizzate ad assicurare il massimo di autonomia ai cittadini (minori, adulti, anziani) ed ai loro nuclei familiari.

Particolarmente efficaci per evitare l'isolamen­to di anziani e non anziani sono i centri sociali (denominati anche centri di incontro) aperti a tutta la popolazione.

La presenza dei servizi sopra indicati (e di altri) può avere un valore anche importante di soste­gno delle persone gravemente non autosufficien­ti, ma non può, evidentemente, considerarsi in nessun modo sostitutivo di interventi più speci­fici tesi alla cura, alla riabilitazione, al manteni­mento, alla prevenzione.

Viceversa tra i servizi semi residenziali alcuni rivestono un carattere più specificatamente sani­tario ed in quanto tali possono svolgere una im­portante funzione a favore delle persone grave­mente non autosufficienti.

 

L'ospedale di giorno

L'ospedale di giorno costituisce anche per i non autosufficienti un importante presidio sani­tario in quanto risponde più propriamente a de­terminati casi e in determinate fasi dell'interven­to sanitario. Nei casi suddetti:

- sostituisce efficacemente il ricovero ospe­daliero tanto per le attività diagnostiche quanto nelle terapie;

- può svolgere una importante funzione nello studio delle condizioni di salute eliminando la necessità di ricovero ospedaliero nella fase di ac­certamento di tali condizioni;

- può essere ubicato preferibilmente dentro la struttura ospedaliera per usufruire di tutto il patrimonio, in termini di attrezzature e di perso­nale, presente nella struttura stessa;

- può essere ubicato fuori della struttura ospedaliera (ad esempio in un poliambulatorio); in questo caso potrà svolgere funzioni prevalen­temente di tipo riabilitativo e di terapie che non richiedono strumentazioni complesse, non essen­do ipotizzabile dotare ogni ospedale di giorno di tutta la gamma di attrezzature presenti nell'ospe­dale, con il vantaggio però di poter raggiungere una utenza più ampia;

- può essere un supporto utilissimo del ser­vizio di ospedalizzazione a domicilio.

Per raggiungere il massimo della sua efficien­za l'ospedale di giorno necessita di alcuni sup­porti logistici come la possibilità di garantire io spostamento dell'utente non autosufficiente dal proprio domicilio alla struttura.

L'ospedale di giorno si presenta come una so­luzione buona soprattutto per quei soggetti che possono contare su un supporto abitativo stabile e che sono affetti da forme di malattia che non richiedono interventi continui.

 

L'ospedalizzazione notturna

L'ospedalizzazione notturna può rivelarsi parti­colarmente efficace per quanti siano colpiti da malattie che necessitino interventi e vigilanza notturna potendo contare su buoni appoggi fami­liari per il resto della giornata.

L'ospedalizzazione notturna deve usufruire del­lo spazio offerto dalle strutture ospedaliere.

 

 

INDICAZIONI RELATIVE ALLE SOLUZIONI RESIDENZIALI

 

Sono così denominate quelle soluzioni che ri­vestono un carattere di permanenza, intervenen­do nei confronti delle persone gravemente non autosufficienti per tutto l'arco della giornata.

 

Gruppi appartamento, comunità alloggio

Includiamo fra le soluzioni residenziali i grup­pi appartamento (o comunità alloggio).

Vi sono esperienze di questo tipo destinate, oltre che a persone autosufficienti, anche a sog­getti gravemente non autosufficienti o con utenza mista.

Sotto la denominazione comunità alloggio van­no comprese quelle piccole strutture, a dimensio­ne familiare e realizzate in normali appartamen­ti di abitazione o in piccole case inserite nel normale contesto abitativo.

Queste strutture, per la loro dimensione e per la possibilità che hanno di creare nel loro in­terno una convivenza di tipo familiare, rappre­sentano una interessante soluzione in situazioni in cui non è possibile, opportuno, consigliabile la permanenza nel proprio domicilio.

Può essere applicato a queste strutture quanto previsto nei casi di ospedalizzazione domiciliare. Per le loro caratteristiche peculiari queste strutture hanno la possibilità di valorizzare al massimo gli apporti delle forze sociali, del vo­lontariato, del vicinato.

Il settore sanitario deve garantire dentro que­ste strutture il massimo di assistenza sanitaria, la gratuità delle spese sostenute, la garanzia del ricovero ospedaliero in casi di necessità.

I gruppi appartamento (o comunità alloggio) sono un servizio che può essere particolarmente indicato per pazienti con disturbi psichici.

Chi soffre di disturbi psichici ha bisogno non tanto di un letto di ospedale: ha bisogno di un luogo protetto in cui ristabilire, al riparo da ogni violenza, l'equilibrio fra se stesso e il mondo.

 

Strutture sanitarie di tipo ospedaliero

Di seguito si delineano alcune riflessioni sull'organizzazione delle degenze delle persone gravemente non autosufficienti nei casi in cui non siano attuabili gli interventi precedentemente in­dicati (ospedalizzazione a domicilio, gruppi ap­partamento, ospedali di giorno, ospedalizzazione notturna). Nella progettazione e ambientazione delle nuove strutture ospedaliere e nella ristrut­turazione di quelle esistenti, occorre coniugare le esigenze tecniche dei servizi con quelle umane dei pazienti; in primo luogo ciò deve essere at­tuato nelle strutture residenziali sanitarie in cui la degenza è più prolungata (medicine generali e geriatrie).

Particolare attenzione dovrà essere rivolta agli spazi di socializzazione dei pazienti, spazi che ovviamente non devono interferire né andare a discapito delle esigenze diagnostiche e terapeu­tiche.

Una particolare attenzione andrà posta sulla esigenza di garantire al servizio il massimo di qualità, professionalità, umanizzazione. Ciò attra­verso la formazione permanente degli operatori e la rotazione degli stessi per assicurare con­temporaneamente la crescita delle competenze e la diminuzione della ripetitività nelle mansioni.

In linea di principio le strutture sanitarie do­vrebbero fondarsi su una organizzazione che pre­veda «percorsi» tecnici (locali per strumentazio­ne specialistica, spazi per il personale, ecc.) di­stinti dai percorsi dei «pazienti» (camere di de­genza e di soggiorno, accessi per i familiari, ecc.).

I posti letto per le persone gravemente non autosufficienti possono essere previsti:

- in apposite camere nei normali reparti ospedalieri, in particolare quelli di geriatria e medicina;

- in strutture residenziali sanitarie non ospe­daliere.

In ogni caso si tratta di strutture sanitarie, funzionalmente inserite o collegate con gli ospe­dali, i quali provvedono alle ammissioni e di­missioni e forniscono il personale assicurando la necessaria rotazione.

Il numero dei posti letto destinati al ricovero delle persone gravemente non autosufficienti do­vrebbe essere definito secondo parametri na­zionali.

Dato il periodo prolungato di permanenza nel­la struttura ospedaliera delle persone grave­mente non autosufficienti le camere di degenza ad essi destinate devono garantire più elevati standards di comforts ed in particolare non do­vrebbero mai contenere più di 2-3 posti letto ciascuna.

Sempre tenendo in considerazione il partico­lare tipo di utenza, devono essere adeguatamen­te organizzati i tempi di vita: la distribuzione del cibo, la pulizia personale, la mobilizzazione, gli orari di visita...

Va ribadito che queste prestazioni non possono considerarsi aggiuntive a quelle normalmente rese in ambiente sanitario; dunque sono da con­siderarsi prestazioni sanitarie, non opzionali, ma necessarie e dovute.

Le strutture in cui sono accolte persone grave­mente non autosufficienti, devono essere aperte alla collaborazione con gli agenti sociali presen­ti nel territorio e devono, conseguentemente, fa­vorirne la presenza all'interno delle strutture stesse.

 

Strutture residenziali sanitarie non ospedaliere

Le strutture residenziali sanitarie non ospeda­liere non sono fisicamente collocate all'interno dell'ospedale e possono rappresentare una solu­zione qualora i servizi domiciliari non risultino ragionevolmente idonei a garantire un interven­to quantitativamente e qualitativamente rilevante ai fini della cura, riattivazione e prevenzione di ulteriori decadimenti o complicanze.

La ragioni di utilizzo di tali strutture sono fon­damentalmente sostenute dalla presenza di ma­lattia somatica o mentale invalidante legata alla malattia sociale, rappresentata di frequente dalla solitudine o dal disagio familiare. Peraltro occor­re sottolineare che in assenza della malattia somato-psichica invalidante non esistono, di nor­ma, ragioni indiscutibilmente valide per il rico­vero in un ambiente che deve essere fondamen­talmente caratterizzato in senso sanitario, nella misura in cui si occupa di malati con esiti invali­danti e che a nessun titolo possono essere consi­derati come «guariti».

 

Finalità generali

La persona gravemente non autosufficiente, per definizione non guarito all'atto della dimissione dall'ospedale, necessita di interventi comunque orientati ad una prevenzione ed a un recupero a lungo termine della malattia cronica stabilizzata. Dovrà essere posta particolare cura nella valuta­zione dei singoli casi, anche ad evitare che la struttura venga utilizzata per compiti cui non è destinata.

Non sono di competenza di queste strutture i malati terminali in cui è indispensabile una in­tensività della cura dei sintomi, se non della malattia primitiva, ed i pazienti con piaghe da de­cubito di grado avanzato in cui è indispensabile una intensività generale della cura per la preven­zione della morte.

Invece in questa sede troveranno attuazione i programmi a lungo termine per il recupero e la prevenzione individuabili in interventi articolati di animazione, psicostimolazione, riattivazione globale, ecc. Tali programmi saranno periodica­mente verificati nella loro efficacia attraverso op­portuni strumenti di valutazione funzionale che costituiranno anche dotazione di competenza pro­fessionale per gli operatori coinvolti.

 

Caratteristiche strutturali e operative

Alcuni elementi sopravvengono come condi­zionanti i risultati dei programmi a lungo termine per le persone gravemente non autosufficienti.

Un aspetto fondamentale è rappresentato dal numero delle persone con malattie croniche e non autosufficienti: è consigliabile che non sia superato il limite delle cinquanta unità; al di so­pra diventa precaria l'unitarietà di atteggiamento tra i vari momenti di attività della struttura sem­pre e comunque volti alla riattivazione, dall'alzata dal letto all'applicazione di programmi per singoli o per gruppi.

Poiché i programmi di riattivazione rappresen­tano l'obiettivo preminente, la struttura dovrà es­sere idoneamente allestita o ristrutturata in mo­do tale da privilegiare gli spazi di vita rispetto agli spazi di riposo, garantendone la fruibilità completa interna ed esterna.

Le strutture sanitarie residenziali non ospeda­liere sono organicamente collegate con le divi­sioni ospedaliere di riferimento le quali provve­dono con il proprio personale alla gestione di dette strutture e alle ammissioni e dimissioni dei pazienti.

 

Professionalità e competenze

La chiarezza degli obiettivi che si propone la struttura, intensività di intervento nella malattia cronica stabilizzata invalidante, permetterà di orientare non solo la preparazione professionale degli operatori, bensì sarà garante della capacità di cogliere i risultati, decisamente evidenti e gra­tificanti qualora non si ricerchino sul versante della diagnosi e della guarigione della malattia d'organo ma, viceversa, nel mantenimento e nel raggiungimento di nuovi livelli di autonomia e di benessere.

Tali risultati che si ottengono sul versante del­la funzione, della validità, del benessere, neces­sitano di strumenti di misurazione e di promozio­ne che rendono specifiche e specialistiche le pro­fessionalità reclutate, evitando le improvvisazio­ni deteriori per un problema integralmente com­plesso.

La malattia a lungo termine e invalidante esa­spera una eterogeneità della casistica già evi­dente in altre condizioni, caratterizza ulteriormen­te una polipatologia, non ha prospettive di inter­venti immediatamente risolutivi ma, al contrario, prevede un lavoro professionale articolato, par­ticolareggiato, continuativo, progressivo; la stes­sa attenzione della pratica attuativa è da riser­varsi alla didattica e alla formazione, l'una e l'altra non sono di ordine generico ma speciali­stiche e con livelli progressivi di competenza e responsabilità.

È opportuno utilizzare le competenze emer­genti nell'ambito di tali strutture non unicamente ai fini di una intensività assistenziale (program­mi di riattivazione, utilizzo di presidi per l'auto­nomia, tecnologie avanzate, ecc.), ma anche ai fini didattici non riservandoli unicamente al per­sonale specializzato che dovrà intervenire spe­cificamente, ma allargandoli ad altre professio­nalità (ospedaliere ed extraospedaliere) coinvol­te nella promozione della salute.

Didattica ed operatività specializzata risulte­ranno indispensabili in particolare nella previsio­ne di rendere più articolato l'intervento non solo nei confronti della malattia somatica ma anche della malattia mentale senile.

 

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Ad evitare abusi o il perdurare di situazioni at­tualmente presenti è necessario:

- smantellare tutte le megastrutture per cro­nici attualmente esistenti creando soluzioni al­ternative;

- sottoporre ad opportuna verifica tutte le strutture per verificare la loro idoneità ad ospi­tare persone gravemente non autosufficienti;

- stabilire rigidi controlli periodici per verifi­care l'idoneità delle strutture in questione.

In considerazione della specificità degli inter­venti nei confronti delle persone gravemente non autosufficienti, è necessario che il personale di assistenza sanitaria sia opportunamente qualifi­cato e periodicamente aggiornato.

 

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Il gruppo ritiene necessario approfondire in altra sede le proposte che attengono al rapporto pubblico-privato per gli interventi previsti nel pre­sente documento.

 

 

 

 

(1) Le adesioni al documento vanno inviate per iscrit­to alla Segreteria tecnico-organizzativa presso CSPSS, Via della Scala 3a, 00153 Roma oppure presso ISTISSS, Via Arno 2, 00198 Roma.

(2) II documento «Diritti ed esigenze delle persone gravemente non autosufficienti» è stato pubblicato sul n. 75, luglio-settembre 1986 di Prospettive assistenziali insieme con l'elenco dei firmatari. L'elenco degli aderenti al suddetto documento è stato riportato nella nota 3 dell'editoriale del n. 77, gennaio-marzo 1987 di Prospettive assistenziali.

 

 

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