Prospettive assistenziali, n. 79, luglio-settembre 1987

 

 

Editoriale

 

ESPERIENZE DI VOLONTARIATO PROMOZIONALE

 

 

In questo e in successivi articoli verranno presentate le esperienze di volontariato promo­zionale realizzate dall'Associazione nazionale fa­miglie adottive e affidatarie (1), dall'Unione per la lotta contro l'emarginazione sociale (2) e dal Coordinamento sanità e assistenza fra i movi­menti di base (3).

È ovvio che le iniziative assunte dalle suddette organizzazioni non sono state esenti da errori. È quindi auspicabile che le esperienze descritte sollecitino critiche e proposte. La critica è uno strumento indispensabile (e forse il principale) per migliorare gli interventi: non sempre una motivazione positiva porta a risultati positivi. An­che gli errori fatti in buona fede sono e restano errori.

È anche possibile che questi articoli possano essere di qualche aiuto alle persone che vorran­no indirizzare il loro impegno - a tempo pieno o a tempo parziale - al volontariato promo­zionale.

 

Alcune realizzazioni

Fra le principali realizzazioni di volontariato promozionale in cui un ruolo non marginale (4) è stato svolto dall'ANFAA, dall'ULCES o dal CSA, si ricordano le seguenti:

- campagna di informazione diretta all'opinio­ne pubblica, alle autorità (parlamentari, ammini­stratori, funzionari, ecc.) ed agli operatori per far conoscere le gravi e spesso irreparabili conse­guenze causate sullo sviluppo dei bambini dalla carenza di cure familiari e dal ricovero in istituti di assistenza.

Data la scarsità della letteratura italiana in ma­teria, l'ANFAA e l'ULCES hanno provveduto a tradurre e diffondere studi e articoli. Fra i prin­cipali si segnalano:

- Nicole Quemada, Cure materne e adozione;

- HM Oger O.P., Il problema morale dell'ado­zione;

- HM Oger O.P., I problemi morali, religiosi e canonici dell'adozione;

- Pierre Pescatore, Il diritto naturale e l'ado­zione;

- M. Farges, Intervento del servizio sociale nel settore delle adozioni;

- M. Soulè, J. Noel, F. Bouchard, La selezione dei genitori adottivi;

- J. Bouvez, Oltre i cinque anni... rifiuteremo d'amarli?

Altre iniziative di informazione e di denuncia della drammatica situazione del settore assisten­ziale (5), delle alternative all'emarginazione sono state assunte con interviste televisive e radiofo­niche, articoli, volantini, partecipazione a con­vegni, esposti all'autorità giudiziaria;

- costituzione del Comitato internazionale di intesa fra le associazioni di famiglie adottive, con l'adesione di organizzazioni della Francia, Belgio, Lussemburgo, Svizzera, Olanda, Stati Uni­ti e Canada. Il Comitato di intesa ha seguito l'iter dei lavori svolti dal Consiglio d'Europa (6) ed ha inviato una nota al Concilio Ecumenico Vatica­no II per sollecitare un riconoscimento dell'ado­zione (7) e per far presente il malessere delle famiglie adottive circa la speciale dispensa ne­cessaria per l'accesso dei loro figli alla vita reli­giosa o sacerdotale. Si ricorda che il decreto sull'apostolato dei laici precisa quanto segue: «Fra le varie opere di apostolato familiare ci sia con­cesso di enumerare le seguenti: adottare i bam­bini in situazione di abbandono rendendoli propri figli»;

- promozione di una nuova normativa in ma­teria di adozione con stesura di un testo incen­trato sul diritto alla famiglia dei bambini in si­tuazione di abbandono. Gli aspetti centrali del testo erano la dichiarazione di adottabilità, l'affi­damento preadottivo, l'accertamento di adeguate condizioni degli adottanti (età, capacità educati­va, ecc.), il riconoscimento della pienezza del rapporto familiare fra i minori e la famiglia adot­tiva.

La legge 5 giugno 1967 n. 431, istitutiva del­l'adozione speciale, accoglieva le richieste pre­sentate. In attuazione di detta legge, dal 1967 ad oggi, sono state realizzate oltre 40 mila adozioni di minori che erano in situazione di totale abban­dono da parte dei genitori e dei parenti tenuti agli alimenti;

- approvazione, avvenuta con la legge 12 marzo 1968 n. 181, della proposta di legge, pre­sentata su iniziativa dell'ANFAA dall'On. Mac­chiavelli. Detta legge modificava profondamente la situazione dei Tribunali per i minorenni. In­fatti la legge n. 181 /1968 prevedeva che tutti i magistrati addetti ai Tribunali per i minorenni e relative Procure di Firenze, Milano, Napoli, Pa­lermo, Roma e Torino dovessero essere a tempo pieno. Non era più consentito che detti giudici potessero svolgere funzioni presso altri organi­smi. Prima della legge suddetta, in genere, l'at­tività marginale era svolta presso i Tribunali per i minorenni e quella principale presso i Tribu­nali ordinari e le Corti dì appello o di assise. Per i Tribunali per i minorenni di Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Catanzaro, Genova, Lecce e Venezia, la legge 181/1968 stabiliva che le nor­me sopra indicate si applicassero solo ai Presi­denti dei Tribunali minorili ed ai Procuratori della Repubblica e non agli altri magistrati;

- promozione del Centro italiano per l'adozio­ne internazionale, avente i seguenti scopi:

a) affermare che il fine essenziale dell'ado­zione è quello di dare una famiglia ai bambini in situazione di abbandono in qualsiasi parte del mondo essi si trovino;

b) svolgere ogni attività al fine dì realizzare, da parte di famiglie italiane, l'adozione di bam­bini stranieri in stato di abbandono;

c) studiare le situazioni di abbandono di minori nei Paesi dove si verificano;

d) raccogliere documentazione su esperienze di adozioni internazionali e interrazziali;

e) sensibilizzare opinione pubblica, operatori sociali ed autorità, in Italia ed all'estero, sulla insostituibilità di una famiglia per il bambino;

- modifica delle norme dell'ordinamento dello stato civile per quanto riguarda le indicazioni «nato presumibilmente nel mese di ...» (il gior­no non era precisato) e «luogo di nascita: igno­rarsi», indicazioni che erano trascritte nei cer­tificati di nascita, nelle pagelle scolastiche, nei libretti di lavoro, nelle carte di identità, nei pas­saporti e negli altri documenti rilasciati a coloro che erano stati abbandonati in tenera età e non identificati. Con la legge 14 marzo 1986 n. 274, il Parlamento approvava, con alcune modifiche, la proposta di legge n. 1803 presentata, su inizia­tiva dell'ANFAA, dall'On. Martuscelli in data 3 novembre 1964;

- azione nei confronti del Governo e del Par­lamento per evitare la ratifica da parte dell'Italia della Convenzione relativa al riconoscimento del­la filiazione materna dei minori nati fuori dal ma­trimonio, redatta dalla Commissione internazio­nale dello stato civile. In base a detta convenzio­ne, il rapporto di filiazione, che allora - come adesso - viene stabilito nei casi in cui il minore sia riconosciuto dalla madre, avrebbe potuto es­sere definito a seguito di una semplice dichiara­zione fatta da una qualsiasi persona, anche in contrasto con la volontà della madre stessa;

- denuncia della situazione dell'istituto di os­servazione presso il Tribunale per i minorenni di Torino, cui venivano rinchiusi fino a 60 ragazzi che non avevano commesso reati, ma che erano ricoverati d'urgenza dai giudici per irregolarità della condotta. A seguito di numerose proteste sulle opprimenti condizioni di vita dei minori, il centro di osservazione veniva chiuso;

- redazione e promozione della proposta di legge di iniziativa popolare «Interventi per gli handicappati psichici, fisici, sensoriali e per i di­sadattati sociali». La proposta di legge è stata presentata al Senato in data 21 aprile 1970 con oltre 220 mila firme;

- varie iniziative per impedire la costruzione da parte dell'Amministrazione provinciale di To­rino prima di un villaggio per il subnormale con 500 posti letto, poi di un istituto per 144 insuffi­cienti mentali. In alternativa erano stati proposti interventi di inserimento prescolastico, scolasti­co e lavorativo, assegnazione di alloggi, abbatti­mento di barriere architettoniche e prestazioni assistenziali (aiuto economico e sociale, assi­stenza domiciliare, adozione dei minori in situa­zione di abbandono, affidamenti familiari a scopo educativo di minori, comunità alloggio). I due villaggi non sono stati realizzati e alcuni interventi alternativi sono stati attuati;

- sollecitazione per la creazione delle scuole di Torino per la formazione di educatori specia­lizzati e di terapisti della riabilitazione. Le scuo­le, aperte dalla Provincia di Torino, sono attual­mente gestite la prima dal Comune di Torino e la seconda dall'USL 1-23;

- determinazione delle piante organiche dei magistrati addetti ai Tribunali e alle Procure per i minorenni, disposta con la legge 9 marzo 1971 n. 35, che approvava con modifiche la proposta di legge n. 210 presentata alla Camera dei deputati il 18 luglio 1968 su iniziativa dell'ANFAA e dell'ULCES;

- denuncia penale del Presidente nazionale dell'ONMI (Opera nazionale per la protezione della maternità e dell'infanzia) e di altre autorità poiché negli istituti di assistenza all'infanzia, operanti in genere senza essere in possesso del­la preventiva autorizzazione a funzionare previ­sta dall'art. 50 del R.D. 15 aprile 1926 n. 718, si verificavano con preoccupante frequenza maltrat­tamenti in danno dei minori. Inoltre la denuncia metteva in risalto che spesso i titolari degli isti­tuti non trasmettevano i prescritti elenchi trime­strali al giudice tutelare, togliendo così ogni pos­sibilità di adozione ai bambini ricoverati in situa­zione di abbandono, e che i controlli sulle istitu­zioni assistenziali erano scarsi e inesistenti. I processi, celebrati a Torino, Roma, Venezia e in altre città, hanno fatto conoscere all'opinione pubblica la drammatica situazione dei bambini e degli adolescenti ricoverati in istituti pubblici e privati di assistenza;

- promozione del servizio di affidamento fa­miliare a scopo educativo, deliberato dalla Pro­vincia di Torino in data 17 maggio 1971;

- opposizione all'istituto -centro regionale (non realizzato) per handicappati fisici, psichici e sensoriali di Sarre (Aosta), con proposta di servizi alternativi;

- collaborazione alla realizzazione e stesura dell'accordo Provincia di Torino - Sindacati in ma­teria di servizi psichiatrici di territorio, accordo firmato il 13 luglio 1973;

- sostegno giuridico e legale alle famiglie co­stituitesi parte civile nei processi penali contro i dirigenti dell'istituto dei Celestini di Prato e quello di Maria Diletta Pagliuca di Grottaferrata;

- partecipazione alla stesura e raccolta delle firme della proposta dì legge di iniziativa popo­lare «Competenze regionali in materia di servizi e scioglimento degli enti assistenziali». La pro­posta (firme raccolte oltre 100 mila) è stata pre­sentata alla Camera dei deputati in data 8 marzo 1976;

- opposizione alla costituzione a Orio Cana­vese, Torino, di un ospedale per bambini lungo­degenti;

- stesura della deliberazione, approvata dal Consiglio comunale di Torino il 14 settembre 1976 e tuttora in vigore, che:

a) definisce le priorità di intervento in campo assistenziale, privilegiando le iniziative che eli­minano o riducono le cause che provocano le richieste di assistenza;

b) unifica le linee di intervento nei confronti dei minori, degli adulti, degli anziani, degli han­dicappati, ponendosi in reale alternativa ai ser­vizi settoriali;

c) unifica nel Comune gli interventi di compe­tenza delle Province;

d) riconosce un ruolo al volontariato;

- azione per il superamento degli istituti pro­vinciali per l'assistenza alla maternità e all'in­fanzia;

- richiesta alla Provincia di Torino di assun­zione di 18 insufficienti mentali, assunzione rea­lizzata con deliberazione del 15 marzo 1977;

- iniziative per la chiusura da parte della Provincia di Torino dell'istituto Mainero di Tori­no e la creazione, in alternativa, di comunità alloggio (8);

- collaborazione alla stesura delle delibera­zioni del Comune di Torino riguardanti la deter­minazione dei criteri generali di erogazione dell'assistenza economica e delle indicazioni pro­grammatiche degli interventi a favore degli han­dicappati di età superiore ai 15 anni (delibera­zioni del Consiglio comunale del 21 giugno e del 12 settembre 1978);

- iniziative per la chiusura dell'Ospedale di Pra Catinat (località situata a 70 km. da Torino, 1800 metri di altitudine, 294 posti letto, occupati una decina) e per evitarne la destinazione a cro­nicario per anziani;

- presentazione, avvenuta il 21 luglio 1979, al Consiglio regionale piemontese della proposta di legge regionale di iniziativa popolare (firme rac­colte oltre 13 mila) «Riorganizzazione dei servizi sanitari e assistenziali e costituzione delle Unità locali di tutti i servizi»;

- promozione dell'istituzione da parte della Regione Piemonte dell'anagrafe dei minori rico­verati in istituto al fine di conoscere l'andamen­to del fenomeno presso le varie unità locali:

- campagna, tuttora in corsa, per l'attuazione del diritto alle cure sanitarie, comprese quelle ospedaliere, nei confronti degli anziani e adulti cronici non autosufficienti, nei casi in cui non sia possibile provvedere con interventi domiciliari, in particolare mediante il servizio di ospedalizza­zione a domicilio;

- partecipazione all'indagine conoscitiva su adozione e affidamento svolta dalla Commissione giustizia del Senato;

- denuncia delle insopportabili condizioni di vita dei ragazzi rinchiusi nell'istituto di custodia preventiva «Ferrante Aporti» di Torino;

- organizzazione del corteo di protesta dell'11 novembre 1978 nei riguardi del Comune di To­rino, a seguito del quale il Consiglio comunale, in data 27 marzo 1979, approvava una deliberazio­ne per l'assunzione nei propri ruoli di 40 insuffi­cienti mentali;

- stesura della deliberazione sul servizio dì aiuto domestico, approvata dal Consiglio comu­nale di Torino il 14 marzo 1979;

- costituzione avvenuta nell'ottobre 1979, da parte del CSA, del Comitato per la difesa dei di­ritti degli assistiti;

- richiesta, rivolta alle Amministrazioni co­munale e provinciale di Torino, per il riconosci­mento di una commissione di controllo sui ser­vizi (comunità alloggio, centri diurni, strutture residenziali). La commissione è costituita da rap­presentanti delle associazioni dell'utenza. La commissione è stata deliberata dalla Provincia di Torino in data 5 ottobre 1979 e in seguita anche dal Comune dì Torino. Le visite di controllo pos­sono essere svolte, ovviamente senza alcun pre­avviso, in qualsiasi ora del giorno e della notte sia nei confronti dei servizi gestiti direttamente dai Comune e dalla Provincia di Torino (tutti), sia nei riguardi di quelli convenzionati (non tutti);

- accordo con il Comune di Torino (delibera del 2 aprile 1980) in base al quale la retta di ri­covero in istituti di assistenza di anziani cronici non autosufficienti a carico degli interessati e dei familiari è uguale a quella per gli autosuffi­cienti. La parte restante (due terzi circa) è a ca­rico del comparto sanitario. Questo accordo è stato stipulato ferma restando la richiesta del CSA circa l'esclusiva competenza del settore sa­nitario nei confronti degli anziani cronici non autosufficienti;

- azione nei confronti della Regione Piemonte per l'estinzione di IPAB. Finora ne sono state estinte oltre duecento, compresa una, l'istituto di riposo per la vecchiaia di Torino, avente un patrimonio del valore attuale di circa 300 mi­liardi;

- redazione della bozza del programma per la deistituzionalizzazione dei minori di età inferiore ai sei anni e la creazione di interventi alternativi. Il programma è stato approvato dal Comune di Torino nel maggio 1981;

- assegnazione da parte del Comune di Torino di alloggi dell'edilizia economica e popolare ad handicappati, anziani e casi sociali. Nel 1983 gli alloggi assegnati sono stati 69 di cui 14 per evi­tare il ricovero in istituto, 21 ad handicappati, 18 a soggetti privi di abitazione, 15 a persone aventi alloggi assolutamente inidonei. Nel 1985 sono stati assegnati 64 alloggi a casi sociali e 72 nel 1986;

- approvazione da parte del Comune di Torino di una delibera per l'adattamento di alloggi di proprietà del Comune stesso o dell'Istituto au­tonomo case popolari al fine di renderli acces­sibili e rispondenti alle esigenze degli handicap­pati e degli anziani. Un'altra delibera prevede l'erogazione dì contributi per gli adattamenti de­gli alloggi di proprietà privata;

- istituzione del servizio taxi per le persone impossibilitate a usare i mezzi pubblici. Sono concesse fino a 120 corse mensili al prezzo cor­rispondente alle tariffe dei mezzi pubblici. Un servizio del Consorzio trasporti torinesi, median­te apposito pulmino, effettua il trasporto delle persone che non sono in grado di utilizzare né i mezzi pubblici, né il servizio taxi;

- eliminazione quasi totale in Piemonte delle scuole e classi speciali per handicappati e rela­tivo inserimento prescolastico e scolastico nel­le normali sezioni e classi;

- stesura del testo base e azione promozio­nale per l'emanazione della legge della Regione Piemonte 23 agosto 1982 n. 20 «Indirizzi e nor­mative per il riordino dei servizi socio-assisten­ziali», che prevede, fra l'altro, l'attribuzione del­la gestione di tutti i servizi assistenziali, a par­tire dal 1° gennaio 1985 (termine poi prorogato al 31-10-87), agli stessi organi preposti alla condu­zione dei servizi sanitari. Di conseguenza, le Uni­tà sanitarie locali hanno assunto la denominazio­ne di Unità socio-sanitarie locali. Per quanto ri­guarda i servizi di competenza delle Province, la legge stabilisce che le Province stesse possono attribuirne le funzioni alle Unità socio-sanitarie locali. La legge indica sia gli interventi dì preven­zione del bisogno assistenziale (art. 3 - Informa­zione, ricerca e progetti; art. 5 - Soddisfacimento di esigenze abitative; art. 6 - Promozione dell'in­serimento lavorativo; art. 7 - Abolizione delle barriere architettoniche), sia gli interventi alter­nativi al ricovero in istituto (art. 19 - Assistenza economica; art. 20 - Assistenza domiciliare; art. 21 - Affidamenti ed inserimenti presso famiglie, nuclei parafamiliari e persone singole; art. 21 - Comunità alloggio; art. 22 - Autorizzazione ai funzionamento di servizi residenziali tutelari da istituire o già funzionanti). Negativamente sono state valutate dal CSA le norme riguardanti le case protette, in quanto strutture emarginanti;

- attiva collaborazione per ottenere che la legge 4 maggio 1983 n. 184 «Disciplina dell'ado­zione e dell'affidamento dei minori» contenesse norme rispondenti ai diritti ed alle esigenze dei minori italiani e stranieri;

- denuncia penale a seguito delle dimissioni selvagge del Sig. A.N. di 94 anni dall'Ospedale Molinette di Torino. Il Tribunale ha emesso sen­tenza di condanna nei confronti di due operatori responsabili (una assistente sociale e un medico ispettore);

- azione di tutela dei diritti di Stefania Bruna, una bambina che esponenti del Governo italiano volevano rinviare in Uruguay in cambio dei diari del capo della P2, Licio Gelli;

- studio, impostazione e promozione dei corsi prelavorativi per insufficienti mentali deliberati dalla Regione Piemonte e istituiti dal Comune di Torino. Al riguardo è stato stipulato in data 10 febbraio 1986 un protocollo di intesa fra il Comune di Torino, le Organizzazioni sindacali e il CSA;

- pressione sull'USL Torino 1-23 per l'appro­vazione della delibera istitutiva del servizio di ospedalizzazione a domicilio di persone altrimen­ti necessitanti di ricovero ospedaliero. Il servizio funziona dalla fine del 1984;

- promozione della delibera del Comune di To­rino diretta a favorire l'affidamento familiare a scopo educativo di minori handicappati, con par­ticolare riguardo di quelli non deambulanti e/o non autosufficienti a causa di handicaps fisici o psichici;

- promozione della costituzione di associazio­ni di mutua difesa, con lo scopo di assicurare ai propri associati (15-20 al massimo) la tutela dei diritti personali e sociali nei casi in cui essi sia­no violati da enti pubblici e privati, a condizione che l'associato stesso non sia in grado, per mo­tivi di salute o di altro genere, di provvedervi di sua iniziativa;

- promozione della legge della Regione Pie­monte 3 settembre 1984 n. 54 che prevede l'abo­lizione delle barriere architettoniche da tutti i nuovi alloggi costruiti dagli Istituti autonomi del­le casi popolari e dai Comuni;

- promozione della delibera, approvata dal Co­mune di Torino in data 25 giugno 1985, in cui sono stati sostanzialmente ridotti i contributi a carico degli utenti e dei parenti tenuti agli ali­menti nei casi di inserimento in comunità allog­gio e di ricovero in istituto;

- sollecitazioni rivolte ai Comune di Torino per l'istituzione del servizio di consulenza edu­cativa domiciliare, attivato a partire dal settem­bre 1984. Il servizio, gestito dall'Assessorato all'istruzione, interviene nei confronti delle fami­glie che hanno bambini handicappati. La fascia in cui le prestazioni sono fornite prioritariamen­te è quella da zero a 3 anni;

- promozione dell'intesa sull'inserimento sco­lastico degli handicappati firmata il 16 luglio 1986 dal Provveditorato agli studi di Torino, dal Presidente dell'USL Torino 1-23 e dall'Assessore all'istruzione del Comune di Torino;

- azione di informazione e denuncia della legge della Regione Sicilia 9 maggio 1986 n. 22 «Riorganizzazione dei servizi delle attività socio­assistenziali in Sicilia», che prevede il trasferi­mento a titolo gratuito dei patrimoni di numerose IPAB a privati, senza che i privati stessi abbiano obblighi di qualsiasi natura;

- iniziative varie dirette a bloccare l'iter par­lamentare della proposta di legge n. 3321 pre­sentata alla Camera dei Deputati in data 4 dicem­bre 1985 dagli On. Vincenzo Mancini, Bianchi, Ga­rocchio, Pisicchio e Rossatini della DC; Lodi Fau­stini e Pallanti del PCI; Ferrari Marte del PSI; Caria e Ghinami del PSDI; Arisio del PRI; Mancu­so della Sinistra indipendente e Benedikter del Partito popolare sudtirolese, che prevedeva la esclusione dei partiti, dei sindacati e delle orga­nizzazioni senza fini di lucro dall'obbligo di assu­mere handicappati;

- promozione di una causa civile dinanzi alla Pretura di Torino di tre cittadini handicappati con­tro il Ministero delle poste e delle telecomunica­zioni per l'abbattimento delle barriere architetto­niche dell'Ufficio postale di Torino, Via Sospel­lo 123 bis. La causa ha avuto esito positivo;

- promozione di delibere per l'assunzione di:

a) 60 insufficienti mentali e 10 handicappati fisici da parte dell'USL Torino 1-23 (sono già stati assunti 30 insufficienti mentali e 5 handicappati fisici);

b) 20 insufficienti mentali e 5 invalidi fisici gra­vi da parte della Provincia di Torino (sono già state realizzate alcune assunzioni);

c) 40 insufficienti mentali e 12 handicappati fisici da parte del Comune di Torino. Il relativo concorso è quasi terminato. Una decina di assun­zioni sono state ottenute complessivamente dal­la Regione Piemonte (solamente 3), dall'Enel e dalle Aziende municipalizzate di Torino;

- emanazione di bandi da parte dell'Istituto autonomo per le case popolari per l'assegnazione di alloggi dell'edilizia economica e popolare ad anziani e ad handicappati.

Si segnala infine che le comunità alloggio in funzione nel Comune di Torino alla data del 30 giugno 1987 sono:

- 26 per minori handicappati e non handicappati;

- 5 per minori e adulti insufficienti mentali;

- 1 per adulti handicappati fisici;

- 5 per anziani;

- 4 per gestanti e madri.

Gli affidamenti familiari di minori a scopo edu­cativo a parenti e a terzi realizzati dal Comune di Torino dal 1976 al 31 dicembre 1986 ammonta­no a 1510.

I centri diurni per insufficienti mentali gravi e gravissimi, non in grado a causa delle loro condizioni psico-fisiche di inserirsi nel mondo del lavoro, funzionanti nel Comune di Torino sono 20 (capienza 20-30 posti).

 

Perché insistiamo sul volontariato promozionale

Anche sulla base delle esperienze acquisite dall'ANFAA, dall'ULCES e dal CSA, riteniamo che l'azione del volontariato promozionale è indispen­sabile per migliorare e, per quanto possibile, cam­biare radicalmente le condizioni di vita delle cen­tinaia di migliaia di persone che non sono in grado di autodifendersi a causa della loro età o della gravità delle condizioni di vita. Ci riferiamo ai bambini in situazione di abbandono, agli insuf­ficienti mentali gravissimi ed agli anziani cro­nici non autosufficienti, i cui diritti fondamentali sono troppo spesso violati.

Occorre tener conto che ammontano a decine di migliaia le persone che non sono in grado di manifestare le loro esigenze fondamentali: la loro situazione psico-fisica è tale per cui non pos­sono nemmeno segnalare di avere caldo o freddo, fame o sete. Altre decine di migliaia di persone sono capaci di esprimere le loro esigenze, ma se non vengono imboccate non mangiano, se non si mette il bicchiere sulle loro labbra soffriranno di disidratazione, se non sono coperte patiranno il freddo, se non sono pulite resteranno adagiate sui loro escrementi.

Non sono situazioni eccezionali o che riguar­dano solo certi gruppi sociali. Negli ultimi anni hanno vissuto in condizione di assoluta non auto­sufficienza un ex Presidente del Consiglio dei Mi­nistri, scrittori illustri, altre personalità note per il loro impegno e il loro dinamismo.

 

Per un intervento efficace

In riferimento all'impegno personale, il volon­tariato promozionale non può essere posto su uno scalino più alto o più basso del volontariato gestionale. È tuttavia opportuno verificare, sulla base delle esperienze concrete, se - come cre­diamo - l'attività promozionale sia più efficace del volontariato di assistenza diretta.

I dati di fatto che sono stati sottoposti alla ve­rifica e alla riflessione dei lettori, dimostrano due cose.

In primo luogo - come abbiamo rilevato più volte su questa rivista - la gestione diretta di casi personali presso strutture assistenziali pub­bliche o private costringe i gruppi di volontariato a scendere a compromessi con le autorità: se si denunciano pubblicamente le carenze sofferte da questo o da quel cittadino bisognoso di assisten­za, si rischia di danneggiare chi sta già male, con il rischio di farlo star peggio: spietata è spesso la ritorsione dell'ente coinvolto.

Ciò è anche la conseguenza del fatto che i vo­lontari, molto sovente, scelgono il settore di at­tività senza compiere alcuna preventiva valuta­zione in merito ai possibili condizionamenti che possono essere loro imposti dagli amministra­tori e dalla stessa opinione pubblica.

È certo inoltre che gli enti, siano essi pubblici o privati, intervengono per eliminare ogni possi­bilità di raccogliere o diffondere informazioni a chi - sia esso un singolo volontario o un grup­po - ha pubblicamente denunciato una situa­zione non gradita dall'ente stesso.

È esperienza di ogni giorno l'estromissione di singole persone e di movimenti di base «colpe­voli» di non aver accettato la logica di potere dell'ente pubblico o privato. È inoltre preoccu­pante il fatto che non siano attuate attività di promozione sociale (9) da parte del volontariato gestionale che opera presso strutture pubbliche e private (10).

 

Non basta una generica informazione

Per ridurre il numero degli emarginati e per migliorare le condizioni di vita degli assistiti, una informazione generica alla popolazione non serve praticamente a nulla.

Molto spesso la semplice azione informativa, non accompagnata da interventi operativi con­creti, porta a conquiste culturali di facciata.

Gli oppositori delle innovazioni acquisiscono dalle informazioni ricevute sola gli elementi per definire una diversa modalità, sempre diretta a contrastare le innovazioni stesse.

Ad esempio coloro, e sono ancora molti, che non accettano l'inserimento degli handicappati, in particolare degli insufficienti mentali, nella scuola materna e dell'obbligo (fra cui è deplo­revole che vi siano anche moltissime scuole pri­vate cattoliche) non motivano il loro rifiuto sulla base delle esigenze degli handicappati stessi, ma sollevando altri problemi: mancanza di una adeguata formazione degli insegnanti, opposizio­ne delle famiglie degli alunni «normali», presen­za di barriere architettoniche. D'altra parte, nul­la viene fatto per aggiornare il personale, sensi­bilizzare i genitori, progettare lavori necessari di modo che, permanendo le carenze, l'inseri­mento non è mai attuabile.

Numerosi sono i gruppi che, sorti fondando la loro attività sull'informazione (11), dopo pochi mesi (in rari casi dopo pochi anni), hanno gettato la spugna nel più assoluto sconforto, attribuen­done la responsabilità non alla loro impreparazio­ne, ma all'insensibilità della gente.

Lavorare nel campo promozionale è forse più difficile dell'operare nel settore gestionale: oc­corre tener conto non sola dei problemi indivi­duali ma anche di quelli sociali; le responsabili­tà personali sul piano etico sono enormi, si è spesso soli o quasi contro gruppi fortissimi. Le soddisfazioni sono rare e poche. L'incomprensio­ne è grande. Non mancano gli insulti («dici que­sto perché tu non hai un figlio handicappato»), le denigrazioni («fai questo per far carriera o per­ché ti piace metterti in mostra»). Non mancano nemmeno le ritorsioni: il dirigente che ti fa ca­pire che se non la smetti sarai licenziato o ti sarà bloccata la carriera; mai viene assegnata una ri­cerca valutativa alle organizzazioni che operano nel campo del volontariato promozionale.

Il volontariato promozionale, di cui si parla poco o niente, è un intervento scomodo per i gruppi di potere, per i partiti e sindacati (sia pure in misura diversa gli uni dagli altri), per le associazioni che lavorano solo con lo scopo di conquistare qualche privilegio per i loro iscrit­ti (12).

Spesso ci si riferisce all'attività promozionale solo per disprezzarne l'impostazione e le inizia­tive, senza peraltro tener conto dei risultati.

A molti amministratori e ad alcuni operatori non piace riconoscere il ruolo svolto dai movi­menti di base nella lotta contro le istituzioni to­tali e per la creazione di servizi alternativi.

È evidente che se i cambiamenti intervenuti fossero dovuti esclusivamente o anche solo prin­cipalmente all'impegno degli amministratori e/o degli operatori, i cittadini potrebbero e dovrebbe­ro starsene tranquilli: indagini conoscitive, riu­nioni, documenti di protesta e di proposta, volan­tinaggi, cortei e altre manifestazioni, partecipa­zione a convegni, non sarebbero altro che perdite di tempo o iniziative di persone e gruppi alla ri­cerca dì protagonismo.

 

C'è anche chi travisa la realtà

A questo riguardo va detto che negli ultimi anni sono comparsi alcuni scritti in cui, travisan­do completamente la realtà dei fatti, alcune ini­ziative assunte dai movimenti di base vengono attribuite ai buon volere di amministratori e ope­ratori.

Segnaliamo al riguardo il documento dell'Am­ministrazione provinciale di Torino, pubblicato nel novembre 1983 con il titolo «Handicap e ter­ritorio - Il ruolo degli Enti locali», in cui il su­peramento dell'assistenza di tipo manicomiale subita per anni e anni da centinaia di insufficienti mentali nel lager di Villa Azzurra di Grugliasco (Torino) e la creazione di servizi alternativi (aiuti economici e sociali alle famiglie, comunità allog­gio, inserimenti scolastici, lavorativi e sociali, ecc.) non vengono ricordati come conseguenza delle lunghe ed estenuanti lotte dei movimenti di base, spesso dirette non solo contro gli ammi­nistratori, ma anche contro una parte degli ope­ratori sociali e del sindacato, ma risulta una ini­ziativa assunta autonomamente dalla Provincia di Torino, dai suoi funzionari e dai suoi tecnici. Una preoccupante disinformazione è la caratte­ristica essenziale del capitolo redatto da Duccio Demetrio «Servizi ed operatori nel settore dei minori» della pubblicazione «Operatori educati­vi - Indagine su funzioni, collocazioni e percorsi formativi degli operatori socio-educativi e socio­culturali in Lombardia», edita dai Ministero dell'interno (13).

Stupefacente e non comprovata da alcun fatto concreto è, inoltre, l'affermazione di Milena Dio­mede Canevini secondo cui le scuole di servizio sociale avrebbero avuto un «ruolo determinan­te (...) nella formazione della legge sull'adozione speciale e sugli affidi familiari» (14).

In numerose pubblicazioni, infine, non si fa cenno alcuno al ruolo, a volte determinante, avu­to dai movimenti di base, per quanto riguarda iniziative anche di grande rilevanza umana e so­ciale (15).

Nell'articolo «Dall'adozione all'affidamento fa­miliare. Coscienza di una crisi e di una prospet­tiva», pubblicato sul n. 3, 1985 di «Bambino in­compiuto», Lamberto Sacchetti, Presidente del Tribunale per i minorenni dell'Emilia-Romagna, attribuisce l'introduzione nel nostro ordinamento dell'adozione legittimante ad un ristrettissimo gruppo di persone, il cui ruolo dominante era stato assunto dalla «figura dell'intellettuale cor­tigiano».

Anche in questo caso, determinante è stata invece, come vedremo, l'azione dei movimenti di base, e in particolare quella svolta dall'Asso­ciazione nazionale famiglie adottive e affidatarie.

 

 

 

(1) Al momento della costituzione (dicembre 1962), la denominazione era «Associazione nazionale famiglie adottive e affilianti».

(2) Venne costituita nel giugno 1965 come «Unione ita­liana per la promozione dei diritti del minore».

(3) La costituzione risale al 1970. Attualmente aderi­scono al CSA le seguenti organizzazioni: Associazione ge­nitori adulti e fanciulli handicappati; Associazione italiana assistenza spastici, sezione di Torino; Associazione ita­liana sclerosi multipla, sezione piemontese; Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie; Centro di informa­zioni politiche ed economiche; Centro studi «La città diffi­cile»; Cogidas; Coordinamento autogestione handicappati; Coordinamento dei comitati spontanei di quartiere; Coor­dinamento para e tetraplegici; CSA 39 (Chivasso); Gruppo inserimento sociale handicappati USSL 27; Unione italiana ciechi, sezione di Torino; Unione italiana per la lotta contro la distrofia muscolare, sezione di Torino; Unione per la lotta contro l'emarginazione sociale.

(4) Come verrà precisato nei successivi articoli, nume­rosi e significativi sono stati gli interventi di altre orga­nizzazioni.

(5) Cfr. B. Guidetti Serra e F. Santanera, Il paese dei celestini - Istituti di assistenza sotto processo, Einaudi, Torino.

(6) Il progetto di Convenzione europea in materia di adozione di minori è stato firmato il 24 aprile 1967 da Da­nimarca, Francia, Germania occidentale, Inghilterra, Italia, Lussemburgo, Malta, Norvegia e Svezia. La convenzione è stata ratificata dal Governo italiano come stabilito dalla legge 22 maggio 1974 n. 357.

(7) La nota del Comitato di intesa è stata appoggiata dall'ANFAA che - fra l'altro - ha scritto a tutti i Vescovi ed ha incontrato varie personalità (Card. Lercaro, Mons. Fiordelli, ecc.).

(8) L'Istituto Mainero era stato predisposto nel 1972 dalla Provincia dì Torino, con una spesa dì oltre un miliar­do, per trasferirvi gli insufficienti mentali da Villa Azzur­ra, reparto del manicomio di Grugliasco (Torino). In quel periodo l'Amministrazione provinciale di Torino aveva rifiu­tato di costituire le comunità alloggio richieste dal CSA e da altri movimenti di base.

(9) Come abbiamo riferito nell'editoriale del n. 78 di Prospettive assistenziali, Mons. G. Nervo, Coordinatore della Commissione episcopale italiana per i rapporti Chie­sa-territorio e Presidente della Fondazione Zancan, ha os­servato che nel 4° convegno nazionale sul volontariato, svoltosi a Lucca nei giorni 9-10-11 maggio 1986, il tema del cambiamento sociale, pur rappresentando l'angolatura specifica del convegno stesso, «non è stato colto quasi per nulla».

(10) Riteniamo che l'unica forma di volontariato gestio­nale conciliabile con quello promozionale sia il volonta­riato svolto a livello domiciliare-familiare. A nostro avviso rientrano nel volontariato domiciliare anche l'adozione e l'affidamento familiare a scopo educativo. Su questo tema si veda l'editoriale del n. 78, aprile-giugno 1987, di Pro­spettive assistenziali.

(11) Molte persone e gruppi ritengono che la gravissima situazione esistente nel campo dell'assistenza non sia do­vuta a fattori politici, ma semplicemente a carenze di in­formazioni o ad arretratezza culturale.

(12) Numerose sono, ad esempio, le associazioni che vivono e prosperano sui falsi invalidi.

(13) Cfr. «Una ricerca sugli operatori educativi: la ve­rità stravolta», in Prospettive assistenziali, n. 75, luglio­settembre 1986.

(14) Cfr. AA.VV., «Il servizio sociale come processo d'aiuto», Franco Angeli, Milano, 1987.

(15) Ad esempio, nei due volumi di Pier Luigi Guiducci «Sicurezza sociale oggi - Sussidio pratico per il volon­tariato impegnato nel socio-assistenziale», Editrice Elle Di Ci, Torino, 1986, non c'è una sola riga sul ruolo promo­zionale svolto dai movimenti di base nella lotta contro l'emarginazione dei più deboli.

 

 

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