Editoriale
ESPERIENZE DI
VOLONTARIATO PROMOZIONALE
In questo e in successivi articoli verranno
presentate le esperienze di volontariato promozionale realizzate
dall'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie (1), dall'Unione
per la lotta contro l'emarginazione sociale (2) e dal Coordinamento sanità e
assistenza fra i movimenti di base (3).
È ovvio che le iniziative assunte dalle suddette
organizzazioni non sono state esenti da errori. È
quindi auspicabile che le esperienze descritte sollecitino critiche e proposte.
La critica è uno strumento indispensabile (e forse il principale) per
migliorare gli interventi: non sempre una motivazione positiva
porta a risultati positivi. Anche gli errori fatti in buona fede sono e
restano errori.
È anche possibile che questi articoli possano essere
di qualche aiuto alle persone che vorranno
indirizzare il loro impegno - a tempo pieno o a tempo parziale - al
volontariato promozionale.
Alcune realizzazioni
Fra le principali realizzazioni
di volontariato promozionale in cui un ruolo non marginale (4) è stato svolto
dall'ANFAA, dall'ULCES o dal CSA, si ricordano le seguenti:
- campagna di informazione
diretta all'opinione pubblica, alle autorità (parlamentari, amministratori,
funzionari, ecc.) ed agli operatori per far conoscere le gravi e spesso
irreparabili conseguenze causate sullo sviluppo dei bambini dalla carenza di
cure familiari e dal ricovero in istituti di assistenza.
Data la scarsità della letteratura italiana in materia,
l'ANFAA e l'ULCES hanno provveduto a tradurre e
diffondere studi e articoli. Fra i principali si segnalano:
- Nicole Quemada, Cure materne
e adozione;
- HM Oger O.P., Il problema morale dell'adozione;
- HM Oger O.P., I problemi morali, religiosi e canonici dell'adozione;
- Pierre Pescatore, Il diritto naturale e l'adozione;
- M. Farges, Intervento del servizio sociale nel settore
delle adozioni;
- M. Soulè, J. Noel, F. Bouchard, La selezione dei genitori adottivi;
- J. Bouvez, Oltre i cinque anni... rifiuteremo d'amarli?
Altre iniziative di informazione
e di denuncia della drammatica situazione del settore assistenziale (5), delle
alternative all'emarginazione sono state assunte con interviste televisive e
radiofoniche, articoli, volantini, partecipazione a convegni, esposti
all'autorità giudiziaria;
- costituzione del Comitato internazionale di intesa fra le associazioni di famiglie adottive, con
l'adesione di organizzazioni della Francia, Belgio, Lussemburgo, Svizzera, Olanda,
Stati Uniti e Canada. Il Comitato di intesa ha
seguito l'iter dei lavori svolti dal Consiglio d'Europa (6) ed ha inviato una
nota al Concilio Ecumenico Vaticano II per sollecitare un riconoscimento
dell'adozione (7) e per far presente il malessere delle famiglie adottive
circa la speciale dispensa necessaria per l'accesso dei loro figli alla vita
religiosa o sacerdotale. Si ricorda che il decreto sull'apostolato dei laici
precisa quanto segue: «Fra le varie opere
di apostolato familiare ci sia concesso di enumerare
le seguenti: adottare i bambini in situazione di abbandono rendendoli propri
figli»;
- promozione di una nuova
normativa in materia di adozione con stesura di un testo incentrato sul
diritto alla famiglia dei bambini in situazione di abbandono. Gli aspetti
centrali del testo erano la dichiarazione di adottabilità, l'affidamento preadottivo,
l'accertamento di adeguate condizioni degli adottanti (età, capacità educativa,
ecc.), il riconoscimento della pienezza del rapporto familiare fra i minori e
la famiglia adottiva.
La legge 5 giugno 1967 n. 431, istitutiva dell'adozione speciale,
accoglieva le richieste presentate. In attuazione di detta legge, dal 1967 ad
oggi, sono state realizzate oltre 40 mila adozioni di minori che erano in
situazione di totale abbandono da parte dei genitori e dei parenti tenuti agli
alimenti;
- approvazione, avvenuta con la
legge 12 marzo 1968 n. 181, della proposta di legge, presentata su iniziativa
dell'ANFAA dall'On. Macchiavelli. Detta legge modificava profondamente la situazione
dei Tribunali per i minorenni. Infatti la legge n. 181 /1968 prevedeva che
tutti i magistrati addetti ai Tribunali per i minorenni e
relative Procure di Firenze, Milano, Napoli, Palermo,
Roma e Torino dovessero essere a tempo pieno. Non era più consentito che detti
giudici potessero svolgere funzioni presso altri organismi. Prima della legge
suddetta, in genere, l'attività marginale era svolta presso i Tribunali per i
minorenni e quella principale presso i Tribunali ordinari e le Corti dì appello o di assise. Per i Tribunali per i minorenni di
Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Catanzaro, Genova, Lecce e Venezia, la legge
181/1968 stabiliva che le norme sopra indicate si applicassero
solo ai Presidenti dei Tribunali minorili ed ai Procuratori della Repubblica e
non agli altri magistrati;
- promozione del Centro
italiano per l'adozione internazionale, avente i seguenti scopi:
a) affermare che il fine essenziale dell'adozione è
quello di dare una famiglia ai bambini in situazione di abbandono
in qualsiasi parte del mondo essi si trovino;
b) svolgere ogni attività al fine dì realizzare, da
parte di famiglie italiane, l'adozione di bambini stranieri in stato di abbandono;
c) studiare le situazioni di abbandono
di minori nei Paesi dove si verificano;
d) raccogliere documentazione su esperienze di adozioni internazionali e interrazziali;
e) sensibilizzare opinione pubblica, operatori
sociali ed autorità, in Italia ed all'estero, sulla insostituibilità
di una famiglia per il bambino;
- modifica delle norme dell'ordinamento dello stato
civile per quanto riguarda le indicazioni «nato presumibilmente nel mese di ...» (il giorno non era precisato) e
«luogo di nascita: ignorarsi», indicazioni che erano trascritte nei certificati
di nascita, nelle pagelle scolastiche, nei libretti di lavoro, nelle carte di
identità, nei passaporti e negli altri documenti rilasciati a coloro che erano
stati abbandonati in tenera età e non identificati. Con la legge 14 marzo 1986
n. 274, il Parlamento approvava, con alcune modifiche, la proposta di legge n.
1803 presentata, su iniziativa dell'ANFAA, dall'On. Martuscelli in data 3 novembre 1964;
- azione nei confronti del Governo e del Parlamento
per evitare la ratifica da parte dell'Italia della Convenzione relativa al riconoscimento della filiazione materna dei
minori nati fuori dal matrimonio, redatta dalla Commissione internazionale
dello stato civile. In base a detta convenzione, il
rapporto di filiazione, che allora - come adesso - viene stabilito nei casi in
cui il minore sia riconosciuto dalla madre, avrebbe potuto essere definito a
seguito di una semplice dichiarazione fatta da una qualsiasi persona, anche in
contrasto con la volontà della madre stessa;
- denuncia della situazione dell'istituto di osservazione presso il Tribunale per i minorenni di
Torino, cui venivano rinchiusi fino a 60 ragazzi che non avevano commesso
reati, ma che erano ricoverati d'urgenza dai giudici per irregolarità della
condotta. A seguito di numerose proteste sulle opprimenti condizioni di vita
dei minori, il centro di osservazione veniva chiuso;
- redazione e promozione della
proposta di legge di iniziativa popolare «Interventi per gli
handicappati psichici, fisici, sensoriali e per i disadattati sociali».
La proposta di legge è stata presentata al Senato in data 21 aprile 1970 con
oltre 220 mila firme;
- varie iniziative per impedire la
costruzione da parte dell'Amministrazione provinciale di Torino prima di un
villaggio per il subnormale con
500 posti letto, poi di un istituto per 144 insufficienti mentali. In alternativa erano stati proposti interventi di inserimento
prescolastico, scolastico e lavorativo, assegnazione di alloggi, abbattimento
di barriere architettoniche e prestazioni assistenziali (aiuto economico e
sociale, assistenza domiciliare, adozione dei minori in situazione di
abbandono, affidamenti familiari a scopo educativo di minori, comunità
alloggio). I due villaggi non sono stati realizzati e alcuni interventi
alternativi sono stati attuati;
- sollecitazione per la creazione delle scuole di
Torino per la formazione di educatori specializzati e
di terapisti della riabilitazione. Le scuole, aperte
dalla Provincia di Torino, sono attualmente gestite la prima dal Comune di
Torino e la seconda dall'USL 1-23;
- determinazione delle piante organiche dei
magistrati addetti ai Tribunali e alle Procure per i minorenni, disposta con la
legge 9 marzo 1971 n. 35, che approvava con modifiche la proposta di legge n.
210 presentata alla Camera dei deputati il 18 luglio 1968 su iniziativa
dell'ANFAA e dell'ULCES;
- denuncia penale del Presidente nazionale dell'ONMI
(Opera nazionale per la protezione della maternità e dell'infanzia) e di altre autorità poiché negli istituti di assistenza
all'infanzia, operanti in genere senza essere in possesso della preventiva
autorizzazione a funzionare prevista dall'art. 50 del R.D. 15 aprile 1926 n.
718, si verificavano con preoccupante frequenza maltrattamenti in danno dei
minori. Inoltre la denuncia metteva in risalto che spesso i titolari degli istituti
non trasmettevano i prescritti elenchi trimestrali al giudice tutelare,
togliendo così ogni possibilità di adozione ai
bambini ricoverati in situazione di abbandono, e che i controlli sulle istituzioni
assistenziali erano scarsi e inesistenti. I processi, celebrati a Torino, Roma,
Venezia e in altre città, hanno fatto conoscere all'opinione pubblica la
drammatica situazione dei bambini e degli adolescenti ricoverati in istituti
pubblici e privati di assistenza;
- promozione del servizio di
affidamento familiare a scopo educativo, deliberato dalla Provincia di Torino
in data 17 maggio 1971;
- opposizione all'istituto -centro
regionale (non realizzato) per handicappati fisici, psichici e sensoriali di Sarre (Aosta), con proposta di servizi alternativi;
- collaborazione alla realizzazione
e stesura dell'accordo Provincia di Torino - Sindacati in materia di servizi
psichiatrici di territorio,
accordo firmato il 13 luglio 1973;
- sostegno giuridico e legale alle
famiglie costituitesi parte civile nei processi penali contro i dirigenti
dell'istituto dei Celestini di
Prato e quello di Maria Diletta Pagliuca
di Grottaferrata;
- partecipazione alla stesura e raccolta delle firme
della proposta dì legge di iniziativa popolare
«Competenze regionali in materia di servizi e scioglimento degli enti assistenziali». La proposta (firme raccolte oltre 100 mila)
è stata presentata alla Camera dei deputati in data 8 marzo 1976;
- opposizione alla costituzione a
Orio Canavese, Torino, di un ospedale per bambini
lungodegenti;
- stesura della deliberazione, approvata dal
Consiglio comunale di Torino il 14 settembre 1976 e tuttora in vigore, che:
a) definisce le priorità di intervento
in campo assistenziale, privilegiando le iniziative che eliminano o riducono
le cause che provocano le richieste di assistenza;
b) unifica le linee di intervento
nei confronti dei minori, degli adulti, degli anziani, degli handicappati,
ponendosi in reale alternativa ai servizi settoriali;
c) unifica nel Comune gli interventi di competenza
delle Province;
d) riconosce un ruolo al volontariato;
- azione per il superamento degli istituti provinciali
per l'assistenza alla maternità e all'infanzia;
- richiesta alla Provincia di Torino di assunzione di 18 insufficienti mentali, assunzione realizzata
con deliberazione del 15 marzo 1977;
- iniziative per la chiusura da parte della Provincia
di Torino dell'istituto Mainero di Torino e la
creazione, in alternativa, di comunità alloggio (8);
- collaborazione alla stesura delle
deliberazioni del Comune di Torino riguardanti la determinazione dei
criteri generali di erogazione dell'assistenza economica e delle indicazioni
programmatiche degli interventi a favore degli handicappati di età superiore
ai 15 anni (deliberazioni del Consiglio comunale del 21 giugno e del 12
settembre 1978);
- iniziative per la chiusura dell'Ospedale di Pra Catinat (località situata a
70 km. da Torino, 1800 metri di altitudine, 294 posti
letto, occupati una decina) e per evitarne la destinazione a cronicario per
anziani;
- presentazione, avvenuta il 21 luglio 1979, al
Consiglio regionale piemontese della proposta di legge regionale di iniziativa popolare (firme raccolte oltre 13 mila)
«Riorganizzazione dei servizi sanitari e assistenziali
e costituzione delle Unità locali di tutti i servizi»;
- promozione dell'istituzione
da parte della Regione Piemonte dell'anagrafe dei minori ricoverati in
istituto al fine di conoscere l'andamento del fenomeno presso le varie unità
locali:
- campagna, tuttora in corsa, per l'attuazione del
diritto alle cure sanitarie, comprese quelle ospedaliere, nei confronti degli
anziani e adulti cronici non autosufficienti, nei casi in cui non sia possibile
provvedere con interventi domiciliari, in particolare mediante il servizio di ospedalizzazione a domicilio;
- partecipazione all'indagine conoscitiva su adozione e affidamento svolta dalla Commissione giustizia
del Senato;
- denuncia delle insopportabili
condizioni di vita dei ragazzi rinchiusi nell'istituto di custodia preventiva «Ferrante Aporti» di
Torino;
- organizzazione del corteo di protesta dell'11
novembre 1978 nei riguardi del Comune di Torino, a seguito del quale il
Consiglio comunale, in data 27 marzo 1979, approvava una deliberazione per l'assunzione nei propri ruoli di 40 insufficienti
mentali;
- stesura della deliberazione sul
servizio dì aiuto domestico, approvata dal Consiglio comunale di Torino il 14
marzo 1979;
- costituzione avvenuta nell'ottobre 1979, da parte del
CSA, del Comitato per la difesa dei diritti degli
assistiti;
- richiesta, rivolta alle Amministrazioni comunale e
provinciale di Torino, per il riconoscimento di una
commissione di controllo sui servizi (comunità alloggio, centri diurni,
strutture residenziali). La commissione è costituita da rappresentanti delle associazioni
dell'utenza. La commissione è stata deliberata dalla Provincia di Torino in
data 5 ottobre 1979 e in seguita anche dal Comune dì Torino. Le visite di
controllo possono essere svolte, ovviamente senza alcun preavviso, in
qualsiasi ora del giorno e della notte sia nei confronti dei servizi gestiti
direttamente dai Comune e dalla Provincia di Torino
(tutti), sia nei riguardi di quelli convenzionati (non tutti);
- accordo con il Comune di Torino (delibera del 2
aprile 1980) in base al quale la retta di ricovero in istituti di assistenza di anziani cronici non autosufficienti a
carico degli interessati e dei familiari è uguale a quella per gli autosufficienti.
La parte restante (due terzi circa) è a carico del comparto sanitario. Questo
accordo è stato stipulato ferma restando la richiesta del CSA
circa l'esclusiva competenza del settore sanitario nei confronti degli
anziani cronici non autosufficienti;
- azione nei confronti della Regione Piemonte per
l'estinzione di IPAB. Finora ne sono state estinte
oltre duecento, compresa una, l'istituto di riposo per
la vecchiaia di Torino, avente un patrimonio del valore attuale di circa 300 miliardi;
- redazione della bozza del programma per la deistituzionalizzazione dei minori di età
inferiore ai sei anni e la creazione di interventi alternativi. Il programma è
stato approvato dal Comune di Torino nel maggio 1981;
- assegnazione da parte del Comune di Torino di alloggi dell'edilizia economica e popolare ad
handicappati, anziani e casi sociali. Nel 1983 gli alloggi assegnati sono stati
69 di cui 14 per evitare il ricovero in istituto, 21 ad
handicappati, 18 a soggetti privi di abitazione, 15 a persone aventi alloggi
assolutamente inidonei. Nel 1985 sono stati assegnati 64 alloggi a casi sociali
e 72 nel 1986;
- approvazione da parte del Comune di Torino di una
delibera per l'adattamento di alloggi di proprietà del
Comune stesso o dell'Istituto autonomo case popolari al fine di renderli accessibili
e rispondenti alle esigenze degli handicappati e degli anziani. Un'altra
delibera prevede l'erogazione dì contributi per gli adattamenti degli alloggi
di proprietà privata;
- istituzione del servizio taxi per le persone
impossibilitate a usare i mezzi pubblici. Sono
concesse fino a 120 corse mensili al prezzo corrispondente
alle tariffe dei mezzi pubblici. Un servizio del Consorzio trasporti torinesi,
mediante apposito pulmino, effettua il trasporto
delle persone che non sono in grado di utilizzare né i mezzi pubblici, né il
servizio taxi;
- eliminazione quasi totale in
Piemonte delle scuole e classi speciali per handicappati e relativo
inserimento prescolastico e scolastico nelle normali sezioni e classi;
- stesura del testo base e azione
promozionale per l'emanazione della legge della Regione Piemonte 23 agosto
1982 n. 20 «Indirizzi e normative
per il riordino dei servizi socio-assistenziali», che prevede, fra l'altro,
l'attribuzione della gestione di tutti i servizi assistenziali,
a partire dal 1° gennaio 1985 (termine poi prorogato al 31-10-87), agli stessi
organi preposti alla conduzione dei servizi sanitari. Di conseguenza, le Unità
sanitarie locali hanno assunto la denominazione di
Unità socio-sanitarie locali. Per quanto riguarda i servizi di competenza
delle Province, la legge stabilisce che le Province
stesse possono attribuirne le funzioni alle Unità socio-sanitarie locali. La
legge indica sia gli interventi dì prevenzione del bisogno assistenziale
(art. 3 - Informazione, ricerca e progetti; art. 5 - Soddisfacimento di
esigenze abitative; art. 6 - Promozione dell'inserimento lavorativo; art. 7 -
Abolizione delle barriere architettoniche), sia gli interventi alternativi al
ricovero in istituto (art. 19 - Assistenza economica; art. 20 - Assistenza
domiciliare; art. 21 - Affidamenti ed inserimenti presso famiglie, nuclei
parafamiliari e persone singole; art. 21 - Comunità alloggio; art. 22 -
Autorizzazione ai funzionamento di servizi residenziali tutelari da istituire o
già funzionanti). Negativamente sono state valutate dal CSA le norme riguardanti le case protette, in quanto strutture
emarginanti;
- attiva collaborazione per ottenere che la legge 4
maggio 1983 n. 184 «Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori»
contenesse norme rispondenti ai diritti ed alle esigenze dei minori italiani e
stranieri;
- denuncia penale a seguito delle
dimissioni selvagge del Sig. A.N.
di 94 anni dall'Ospedale Molinette
di Torino. Il Tribunale ha emesso sentenza di condanna nei confronti di due
operatori responsabili (una assistente sociale e un medico
ispettore);
- azione di tutela dei diritti di
Stefania Bruna, una bambina che esponenti del Governo italiano volevano
rinviare in Uruguay in cambio dei diari del capo della P2, Licio Gelli;
- studio, impostazione e promozione
dei corsi prelavorativi per insufficienti
mentali deliberati dalla Regione Piemonte e istituiti dal Comune di Torino. Al
riguardo è stato stipulato in data 10 febbraio 1986 un protocollo di intesa fra il Comune di Torino, le Organizzazioni
sindacali e il CSA;
- pressione sull'USL Torino 1-23 per l'approvazione
della delibera istitutiva del servizio di ospedalizzazione
a domicilio di persone altrimenti necessitanti di ricovero ospedaliero. Il servizio
funziona dalla fine del 1984;
- promozione della delibera
del Comune di Torino diretta a favorire l'affidamento familiare a scopo
educativo di minori handicappati, con particolare riguardo di quelli non
deambulanti e/o non autosufficienti a causa di handicaps
fisici o psichici;
- promozione della
costituzione di associazioni di mutua difesa, con lo scopo di assicurare ai propri
associati (15-20 al massimo) la tutela dei diritti personali e sociali nei casi
in cui essi siano violati da enti pubblici e privati, a condizione che
l'associato stesso non sia in grado, per motivi di salute o di altro genere,
di provvedervi di sua iniziativa;
- promozione della legge
della Regione Piemonte 3 settembre 1984 n. 54 che
prevede l'abolizione delle barriere architettoniche da tutti i nuovi alloggi
costruiti dagli Istituti autonomi delle casi popolari e dai Comuni;
- promozione della delibera,
approvata dal Comune di Torino in data 25 giugno 1985, in cui sono stati
sostanzialmente ridotti i contributi a carico degli utenti e dei parenti tenuti
agli alimenti nei casi di inserimento in comunità alloggio e di ricovero in
istituto;
- sollecitazioni rivolte ai Comune
di Torino per l'istituzione del servizio di consulenza educativa domiciliare,
attivato a partire dal settembre 1984. Il servizio, gestito dall'Assessorato
all'istruzione, interviene nei confronti delle famiglie che hanno bambini
handicappati. La fascia in cui le prestazioni sono fornite prioritariamente è quella da zero a 3 anni;
- promozione dell'intesa
sull'inserimento scolastico degli handicappati firmata il 16 luglio 1986 dal
Provveditorato agli studi di Torino, dal Presidente dell'USL Torino 1-23 e
dall'Assessore all'istruzione del Comune di Torino;
- azione di informazione e
denuncia della legge della Regione Sicilia 9 maggio 1986 n. 22
«Riorganizzazione dei servizi delle attività socioassistenziali
in Sicilia», che prevede il trasferimento a titolo gratuito dei patrimoni di
numerose IPAB a privati, senza che i privati stessi abbiano obblighi di
qualsiasi natura;
- iniziative varie dirette a bloccare l'iter parlamentare
della proposta di legge n. 3321 presentata alla Camera dei Deputati in data 4
dicembre 1985 dagli On. Vincenzo Mancini, Bianchi, Garocchio,
Pisicchio e Rossatini della
DC; Lodi Faustini e Pallanti
del PCI; Ferrari Marte del
PSI; Caria e Ghinami del PSDI; Arisio
del PRI; Mancuso della Sinistra indipendente e Benedikter del Partito popolare sudtirolese,
che prevedeva la esclusione dei partiti, dei sindacati e delle organizzazioni
senza fini di lucro dall'obbligo di assumere handicappati;
- promozione di una causa
civile dinanzi alla Pretura di Torino di tre cittadini handicappati contro il
Ministero delle poste e delle telecomunicazioni per l'abbattimento delle
barriere architettoniche dell'Ufficio postale di Torino, Via Sospello 123 bis. La causa ha avuto esito positivo;
- promozione di delibere per
l'assunzione di:
a) 60 insufficienti mentali e 10 handicappati fisici
da parte dell'USL Torino 1-23 (sono già stati assunti 30 insufficienti mentali
e 5 handicappati fisici);
b) 20 insufficienti mentali e 5 invalidi fisici gravi
da parte della Provincia di Torino (sono già state realizzate alcune
assunzioni);
c) 40 insufficienti mentali e 12
handicappati fisici da parte del Comune di Torino. Il relativo concorso è quasi terminato. Una decina di assunzioni sono state ottenute complessivamente dalla
Regione Piemonte (solamente 3), dall'Enel e dalle
Aziende municipalizzate di Torino;
- emanazione di bandi da parte dell'Istituto autonomo
per le case popolari per l'assegnazione di alloggi
dell'edilizia economica e popolare ad anziani e ad handicappati.
Si segnala infine che le comunità alloggio
in funzione nel Comune di Torino alla data del 30 giugno 1987 sono:
- 26 per minori handicappati e non handicappati;
- 5 per minori e adulti insufficienti mentali;
- 1 per adulti handicappati fisici;
- 5 per anziani;
- 4 per gestanti e madri.
Gli affidamenti familiari di minori a scopo educativo
a parenti e a terzi realizzati dal Comune di Torino dal 1976 al 31 dicembre
1986 ammontano a 1510.
I centri diurni per insufficienti mentali gravi e
gravissimi, non in grado a causa delle loro condizioni psico-fisiche di
inserirsi nel mondo del lavoro, funzionanti nel Comune di Torino sono 20
(capienza 20-30 posti).
Perché insistiamo sul volontariato promozionale
Anche sulla base delle esperienze acquisite
dall'ANFAA, dall'ULCES e dal CSA, riteniamo che l'azione del volontariato
promozionale è indispensabile per migliorare e, per quanto possibile, cambiare
radicalmente le condizioni di vita delle centinaia di migliaia di persone che
non sono in grado di autodifendersi
a causa della loro età o della gravità delle condizioni di vita. Ci riferiamo
ai bambini in situazione di abbandono, agli insufficienti
mentali gravissimi ed agli anziani cronici non autosufficienti, i cui diritti
fondamentali sono troppo spesso violati.
Occorre tener conto che ammontano a decine di
migliaia le persone che non sono in grado di manifestare le loro esigenze
fondamentali: la loro situazione psico-fisica è tale per cui
non possono nemmeno segnalare di avere caldo o freddo, fame o sete. Altre
decine di migliaia di persone sono capaci di esprimere le loro esigenze, ma se
non vengono imboccate non mangiano, se non si mette il
bicchiere sulle loro labbra soffriranno di disidratazione, se non sono coperte
patiranno il freddo, se non sono pulite resteranno adagiate sui loro escrementi.
Non sono situazioni eccezionali o che riguardano
solo certi gruppi sociali. Negli ultimi anni hanno vissuto in condizione di assoluta non autosufficienza un ex Presidente del
Consiglio dei Ministri, scrittori illustri, altre personalità note per il loro
impegno e il loro dinamismo.
Per un intervento efficace
In riferimento all'impegno personale, il volontariato
promozionale non può essere posto su uno scalino più alto o più basso del
volontariato gestionale. È tuttavia opportuno verificare, sulla base delle
esperienze concrete, se - come crediamo - l'attività promozionale sia più
efficace del volontariato di assistenza diretta.
I dati di fatto che sono stati sottoposti alla verifica
e alla riflessione dei lettori, dimostrano due cose.
In primo luogo - come abbiamo rilevato più volte su
questa rivista - la gestione diretta di casi personali presso strutture assistenziali pubbliche o private costringe i gruppi di
volontariato a scendere a compromessi con le autorità: se si denunciano
pubblicamente le carenze sofferte da questo o da quel cittadino bisognoso di
assistenza, si rischia di danneggiare chi sta già male, con il rischio di
farlo star peggio: spietata è spesso la ritorsione dell'ente coinvolto.
Ciò è anche la conseguenza del fatto che i volontari, molto sovente, scelgono il settore di attività
senza compiere alcuna preventiva valutazione in merito ai possibili
condizionamenti che possono essere loro imposti dagli amministratori e dalla
stessa opinione pubblica.
È certo inoltre che gli enti, siano essi pubblici o
privati, intervengono per eliminare ogni possibilità di raccogliere o
diffondere informazioni a chi - sia esso un singolo volontario o un gruppo - ha pubblicamente denunciato una situazione non gradita
dall'ente stesso.
È esperienza di ogni giorno
l'estromissione di singole persone e di movimenti di base «colpevoli» di non
aver accettato la logica di potere dell'ente pubblico o privato. È inoltre
preoccupante il fatto che non siano attuate attività
di promozione sociale (9) da parte del volontariato gestionale che opera presso
strutture pubbliche e private (10).
Non basta una generica informazione
Per ridurre il numero degli emarginati e per
migliorare le condizioni di vita degli assistiti, una informazione
generica alla popolazione non serve praticamente a nulla.
Molto spesso la semplice azione
informativa, non accompagnata da interventi operativi concreti, porta a
conquiste culturali di facciata.
Gli oppositori delle innovazioni acquisiscono dalle
informazioni ricevute sola gli elementi per definire una diversa modalità,
sempre diretta a contrastare le innovazioni stesse.
Ad esempio coloro, e sono ancora molti, che non
accettano l'inserimento degli handicappati, in particolare degli insufficienti
mentali, nella scuola materna e dell'obbligo (fra cui è deplorevole che vi
siano anche moltissime scuole private cattoliche) non motivano il loro rifiuto
sulla base delle esigenze degli handicappati stessi, ma sollevando altri
problemi: mancanza di una adeguata formazione degli
insegnanti, opposizione delle famiglie degli alunni «normali», presenza di
barriere architettoniche. D'altra parte, nulla viene
fatto per aggiornare il personale, sensibilizzare i genitori, progettare
lavori necessari di modo che, permanendo le carenze, l'inserimento non è mai
attuabile.
Numerosi sono i gruppi che, sorti fondando la loro
attività sull'informazione (11), dopo pochi mesi (in rari casi dopo pochi anni), hanno gettato la spugna nel più assoluto
sconforto, attribuendone la responsabilità non alla loro impreparazione, ma
all'insensibilità della gente.
Lavorare nel campo promozionale è forse più difficile
dell'operare nel settore gestionale: occorre tener
conto non sola dei problemi individuali ma anche di quelli sociali; le
responsabilità personali sul piano etico sono enormi, si è spesso soli o quasi
contro gruppi fortissimi. Le soddisfazioni sono rare e poche. L'incomprensione è grande. Non mancano gli insulti («dici questo perché
tu non hai un figlio handicappato»), le denigrazioni («fai questo per far
carriera o perché ti piace metterti in mostra»). Non
mancano nemmeno le ritorsioni: il dirigente che ti fa capire che se non la
smetti sarai licenziato o ti sarà bloccata la carriera; mai viene
assegnata una ricerca valutativa alle organizzazioni che operano nel campo del
volontariato promozionale.
Il volontariato promozionale, di cui si parla poco o
niente, è un intervento scomodo per i gruppi di potere, per i partiti e
sindacati (sia pure in misura diversa gli uni dagli altri), per le associazioni
che lavorano solo con lo scopo di conquistare qualche privilegio per i loro
iscritti (12).
Spesso ci si riferisce all'attività promozionale solo
per disprezzarne l'impostazione e le iniziative, senza peraltro tener conto
dei risultati.
A molti amministratori e ad alcuni operatori non
piace riconoscere il ruolo svolto dai movimenti di base nella lotta contro le
istituzioni totali e per la creazione di servizi alternativi.
È evidente che se i cambiamenti intervenuti fossero dovuti esclusivamente o anche solo principalmente
all'impegno degli amministratori e/o degli operatori, i cittadini potrebbero e
dovrebbero starsene tranquilli: indagini conoscitive, riunioni, documenti di
protesta e di proposta, volantinaggi, cortei e altre manifestazioni, partecipazione
a convegni, non sarebbero altro che perdite di tempo o iniziative di persone e
gruppi alla ricerca dì protagonismo.
C'è anche chi travisa la realtà
A questo riguardo va detto che negli ultimi anni sono comparsi alcuni scritti in cui, travisando
completamente la realtà dei fatti, alcune iniziative assunte dai movimenti di
base vengono attribuite ai buon volere di amministratori e operatori.
Segnaliamo al riguardo il
documento dell'Amministrazione provinciale di Torino, pubblicato nel novembre
1983 con il titolo «Handicap e territorio - Il ruolo degli Enti locali», in
cui il superamento dell'assistenza di tipo manicomiale subita per anni e anni
da centinaia di insufficienti mentali nel lager di
Villa Azzurra di Grugliasco (Torino) e la creazione
di servizi alternativi (aiuti economici e sociali alle famiglie, comunità alloggio,
inserimenti scolastici, lavorativi e sociali, ecc.) non vengono ricordati come
conseguenza delle lunghe ed estenuanti lotte dei movimenti di base, spesso
dirette non solo contro gli amministratori, ma anche contro una parte degli
operatori sociali e del sindacato, ma risulta una iniziativa assunta
autonomamente dalla Provincia di Torino, dai suoi funzionari e dai suoi
tecnici. Una preoccupante disinformazione è la caratteristica essenziale del
capitolo redatto da Duccio Demetrio «Servizi ed operatori nel
settore dei minori» della pubblicazione «Operatori educativi - Indagine
su funzioni, collocazioni e percorsi formativi degli
operatori socio-educativi e socioculturali in Lombardia», edita dai Ministero
dell'interno (13).
Stupefacente e non comprovata da alcun fatto concreto
è, inoltre, l'affermazione di Milena Diomede Canevini secondo cui le scuole di servizio sociale avrebbero avuto un «ruolo
determinante (...) nella formazione della legge sull'adozione speciale e sugli
affidi familiari» (14).
In numerose pubblicazioni, infine, non si fa cenno
alcuno al ruolo, a volte determinante, avuto dai
movimenti di base, per quanto riguarda iniziative anche di grande rilevanza
umana e sociale (15).
Nell'articolo «Dall'adozione all'affidamento familiare.
Coscienza di una crisi e di una prospettiva», pubblicato sul
n. 3, 1985 di «Bambino incompiuto», Lamberto Sacchetti, Presidente del
Tribunale per i minorenni dell'Emilia-Romagna,
attribuisce l'introduzione nel nostro ordinamento dell'adozione legittimante ad
un ristrettissimo gruppo di persone, il cui ruolo dominante era stato assunto dalla
«figura dell'intellettuale cortigiano».
Anche in questo caso, determinante
è stata invece, come vedremo, l'azione dei movimenti di base, e in particolare
quella svolta dall'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie.
(1) Al momento della costituzione
(dicembre 1962), la denominazione era «Associazione nazionale famiglie adottive
e affilianti».
(2) Venne costituita nel giugno 1965
come «Unione italiana per la promozione dei diritti
del minore».
(3) La costituzione risale al 1970. Attualmente aderiscono al CSA le seguenti organizzazioni:
Associazione genitori adulti e fanciulli handicappati; Associazione italiana
assistenza spastici, sezione di Torino; Associazione italiana sclerosi
multipla, sezione piemontese; Associazione nazionale famiglie adottive e
affidatarie; Centro di informazioni politiche ed economiche; Centro studi «La
città difficile»; Cogidas; Coordinamento
autogestione handicappati; Coordinamento dei comitati spontanei di quartiere;
Coordinamento para e tetraplegici; CSA 39 (Chivasso); Gruppo inserimento sociale handicappati USSL 27;
Unione italiana ciechi, sezione di Torino; Unione
italiana per la lotta contro la distrofia muscolare, sezione di Torino; Unione
per la lotta contro l'emarginazione sociale.
(4) Come verrà precisato nei successivi
articoli, numerosi e significativi sono stati gli interventi di altre organizzazioni.
(5) Cfr. B. Guidetti Serra e F. Santanera, Il paese
dei celestini - Istituti di assistenza sotto processo,
Einaudi, Torino.
(6) Il progetto di Convenzione europea
in materia di adozione di minori è stato firmato il 24 aprile 1967 da Danimarca, Francia, Germania occidentale, Inghilterra,
Italia, Lussemburgo, Malta, Norvegia e Svezia. La convenzione è stata
ratificata dal Governo italiano come stabilito dalla legge 22 maggio 1974 n.
357.
(7) La nota del Comitato di intesa è
stata appoggiata dall'ANFAA che - fra l'altro - ha scritto a tutti i Vescovi ed
ha incontrato varie personalità (Card. Lercaro, Mons. Fiordelli, ecc.).
(8) L'Istituto Mainero
era stato predisposto nel 1972 dalla Provincia dì Torino, con una spesa dì
oltre un miliardo, per trasferirvi gli insufficienti mentali da Villa Azzurra,
reparto del manicomio di Grugliasco (Torino). In quel
periodo l'Amministrazione provinciale di Torino aveva rifiutato di costituire
le comunità alloggio richieste dal CSA e da altri movimenti di base.
(9) Come abbiamo riferito
nell'editoriale del n. 78 di Prospettive
assistenziali, Mons. G. Nervo, Coordinatore della
Commissione episcopale italiana per i rapporti Chiesa-territorio
e Presidente della Fondazione Zancan, ha osservato
che nel 4° convegno nazionale sul volontariato, svoltosi a Lucca nei giorni 9-10-11 maggio 1986, il tema del cambiamento sociale, pur
rappresentando l'angolatura specifica del convegno stesso, «non è stato colto quasi per nulla».
(10) Riteniamo che l'unica forma di
volontariato gestionale conciliabile con quello promozionale sia il volontariato
svolto a livello domiciliare-familiare. A nostro
avviso rientrano nel volontariato domiciliare anche l'adozione e l'affidamento
familiare a scopo educativo. Su questo tema si veda l'editoriale del n. 78,
aprile-giugno 1987, di Prospettive assistenziali.
(11) Molte persone e gruppi ritengono
che la gravissima situazione esistente nel campo dell'assistenza non sia dovuta
a fattori politici, ma semplicemente a carenze di informazioni o ad
arretratezza culturale.
(12) Numerose sono, ad esempio, le
associazioni che vivono e prosperano sui falsi invalidi.
(13) Cfr. «Una
ricerca sugli operatori educativi: la verità
stravolta», in Prospettive assistenziali,
n. 75, lugliosettembre 1986.
(14) Cfr. AA.VV., «Il servizio sociale come
processo d'aiuto», Franco Angeli, Milano, 1987.
(15) Ad esempio, nei due volumi di Pier
Luigi Guiducci «Sicurezza sociale oggi - Sussidio
pratico per il volontariato impegnato nel socio-assistenziale», Editrice Elle
Di Ci, Torino, 1986, non c'è una sola riga sul ruolo
promozionale svolto dai movimenti di base nella lotta contro l'emarginazione
dei più deboli.
www.fondazionepromozionesociale.it