GIANNI SELLERI (1)
È il 3 agosto 1987, è un giorno molto caldo e afoso; a Igea Marina gli alberghi sono al completo (nonostante le
pessimistiche previsioni del mese precedente), la spiaggia è brulicante, la
gente prende il sole, fa il bagno, chiacchiera, i soliti flirt estivi, si gioca a bocce, si cerca di organizzare la serata
(possibilmente con una conclusione sessuale), le madri strillano ai bambini
che stanno troppo in acqua, i padri sbirciano le tedesche senza reggiseno,
qualcuno digerisce a stento la cotoletta, i più in forma giocano a pallavolo...
Italiani brava gente.
È una spiaggia «popolare» in una regione dove,
secondo chi la governa, il turismo non può essere considerato un «consumo voluttuario», ma una reale esigenza sociale che comporta la
creazione delle condizioni strutturali e ambientali per un uso collettivo del
diritto alle vacanze.
In questo senso gli enti locali si fanno
carico delle case di vacanze per l'infanzia e inviano al mare gli anziani
bisognosi (120.000 nel 1986). Ma...
Verso le 13, dopo 8 ore di viaggio, arriva un pulmino
da Torino con sei handicappati (di cui 4 su sedie a rotelle) e tre
accompagnatori che hanno regolarmente prenotato
presso l'hotel K2 di Bellaria.
Il proprietario dell'albergo, Tullio Giorgetti, alla vista del gruppo
comincia a proporre obiezioni: «Il mio albergo non ha le strutture adatte,
l'ascensore resterebbe troppo a lungo occupato, le carrozzine rallenterebbero i servizi comuni, non ero stato informato
che si trattava di handicappati gravi, i letti non hanno le sponde... (!)».
Dopo due ore di discussione il gestore offre qualche
panino e due bottiglie d'acqua minerale e licenzia il gruppo indirizzandolo alla Azienda di soggiorno per la ricerca di un'altra
sistemazione.
Per 4 ore si telefona ad alberghi, appartamenti
privati, pensioni, ma quando si precisa che ci sono handicappati la risposta è:
«Non c'è posto».
Verso le 18 qualcuno telefona alla
Casa Marina dell'ANIEP, il posto c'è anche se in una camera di
soggiorno.
Il 4 agosto l'ANIEP, in ottemperanza ai propri fini
statutari (e non per scopi di ritorsione politica o di scandalismo) denuncia
all'opinione pubblica il caso e preannuncia un esposto alla
magistratura.
Il 5 agosto il problema viene
discusso in Parlamento per una mozione presentata da Franco Piro e il Presidente Goria
assicura che il fatto sarà esaminato col massimo rigore e promette una
«commissione speciale per i problemi degli handicappati». Tutta la stampa, la
radio e i telegiornali, riferiscono ampiamente
l'episodio di discriminazione.
Si riuniscono, nei giorni successivi, le autorità regionali, i Sindaci della costa romagnola, le
Associazioni degli albergatori, gli organi dirigenti dell'Azienda di promozione
turistica; il Ministro dell'interno e il Presidente del Consiglio sollecitano
provvedimenti.
A questo punto il discorso si amplifica, non si
tratta più soltanto degli handicappati, ma dei problemi generali del turismo
romagnolo e della sua crisi, dei ritardi culturali degli operatori turistici,
dei difficili rapporti fra le associazioni degli albergatori e gli Enti
locali; diventa un groviglio inestricabile di questioni economiche, politiche,
istituzionali e sociali, che riempiono le pagine dei giornali per 20 giorni.
La sequenza dei fatti principali
- Il sindaco di Bellaria,
Nando Fabbri, dispone la chiusura dell'hotel K2 dal
24 al 30 agosto perché è stato violato il Testo unico delle leggi di pubblica
sicurezza che sancisce che nessun esercizio pubblico può rifiutare chi è in
grado di pagare le prestazioni.
- L'ANIEP formula un esposto al procuratore della
Repubblica di Forlì, per la violazione dell'articolo 27 della legge 118/71 che
stabilisce che «in nessun luogo pubblico o aperto al pubblico può essere
vietato l'accesso ai minorati» (2).
- L'Associazione degli albergatori di Bellaria - Igea Marina, dichiara che in occasione della
chiusura del K2, in segno di protesta, verranno
spente tutte le insegne degli alberghi.
- Su mandato del Procuratore della Repubblica di
Rimini, i carabinieri effettuano un'indagine
meticolosa, una vera e propria perquisizione, sulla Casa marina dell'ANIEP e
sulla sua regolarità.
- Si riunisce il Consiglio comunale di Bellaria e si delinea una crisi
perché il gruppo socialista si dissocia dalla decisione della giunta e dal provvedimento
di chiusura del K2.
- L'Unità inizia una raccolta di
firme contro il black-out degli albergatori, le adesioni sono moltissime
e di diverse parti politiche.
- L'ANIEP indice una conferenza stampa per precisare
i rischi di strumentalizzazione e i pretesti che si
sono scatenati attorno alla vicenda.
- Il Sindaco di Bellaria
accelera le pratiche e concede il permesso di apertura
alla Casa marina dell'ANIEP (che aveva in corso l'istruttoria del condono
edilizio).
- Il Procuratore della Repubblica di Rimini fa
requisire gli atti concessivi presso il Comune; l'ANIEP prepara un ricorso al
Consiglio superiore della Magistratura ritenendo ingiustificato e pleonastico
questo secondo intervento del magistrato.
- Gli handicappati di alcuni
istituti elioterapici vicini a Igea Marina fanno un corteo di protesta e
manifestano di fronte al K2.
- L'ANIEP e la Comunità Papa Giovanni XXIII indicono una manifestazione a Rimini, per il rispetto dei
diritti di tutti i diversi.
- Don Oreste Benzi, per
incarico del Vescovo di Rimini, inizia una difficile mediazione fra l'Amministrazione
comunale e gli albergatori, con lo scopo di attenuare le tensioni e di far
sospendere il black-out.
- Gli albergatori revocano il black-out, l'ANIEP e l'Associazione
Papa Giovanni XXIII trasformano, la manifestazione di Rimini in un atto di «riconciliazione»;
all'iniziativa, che ottiene numerose adesioni di associazioni,
ministri e parlamentari, partecipano oltre 4.000 persone; il corteo, che
attraversa una Rimini in parte stupita, in parte indifferente, si conclude con
i discorsi di don Oreste Benzi, di Luciano Guerzoni, Presidente della Giunta regionale e di Gianni Selleri.
- Il Pretore dirigente di Rimini blocca l'ordinanza
del Sindaco di Bellaria con la quale era stata
disposta la chiusura del K2, in attesa del giudizio
del TAR al quale il proprietario del K2 aveva fatto ricorso.
- Il TAR, riunito in seduta straordinaria, conferma
la validità e la legittimità del provvedimento di chiusura del K2 («atto
esemplare e dovuto») e respinge il ricorso.
- Il Sindaco di Bellaria
firma una seconda ordinanza con la quale dispone la sospensione della licenza al K2 dal primo al sette settembre.
- Il Procuratore della Repubblica di Rimini trasmette
ad un giudice istruttore i verbali della ispezione
effettuata presso i locali della Casa marina dell'ANIEP.
- La denuncia dell'ANIEP sulla violazione dell'art.
27 della legge 118/71 da Forlì approda alla Pretura di
Rimini «per competenza».
- Il Pretore dirigente di Rimini sospende per la
seconda volta la chiusura del K2 nonostante il giudizio del TAR («l'autorità
giudiziaria non si fa scavalcare dall'autorità amministrativa») e fissa un
incontro fra le parti per il 23 settembre.
- Si profila un interminabile conflitto di competenze
e un ricorso in Cassazione, come di fatto avvenne per iniziativa del Comune di
Bellaria.
Lo sviluppo cronologico dei fatti non corrisponde
(come spesso capita) a nessun sistema logico, è quindi necessario qualche
commento per cercare di distinguere i vari problemi.
Una sola premessa che può valere come schema
interpretativo generale: gli handicappati, in quanto portatori di bisogni e di esigenze, che non possono essere eluse o rinviate,
evidenziano e anticipano le disfunzioni e le carenze dell'organizzazione e dei
rapporti sociali e fanno scoppiare le tensioni e le contraddizioni latenti,
che di solito vengono mascherate o rimosse.
Aspetto giuridico istituzionale
Al di là di ogni possibile valutazione non c'è dubbio che la
vicenda del K2 rappresenta una violazione dei diritti civili in senso
complessivo, in quanto fa riferimento a norme giuridiche generali. Il fatto che
l'episodio abbia riguardato un gruppo di handicappati
non costituisce, sotto il profilo giuridica, un caso specifico, se non per
alcune disposizioni di tutela aggiuntiva che il legislatore ha introdotto
nell'ordinamento (art. 27, legge 118/ 1971), non perché le norme costituzionali
e la legislazione amministrativa siano insufficienti per il rispetto della
dignità e dell'uguaglianza di tutti i cittadini, ma per sottolineare
un'esigenza di carattere culturale: l'integrazione sociale degli handicappati.
Il Sindaco di Bellaria,
disponendo per due volte la chiusura dell'hotel K2, ha agito secondo le
proprie competenze in materia di polizia amministrativa (art. 19, D.P.R.
616/77) e in riferimento ai principi generali di
diritto.
I provvedimenti di chiusura possono essere impugnati
di fronte al Tribunale amministrativo regionale, così come ha fatto, seppure
tardivamente, il proprietario dell'hotel K2.
Tuttavia il giudizio del TAR è stato preceduto e
seguito da due interventi del pretore di Rimini, dottor Brandina:
una prima volta con la motivazione che sarebbero mancate le condizioni della
tutela giuridica al ricorrente (si riteneva che il TAR fosse «chiuso per ferie»),
una seconda volta (dopo che il TAR aveva respinto il ricorso), per motivi molto meno comprensibili e logici, di competenza
giurisdizionale.
Comunque si concluda questo conflitto fra autorità
giudiziaria e autorità amministrativa, non ci può essere alcun dubbio sulla
legittimità delle ordinanze del Sindaco di Bellaria.
Per quanto riguarda l'azione dell’ANIEP (esposto
alla magistratura e denuncia pubblica) è opportuno precisare che non si è
trattato, come hanno pubblicamente dichiarato gli
albergatori, di un caso provocato ad arte per fini politici, propagandistici o
di categoria.
La posizione è invece estremamente
chiara: un diritto è stato violato, lo stesso diritto dev'essere
sanzionato e riaffermato.
Come constatazione finale si può tuttavia affermare
che chi è riuscito a trasferire la vicenda dall'ambito politico e culturale alla esclusiva competenza giuridica, ha di fatto sottratto
il problema al dibattito democratico, troncando, così ogni ulteriore
approfondimento sulle cause e le responsabilità della vicenda.
Aspetti
politici ed economici
Il rifiuto dell'ospitalità agli handicappati di Torino,
ha avuto una straordinaria amplificazione perché ha
innescato la manifestazione di tensioni preesistenti fra Enti locali e
operatori turistici, fra la nuova Azienda di promozione turistica e le
Associazioni degli albergatori, fra PCI e PSI che, pur governando insieme le
amministrazioni comunali del circondario di Rimini, scontano una situazione di
difficile convivenza nei reciproci equilibri e rapporti di potere.
A tutto ciò si deve aggiungere un certo grado di
passionalità e di provincialismo politico che radicalizza
spesso i contrasti.
L'episodio di discriminazione e la sua risonanza a
livello parlamentare, governativo e pubblico, hanno
indotto gli apparati e le rappresentanze istituzionali del Partito comunista a
difendere e a ricostituire l'immagine compromessa della regione e della
riviera, sia sotto il profilo amministrativa, sia sotto quello
socio-culturale.
In questo senso si spiegano le decise prese di
posizione del Presidente della Giunta regionale, del Sindaco di Bellaria e dell'organo ufficiale del partito che hanno
determinato la decisione di un provvedimento esemplare nei confronti dell'hotel
K2, che avesse insieme scopi riparativi ed effetti
politici.
E tuttavia questa intenzione;
quando si è tradotta in fatti concreti, si è dimostrata una «corsa in avanti»
che ha lasciato allo scoperto molte retrovie e che ha fatto risaltare carenze
di programmazione e di gestione ben più gravi del fatto specifico.
Si spiegano così i distinguo dei socialisti, il
braccio di ferro fra le Associazioni degli albergatori
(che hanno il potere economico, ma sono politicamente subalterni) e il Partito
comunista e l'emergere improvviso di tutti i sintomi della crisi strutturale e
del vuoto dei contenuti sociali del turismo emiliano-romagnolo,
che rischia di essere soffocato dalla sua stessa espansione quantitativa.
Si sono quindi espresse ed accavallate esigenze
politiche e generali, interessi corporativi (forti e protetti), tentativi di
rinviare l'analisi e la discussione di un malessere e di una
inadeguatezza di cui è troppo difficile prevedere gli sbocchi o
organizzare le soluzioni e il cui permanere provoca appunto l'intolleranza, la
discriminazione, il rifiuto di ogni realtà o situazione che non abbia una
diretta convenienza economica o politica (i saccopelisti,
i senegalesi, gli handicappati, i vigilantes, la droga, il racket, sono tutti
indici di questa realtà).
In questa prospettiva si può spiegare il giudizio di
chi ha visto nel provvedimento di sospensione della licenza commerciale
all'hotel K2, un fatto essenzialmente punitivo, un atto di forza e di prevaricazione,
un'incapacità di mediazione politica e sociale. Ci sono stati e ci sono troppi
legami fra gli amministratori socialcomunisti e gli
operatori turistici perché potesse essere immediatamente comprensibile una
contrapposizione istituzionale o ideologica.
L'industria turistica romagnola è costituita da una
straordinaria commistione di imprese individuali
(nata dal boom economico, dagli abusi edilizi, dal consumismo e dal benessere)
e di tentativi di razionalizzazione di tipo capitalistico. Il criterio del
massimo profitto (che non viene reinvestito se non per potenziare ed
alimentare il sistema) prevale su quello dello
scambio di equivalenti e dei l'organizzazione. È una parossistica esaltazione
dell'iniziativa privata che non sopporta interferenze o controlli e che per
ottenere la massima libertà sostiene elettoralmente (e quindi condiziona) i partiti di
maggioranza, che dovrebbero invece convalidare un diverso modello di sviluppo.
II K2 ha costretto ad un convulso e breve confronto i
protagonisti di queste contraddizioni.
Nel contesto di tale situazione, gli handicappati sono stati
ripetutamente «strumentalizzati» e sono diventati il pretesto per
l'attribuzione incrociata e confusa di colpe e di benemerenze e non sempre è
stato possibile evitare l'eterogestione del problema
e difendere i valori e l'identità giuridica che il casa del K2 aveva
compromesso.
È risultato comunque chiaro
che per gli albergatori ospitare in alta stagione portatori di handicaps, rappresenta un «danno economico» perché
suscita o potrebbe suscitare reazioni negative da parte degli altri turisti,
può far perdere clienti e compromettere parte del guadagno. Questa constatazione è sufficiente per spiegare comportamenti
di rifiuto.
Di fronte alla riprovazione pubblica e ai conseguenti atti amministrativi, gli albergatori si sono
difesi prima in termini di pressione corporativa (solidarietà con il collega
punito, minaccia del black-out), poi ricorrendo, con evidenti successi, alla
magistratura.
Dall'autorità giudiziaria sono poi scaturite azioni
e indagini che cronologicamente e concettualmente è difficile non collegare
con il fatto che l'ANIEP aveva ospitato gli handicappati rifiutati ed aveva
informato l'opinione pubblica.
La Casa marina dell'ANIEP è stata sottoposta a
meticolose ispezioni e perquisizioni, le autorizzazioni comunali sono state
requisite per accertarne la regolarità (non risulta che niente di analogo sia stato fatto nei confronti dell'hotel K2).
Questi interventi, che il Procuratore di Rimini ha definito
«normali e a fin di bene», potevano essere interpretati come
un avvertimento e una ritorsione.
Aspetti socio-culturali
Il rifiuto del «K2» di ospitare un gruppo di handicappati
è stato determinato da alcuni fatti oggettivi e da molte distorsioni
culturali.
L'interpretazione può riferirsi a molteplici aspetti
di costume, di comportamento, di educazione civica,
sia sotto il profilo sociologico, sia sotto quello psicodinamico.
La tradizionale accoglienza delle famiglie, dei
bambini, del turista straniero, del cliente per scopi terapeutici, che
caratterizzava l'inizio del turismo emiliano-romagnolo,
si è trasformato in un modello di vita imposto che per gli operatori
corrisponde all'obiettivo del massimo profitto e per gli utenti ad una
«vacanza» intesa come evasione, come trasgressione, come «tempo del piacere».
L'intenzione speculativa degli albergatori, dei
commercianti, dei produttori di divertimenti alimenta e rinforza
reciprocamente le aspettative semireali di un periodo
che costituisca uno stacco con la realtà quotidiana, gli obblighi e le frustrazioni
«del tempo normale». E tuttavia il modo di fruizione
non è più costituito dal riposo, dalla ricerca della comunicazione, dagli
effetti della salubrità dell'ambiente (il cui degrado è giunto al limite della
emergenza), ma da un edonismo individuale, primitivo e conformistico che non
deve avere disillusioni.
Si crea allora una situazione sostanzialmente disumanizzata e comunque una
frattura di continuità negli atteggiamenti e nei comportamenti.
La pausa estiva significa l'abbronzatura, la discoteca
(per i più attempati la modulazione del liscio), essere serviti, mangiare bene,
avere il maggiore numero di rapporti sessuali, preferibilmente con più partners, dormire poco la notte, ecc. ecc.
È chiaro che c'è posto e possibilità di successo soprattutto per i belli, per i sani, per quelli eleganti,
per i sessualmente desiderabili; in questa realtà, gli handicappati, i
diversi, i portatori di deficit estetici e persino chi propone comportamenti
alternativi, costituiscono un elemento di contraddizione, un richiamo che
provoca atteggiamenti di rifiuto e fa esplodere paure o insofferenze inconsce
che di solito vengono controllate o inibite..
Dal punto di vista psicodinamica
la presenza o la vicinanza di un handicappato costringe alla percezione di una
realtà che viene di solito interpretata come
malattia, come disgrazia, come difficoltà esistenziale, come inferiorità
sociale. Si verifica un rifiuto inconscio di
identificazione e di comunicazione che si esprime o con reazioni di
aggressività e negazione o mediante le «sublimazioni» del pietismo e della
indifferenza. In ogni caso la relazione ed il rapporto interpersonale sono
difficili e richiedono una motivazione e una intenzionalità
che sono frutto di convinzioni morali, di equilibrio personale e di consapevolezze
che non tutti hanno.
Questi sentimenti collettivi, che per certi aspetti
sono ineliminabili, possono essere tuttavia superati
attraverso l'esperienza, che consiste sostanzialmente nell'accettare o
tollerare anzitutto la presenza e la vicinanza fisica dei portatori di handicaps, condizione preliminare e indispensabile per
ogni conoscenza e relazione che permettano di superare gli impulsi inconsci di
rigetto e rifiuto.
Se queste considerazioni e queste realtà vengono trasferite nell'ambito del cosiddetto «tempo libero», si
può osservare una straordinaria amplificazione degli aspetti negativi. II
tempo libero si struttura, rispetto al «tempo
occupato», come rimozione delle regole, come disinibizione
degli impulsi erotici o aggressivi.
Si tratta tuttavia di una «libertà» fortemente condizionata dai modelli indotti dal consumismo e
dai «valori dominanti» e comunque codificata sia sul piano reale, sia a livello
immaginario.
Le aspettative sono quelle
del piacere, del successo, della soddisfazione, del rafforzamento delle
istanze libidiche e tutto ciò comporta una destrutturazione
del super-ego e conseguentemente una minore vigilanza e controllo dei «codici
sociali ».
Il comportamento può diventare allora impulsivo e irrazionale fino alla manifestazione esplicita
dell'intolleranza quando qualcuno compromette o disturba le aspettative di
gratificazione e di «libertà» nelle azioni e nei pensieri. Quest'effetto
è tanto più forte quanto più, come nel turismo di massa, 1e capacità critiche o
le possibilità alternative nei confronti del conformismo sono ridotte o
inesistenti: in termini banali «il divertimento» non è compatibile con la
presenza di persone che possono richiamare immagini di sofferenza e che
richiedono un impegno di introspezione e di
razionalizzazione dei sentimenti e delle azioni.
La «vita d'albergo» rende ancora più difficile e
complessa la situazione: si vive sotto lo stesso tetto, ci si
incontra con frequenza, si mangia negli stessi piatti, non ci si può
sottrarre alla percezione...
La conseguenza sul piano pratico è che i turisti normodotati non tornano più in quell'albergo
e che gli albergatori rifiutano gli handicappati. Il villeggiante ha subìto una ferita narcisistica, l'albergatore un danno
economico e di immagine. Tutto ciò non si verifica comunque in «bassa stagione» o in condizioni di
mercato con scarsa domanda, quando handicappati, anziani o malati mentali,
vengono accolti volentieri; in questo caso il gruppo minoritario diventa gruppo
egemone o entra in rapporto con persone di analoga condizione economica: la
vacanza, da tempo del piacere, si trasforma in un fatto terapeutico o in un
pacato convivere fuori dalla realtà urbana, diversamente.
Osservazioni conclusive
Indipendentemente dalle mie consapevolezze e
competenze, anch'io ho cercato di capire, con ricordi antichi e recenti.
I primi si riferiscono agli inizi degli anni '50,
quando i paesi della costa erano fatti di piccole case a
un piano, circondate dall'orto, e vicino avevano un capanno di lamiere dove i
proprietari si ammassavano per poter affittare.
Erano pescatori, ortolani, immigrati dall'entroterra,
c'era odore di mare, le spiagge con i canneti, i tendoni a strisce fermati con
i paletti, tanta sabbia, il mare pulito, le stelle marine, C'erano poche
pensioni, a conduzione familiare (2.500 lire tutto compreso), e la gente era
accogliente, disposta alla solidarietà e all'aiuto reciproco al di là della convenienza e dell'utilità.
Poi hanno cominciato a costruire gli alberghi sulla
spiaggia (adesso sono 3.000 nel circondario di Rimini), ad inventare tutte le
occasioni possibili per fare soldi.
Adesso il litorale da Cattolica a Cesenatico è come
una grande rete a strascico attraverso la quale passano
milioni di persone che per uscire debbono lasciare tutto il denaro, in rette di
soggiorno, in consumazioni, in biglietti per discoteca, in vestiti; in
noleggio di ombrellone, in gite a San Marino, in cocaina o in «spinelli»...
I ricordi più recenti riguardano alcuni tentativi di
capire la gente che passeggia in viale Ceccarini, in viale Tripoli, sul lungomare soffocati dal traffico.
Ma che cosa pensano, che cosa cercano, perché hanno tutti lo sguardo vuoto (a parte i ragazzi innamorati)?
Eppoi il mio impegno politico, sociale: l'integrazione
degli handicappati come unica condizione di riscatto,
la necessità della reciprocità e del dialogo per eliminare almeno quelle
sofferenze che derivano dalle ingiustizie.
E un progetto di umanesimo,
cristiano o marxista o anche laico (la tolleranza e il pragmatismo democratico
con le sue radici borghesi e filosofiche).
Ma il caso del K2 che cosa significa? Ritardo culturale, carenze legislative, disfunzioni sociali,
smarrimento dei valori della convivenza? Probabilmente tutti
questi fatti insieme (le barriere architettoniche, la disoccupazione,
l'emarginazione, i pregiudizi, l'individualismo).
Eppure bisogna semplificare, almeno in termini di
denuncia: gli handicappati a Igea Marina hanno subìto una violenza e una umiliazione (come tuttavia accade
nelle scuole, nelle fabbriche e nella vita quotidiana) e proprio perché non si
tratta di un caso isolato ed eccezionale, è necessario un rinnovato impegno di
protesta, di rivendicazione dei diritti, di affermazione dell'uguaglianza e
della dignità.
Per semplificare è utile trascrivere alcune lettere
che sono apparse sulla stampa.
1. - «Per carità non datemi della razzista, ma io do ragione all'albergatore di Bellaria
che ha respinto un gruppo di handicappati, e hanno fatto benissimo i suoi
colleghi ad essere solidali con lui minacciando il buio della protesta.
Vorrei che i signori Parlamentari, il Sindaco e tutti
coloro che si sono eretti a paladini difensori,
provassero anche solo in via sperimentale, di stare a tavola con un
handicappato.
A me è successo e posso dire
che non solo l’appetito se n'era andato del tutto ma che, per non rimetterci la
salute, sono stata costretta a cambiare albergo.
Ma perché questi signori si sentono tanto offesi? Alla fine dei conti si viene in vacanza per
stare allegri, per riposarci e non per intristirci sulle disgrazie altrui.
Non potrebbero provvedere a raggrupparsi
e prendere un albergo tutto per loro? Non avrebbero sempre sotto gli occhi la "salute" degli altri, quindi sarebbe
auspicabile ed augurabile anche per la loro serenità.
Infine assicuro fin d'ora, che non andrò
mai più in un albergo che ospita handicappati gravi».
2. - «Sono in villeggiatura a
Cesenatico, mi domando perché tanto scandalismo. La pensiamo tutti così ma è chiaro che non si possa pubblicamente e
ufficialmente condannare gli handicappati in vacanza. In città o in vacanza
gli handicappati fanno, ribrezzo, inutile nasconderlo, inutile
"far finta" che non sia così. È chiaro che è troppo costoso adibire
colonie a villaggi-vacanze per handicappati, eppure in molte nazioni civili lo
fanno. Qui dove vanno tutti i fondi raccolti per gli handicappati? Forse nelle
tasche di chi pretende di farli vivere in mezzo agli altri? Poi pronti ad
accusare di razzismo (gli handicappati non sono una "razza" ma una
disgrazia).
Alcuni enti pregherebbero per raddoppiare i guadagni.
Inutile, c'è anche questa realtà, ma nessuno ne parla».
3. - «Quale modesto uomo della strada mi permetto di manifestare la mia diversa opinione su questo caso,
così enormemente ingrandito dalla stampa, dalla televisione, da tutti gli
intervistati e da ultimo da lei stesso reverendo. Ed ecco la mia opinione: il
primo dovere di ogni buon albergatore è di rendere
gioiose e serene le vacanze ai suoi villeggianti, perché questi sono venuti
sulla nostra Riviera per godersi in allegria questo periodo, di riposo che la
maggior parte di loro ha sognato e desiderato per l'intero anno. Quindi non è giusto farli convivere con individui menomati
che destano solo compassione e tristezza.
I villeggianti non sono altruisti e male si adattano a compagnie tristi e malinconiche. Ci sono
infiniti altri modi per fare trascorrere l'estate nel modo migliore e più
adatto a qualche decina di handicappati senza mettere anche loro a disagio tra
gente che ha solo voglia di divertirsi. Ma sembra che
questa considerazione non sia passata per la mente a nessuno, e tanto meno al
signor Sindaco che ha addirittura revocato la licenza K2 minacciando di fare
altrettanto con gli altri albergatori del Comune se organizzeranno feste per i
villeggianti nei loro alberghi.
Nessuno ha cercato di minimizzare il caso invece di
dilatarlo a dismisura. Tutto questo clamore non va
certo a vantaggio degli handicappati, ma reca solo un enorme danno al nostro
turismo il quale è già minato da altre molteplici cause, e ci mancherebbe anche
che gli addetti ai lavori non facessero tutto il possibile per rendere sempre
più gioiose e serene le vacanze ai villeggianti della nostra Riviera».
Certo ci sono state anche testimonianze di solidarietà (molte però convenzionali o provocatorie o
opportunistiche), ma quelle negative hanno un significato più forte.
Il caso del K2 ha coinvolto la stampa, il Governo,
il Presidente del Consiglio, il Presidente della Repubblica, il Ministro
dell'interno, i Sindaci, i Prefetti, i Magistrati, i Partiti, i Sindacati, la
Chiesa, i Movimenti spontanei, le Organizzazioni degli albergatori, dei
commercianti, in un arco di atteggiamenti che vanno
dalle posizioni dell'Arci-Gay alla pastorale ecclesiastica.
Ma il caso del K2 ha soprattutto evidenziato la
condizione di emarginazione sociale degli handicappati
e la problematicità della loro integrazione.
Sono possibili e necessarie ulteriori
analisi e approfondimenti, in termini politici e culturali, ma una conclusione
si impone comunque e duramente: nessuno può ottenere il rispetto dei diritti
se non è capace di difenderli.
Allegato
Al
Procuratore della Repubblica di Forlì
Il sottoscritto Giancarlo Selleri
in qualità di legale rappresentante dell'Associazione
Nazionale tra Invalidi per Esiti di Poliomielite ed altri invalidi civili (A.N.I.E.P.), associazione giuridicamente riconosciuta con D.P.R, 21 gennaio 1986, n. 269 e sede in Roma, via Borelli 7,
premesso
che fra gli scopi dell'A.N.I.E.P.
(art. 1 punto 7) vi è quello di «combattere e denunciare ogni forma di
discriminazione, di rifiuto, di reclusione, di emarginazione e di speculazione
economica e politica nei confronti degli handicappati, sia che si verifichino
in istituzioni specializzate, sia che si manifestino nelle sedi e nelle
organizzazioni della vita collettiva»
espone
per gli opportuni provvedimenti e accertamenti i
seguenti fatti:
Nell'aprile 1987 un rappresentante della comunità
alloggio «I Soci» con sede a Torino, via Lungo Dora
Voghera 134, prenotò 4 camere presso l'Hotel «K2» di viale Pinzon
212, Igea Marina - Bellaria, per il periodo dal 3 al
18 agosto; la prenotazione, previo accordo, veniva
confermata con il versamento di una caparra di lire 400.000 in data 16 aprile
1987.
Durante il primo colloquio telefonico e successivamente
altre 2 volte, nel giugno e il 31 luglio, veniva
precisata la presenza di sei portatori di handicaps
dei quali quattro su sedia a rotelle e due deambulanti con protesi: l'incaricata
alla ricezione non sollevava alcuna obiezione e assicurava l'esistenza
nell'hotel di un ascensore di dimensioni adeguate.
Lunedì 3 agosto 1987 il gruppo di Torino, composto
dai sei handicappati e tre accompagnatori, giungeva come preannunciato a Igea Marina nelle prime ore del pomeriggio.
Il proprietario dell'Hotel «K2» alla vista delle
persone con deficit motori ed estetici, affermava «di non essere stato
avvertito della presenza nel gruppo di handicappati gravi, che gli stessi avrebbero
procurato difficoltà nei servizi comuni, che
l'ascensore sarebbe stato troppo a lungo impegnato, che gli altri clienti
sarebbero stati disturbati e avrebbero protestato, che gli handicappati devono
andare al mare in bassa stagione, quando c'è poca gente».
In ogni caso al di là delle
diverse affermazioni e «giustificazioni», il proprietario dell'Hotel «K2» era
irremovibile nella rescissione del contratto, restituiva la caparra e invitava
il gruppo a cercare un'altra sistemazione.
Gli handicappati venivano fatti
risalire sul pulmino mentre con la collaborazione dell'Azienda di soggiorno si
cercava inutilmente un altro alloggio e dove rimanevano con grandissimo disagio
per oltre quattro ore. Soltanto verso le 19 è stato possibile trovare una
soluzione sostitutiva presso la Casa Marina dell'A.N.I.E.P.
Per quanto sopra esposto il
sottoscritto chiede che siano verificati eventuali reati penali e violazioni
di carattere amministrativo da imputare al comportamento del proprietario del
citato Hotel «K2A.
In particolare, oltre agli elementi costituzionali e
di diritto generale, penale, civile e amministrativo, si richiama quanto
prescritto dall'articolo 27 della legge 30 marzo 1971 n. 118, che stabilisce
che in nessun luogo pubblico o aperto al pubblico può essere vietato l'ingresso
ai minorati, allo scopo di affermare l'uguaglianza e
la dignità dei portatori di handicaps e contrastare
ogni discriminazione.
Igea Marina,
5 agosto 1987
(1) Questo articolo è dedicato
dall'Autore a Nando Fabbri, Sindaco di Bellaria
nell'estate 1987, del quale riconosce il rigore e la coerenza politica.
(2) Il testo dell'esposto è riportato
in allegato.
www.fondazionepromozionesociale.it