TELEFONO AZZURRO: COME BANALIZZARE
Da sempre i benpensanti rifiutano di
ammettere l'esistenza di responsabilità sociali nelle genesi delle
difficoltà che incidono sulla vita dei cittadini più deboli. Pertanto, hanno sempre
avuto un notevole successo, anche per l'appoggio dei mezzi di comunicazione di
massa, le iniziative finalizzate a ridurre a casi personali le
problematiche di natura collettiva, che coinvolgono cioè la
responsabilità di tutti, ma soprattutto quelle delle autorità politiche, dei
poteri economici e delle agenzie sociali,
Vi sono nel nostro Paese 70 mila minori ricoverati
in istituti di assistenza che - le ricerche
scientifiche lo dimostrano senza ambra di dubbio - soffrono gravemente per i
deleteri effetti della carenza di cure familiari. Se lo volessero, sarebbe
facile per i mezzi di informazione tenere desta
l'attenzione degli uomini di governo, dei parlamentari, degli amministratori di
Regioni, Unità locali. Comuni, Comunità montane, Province.
Ma parlare di minori ricoverati in istituto, significa
mettere in discussione l'ordine (o meglio il disordine) costituito: molti
interessi politici, elettorali, clientelari sono in gioco ed i bambini, per
troppe persone, sona una merce che rende (si pensi elle rette, che sono l'ossigeno
degli istituti). Si spiega così il successo propagandistico
del «Telefono azzurro», iniziativa che ha avuto inizio
nel giugno 1987, il cui scopo è quello dì raccogliere presso la sede di Bologna
le segnalazioni di violenze (vere o presunte o inventate) compiute sui
minori.
L'iniziativa del telefona
azzurro viene sbandierata come promossa dall'AIPAI, Associazione italiana per
la prevenzione dell'abuso all'infanzia. Abbiamo preso contatto con il
Presidente di detta organizzazione, il giudice Giorgio Battistacci,
il quale non solo ha smentito che l'AIPAI sia coinvolta, ma ha anche manifestato
alcune riserve sull'iniziativa.
Da parte nostra riteniamo che occorre in primo luogo
tener conto della frequente mitomania infantile e
della malvagità di adulti irresponsabili, per evitare che persone del tutto
innocenti siano colpite da accuse infamanti con le note disastrose
conseguenze: angosce personali, rotture familiari, perdita del posto di lavoro,
isolamento sociale.
Per ovviare a detti deleteri risultati, è necessaria
non solo una accurata preparazione del personale (chi
garantisce quella degli addetti a telefono azzurro? chi
ne verifica le capacità?), ma è anche indispensabile predisporre strumenti per
evitare che siano trasmesse a terzi le notizie che possono danneggiare persone
e famiglie, colpendo sul piano civile e occorrendo su quello penale gli
operatori che violano il principio di riservatezza.
Ci chiediamo anche: che senso ha segnalare a Bologna
un caso verificatosi a Palermo? Non è più semplice e più serio informare i
cittadini sulla possibilità di compiere segnalazioni
ai tribunali e alle procure per i minorenni, alle unità socio-sanitarie locali
e agli enti locali che gestiscono i servizi socio-assistenziali?
Inoltre va detto che la segnalazione di episodi di violenza non può essere fine a se stessa: occorre
che vi sia una continuità fra segnalazione, accertamento della veridicità della
segnalazione stessa e interventi a difesa dei minori.
Perché si isola il problema
della segnalazione dagli altri due? Perché non si informano
i cittadini sulle carenze spesso spaventose dei servizi assistenziali? Perché
non si ricordano gli obblighi che la legge impone ai giudici tutelari (1) i
quali, nella quasi totalità dei casi, non attuano i loro compiti e nulla fanno
per richiedere la messa a disposizione degli strumenti di intervento
mancanti?
Da parte nostra riteniamo che si debba premere per l'attuazione
di adeguati interventi da parte del Parlamento
(riforma dell'assistenza, ad esempio), delle Regioni, delle Province, delle
Comunità montane e dei Comuni (trasferimento di tutte le funzioni assistenziali
alle USL, programmazione e istituzione di idonei servizi, in primo luogo
quelli alternativi al ricovero in istituto) (2).
Riteniamo inoltre che sarebbe opportuno operare per
ottenere l'istituzione degli uffici di pubblica tutela (3), in modo che siano
garantiti soprattutto i diritti delle persone (minori, adulti, anziani) non in
grado di autodifendersi a
causa delle loro condizioni fisiche e/o psichiche.
Per queste persone non sempre c'è un familiare che
vi provvede e non sempre questo familiare agisce nell'interesse del soggetto
debole.
D'altra parte, abbastanza spesso avviene che l'ente
preposto alla erogazione di servizi abbia anche la
funzione di tutore e cioè di controllare l'efficacia del servizio stesso. In
sostanza, nei casi suddetti, l'utente resta privo di ogni
reale tutela.
Ritornando a telefono azzurro, non possiamo non
manifestare la nostra vivissima preoccupazione in merito alla notizia riferita
dalla stampa, notizia che speriamo sia infondata, secondo la quale il Ministro
per gli affari speciali, Rosa Russo Jervolino,
avrebbe richiesto ben sette miliardi per l'istituzione
di nuovi telefoni azzurri.
(1) Il giudice tutelare deve provvedere
non solo alla tutela dei minorenni, ma ha anche il compito di esaminare gli
elenchi dei fanciulli ricoverati negli istituti pubblici e privati di
assistenza ai fine di trasmettere al tribunale per i minorenni i nominativi di
coloro che versano in presunto stato di abbandono. Spetta
inoltre al giudice tutelare controllare, almeno una volta ogni sei mesi,
le condizioni personali e familiari dei minori ricoverati in istituto. Infine compete al giudice tutelare rendere esecutivi gli affidamenti
familiari a scopo educativo disposti dagli enti locali con il consenso dei
genitori.
(2) Si vedano le numerose proposte ed
iniziative segnalate da anni su Prospettive
assistenziali.
(3) Cfr. Alfredo Carlo Moro, Per una
migliore protezione del minore: l'ufficio di pubblica tutela, Bambino incompiuto,
n. 2, 1985 e Francesco Santanera, Per un ufficio
unico del pubblico tutore per minori, adulti, anziani, ibidem, n. 1, 1987.
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