Prospettive assistenziali, n. 81, gennaio-marzo 1988

 

 

LA NUOVA POSIZIONE DELLA FEDERAZIONE TORINESE DEL PCI SUGLI ANZIANI CRONICI NON AUTOSUFFICIENTI (1)

 

 

Ci è parso necessario, a circa un anno dall'ini­ziativa pubblica che organizzammo nel luglio 1986, sui problemi della popolazione anziana, tornare ad un momento di confronto come quello di oggi restringendolo però, volutamente, sulla pro­blematica degli anziani cronici non autosufficienti (in cartella vi è un'ipotesi di definizione del con­cetto di cronicità e di non autosufficienza).

Questa scelta non vuol dire, per noi, non pre­stare attenzione e non farci carico dei vari aspet­ti che caratterizzano, sovente in negativo, la fascia della popolazione anziana, ma dedicare una particolare cura nell'analizzare la situazione, fare proposte e mobilitarci su quel settore che esprime i bisogni più drammatici che è quello degli anziani cronici non autosufficienti.

Certo esistono altri tipi di non autosufficienza dovuti alle condizioni abitative, alla scarsa di­sponibilità economica (è di pochi giorni fa la grande manifestazione a Roma dei pensionati), ecc., ma quella dovuta alla mancanza di salute è certamente la più grave anche perché rende l'an­ziano più indifeso. Di lui la pubblicistica, di nor­ma, se ne occupa poco perché non spende, non viaggia, consuma poco, deve solo morire (come dice Santanera nel suo libro). Comunque, anche su questo si riesce a speculare con i vari istituti privati con rette altissime e livelli di assistenza sovente miserabili.

La drammaticità delle condizioni di vita di que­ste persone ha portato il nostro partito a fare una serie di valutazioni e a formulare una sua linea che veniva ratificata nel congresso regionale del maggio 1986 e che noi pubblicizzammo nel luglio dello stesso anno nel convegno a cui accennavo all'inizio.

Nel documento conclusivo approvato dal con­gresso si diceva tra l'altro: «... esiste una fascia di utenza anziana malata cronica non autosuffi­ciente verso la quale il Servizio sanitario nazio­nale è doverosamente tenuto a garantire le cure, in condizioni di degenza ospedaliera quando, non sia praticabile la ospedalizzazione a domi­cilio evitando, quindi, che prestazioni sanitarie tipicamente ospedaliere vengano erogate in strutture assistenziali con oneri a carico degli interessati o della assistenza sociale».

Partendo da questa affermazione, la Federazio­ne di Torino, tramite il gruppo di lavoro sui pro­blemi degli anziani, ha via via sviluppato posizioni e formulato proposte attraverso documenti, comu­nicati stampa (il numero speciale di Oltre Po) prese di posizione nelle sedi istituzionali da par­te dei nostri gruppi in Comune ed in Regione.

In questa sede vogliamo allargare i) confronto con i vari interlocutori interessati per arrivare il più possibile a posizioni unitarie e rendere più in­cisiva, quindi, l'azione comune.

Nella direzione in cui ci siamo mossi non siamo certamente i primi e non siamo soli, rafforzano la nostra convinzione di muoverci nel senso giusto le varie prese di posizione di un vasto arco di for­ze come la Caritas, le ACLI, la Lega delle autono­mie locali, il CSA, il Tribunale per i diritti del ma­lato, ampi settori delle Organizzazioni sindacali, operatori sanitari e dei servizi.

Da una ricerca effettuata dal Comune di Torino e dall'USL 1-23 risulta che a fine 1986 esistevano nella provincia di Torino 153 strutture di ricovero per anziani per complessivi 8.301 posti e nelle altre USSL della Regione (fuori dalia provincia di Torino) 322 strutture per complessivi 20.151 posti. Quindi un totale di 28.452 anziani ricoverati in 475 strutture socio-assistenziali.

Nella ricerca viene inoltre valutato che un ter­zo circa degli anziani torinesi ricoverati a vario titolo in queste strutture siano non autosufficien­ti; se la stessa approssimazione si fa sul totale dei ricoverati nella nostra Regione si ha una pri­ma valutazione quantitativa del fenomeno. A que­sti dati vanno aggiunti quelli delle domande in lista di attesa e i molti casi assistiti dalle fami­glie per i quali non sono state presentate doman­de di ammissione.

In una lettera del maggio scorso inviata a vari destinatari (Comune di Torino, USL 1-23, Ospe­dale San Giovanni Battista, ecc.) il Caposervizio sanitario ausiliario dott. Bottaro dell'istituto di Riposo per la Vecchiaia segnalava di avere in de­genza n... n. 356 ospiti non autosufficienti affetti da pluripatologia che necessitano di cure con­tinuative per la patologia cronica, frequentemen­te presentano riacutizzazioni che richiedono in­terventi sanitari di emergenza e talora di tera­pie intensive...».

È questo un esempio che crediamo si possa oggettivamente generalizzare; quindi chiedere che queste persone siano, come tutte le persone malate, a carico del Servizio Sanitario Nazionale e curate senza dover pagare alcuna retta, come invece oggi avviene, è innanzi tutto affermare un diritto che deve valere per tutti. Un diritto sanci­to (come dirà il compagno Santilli) dalla legisla­zione nazionale e regionale.

Ribadire il rispetto e l'attuazione di questo di­ritto non vuol di per sé dire, che l'unica alterna­tiva è sempre e comunque l'ospedale.

Noi affermiamo certamente che gli anziani cronici non autosufficienti devono poter essere ricoverati in ospedale e non possono essere di­messi se non esistono soluzioni alternative, ma con questo non riteniamo l'ospedale l'unico e prioritario presidio per la difesa della salute dell'anziano.

Non siamo i paladini dell'ospedalizzazione, co­me forse alcuni temono, ma riteniamo invece l'ospedale (che deve essere ristrutturato per far fronte a questa esigenza) come la risorsa da uti­lizzare quando una serie di altre non siano rispon­denti ad una particolare esigenza dell'anziano cro­nico non autosufficiente.

In questo senso nei mesi scorsi si è avviato nel gruppo di lavoro un dibattito ed un confronto fra le varie ipotesi e si è giunti ad una prima serie di proposte certamente da precisare e verificare ma che ci pare indichino una direzione su cui la­vorare. In sostanza si ritengono necessari:

- lo sviluppo di tutti gli interventi sociali e sa­nitari necessari per una -effettiva prevenzio­ne delle malattie, delle situazioni invalidanti e l'eliminazione di ogni forma di emarginazio­ne degli anziani;

- idonei e tempestivi interventi domiciliari, am­bulatoriali e ospedalieri di cura e riabilitazio­ne;

- l'attivazione in tutte le Unità sanitarie del ser­vizio di ospedalizzazione a domicilio (entrato in funzione a Torino a livello sperimentale nel 1985). II servizio di ospedalizzazione a do­micilio fornisce prestazioni gratuite, a casa del paziente, da parte dei medici di base e specialisti, degli infermieri e dei riabilitatori. Ai familiari e ai terzi disponibili a seguire, a casa loro, anziani (o adulti) malati deve esse­re corrisposto un adeguato contributo econo­mico per consentire ad essi di farsi aiutare (pulizie, assistenza del malato, preparazione dei pasti, ecc.) in un impegno che dura 24 ore al giorno;

- la massima estensione possibile degli ospe­dali di giorno;

- l'adeguamento dei presidi ospedalieri alle esigenze sanitarie, psicologiche e sociali sia dei pazienti acuti, sia dei malati cronici non autosufficienti;

- nei casi in cui non sia possibile provvedere all'adeguamento dei presidi ospedalieri come sopra precisato, la creazione in tutte le 10 USL torinesi di centri residenziali di 50-60 posti letto al massimo per la degenza degli anziani cronici non autosufficienti non assistibili a do­micilio, utilizzando, per quanto possibile, le strutture esistenti. Detti centri, gestiti dal settore sanitario e non da quello assistenzia­le, dovranno essere organicamente collegati con gli ospedali, anche mediante l'utilizzo del­lo stesso personale (primari, aiuti, assistenti, infermieri, rabilitatori, inservienti, ecc.) delle divisioni ospedaliere di riferimento;

- idonei interventi devono essere assicurati anche agli anziani con problemi psichiatrici.

Come dicevo precedentemente queste propo­ste vanno certamente verificate, integrate, even­tualmente rettificate, anche per questo siamo qui oggi, ma non vogliamo restino sulla carta. Voglia­mo impegnarci nelle vari sedi perché si concre­tizzino, mobilitando il nostro partito ma invitando chi crede nei diritti degli anziani cronici non auto­sufficienti a confrontarsi e impegnarsi con noi. Sa­pendo che partiamo da posizioni di minoranza, con ancora differenze all'interno del nostro stes­so partito, nelle organizzazioni sindacali e negli operatori e in netto contrasto con la politica por­tata avanti dal Governo, dalla Regione Piemonte e dal Comune di Torino.

Infatti per tentare di ridurre il deficit dello Sta­to con il tanto criticato decreto dell'agosto '85 (sulla cui legittimità esistono non pochi dubbi) il Governo è intervenuto sul capitolo della spesa sanitaria tagliando sull'assistenza ai soggetti più deboli tra i quali gli anziani non autosufficienti. L'effetto di questo provvedimento è il trasferi­mento dalle normali strutture sanitarie a quelle assistenziali con il conseguente pagamento di circa metà della retta a carico dell'anziano o del­la famiglia o del Comune e il contemporaneo peggioramento del tipo di assistenza di cui ab­bisogna l'anziano cronico non autosufficiente.

La stessa proposta di piano sanitario naziona­le per il 1986-87-88 prevede l'istituzione di «resi­denze di assistenza sanitaria e sociale» caratte­rizzate specificamente per l'assistenza alla pato­logia prevalente nell'età senile in cui però i pa­zienti sono tenuti a partecipare in proprio (o con il contributo dei familiari o del Comune) alle spe­se di gestione.

Queste norme chiaramente discriminano i cit­tadini malati in base alla loro età; infatti questo tipo di «residenze» è previsto solo per malati an­ziani, favorendo inoltre in questo modo la segre­gazione e l'emarginazione.

La proposta di Piano regionale di sviluppo 1987-90 approvata con deliberazione della Giunta regionale (pubblicata sul Bollettino Ufficiale nel febbraio di quest'anno) prevede un consistente stanziamento di 102 miliardi per la costruzione e la ristrutturazione di case protette per anziani non autosufficienti e di strutture residenziali per anziani autosufficienti.

Anche qui è previsto che le case protette per anziani cronici non autosufficienti siano gestite dal settore socio-assistenziale in contrasto con la legislazione vigente, violando apertamente i diritti di questa parte della popolazione.

In conseguenza di questa scelta il Piano preve­de poi che i costi del personale di queste strut­ture gravino per 1/3 sul fondo sanitario nazionale e per 2/3 sugli utenti e sulle loro famiglie. Pur nella difficoltà di fare una esatta previsione si può ipotizzare, con buona approssimazione, che la quota che in questa modo graverebbe sull'an­ziano o sui familiari si aggira sulle 30-35 mila li­re mensili.

Inoltre sia nella proposta di Piano di sviluppo sia nella proposta di Programma pluriennale di attività e di spesa 1987-90 deliberata dalla giun­ta regionale e pubblicata sullo stesso Bollettino Ufficiale non si fa alcun riferimento alla possibi­lità di avviare servizi alternativi per evitare per quanto possibile il ricovero nelle case protette e nelle case di riposo.

 

 

 

(1) Testo della relazione introduttiva svolta da Tommaso Cravero al Convegno «Anziani cronici non autosufficienti - Le proposte del PCI per l'organizzazione dei servizi», To­rino, 12 dicembre 1987.

 

 

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