Ci è parso necessario, a circa un anno dall'iniziativa
pubblica che organizzammo nel luglio 1986, sui problemi della popolazione anziana, tornare ad
un momento di confronto come quello di oggi restringendolo però, volutamente,
sulla problematica degli anziani cronici non autosufficienti (in cartella vi è
un'ipotesi di definizione del concetto di cronicità e di non autosufficienza).
Questa scelta non vuol dire, per noi, non prestare
attenzione e non farci carico dei vari aspetti che caratterizzano, sovente in
negativo, la fascia della popolazione anziana, ma
dedicare una particolare cura nell'analizzare la situazione, fare proposte e
mobilitarci su quel settore che esprime i bisogni più drammatici che è quello
degli anziani cronici non autosufficienti.
Certo esistono altri tipi di non autosufficienza
dovuti alle condizioni abitative, alla scarsa disponibilità economica (è di
pochi giorni fa la grande manifestazione a Roma dei
pensionati), ecc., ma quella dovuta alla mancanza di salute è certamente la più
grave anche perché rende l'anziano più indifeso. Di lui la pubblicistica, di
norma, se ne occupa poco perché non spende, non
viaggia, consuma poco, deve solo morire (come dice Santanera
nel suo libro). Comunque, anche su questo si riesce a
speculare con i vari istituti privati con rette altissime e livelli di
assistenza sovente miserabili.
La drammaticità delle condizioni di vita di queste
persone ha portato il nostro partito a fare una serie
di valutazioni e a formulare una sua linea che veniva ratificata nel congresso
regionale del maggio 1986 e che noi
pubblicizzammo nel luglio dello stesso anno nel convegno a cui accennavo
all'inizio.
Nel documento conclusivo approvato dal
congresso si diceva tra l'altro: «... esiste una fascia di utenza
anziana malata cronica non autosufficiente verso la quale il Servizio
sanitario nazionale è doverosamente tenuto a garantire le cure, in condizioni
di degenza ospedaliera quando, non sia praticabile la ospedalizzazione a domicilio
evitando, quindi, che prestazioni sanitarie tipicamente ospedaliere
vengano erogate in strutture assistenziali con oneri a carico degli interessati
o della assistenza sociale».
Partendo da questa affermazione,
la Federazione di Torino, tramite il gruppo di lavoro sui problemi degli
anziani, ha via via sviluppato posizioni e formulato
proposte attraverso documenti, comunicati stampa (il numero speciale di Oltre
Po) prese di posizione nelle sedi istituzionali da parte dei nostri gruppi in
Comune ed in Regione.
In questa sede vogliamo allargare i) confronto con i
vari interlocutori interessati per arrivare il più possibile a posizioni
unitarie e rendere più incisiva, quindi, l'azione comune.
Nella direzione in cui ci siamo mossi non siamo
certamente i primi e non siamo soli, rafforzano la nostra convinzione di
muoverci nel senso giusto le varie prese di posizione di un vasto arco di forze come la Caritas, le
ACLI, la Lega delle autonomie locali, il CSA, il Tribunale per i diritti del
malato, ampi settori delle Organizzazioni sindacali, operatori sanitari e dei
servizi.
Da una ricerca effettuata dal Comune di Torino e
dall'USL 1-23 risulta che a fine 1986 esistevano nella provincia di Torino
153
strutture di ricovero per anziani per
complessivi 8.301 posti e nelle
altre USSL della Regione (fuori dalia provincia di Torino) 322 strutture per complessivi 20.151 posti. Quindi un totale di 28.452 anziani ricoverati in 475 strutture socio-assistenziali.
Nella ricerca viene inoltre
valutato che un terzo circa degli anziani torinesi ricoverati a vario titolo
in queste strutture siano non autosufficienti; se la stessa approssimazione si
fa sul totale dei ricoverati nella nostra Regione si ha una prima valutazione
quantitativa del fenomeno. A questi dati vanno aggiunti quelli delle domande
in lista di attesa e i molti casi assistiti dalle famiglie
per i quali non sono state presentate domande di ammissione.
In una lettera del maggio scorso inviata a vari
destinatari (Comune di Torino, USL 1-23, Ospedale San Giovanni Battista, ecc.) il
Caposervizio sanitario ausiliario dott. Bottaro
dell'istituto di Riposo per la Vecchiaia segnalava di avere in degenza n... n.
356
ospiti non autosufficienti affetti da pluripatologia che necessitano di cure continuative per la
patologia cronica, frequentemente presentano riacutizzazioni che richiedono interventi
sanitari di emergenza e talora di terapie intensive...».
È questo un esempio che crediamo si possa oggettivamente generalizzare; quindi chiedere che
queste persone siano, come tutte le persone malate, a carico del Servizio
Sanitario Nazionale e curate senza dover pagare alcuna retta, come invece oggi
avviene, è innanzi tutto affermare un diritto che deve valere per tutti. Un
diritto sancito (come dirà il compagno Santilli)
dalla legislazione nazionale e regionale.
Ribadire il rispetto e l'attuazione di questo diritto non
vuol di per sé dire, che l'unica alternativa è sempre e comunque l'ospedale.
Noi affermiamo certamente che gli anziani cronici non
autosufficienti devono poter essere ricoverati in ospedale e non possono essere
dimessi se non esistono soluzioni alternative, ma con questo non riteniamo
l'ospedale l'unico e prioritario presidio per la difesa della salute
dell'anziano.
Non siamo i paladini dell'ospedalizzazione, come
forse alcuni temono, ma riteniamo invece l'ospedale (che deve essere
ristrutturato per far fronte a questa esigenza) come
la risorsa da utilizzare quando una serie di altre non siano rispondenti ad
una particolare esigenza dell'anziano cronico non autosufficiente.
In questo senso nei mesi scorsi si è avviato nel
gruppo di lavoro un dibattito ed un confronto fra le varie ipotesi e si è
giunti ad una prima serie di proposte certamente da precisare e verificare ma
che ci pare indichino una direzione su cui lavorare.
In sostanza si ritengono necessari:
- lo sviluppo di tutti gli interventi sociali e sanitari
necessari per una -effettiva prevenzione delle
malattie, delle situazioni invalidanti e l'eliminazione di ogni forma di
emarginazione degli anziani;
- idonei e tempestivi interventi
domiciliari, ambulatoriali e ospedalieri di cura e riabilitazione;
- l'attivazione in tutte le Unità sanitarie del servizio
di ospedalizzazione a domicilio (entrato in funzione a
Torino a livello sperimentale nel 1985). II servizio di ospedalizzazione
a domicilio fornisce prestazioni gratuite, a casa del paziente, da parte dei
medici di base e specialisti, degli infermieri e dei riabilitatori.
Ai familiari e ai terzi disponibili a seguire, a casa loro, anziani (o adulti)
malati deve essere corrisposto un adeguato contributo
economico per consentire ad essi di farsi aiutare (pulizie, assistenza del
malato, preparazione dei pasti, ecc.) in un impegno che dura 24 ore al giorno;
- la massima estensione possibile degli ospedali di
giorno;
- l'adeguamento dei presidi
ospedalieri alle esigenze sanitarie, psicologiche e sociali sia dei pazienti
acuti, sia dei malati cronici non autosufficienti;
- nei casi in cui non sia possibile
provvedere all'adeguamento dei presidi ospedalieri come sopra precisato, la
creazione in tutte le 10 USL torinesi di centri residenziali di 50-60 posti
letto al massimo per la degenza degli anziani cronici non autosufficienti non
assistibili a domicilio, utilizzando, per quanto possibile, le strutture
esistenti. Detti centri, gestiti
dal settore sanitario e non da quello assistenziale,
dovranno essere organicamente collegati con gli ospedali, anche mediante
l'utilizzo dello stesso personale (primari, aiuti, assistenti, infermieri, rabilitatori, inservienti, ecc.) delle divisioni
ospedaliere di riferimento;
- idonei interventi devono essere assicurati anche
agli anziani con problemi psichiatrici.
Come dicevo precedentemente
queste proposte vanno certamente verificate, integrate, eventualmente
rettificate, anche per questo siamo qui oggi, ma non vogliamo restino sulla
carta. Vogliamo impegnarci nelle vari sedi perché si
concretizzino, mobilitando il nostro partito ma invitando chi crede nei
diritti degli anziani cronici non autosufficienti a confrontarsi e impegnarsi
con noi. Sapendo che partiamo da posizioni di minoranza, con ancora differenze
all'interno del nostro stesso partito, nelle organizzazioni sindacali e negli
operatori e in netto contrasto con la politica portata avanti dal Governo,
dalla Regione Piemonte e dal Comune di Torino.
Infatti per tentare di ridurre il deficit dello Stato con
il tanto criticato decreto dell'agosto '85 (sulla cui legittimità esistono non pochi dubbi) il Governo è
intervenuto sul capitolo della spesa sanitaria tagliando sull'assistenza ai
soggetti più deboli tra i quali gli anziani non autosufficienti. L'effetto di
questo provvedimento è il trasferimento dalle normali strutture sanitarie a
quelle assistenziali con il conseguente pagamento di
circa metà della retta a carico dell'anziano o della famiglia o del Comune e
il contemporaneo peggioramento del tipo di assistenza di cui abbisogna
l'anziano cronico non autosufficiente.
La stessa proposta di piano sanitario nazionale per
il 1986-87-88 prevede l'istituzione
di «residenze di assistenza sanitaria e sociale»
caratterizzate specificamente per l'assistenza alla patologia prevalente
nell'età senile in cui però i pazienti sono tenuti a partecipare in proprio (o
con il contributo dei familiari o del Comune) alle spese di gestione.
Queste norme chiaramente discriminano i cittadini
malati in base alla loro età; infatti questo tipo di
«residenze» è previsto solo per malati anziani, favorendo inoltre in questo
modo la segregazione e l'emarginazione.
La proposta di Piano regionale di sviluppo 1987-90 approvata con deliberazione della Giunta regionale
(pubblicata sul Bollettino Ufficiale nel febbraio di quest'anno)
prevede un consistente stanziamento di 102 miliardi per la costruzione e la
ristrutturazione di case protette per anziani non autosufficienti e di
strutture residenziali per anziani autosufficienti.
Anche qui è previsto che le case protette per anziani
cronici non autosufficienti siano gestite dal settore socio-assistenziale in
contrasto con la legislazione vigente, violando apertamente i diritti di questa
parte della popolazione.
In conseguenza di questa scelta il
Piano prevede poi che i costi del personale di queste strutture gravino per
1/3 sul fondo sanitario nazionale e per 2/3 sugli utenti e sulle loro famiglie. Pur nella difficoltà di fare una esatta
previsione si può ipotizzare, con buona approssimazione, che la quota che in
questa modo graverebbe sull'anziano o sui familiari si aggira sulle 30-35 mila
lire mensili.
Inoltre sia nella proposta di Piano di sviluppo sia
nella proposta di Programma pluriennale di attività e
di spesa 1987-90 deliberata
dalla giunta regionale e pubblicata sullo stesso Bollettino Ufficiale non si
fa alcun riferimento alla possibilità di avviare servizi alternativi per
evitare per quanto possibile il ricovero nelle case protette e nelle case di
riposo.
(1) Testo della relazione introduttiva
svolta da Tommaso Cravero al Convegno «Anziani cronici non autosufficienti - Le proposte del PCI per
l'organizzazione dei servizi», Torino, 12 dicembre 1987.
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