Prospettive assistenziali, n. 81, gennaio-marzo 1988

 

 

Notiziario dell'Unione per la lotta contro l'emarginazione sociale

 

 

LE CITTA’ DEI RAGAZZI: UNA ISTITUZIONE SUPERATA

 

Riportiamo integralmente la lettera inviata dalI'ULCES a Barbiellini Amidei in data 4.9.1988.

 

In merito al Suo articolo «Quante città dei ragazzi dovremmo fondare in Italia» (Oggi, n. 52, 30.12.87), questa Associazione è vivamente stupita dalle Sue osservazioni e dalla Sua disinformazione (1).

Da oltre 30 anni tutti gli studiosi sono con­cordi nel riconoscere che la carenza di cure fa­miliari e il conseguente ricovero in istituti di assistenza anche ottimi determinano per i minori, anche in tenerissima età, danni non solo gravi sulla personalità, ma anche difficilmente supera­bili. Fra le numerose pubblicazioni Le segnaliamo quella di John Bowlby, Cure materne e igiene mentale del fanciullo, Ed. Universitaria, Firenze, 1962, pubblicazione che raccoglie gli elementi ac­quisiti dall'Autore in una ricerca condotta in nu­merosi paesi per conto dell'OMS.

Proprio partendo dalle considerazioni di cui so­pra, il Parlamento aveva approvato la legge 3 giugno 1967 n. 431 istitutiva dell'adozione spe­ciale. In base alle disposizioni suddette, dal 1967 ad oggi, sono stati adottati oltre 40 mila bambini e adolescenti, sottratti alle nefaste conseguenze del ricovero in istituto.

Le esperienze positive in materia di adozione hanno orientato il legislatore a modificare le nor­me della legge 5.6.1967 n. 431, rendendole agi­bili anche per i minori di età superiore agli anni otto.

Da notare che la legge 4 maggio 1983 n. 184 «Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori», ha tenuto conto delle negative conse­guente del ricovero in istituto, prevedendo:

- art. 1 - Il minore ha diritto di essere educa­to nell'ambito della propria famiglia.

- art. 2 - Il minore che sia temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo può esse­re affidata ad un'altra famiglia, possibilmente con figli minori, o ad una persona singola, o ad una comunità di tipo familiare, al fine di assicurar­gli il mantenimento, l'educazione e l'istruzione.

Ove non sia possibile un conveniente affida­mento familiare è consentito il ricovero del mi­nore in un istituto di assistenza pubblico o pri­vato, da realizzarsi di preferenza nell'ambito del­la regione di residenza del minore stesso.

- art. 8 - Sono dichiarati anche d'ufficio in stato di adottabilità dal Tribunale per i minoren­ni del distretto nel quale si trovano, i minori in situazione di abbandono perché privi di assisten­za morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, purché la mancan­za di assistenza non sia dovuta a forza maggiore di carattere transitorio.

Circa le città per i ragazzi, si unisce fotocopia della ordinanza emessa dal Giudice Aliprandi con la quale venne assolto, con motivazioni prete­stuose, Mons. Carrol Abbing, Presidente della città dei ragazzi di Roma e, all'epoca, Presidente dell'Associazione delle città dei ragazzi (2).

È sperabile che Lei, nel Suo ruolo di osserva­tore e commentatore di problemi giovanili, pro­pugni l'inserimento familiare (famiglia propria, adottiva o affidataria, a seconda dei casi) di ra­gazzi in situazione di abbandono materiale e mo­rale o aventi difficoltà familiari e non ne favori­sca il loro ricovero in istituto, con tutte le note deleterie conseguenze.

Questa Unione auspica altresì che Lei diffonda le positive valenze dell'affidamento familiare a scopo educativo e valorizzi i sacrifici, spesso du­rissimi, che vengono sopportati dai genitori d'ori­gine (e anche da adottanti e affidatari) che prov­vedono a minori e adulti handicappati.

 

 

 

 

(1) Nella prima parte dell'articolo, Barbiellini Amidei aveva scritto quanto segue: «Quanto tempo è passato. A me pare un millennio, nel bene e nel male, ora anche i ricordi sono lontani. La "Città dei ragazzi": c'è un film nella mia memoria, uno di quei film americani che per noi bambini del primo dopoguerra erano come il pane così bian­co da parere di calce e da stimolare diffidenza e la ciocco­lata che leccavamo cauti e pazienti quasi fosse una cara­mella da non mai finire, poi la gomma, il chewing-gum, che era da masticare e invece noi inghiottivamo avidi con at­tentati allo stomaco. Il film strappava lacrime e applausi, c'erano preti buoni e avventurosi circondati da nugoli di ragazzi abbandonati nelle strade.

La Città dei ragazzi nella sua gloria in celluloide aveva una sua economia, aveva sue regole, batteva moneta, alle­vava geni e mediocri, aveva qualche incidente di percorso, ma il lieto fine era sempre assicurato.

E ce ne furono anche da noi di città dei ragazzi, splen­didi episodi di coraggio, scommesse contro le burocratiche vicende della vita, momenti di aggregazione e di solitudine».

(2) Cfr. l'articolo «Assolto per aver violato la legge sull'adozione speciale», in Prospettive assistenziali, n. 30, apri­le-giugno 1975 in cui è riportata integralmente l'ordinanza e un commento giuridico di Giorgio Battistacci.

 

 

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