SENTENZA FAVOREVOLE
ALL'INSTALLAZIONE DI UN ASCENSORE IN UN CONDOMINIO PRIVATO
Riportiamo
integralmente la sentenza del Pretore Tavassi di
Milano con la quale viene consentita l'installazione di un ascensore, come richiesto
da un condomino handicappato sul piano motorio.
Testo
della sentenza
Il Pretore esaminati atti e documenti di causa,
sciogliendo la riserva, osserva quanto segue:
Con ricorso depositato il 17 novembre 1986, la
Signora Sandra Soli e la LEDHA - Lega confederativa di associazioni,
per la difesa dei diritti degli handicappati, in persona del suo presidente
dott. Edoardo Cernuschi, chiedevano che il Pretore 2i
sensi dell'art. 700 c.p.c. autorizzasse la signora
Soli a procedere all'installazione di un ascensore nello stabile di via Ozanam n. 10/A ed a richiedere le necessarie autorizzazioni
amministrative. Esponevano i ricorrenti che la Soli
era invalida civile, affetta da sclerosi multipla con totale incapacità deambulatoria e totale inabilità lavorativa, e che,
abitando al quarto piano di uno stabile privo di ascensore, le era impossibile
uscire di casa, se non rivolgendosi, con anticipo e con notevole spesa, ad una
associazione di volontariato. La installazione di un
impianto di ascensore era osteggiata dagli altri condomini dello stabile,
nonostante la ricorrente avesse offerto di assumersene le relative spese,
anche tramite l'intervento finanziario del Comune di Milano.
Costituendosi in giudizio il Condominio di via Ozanam 10/A eccepiva
pregiudizialmente la carenza di legittimazione attiva della LEDHA. Nel merito
sosteneva l'insussistenza dei presupposti di cui all'art. 700 c.p.c., ed assumeva che l'installazione
dell'impianto rappresentava un'innovazione per la cui delibera sarebbe dovuta
intervenire la maggioranza qualificata dei condomini ai sensi degli art. 1120
e 1136 c.c..
Il Pretore disponeva CTU al fine di accertare la
fattibilità dell'impianto in relazione ai problemi di
stabilità del fabbricato inizialmente prospettati dal Condominio, ed al fine
di determinare le modalità di realizzazione
dell'impianto stesso con il minor ingombro possibile e con il rispetto del
decoro architettonico dello stabile e delle parti comuni interessate.
Esaminando l'eccezione formulata dal convenuto circa
la carenza di legittimazione attiva della LEDHA,
giustamente è stato rilevato che la tutela in via cautelare di cui all'art.
700 c.p.c. è riservata a chi sia titolare di un
diritto in relazione alla fattispecie dedotta in giudizio, per il quale si
teme che il tempo occorrente a farlo valere in via ordinaria possa
rappresentare un pregiudizio di natura irreparabile.
Indubbiamente nel caso in esame, titolare dei diritti
dipendenti dalla posizione di condominio nell'ambito del Condominio di via Ozanam è la sola signora Soli,
laddove per la LEDHA va esclusa l'esistenza di una qualsiasi posizione di
diritto soggettivo deducibile nella presente sede.
Tale osservazione comporta l'esclusione della
legittimazione attiva della medesima associazione, come pure della
legittimazione a proporre in causa un intervento
volontario principale o litisconsortile, o comunque
autonomo. Rimarrebbe la sola possibilità di interpretare la
proposizione del ricorso anche da parte della LEDHA quale intervento adesivo
dipendente.
Non sussistono problemi circa la capacità processuale
in astratto della LEDHA; ancorché la stessa sia un'associazione non
riconosciuta e pertanto priva di personalità giuridica; la giurisprudenza ha
ormai accettato una limitata capacità processuale di dette associazioni quali
soggetti dotati di una certa autonomia e come tali centri autonomi di interessi, dotati di «personalità limitata» o di
«soggettività intermedia» (in tal senso: Cass. 3-7-59 n. 2119, 19-4-73 n. 1138,
e numerose pronunce di merito).
Con il riferimento al caso di specie, però, l'associazione
non sembra essere portatrice di un interesse idoneo a legittimare il suo
intervento nel giudizio, sia pure in posizione dipendente.
Se è vero infatti che
l'associazione é legittimata ad intervenire, e in alcuni casi a proporre in
via autonoma l'azione, quando si tratti di rappresentare i singoli associati
per tutte le questioni che rivestono interesse generale, il caso in esame
riguarda una posizione particolare e personale della ricorrente. Ancorché
l'interesse di cui al secondo comma dell'art. 105 c.p.c.
possa individuarsi non solo quale interesse giuridico,
ma altresì quale interesse di mero fatto, nella specie, però, l'intervento
della LEDHA trova una giustificazione solo nel cosiddetto interesse al
precedente giurisprudenziale, che non sembra poter supportare un intervento
nel giudizio.
Quanto alle osservazioni circa l'ammissibilità del
ricorso alla procedura di cui all'art. 700 c.p.c. e
la sussistenza dei requisiti dettati dalla medesima
norma, ritiene questo pretore che l'indagine vada condotta unitariamente con
quella che la difesa del resistente qualifica come «merito vero e proprio», e
cioè l'indagine circa la sussistenza del diritto in capo alla ricorrente,
considerato che l'affermazione dello stesso diritto, quale accertamento del
requisito dei «fumus boni iuris», è presupposto per l'affermazione della sua tutelabilità in sede cautelare.
Sostiene il condominio resistente che l'installazione
dell'ascensore rappresenterebbe un'innovazione e come tale sarebbe subordinata
alla decisione dell'assemblea dei condomini assunta con la maggioranza rappresentante
almeno i due terzi del valore dell'edificio, a norma del combinato disposto
degli artt. 1120 e 1136, 5° comma, c.c.. Va osservato al riguardo che
la fattispecie contemplata dal citato art. 1120, riguarda l'approvazione di
innovazioni che comportino per tutti i condomini l'onere delle relative spese,
suddivise secondo la ripartizione millesimale. Tanto
vero che il successivo art. 1121 prevede per le sole
innovazioni gravose o voluttuarie, se suscettibili di utilizzazione separata,
l'esonero dal contributo di spesa dei condomini che non intendono trarne,
vantaggio.
L'eccezione prevista da questa norma non avrebbe
senso se non ritenendo che l'ipotesi normalmente contemplata dall'art. 1120 e
per la quale si richiede la maggioranza qualificata è quella in cui si impone a tutti i partecipanti al Condominio, e quindi
anche ai dissenzienti, la ripartizione delle spese.
Ove non si discuta circa l’onere delle spese, ma il
solo condomino interessato, come nella specie, offra di farsene esclusivo
carico, le norme citate non vengono in rilievo e la normativa applicabile è
quella di cui all'art. 1102 c.c.,
che, dettato fra i principi generali in materia di comunione, titolo di cui il
Condominio negli edifici rappresenta il capo II, sopravviene ove non vi sia una
normativa particolare, come previsto dall'art. 1139 c.c..
La giurisprudenza si è, del resto, ripetutamente
pronunciata in tal senso, non solo nel caso ricordato da parte ricorrente
(Cass. 5-4-77 n. 1300 riguardante proprio l'installazione di un ascensore), ma
in altre fattispecie: Cass. 4-1-69 n. 5, 21-1-72 n. 156 e 13-11-78 n. 5220, nonché App. Milano,
se. 1°, sent. 7-3-80 n. 368,
in Arch. loc. 1980, 233.
L'art. 1102 c.c. contempla, quindi, anche le innovazioni,
nonostante spessa venga letto in contrapposizione
all'art. 1120, distinguendosi con il primo le modificazioni e con il secondo le
innovazioni. L'unico limite è dalla stessa norma individuato nella necessità
di non alterare la destinazione della cosa comune e
non impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro
diritto.
Sotto il primo profilo, realisticamente la normale destinazione della tromba delle scale è la collocazione
dell'impianto di ascensore, né si può ipotizzare un diverso godimento di tale
spazio da parte condomini; quanto al pari uso da parte di questi ultimi, la
installazione dell'impianto non impedisce ma al contrario realizza o comunque
predispone l'utilizzo comune. La destinazione a pertinenza del medesimo
impianto di parti comuni dell'atrio, aventi attualmente
un diverso utilizzo, di modestissimo rilievo, non contrasta con la ricordata
normativa, in quanto, sebbene si elimini la possibilità di un certo tipo di
godimento, se ne offre uno diverso, di contenuto enormemente migliore, cosicché
la posizione di tutti i dissenzienti è salvaguardata dalla possibilità di
entrare a far parte della comunione del nuovo impianto (in questi termini la
già citata sent. Cass. n. 1300/77 e la n. 2E95 del 9-7-1975).
L'esperita relazione di CTU ha escluso che l'installazione
dell'impianto possa in qualche modo compromettere la
stabilità e la sicurezza del fabbricato, individuando le modalità di
esecuzione, con le necessarie modifiche da apportare alla porzione dell'atrio
che viene occupata dalla base dell'impianto, al ripostiglio retroscala,
nonché ai gradini che conducono al piano di sbarco dell'ascensore. Dette
modifiche accettabili per i motivi già esaminati, non rappresentano alcuna situazione
di pericolo: tale non può dirsi, infatti, la collocazione
di tre gradini posti d'angolo a piè d'oca, esistenti in molti palazzi, e
facilmente superabili considerata anche l'ampiezza della scala.
La stessa ricorrente potrà superarli o con l'aiuto di una persona, limitate in
questo caso a pochi gradini, e non a quattro piani di scale, oltre quei pochi
gradini, o eventualmente con l'ausilio del carrello elettrico saliscale suggerito dalla difesa del resistente.
A tal proposito è opportuno rilevare come la proposta
soluzione del carrello elettrico non può essere valutata quale valida alternativa all'impianto di ascensore, dal momento che
l'utilizzo del medesimo carrello, come illustrato dal depliant prodotto dal
resistente, richiede la costante ed attenta presenza di un accompagnatore, che
mantenga l'equilibrio del mezzo stesso, e sono facilmente immaginabili le
difficoltà e la fatica di percorrere in tal modo ben quattro piani di scale. La
soluzione non risponderebbe comunque all'esigenza di
restituire alla signora Soli un minimo di indipendenza nei propri spostamenti.
La registrazione del vano dell'atrio, poi, a detta
del CTU, con considerazioni che appaiono pienamente condivisibili, non comporta
«un apprezzabile disagio»; le inevitabili modifiche all'estetica dell'atrio e
della tromba delle scale, se eseguite nel rispetto delle linee
architettoniche, con soluzioni di materiali e colori armonizzati a quelli
esistenti, comportano sicuramente un mutamento del decoro architettonico dello
stabile, ma non per questo è di per sé una sua alterazione in senso peggiorativo.
È evidente, del resto, che nella specie è indispensabile
realizzare un opportuno contemperamento del criterio
estetico e di quello utilitario, delle esigenze dei condomini, che è giusto
considerare (tutela della sicurezza e stabilità del fabbricato, del decoro
architettonico, del possibile utilizzo da parte di tutti), e
dell'imprescindibile diritto della ricorrente ad una esistenza libera e dignitosa,
alla facoltà di spostarsi e di uscire di casa, con quel minimo di indipendenza
che la sua situazione fisica le consente, La realizzazione dell'impianto
esaminato nel corso della consulenza tecnica risponde all'equo contemperamento
degli interessi sopra considerati, proponendo ai condomini una situazione di
assoluta tranquillità circa la stabilità e sicurezza del fabbricato, una
soluzione di indubbia maggior comodità per tutti, nonché di aumentato valore
economico dell'immobile, con un minimo disagio, pienamente compensato dal
vantaggio in prospettiva fornito.
Le altre argomentazioni addotte dalla difesa del
Condominio non meritano di essere prese in considerazione,
in quanto assolutamente pretestuose. Dai verbali delle assemblee tenutesi sul
punto in quest'ultimo anno, sembra del resto, al di là di alcune posizioni intransigenti, che vi fosse
nella maggioranza dei condomini la volontà di dare il proprio assenso, purché
fossero superate alcune perplessità che in questa sede sembrano essere state
risolte.
Quanto all'attribuzione dei millesimi, è evidente
che la stessa non possa essere elaborata dalla condomina ricorrente, né in questa sede dal Pretore; la
tabella millesimale sarà rivista dall'amministratore,
secondo la normativa vigente (artt. 1101, 1123, 1138 c.c. e 69 d.a.), o, in
mancanza di un accordo, dall'autorità giudiziaria, su istanza degli
interessati.
Altre contestazioni riguardano l'estensione
dell'impianto in altezza, e l'ampiezza dell'ascensore. Sotto il primo profilo,
in mancanza di accordo, non può che limitarsi la
facoltà della ricorrente di installare un impianto che serva fino al quarto
piano comprese, considerato che la situazione di arrivare fino al quinto piano
comporta l'utilizzazione di alcuni spazi di proprietà esclusiva per i quali
non è possibile disporre in questa sede. Un eventuale accordo in tal senso fra
i condomini, accordo che dovrà comunque intervenire
in tempi ristretti, comporterà l'addebito della relativa maggioranza di spesa
a carico di tutto il condominio, e non della sola ricorrente. Analoga soluzione
dovrà adottarsi per quanto riguarda l'ampliamento della cabina e della luce
della porta di accesso. Alle esigenze della ricorrente
sembra sufficiente la soluzione di cui all'offerta Bassetti
con una larghezza di cabina di circa 75 cm. ed un vano di accesso di 60 cm.,
interamente sfruttabile mediante l'accorgimento suggerito dal CTU (cerniere
angolari, pagg. 7 e 8 della relazione).
L'eventuale ampliamento prospettato ed i lavori
necessari allo scopo potranno essere attuati su
richiesta del Condominio e con assunzione a carico di tutti del relativo
aggravio di spesa, quantomeno in questa fase di giudizio.
Circa la sussistenza del periculurn in mora, non possono nella specie essere avanzati dubbi sulla
necessità e sul diritto della ricorrente di condurre, per quanto le sue
condizioni di salute glielo consentano, un'esistenza il più possibile normale
ed integrata nella vita della società.
Analogamente non può fondatamente dubitarsi
che la facoltà di uscire dalla propria abitazione sia
un'esigenza primaria alla conduzione di una vita normale, sia per la gestione
della casa e della vita familiare, sia per una continuità di contatti umani,
sia eventualmente per l'esplicazione di un'attività lavorativa che la
segregazione in casa compromettono, senza rimedio. Sarebbe assurdo e disumano
che le preoccupazioni a carattere estetico o di maggior comodità di alcuni (ma
questo Pretore non vuole credere che solo tali fossero, quelle addotte da
certuni condomini) compromettano la realizzazione di
una soluzione che per la ricorrente potrebbe rappresentare un notevole
miglioramento delle sue condizioni di vita.
Di fronte alle incomprensioni, opposizioni e quindi
alle lungaggini manifestatesi in sede di delibere condominiali, il ricorso al
procedimento cautelare appare indispensabile a tutelare in via d'urgenza la
posizione della ricorrente, durante il tempo a far valere il suo diritto in via
ordinaria, proprio per evitare che la situazione di segregazione in cui attualmente si trova comprometta in maniera irreparabile la
sua salute psicofisica.
Il caso in esame appartiene a quella categoria di
provvedimenti cautelari, ormai concordemente ammessi dalla giurisprudenza (per
la funzione anticipatrice ed innovativa dei provvedimenti ex art. 700 c.p.c. cfr. Cass. S.U. 28-2-53 n.
3605, 18-2-56 n 475, 27-10-76 n. 3899, 4-3-78 n. 1094), in cui il periculum in mora è rappresentato non dal venir
meno dei mezzi necessari all'esecuzione del futuro
provvedimento di merito, ma proprio dal protrarsi, nelle more del processo
ordinario, dello stato di insoddisfazione del diritto di cui si discute nel
giudizio di merito. È vero che nel dettare la sistemazione provvisoria del rapporto
il giudice anticipa, sia pure in via provvisoria, e quindi con il rischio di rimessione in pristino, gli effetti del provvedimento
definitivo, ma è altrettanto vero che si può e si deve ricorrere alla
soddisfazione anticipata tutte le volte in cui il protrarsi dello stato di insoddisfazione, da un lato, rappresenti un pregiudizio
irreparabile, quale il danno alla salute e allo svolgimento di un'esistenza
normale, e dall'altro non possa essere tutelato con altro tipo di garanzia.
P.T.M.
Il
Pretore, ritenuta la carenza di legittimazione attiva
della LEDHA, accogliendo il ricorso proposto ai sensi dell'art. 700 c.p.c. dalla signora Sandra Soli in Graziano nei confronti
del condominio di via Ozanam 10/A in Milano, ordina
al condominio di consentire l'installazione a cura e spese della ricorrente
dell'impianto di ascensore, secondo il progetto e le soluzioni indicate nella
relazione di CTU del Geom. Gian Paolo Musu; fissa per
l'inizio del giudizio in merito il termine di giorni 90 dalla comunicazione
della presente ordinanza.
Milano, 19 maggio 1987
IL PRETORE
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