Libri
FRANCO
FOSCHI, Lettera a un giovane del 2000
sulla salute, Francisci Editore, Abano Terme, 1987, pp. 191, L. 25.000.
In un periodo in cui nel nostro paese il dibattito
sulla salute tende a chiudersi tra le sole questioni legate alla spesa - con le
conseguenti scelte che tendono sempre più a privilegiare gli aspetti economici
-, l'Autore di questo interessante e importante testo allarga gli spazi della
discussione, riprende i temi della riforma sanitaria e aggiunge interrogativi
che vanno ben altre i singoli problemi tecnici e specifici che pure vengono
posti.
La salute come un impegno sociale e civile. Rileva
l'Autore che «troppo spesso l'insistenza
sul diritto del malato piuttosto che essere una conquista, rischia di
rispondere alla tendenza propria della nostra società a considerare preminente
la lotta contro la malattia che il creare condizioni di vita più sana. Di
conseguenza si privilegia la medicina d'urgenza e riparatrice e si pensa
all'ospedale come il luogo della salute». Giustamente secondo Foschi «il vero diritto dell'uomo sano a malato è
nella partecipazione responsabile alla tutela della salute o al suo recupero.
L'affermazione del diritto dell'uomo, di tutto l'uomo, va riferita al concetto
di salute e non può essere relativizzata solo ad uno stato patologico.
Coscienza e responsabilità della salute riguardano l'affermazione concreta
delle libertà dell'uomo singolo e della società. Persona e comunità, uomo e
ambiente, cittadino e società sono binomi inscindibili oggi, sia in termini
strettamente scientifico-medici, sia in termini di realizzazione progressiva
delle condizioni e dei comportamenti coerenti per la tutela della salute. Non
si tratta di avere una visione riduttiva del ruolo del medico in questo campo,
ma di evitare il rischio di attribuire all'attività medica un compito che non
le appartiene, medicalizzando la società, come si dice facendo finta di non
sapere che salute, malattia, invalidità, malformazioni, dipendono in gran
parte dall'importanza che la società accorda loro e dalla priorità delle scelte
sociali e - talora - delle manipolazioni che le logiche puramente economiche
determinano a danno dell'uomo sano o malato».
Il libro difende in modo non acritico i principi e la
filosofia della riforma sanitaria; al riguardo nell'ultimo capitolo, vi è una
analisi della sanità «made in USA» paese in cui «si è cominciato col chiedersi se le cure sanitarie sono un diritto dell'uomo
oppure solo un servizio per chi se le può pagare». Al riguardo Foschi cita
sia il Prof. William Schwartz dell'Università di Tufts, il quale afferma che «la sola maniera per ridurre i costi è di
privare certe persone delle cure mediche o di negare l'assistenza per certe
malattie», sia Richard Lamm, governatore del Colorado, il quale ha dichiarato:
«Spendiamo troppo a tenere in vita dei
vecchi giunti all'ultimo stadio della malattia».
Negli Stati Uniti «si
guarda con simpatia al sistema inglese che ha già di fatto contingentato certe
cure, ad esempio privando della dialisi i 2/3 dei sofferenti di insufficienza
renale (i vecchi). Ma - aggiunge Foschi -, il sistema di pagamento negli USA è già così orientato, avendo stabilito
armai dei "barèmes" di 400 malattie, in funzione della diagnosi, per
cui all'ospedale non viene rimborsato più della cifra fissata. Se spende di
meno si guadagna la differenza. Sembra evidente che, in queste condizioni, la
libertà professionale e l'autonomia delle scelte mediche, è sempre più
aleatoria. I medici stessi sono costretti a vendersi sul mercato. Vengono
assoldati dalle assicurazioni e dalle catene ospedaliere, i loro salari vengono
decurtati secondo l'interesse dell'azienda e il loro valore non é misurato sulla
capacità professionale, ma sulla produttività rispetto all'azienda. Se un
medico alla fine dell'anno non ha prodotto un numero adeguato dl pazienti e,
soprattutto, di pazienti che costino poco o rendano molto, viene licenziato,
dice in parole semplici il Presidente della Humana».
Conclude l'Autore: «Persona e comunità devono realizzare un processo di autoresponsabilizzazione
su cui fondare scelte di solidarietà. Solo così i diritti civili fondamentali
verranno garantiti, soprattutto ai più deboli, agli handicappati fisici o
psichici, ai più gravi malati, ai malati mentali, ai cronici e alle categorie
sociali più povere o più emarginate, alle famiglie nell'ambito delle quali si
ripercuote il malessere e il rischio per l'equilibrata evoluzione fisica e
psichica delle nuove generazioni. Se la misura fosse quella dei costi-benefici,
se prevalessero logiche monetaristiche e regole di una economia non a servizio
dell'uomo, se la scienza non fosse libera da condizionamenti e interessi, se
il medico fosse un funzionario o un tecnico, presto ci troveremmo (a volte
viene il dubbio che già "siamo") a giustificare con argomenti medici
il disorientamento della cultura attuale e gli egoismi e le presunzioni di una
società individualistica che classifica ed emargina».
CENTRO
ITALIANO FEMMINILE, Stile di vita e
comportamento delle adolescenti oggi in Italia, Direzione affari civili del
Ministero dell'interno, Roma, 1987, pp. 222, Edizione fuori commercio.
La ricerca vuole presentare uno spaccato dell'adolescente
«femmina» studiata attraverso i comportamenti manifestati nell'ambito
familiare. scolastico; lavorativo e del tempo libero:
Fatta salva la presentazione che inquadra il problema
da un punto di vista psicologico e sociologico, i limiti dei risultati e dei
dati riportati sono molteplici, mentre le conclusioni rasentano l'ovvietà.
Forse non era necessario avviare un'indagine per
arrivare a dedurre che un'adolescente che appartiene ad una famiglia agiata,
che frequenta la scuola e partecipa alla vita associativa, ha meno problemi -
o sono meno preoccupanti - di un'adolescente che non lavora, non studia, appartiene
ad una famiglia con pochi mezzi economici e culturali e non fa vita di gruppo.
L'altro dato, che viene rivelato come nuovo ed è sottoposto
come riflessione, è la mancanza di contenuti che le adolescenti segnalano sia nella
scuola, che nell'ambito dei gruppi di appartenenza, persino nei confronti di
quelli ecclesiali. Anche qui ci pare tuttavia che non si tratti di una
peculiarità specifica della categoria, ma che semplicemente le adolescenti si
limitino a registrare e a vivere il momento culturale e politico generale,
segnato appunto da una sfiducia nelle istituzioni.
Ciò che comunque ci ha più rammaricato è la
constatazione di quanta poca attenzione sia stata data alla situazione degli
adolescenti, che vivono in situazioni di svantaggio familiare e sociale.
Non una parola viene detta sul fronte della
«prevenzione» (come evitare l'evasione e l'abbandono scolastico, che tipo di
sostegno offrire all'adolescente e alla famiglia, come intervenire per evitare
o limitare il disagio).
Evidentemente è più facile studiare e approntare
soluzioni adeguate ai problemi di normalissime adolescenti, con normali
problemi dell'età, piuttosto che indirizzare la ricerca nella individuazione
delle cause che creano i bisogni e le insoddisfazioni delle adolescenti
problematiche.
AA.VV.,
Adozione internazionale: verifiche e prospettive
legislative - Atti dell'incontro dibattito di Roma del 20 gennaio 1987,
Stampa a cura della Sezione italiana del Servizio Sociale Internazionale,
Roma, 1987, pp. 109, L. 20.000
In occasione della presentazione del volume «L'adozione
dei minori nelle legislazioni europee», si è svolto il 20 gennaio 1987 a Roma,
presso la Camera dei Deputati, un incontro promosso dalla Sezione italiana del
Servizio Sociale Internazionale sul tema «Adozione internazionale: verifiche e
prospettive legislative», al quale crediamo utile dare spazio in questa sede,
in considerazione dell'attualità e dell'importanza dei temi che
sono stati affrontati, oltre che per gli spunti pratici che ne sono emersi.
Pur non mancando periodicamente le occasioni in cui
le problematiche dell'adozione internazionale vengono trattate diffusamente
(talvolta si assiste addirittura ad una vera e propria esplosione di
iniziative: da convegni a tavole rotonde, da pubblicazioni specialistiche a
dibattiti radiotelevisivi e ad inchieste su giornali e periodici, ecc.), troppo
spesso accade di imbattersi in esposizioni che si perdono nelle secche di un
arido tecnicismo o che tendono ad esaurirsi nell'enunciazione di mere
affermazioni di principio, e come tali ben poco propizie al confronta delle
idee e, quel che è peggio, prive di proposte concrete, se non anche dannose:
fenomeni, questi, resi ancora più gravi dal raffronto con una realtà come
quella odierna, in cui da più di un segnale si va manifestando da un lato una
certa qual caduta di cultura nell'accostarsi alle tematiche dell'abbandono e
dall'altro un serpeggiante atteggiamento di sfiducia e di critica nei confronti
degli stessi principi ispiratori della legge 184/83 fino a proporre modifiche
più o meno subdole e che rischierebbero di snaturare la portata pubblicistica
sulla quale ci si era proposti di imperniare l'affermazione e la tutela del
diritto del minore ad usufruire degli affetti famigliari.
Ricco di stimoli è stato invece,
l'incontro di Roma, che ha saputo racchiudere nell'arco di una sola giornata di
studio una fitta seria di interventi, tutti ispirati, pur nell'ambito delle
diverse discipline e delle rispettive sfere di interesse e di operatività
(docenti di diritto internazionale, magistrati, operatori sociali,
parlamentari, responsabili d'i associazioni, ecc.), all'intento di valutare
costruttivamente il vigente assetto normativo dell'adozione internazionale e di
verificarne criticamente l'applicazione quotidiana nel rispetto della volontà
del legislatore.
Nell'impossibilità di passare dettagliatamente in
rassegna ogni singola comunicazione, ci si limiterà qui a segnalare come
particolarmente puntuale la relazione introduttiva svolta dal dr. Luigi Fadiga,
Direttore dell'Ufficio giustizia minorile del Ministero di Grazia e Giustizia,
il quale avvalendosi anche di ampi dati statistici acquisiti presso i
Tribunali per i minorenni relativamente al periodo 1979-1986 - ha posto in
risalto come l'adozione internazionale abbia ormai decisamente «sorpassato»
l'adozione nazionale, arrivando a raggiungere da ultimo il 70% circa delle adozioni
realizzate sull'intero territorio. Accanto a questa constatazione, i rilievi
secondo cui i Tribunali minorili hanno negli ultimi anni accolto in totale l'88%
circa delle domande presentate dalle coppie, e soltanto il 10% circa dei minori
stranieri adottati risulta entrato in Italia attraverso l'intervento degli
Enti autorizzati dall'art. 38 della L. 184, hanno portato il relatore a considerare
in termini allarmanti che l'adozione internazionale è diventata un «fenomeno
di massa», non sempre filtrata a sufficienza da valide selezioni e procedure
istituzionali, così avviandosi ad essere un fatto di indole privatistica, con
la conseguenza tra l'altro che il minore straniero, spesso già
insufficientemente tutelato nel paese di origine, non gode di adeguata
attenzione nella fase dell'abbinamento, potendo di fatto venir affidato, a
coppie meno «garantite» di quelle che la legge assicura al bambino italiano.
Sulla scorta di tali osservazioni, altri relatori
(tra cui i magistrati Paolo Dusi e Paolo Vercellone, gli studiosi Angelo Davì
e Ruggiero Cafari Panico e le senatrici Giglia Tedesco e Rosa Jervolino Russo)
hanno insistito sull'opportunità che alla dichiarazione di idoneità richiesta
dall'art. 30 della legge si arrivi da parte dei Tribunali in maniera più
pregnante ed intensa di quanto non si tenda a fare adesso, attraverso
all'introduzione nella prassi valutativa di accertamenti attitudinali di
particolare rigore, sottolineando che in ogni casa (e ciò in netta opposizione
ad una recente pronuncia del Tribunale per i minorenni di Trieste) essa deve
sempre precedere l'introduzione del minore in Italia, non foss'altro che per
scongiurare il pericolo che quest'ultimo a seguito di un eventuale e non
impossibile giudizio di inidoneità della coppia - sia sottoposto a traumi
altrimenti evitabili.
Più di una voce, poi (Graziella Praturlon, Tania
Tolstoy, Donata Micucci), ha posto in evidenza come molto resti da fare sul
piano pratico per incidere positivamente sulla preparazione e sull'efficienza
degli operatori e per realizzare il necessario coordinamento tra i vari
interventi professionali cui fanno capo le diverse fasi dell'iter adozionale,
prevedendo - ad esempio - la possibilità di creare occasioni di studio
interdisciplinare sulle casistiche concrete di attuazione della legge, ed
insistendo sulla necessità che gli Enti locali si dotino dì adeguate strutture
territoriali in grado di dare risposte idonee in tema di valutazione e di
orientamento delle coppie.
In quest'ottica è stato affermato che non si tratta,
pertanto, di pensare ad una revisione della legge, ma bensì di mirare ad una
sua applicazione quanto più possibile completa.
CARLO
HANAU, Fattori sanitari, sociali ed economici
influenti sulla spedalizzazione, Università degli studi di Modena - Studi
e ricerche del Dipartimento di Economia politica, Centro Stampa Baiesi,
Bologna, 1986, pp. 166, senza indicazione di prezzo.
La pubblicazione raccoglie i dati emersi da una
ricerca avente per oggetto i fattori socio-economici che influiscono sulle
modalità di spedalizzazione: decisione di ammissione, urgenza, congruità,
durata, utilizzo delle principali risorse sanitarie.
Viene sfatato, fra l'altro, come risulta anche da
altre ricerche, «il mito giornalistico
dell'ospedale usato prevalentemente come albergo o come deposito,
particolarmente dagli anziani e dai diseredati».
L'incongruità dei ricoveri ospedalieri - precisa l'Autore
- «può essere relativa (presenza di un
motivo sanitario che di per sé non obbligherebbe alla ospedalizzazione) od assoluta
(solo per motivi sociali)». Quest'ultima è una eccezione rara: per
l'ospedale Malpighi di Bologna non riguarda più del cinque per cento del
campione, e comprende soggetti che vivono al proprio domicilio con familiari.
Ben diversa la situazione dei ricoveri impropri. Si
tratta infatti di un «fenomeno molto
diffuso (30-35%) a Bologna», fenomeno che lascia «ampio margine alle politiche di deospedalizzazione, sulla cui necessità
nessuno - a parole - dubita». Viene precisato che «il fenomeno dei ricoveri incongrui riguarda tutte le età, tutte le
condizioni dei soggetti e le modalità di ingresso; non esistono inoltre
differenze rilevanti nelle caratteristiche dei degenti; l'osservatore
superficiale nota che il degente incongruo è per fa maggior parte dei casi
una donna anziana casalinga, ma dimentica che tali sono le caratteristiche
prevalenti nella generalità dei degenti».
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