AUTISMO INFANTILE,
ALCUNE PRECISAZIONI
CARLO HANAU
Pubblichiamo
il contributo di Carlo Hanau come stimolo alla discussione sul drammatico problema
dell'autismo infantile, anche in considerazione del fatto - non corretto - che
una rivista di psicologia ha rifiutato questa scritto.
L'autismo è una delle più gravi forme di psicosi
infantile, caratterizzata da mutismo, assenza di rapporti con le altre
persone, chiusura in se stessi e dondolamenti. L'evoluzione naturale della
malattia, per il 90% dei casi, conduce verso l'istituzionalizzazione permanente
psichiatrica: alla non autosufficienza si accompagna spesso, fin
dall'adolescenza, una forte aggressività verso sé e gli altri.
I genitori, colpiti da questa grave disgrazia,
vengono colpevolizzati dagli psicologi che fanno risalire la malattia alla
mancanza di affetto da parte della madre durante la gravidanza o durante i
primi giorni di vita.
Solo da qualche anno indagini statistiche condotte
scientificamente hanno dimostrato che l'autismo può essere provocato da tante
cause diverse di natura organica, alcune delle quali virali, altre genetiche,
la cui determinazione è stata resa possibile dai più recenti studi nel campo
dei cromosomi.
Ogni volta che lo scienziato scopre una di queste
cause in un bambino autistico, vengano discolpati e assolti i genitori ed
inoltre si aprono possibilità terapeutiche efficaci per quei particolari tipi
di autismo trattabili con vitamina 136 e magnesio, acido folico, altre forme di
diete. È ovvio che la terapia risulta tanto più efficace quanto più precoce,
per cui sarebbe necessario che la diagnosi di autismo venisse posta fin dai
primi mesi di vita, così come già avviene in altri paesi più avanzati del
nostro, e che si iniziasse subita dopo la eventuale terapia farmacologica. Ciò
non esclude l'intervento psicopedagogico, la cui utilità è pure dimostrata in
tanti casi (vedi da ultimo Lovaas, che, mediante il trattamento intensivo
prescolare, ha ottenuto la guarigione duratura per quasi la metà dei soggetti
trattati).
Purtroppo in Italia e in gran parte dell'Europa
latina le nuove terapie organiche e quelle psicopedagogiche sano state
ignorate, e la prima domanda che i genitori si sentono rivolgere dallo
psicologo è: «Avete desiderato questo figlio?», come se dall'intensità del
desiderio potesse dipendere una malattia così particolare e così grave. Gli
psicologi e gli psicoanalisti italiani sono ancora legati alla vecchia interpretazione
dello autismo di Bettelheim.
Prova evidente di questo ritardo del mondo latino è
il recente articolo sull'autismo apparso in contemporanea su «Psicologia
contemporanea» n. 84/1987 e su «Psychologies» a firma, di Claire Synodinou,
rappresentante della scuola psicoanalitica francese. A questo articolo sentiamo
il dovere di dare una risposta, che la rivista «Psicologia contemporanea» ha
rifiutato di pubblicare.
Il contenuto dell'articolo è anticipato già dal
titolo: «Il diritto alla differenza» e nell'introduzione: L'uomo è autistico
per natura, in ognuno di noi c'è una parte che non riveliamo. La chiusura autistica si potrebbe
paragonare all'atteggiamento del saggio che vive in solitudine, ma nel bambino
questa chiusura non è una scelta: è la impossibilità di affrontare un mondo
esterno che è troppo duro per lui... Quando si costringono a fare certe cose,
volendo a tutti i costi inserirli nella società, farli diventare come gli altri
si scatenano diverse manifestazioni incontrollate.
Si direbbe quasi «autismo è bello» dato che più oltre
la Synodinou riprende: «L'autismo è accompagnato
da una specie di allegria... i bambini autistici hanno generalmente il viso
disteso e di una bellezza angelica, purché l'autismo non sia deformato
dall'ambiente circostante. I familiari hanno bisogno di essere aiutati a capire
la peculiarità di questo membro della famiglia... Non siamo tutti eguali a
questo mondo. L'essenziale è che non ci sia sofferenza, dipendenza nei bisogni
della vita quotidiana. Che un bambino non sia scolarizzato non è essenziale».
L'articolo conclude: «Se, in mancanza di
parole, il bambino può comunicare in altro modo, non per questo è privo di
linguaggio. Ciò gli dà diritto di esistere come vorrà».
Se volessimo interpretare la psicoanalista con la sua
stessa metodologia, dovremmo sospettare che la sua accettazione della diversità
autistica altro non sia che la sublimazione dello scacco terapeutico subito:
non riuscendo a far nulla per modificare l'evoluzione della malattia, si preferisce
negarne l'esistenza e le terribili conseguenze; si arriva ad attribuire al
soggetto autistico uno stato di felicità rilevato dai tratti del viso. Anche
nella interpretazione dell'Idiota
traspare un'apparente felicità: ma non possiamo dimenticare quanto sia
differente lo stato di tensione permanente dei bambini autistici, e sopra tutto
quanto venga compromessa la loro autosufficienza nei bisogni della vita
quotidiana giovane e adulta.
La rassegnazione con la quale viene accettata la
mancata scolarizzazione è colpevole, e può essere compatita solo se letta nel
quadro dell'efficientismo della società francese, ove la scuola è l'antipasto
forte di una selezione meritocratica che dura tutta la vita.
La preoccupazione di disturbare l'asserito equilibrio
autistico, la personalità del bambino diverso, parta a legittimare la condotta
terapeutica psicoanalitica classica, fatta di pazienti attese di piccoli
segni come «gesti, parole, suoni
inarticolati, linee tracciate sul foglio... tracce di comunicazione si tirano
come un filo e possono farlo uscire dal labirinto dove si è nascosto, se ha
voglia di uscirne». Tutta diversa è la condotta terapeutica di
pedagogisti, di psicopedagogisti, di etologi e di alcuni genitori ormai
famosi, come la Clara Claiborne Park (cfr. «L'Assedio», Astrolabio editore),
che tendono a forzare il bambino con stimolazioni continue verso una sua
sempre maggiore socializzazione. Le forzature, compresi i meccanismi di premi e
castighi, traggono legittimità dalla consapevolezza che il bambino autistico
è molto malato e che, lasciato a sé stesso, quasi sempre peggiora fino a confondersi
con tutti gli altri malati mentali gravi, irrecuperabili al vivere sociale.
Contro l'istinto naturale dei genitori-educatori, ben
rappresentato dall'esperienza descritta da Giulia Basano (cfr. «Storia di
Nicola», Rosenberg & Sellier editori), la Synodinou sembra considerare
pericoloso l'intervento attivo per la socializzazione, mentre noi riteniamo
che il male sia tanto grave da esigere un rimedio efficace, anche se forte:
come un tumore al cervello può esigere che i chirurghi facciano violenza al soggetto
malato aprendo il cranio ed asportando la parte malata, così il bambino
autistico può avere bisogno di un'educazione contraria alle sue tendenze «naturali»,
e - se del caso - anche i farmaci adatti a cambiare gli aspetti malati del suo
comportamento.
Si fa molto rilevante, nel problema terapeutico,
l'esatta indicazione delle cause dell'autismo. Non si tratta soltanto, come
afferma la Synodinou, di determinare in astratto l'esattezza di una teoria o
di un'altra «che non cambia nulla nel tipo
di terapia che stiamo facendo. Che l'autismo sia genetico o no, non elimina la
possibilità di un'evoluzione, di un'apertura alla comunicazione. I genitori
vedono nell'ipotesi genetica qualcosa di meno colpevolizzante. Sta di fatto che
il comportamento di una famiglia non è più volontario che l'essere portatori di
una certa eredità biologica».
L'unica opinione condivisibile è quella per cui
l'autismo, anche se di origine genetica, può evolvere in senso positivo;
tuttavia l'evidente ignoranza della medicina organica non può scusare
l'affermazione della Synodinou, secondo la quale l'accertamento delle cause non
cambia nulla nel tipo della terapia: se ad esempio si riscontra una anomalia
genetica (ad esempio fenilchetonuria) alla base dell'autismo, esistono terapie
dietetiche e farmacologiche, tanto più efficaci quanto più precoci, per cui si
può ottenere un ottimo risultato senza alcun supporto di tipo psico-pedagogico
o psicoanalitico.
Noi riteniamo che la tesi psicogena, secondo la quale
l'autismo è causato dal comportamento della famiglia, e in particolare della
madre, non possa essere accettata dogmaticamente come valida a priori, come
fanno ancora molti epigoni di Kanner, a differenza dello stesso Kanner, che già
nel 1975 ebbe modo di sconfessare se stesso, chiedendo scusa ai genitori
americani riuniti in un'assemblea per averli ingiustamente accusati di aver
provocato l'autismo dei figli.
Se l'autismo non è imputabile alla famiglia, viene a
cadere il problema della volontarietà del comportamento che avrebbe causato
l'autismo: d'altra parte tale questione è di competenza di teologi e di
filosofi, che per generazioni si sono combattuti sul determinismo del
comportamento umano e il libero arbitrio, ma non ci sembra sia questa la sede
per riprendere la polemica.
Dopo averla dissimulata, la Synodinou tradisce la
sua scelta sulle cause dell'autismo quando afferma che «il bambino autistico a un certo momento ha voluto ritirarsi in se
stesso perché non sopportava le costrizioni della vita, dei contatti col mondo
esterno» ed ancora più esplicitamente: «Il
bambino che avrebbe dovuto specchiarsi, vedersi negli occhi della madre non ha
trovato altro che vuoto... il bambino e la madre nascondono la simbiosi
esistente fra loro ed appaiono entrambi indifferenti l'uno all'altra».
Si giustificherebbe così l'azione riparatrice e
sostitutiva dello psicoterapeuta, che tuttavia non sembra dare risultati
apprezzabili sull'evoluzione della malattia, per ammissione degli stessi
terapeuti. Il transfert è la base di questo intervento terapeutico, la cui
efficacia dovrebbe essere dimostrata sperimentalmente. Qualcuno osa mettere in
discussione addirittura l'esistenza del transfert stesso, dato che il bambino
a volte sembra del tutto indifferente. A questo ipotetico profanatore del
metodo analitico la Synodinou risponde con un sillogismo illogico: «Anche quando (il bambino) manifesta freddezza il transfert è
presente, altrimenti non ci sarebbe terapia».
Per concludere, sembra necessario invitare la Synodinou
a mettere in discussione l'ipotesi psicogenetica sulla quale si fonda tutto il
castello: chi ha cercato sperimentalmente una qualche attitudine dei genitori
che potesse spiegare l'autismo dei figli non è mai riuscito a trovare nulla.
(1)
I genitori, per parte loro, hanno il diritto ed il
dovere di pretendere gratuitamente dal servizio sanitario nazionale tutte le
prestazioni diagnostiche che le tecniche moderne mettono a disposizione per
scoprire eventuali difetti cromosomici o biochimici congeniti e per le
eventuali terapie dietetiche, farmacologiche e psicopedagogiche necessarie.
Per sollecitare il servizio sanitario ad adempiere ai suoi doveri e per
mettere in atto tutte quelle forme di intervento che possono aiutare il
difficile inserimento nella scuola e nella società (insegnante di appoggio,
riduzione dei bambini per classe, cooperative integrate etc. etc.) si è
costituita l'Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici, casella
postale 3102, Bologna Ponente, 40100 Bologna, cui possono rivolgersi genitori
ed operatori per ottenere indicazioni ed aiuti.
(1)
Per una
bibliografia in lingua francese vedasi, ad esempio, M. Leboyer, Autisme infantile, faits et modèles, P.U.F.,
1985.
www.fondazionepromozionesociale.it