COME EVITARE L'EMARGINAZIONE
ABITATIVA DEGLI ANZIANI: OSSERVAZIONI IN MERITO AD UNO STUDIO DELLA SVEI
EUGENIA MONZEGLIO (*)
Una recente e ponderosa pubblicazione della SVEI,
Società per lo sviluppo dell'edilizia industrializzata del gruppo
IRI-ITALSTAT, ripropone all'attenzione il problema dell'abitazione per
l'anziano (1).
Appare ovvia e banale l'osservazione secondo cui la
casa costituisce per la persona anziana, ancor più che per il resto della
popolazione, un elemento di fondamentale importanza per la qualità stessa
dell'esistenza.
Pertanto il tema della residenza per l'anziano
(specie se non è autosufficiente) e più in generale per l'utenza debole e
svantaggiata, rappresenta attualmente un punto nodale, al quale non è più
possibile non rispondere o rispondere solo con soluzioni parziali o settoriali.
L'importanza del problema residenziale, che impone di
essere «ascoltato» soprattutto per la sua rilevanza umana e sociale e per la
scarsità di soluzioni sperimentate e realizzate come alternativa all'istituzionalizzazione,
deriva anche dal fatto che il problema residenza si presenta molto complesso a
livello nazionale, in quanto la casa continua ad essere uno dei servizi meno disponibili
per certa fascia di utenti.
Non si possono certo ipotizzare per la terza e quarta
età soluzioni abitative altrove sperimentate, non tanto per problemi di costo
di impianto e di gestione, quanto piuttosto per gli eclatanti e negativi
effetti conseguenti: emarginazione di massa, anche se di lusso e apparentemente
volontaria, drastica separazione generazionale, estraniazione dal resto del
mondo.
A questo proposito il riferimento va evidentemente a
talune realizzazioni estere, come ad esempio i «Jardins d'Arcadie» della Francia (2) o le «Retirement New Towns» (Arizona's Sun City e California's Leisure
World sono fra le più pubblicizzate) dell'America (3).
Lo studio su «Residenze per anziani. Programmazione
e progettazione», promosso e finanziato dalla SVEI, si propone di «organizzare un modello per le
Amministrazioni del quale servirsi nel tendere all'individuazione della
soluzione ottimale tra le possibili risposte alle esigenze del comparto della
residenza sociale ed in particolare in quella per la terza età» (4).
Alcuni elementi, contenuti nel volume, destano preoccupazione,
soprattutto perché lo studio, condotto con la collaborazione di studiosi di
chiara fama dell'Università di Roma, è rivolto a pubbliche amministrazioni e
quindi dovrebbe essere strumento utilizzabile nella programmazione e nella
definizione di strutture residenziali per anziani.
Sono infatti riproposte posizioni che dovrebbero
essere tendenzialmente superate e soppresse in nome sia di una maggiore
giustizia sociale sia dell'affermazione della completa dignità della persona,
superando gli elementi di discriminazione e di violazione dei diritti di una
consistente fascia di cittadini «deboli»: in definitiva viene proposta per
l'utenza anziana la realtà della struttura assistenziale, l'istituto, se pure
sotto forme e denominazioni diverse (centri residenziali, case protette).
Si è fermata l'attenzione su questa ricerca per i
seguenti due aspetti : perché essa è specificamente rivolta alla casa per
l'anziano e perché, essendo promossa dalla SVEI, potrebbe avere sbocchi
operativi concreti ed immediati.
Occorre tuttavia precisare che, molti degli studi
volti alle problematiche degli anziani, ripropongono le stesse posizioni di
cui sopra si è parlato (5).
Partendo da considerazioni sui problemi dell'anziano
nella società attuale e, dopo avere esaminato le legislazioni regionali
italiane relative alle politiche sociali per gli anziani con alcuni cenni anche
sulle esperienze estere, nello studio della SVEI si definiscono i diversi tipi
di servizi residenziali previsti per l'utenza anziana, le loro caratteristiche
ed i criteri di progettazione e di programmazione.
Essi sono individuati nelle seguenti tipologie:
- alloggi integrati,
- comunità alloggio,
- case albergo,
- centri residenziali;
- case protette.
Al riguardo è necessario avanzare alcune considerazioni:
- alle prime due tipologie potrebbe spettare a pieno
titolo fa definizione di strutture residenziali, purché esse siano progettate
e realizzate all'interno della normale edilizia residenziale, a partire da
quella pubblica. Sarebbe bensì auspicabile ottenere reali forme di
integrazione fra i diversi tipi di alloggi ed i diversi canali di finanziamento
dell'edilizia residenziale, giungendo a costruire organismi abitativi e
complessi insediativi residenziali (6) nei quali siano compresenti alloggi di
edilizia sovvenzionata, convenzionata, agevolata, privata, di tagli
differenziati (ad esempio alloggi di dimensione contenuta per nuclei
mono-bipersonali, alloggi medi e grandi, alloggi comunitari, ecc.) nelle
proporzioni ritenute più opportune in relazione alle esigenze (individuali,
familiari, sociali) da soddisfare dalla utenza (7);
- per la casa albergo si sottolineano le stesse
riserve che si rivolgono alle tipologie abitative previste solo per
determinati tipi di utenza (alloggi solo per anziani, solo per disabili, solo
per ragazze-madri, ecc.), precisando che tale tipologia potrebbe rivelarsi
interessante nel caso in cui fosse aperta a tutta la popolazione e fosse
effettivamente accessibile sotto il profilo finanziario. Della tipologia
abitativa della casa albergo sembra giusto evidenziare un aspetto «positivo»
e cioè quello di aver indotto studi e ricerche su modalità di organizzazione
residenziale di tipo non tradizionale (alloggio ridotto agli spazi essenziali,
integrato da servizi utilizzabili collettivamente) (8);
- la terza tipologia (centro residenziale per
anziani) è una variante aggiornata e «corretta» della tradizionale casa di
riposo. Il centro residenziale è definito come residenza collettiva per
persone anziane che scelgono per vari motivi di vivere una vita comunitaria; la
capienza prevista varia tra 60 e 100 posti letto. In alcuni casi (ristrutturazioni
di edifici esistenti, riconversione di immobili già destinati ad anziani),
quando si superano i 100 posti letto, vi si può inserire anche la casa albergo
e/o la casa protetta. Pare superfluo un commento ulteriore a questa proposta!;
- l'ultima, la casa protetta, è struttura assistenziale
destinata ad anziani semi-autosufficienti o non autosufficienti, che, per le
loro condizioni fisiche e psichiche, non possono essere seguiti dai familiari
e che abbisognano di assistenza sociale e sanitaria, anche se prevalentemente
di tipo infermieristico. La casa protetta è organizzata in nuclei di 30 posti
letto, per una capienza complessiva di 60-120 posti.
Le obiezioni da sollevare alle proposte avanzate
dalla SVEI (che ripresenta per altro tipologie già previste nelle disposizioni
normative e nelle proposte di legge di molte Regioni italiane) riguardano
essenzialmente gli aspetti di seguito elencati.
1. Le
problematiche residenziali degli anziani non possono essere risolte solo
all'interno del settore assistenziale.
Occorre infatti individuare innanzitutto le reali
cause che inducono la non autosufficienza abitativa dell'utente anziano, la
quale può assumere connotazioni anche molto differenziate a seconda
dell'ambito territoriale di vita dell'anziano (centro storico, periferia,
cintura della città, paese, casa isolata, ecc.).
La non autosufficienza abitativa può essere motivata
da:
- non autosufficienza
economica: l'anziano è sprovvisto di abitazione o non può accedere all'alloggio
che desidera per motivi collegati al reddito insufficiente;
- non
autosufficienza psico-fisica conseguente a problemi di salute: essa può
procurare disabilità o limitazioni funzionali che globalmente contribuiscono a
rendere difficoltose o impossibili da svolgere in modo autonomo le normali attività
quotidiane all'interno dell'alloggio;
- difficoltà a gestire l'alloggio e le attività ad
esso connesse (svolgimento acquisti, pulizia della persona e dell'alloggio,
preparazione pasti): può infatti succedere che, anche in assenza di una
conclamata patologia, i processi della senescenza (rallentamento e alterazione
della funzionalità dei vari sistemi dell'organismo, alterazioni strutturali di
cellule, tessuti e organi, diminuzione delle energie di riserva) (9)
comportino minor efficienza fisica, minor capacità a fronteggiare le
situazioni di emergenza, maggiore vulnerabilità psichica e, di conseguenza,
diventi « pesante » la vita dell'anziano nell'alloggio se non intervengono
adeguati aiuti;
- inadeguata
localizzazione dell'alloggio nell'organismo abitativo e nel tessuto
residenziale e/o insufficienti
accessibilità, fruibilità e funzionalità dell'alloggio o di parti di esso
in relazione alle esigenze individuali (familiari) dell'anziano.
Individuate le cause della non autosufficienza
abitativa, si possono formulare le proposte residenziali, che tengano conto
delle necessarie interrelazioni tra interventi assistenziali, sanitari,
residenziali, ecc. (10).
2. Le
problematiche abitative degli anziani, causate originariamente da motivi di
salute, devono essere ricondotte all'interno del settore sanitario, che
deve intervenire nella cura e riabilitazione della persona anziana, così come
di tutta la popolazione. Preoccupante è invece la tendenza, che emerge tra
l'altro da un documento del Consiglio sanitario nazionale (11), di trasferire le
competenze relative agli anziani ammalati cronici non autosufficienti dalla
sanità ad altri settori con la motivazione di ridurre le spese ospedaliere.
Tale tendenza, poi, si traduce (si veda la legge finanziaria 1988 art. 20)
nella ipotesi di realizzare 140.000 posti «residenziali» (!) per persone bisognose
di trattamenti continui, non effettuabili
a domicilio o in ospedali diurni o in strutture poliambulatoriali.
Nell'elaborazione del progetto SVEI per le residenze
per anziani è evidente una confusione concettuale tra servizi per anziani di
natura assistenziale e servizi sociali, intesi questi ultimi nell'accezione
più globale del termine.
Infatti, mentre i servizi assistenziali, a carattere
riparatorio, sono rivolti a persone, totalmente o parzialmente, prive di
autonomia personale c/o familiare, i servizi sociali sono indirizzati, senza
distinzione, a tutti i cittadini: all'interno di essi è compreso il servizio
sanitario.
Fra i compiti della sanità rientra quindi l'onere di
prendersi cura dell'anziano quando egli presenta problemi di salute che
richiedono accertamenti diagnostici, cure, degenze (brevi, prolungate,
continue) e terapie riabilitative.
Dalla sopracitata ricerca SVEI emerge chiara mente
che la casa protetta accoglie un'utenza con problemi sanitari: infatti in essa
sono collocati servizi ambulatoriali e di riabilitazione, compresa
diagnostica radiologica e locali per terapie intensive di urgenza. Per il
servizio di riabilitazione, comprensivo di palestra, locali per chineterapia
e massoterapia, è prevista un'organizzazione di trasporto per permettere la
frequenza giornaliera a pazienti esterni (12).
Ne emerge quindi una struttura con evidenti
caratteristiche «sanitarie» (prevalenti sulle funzioni puramente alberghiere)
e che quindi dovrebbe rientrare nelle strutture di tipo «sanitario».
Con ciò non si vuole sostenere che le tipologie
sanitarie che accolgono anziani debbano essere più simili al vecchio ospedale
che non alla casa: occorre invece studiare quelle specifiche caratteristiche tipologiche
e ambientali che, all'interno di strutture gestite dalla sanità, offrano una
residenzialità ospitale e confortevole, requisito indispensabile ed
inderogabile specie nei casi in cui la degenza sia prolungata e continua
3. La cura
sanitaria non deve essere sinonimo di cura ospedaliera.
Lo studio della SVEI ripete in più punti del lavoro
(e giustamente!) che la casa è l'asse portante di una politica a favore degli
anziani: si sostiene anche che la scarsità di abitazioni causa sia il ricovero
dell'anziano in istituto sia l'utilizzo dell'ospedale come sostituto-surrogato
della casa (13), ospedale che, male attrezzato rispetto ai bisogni degli
stessi anziani, fornisce risposte parziali ed insufficienti.
Sono ripresi in questa affermazione alcuni luoghi
comuni e cioè che:
a) il ricovero ospedaliero assume il significato di
«liberazione» del parente anziano da parte dei congiunti giovani;
b) le dimensioni assunte dalla ospedalizzazione
degli anziani sono eccessive e comportano un enorme dispendio di risorse che
grava sulla collettività;
c) la struttura ospedaliera è adatta solo a curare
malattie «acute».
Per il primo aspetto sembra superfluo ricordare
l'impegno, sovente molto oneroso, della famiglia che si prende cura del
congiunto anziano: in molti casi poi i familiari (quasi sempre le mogli, le
figlie o le nuore) (14) che accudiscono l'anziano sono di età avanzata.
Sono infatti in aumento le famiglie «older older», dove l'età media è
abbastanza alta: basti pensare che secondo i dati della recente indagine ISTIT
«Milano ore 7» esistono in tale città oltre 20 mila famiglie, composte da
membri di 50-60 anni, che provvedono alla cura, in casa, di un anziano ultra
ottantenne.
Per il secondo aspetto non si riprendono nel presente
scritto le motivazioni per le quali spetta al servizio sanitario la diagnosi,
la cura, la riabilitazione della persona anziana ed il relativo onere
economico: per questo si rimanda ai numerosi contributi apparsi sulla rivista
ed altrove sull'argomento (15). In questa sede si ricorda solo l'inesattezza e
la superficialità con cui si sostiene che la cura dell'anziano in ospedale costa
troppo (16) e che l'età avanzata comporta necessariamente un prolungamento della
degenza ospedaliera (17).
Nessun cenno viene fatto però in relazione al
fenomeno di vasta portata delle dimissioni selvagge ed illegittime degli
anziani ammalati dall'ospedale, dal quale sono allontanati con affrettate
dichiarazioni di cronicità (18) e dirottati verso strutture assistenziali,
quasi sempre inadeguate alle esigenze dei pazienti e molto spesso anche
segregati (cronicari, convalescenziari, case di riposo, ecc.).
Per il terzo punto, se nella situazione attuale è
vero che l'ospedale è calibrato sulle esigenze dei pazienti con acuzie, in
prospettiva potrebbe essere però rivista l'organizzazione della struttura
ospedaliera in modo tale da soddisfare alle esigenze sta delle malattie acute
sia delle altre forme di dipendenza sanitaria non risolvibili al domicilio del
paziente, nell'ambulatorio medico o in altri luoghi di decentramento sul
territorio dell'attività sanitaria.
Inoltre cura sanitaria non è sinonimo né di cura
ospedaliera, né di cura attuata solo dalla figura del medico: infatti possono
essere diverse le sedi e le modalità di erogazione delle prestazioni
sanitarie.
Se ormai è piuttosto radicata la convinzione che la
salute non sia solo assenza di malattia, bensì uno stato complessivo di
benessere psicofisico, (19), pesa tuttavia ancora molto la cultura
dell'egemonia dell'ospedale quale unico e più importante luogo di cura.
Anziano e ospedale
Come già visto, il lavoro della SVEI individua due
tipi di strutture fondamentali:
- strutture per anziani non autosufficienti,
- strutture per anziani autosufficienti.
Partendo dal concetto che la perdita di autosufficienza
si manifesta quando per ragioni fisiche, psichiche, sociali, la persona non è
in grado di svolgere le normali attività della vita quotidiana in modo
autonomo, appare riduttivo suddividere rigidamente gli anziani nelle due
sopracitate categorie, soprattutto perché è difficile stabilire un confine
netto tra auto e non autosufficienti e perché spesso tale classificazione è
funzionale all'emarginazione e alla segregazione dell'anziano.
Inoltre sotto il profilo della prognosi, la non
autosufficienza non è una categoria definitiva, ma potenzialmente suscettibile
di variazioni in positivo, ma anche di aggravamenti.
Così come non si può separare nettamente auto e non
autosufficienza, analogamente nel paziente anziano non sempre è valida la
distinzione fra malattia acuta e malattia cronica (20) e fra i diversi livelli
di cronicità: pazienti cronici riabilitabili o recuperabili, irrecuperabili,
stabilizzati, evolutivi, lungo e/o sempre-degenti.
Il problema degli anziani ammalati cronici non
autosufficienti costituisce quindi uno dei nodi più drammatici ed irrisolti
nell'ambito delle tematiche relative all'età senile, le cui malattie più
diffuse (21) si estendono dalle invalidità permanenti a forme croniche dei
disturbi delle vie respiratorie, a malattie articolari e nervose fino a gravissime
manifestazioni di deterioramento delle funzioni intellettive (22).
In genere si tratta di stati morbosi che necessitano,
al di là degli indispensabili interventi nella fase più acuta della malattia,
di una ben più faticosa (e meno gratificante) assistenza sanitaria di tipo
continuativo.
Non si può di certo confondere con attività assistenziale
tutta una serie di interventi che assumono il significato di veri e propri
atti terapeutici, quali una corretta idratazione e nutrizione, la
mobilizzazione, la cura dell'igiene (ad esempio lavaggi vescicali,
sostituzione di cateteri, clisteri), somministrazione di medicinali, ecc.
Basti solo pensare all'importanza che assume la
modalità di svolgimento di un'attività banale quotidiana quale quella
dell'alimentazione, che se condotta con imperizia può portare, in pazienti con
degenza prolungata a letto, a broncopolmoniti da aspirazione (23).
Molto comune è poi nell'anziano la presenza di una
polipatologia (accompagnata da una polifarmacologia) sia nelle forme più
facilmente curabili sia in quelle più complesse, che spesso portano al
manifestarsi di una catena di eventi morbosi (patologia a cascata) ed a
malattie iatrogene.
È bene ribadire poi che la cronicità non è sempre
sinonimo di non autosufficienza e la non autosufficienza non è sempre dovuta a
malattie croniche. Tuttavia la compromissione della salute dell'anziano è di
competenza sanitaria (anche se non esclusivamente ospedaliera) (24).
La struttura sanitaria deve quindi garantire la
continuità terapeutica (dalla fase acuta a quella eventualmente cronica),
erogata dallo stesso gruppo di cura (medici, infermieri, terapisti della
riabilitazione, ecc.) senza limiti di durata e nella sede più adatta.
La globalità, la continuità delle cure non deve
realizzarsi solo a livello di divisione ospedaliera, ma allargarsi a livello
territoriale con diffusione ampia e capillare.
Diversi possono essere i luoghi in cui si effettuano
la diagnosi, la cura, la riabilitazione dell'anziano ammalato non
autosufficiente: la loro individuazione deve essere coerente con la tipologia
della prestazione sanitaria necessaria.
Numerose e differenti tra di loro possono essere le
soluzioni: esse vanno
- dall'utilizzo dell'ospedale (ospedale generale a
«tempo pieno», ospedale a tempo parziale - reparto a dimissioni serali, cioè
ospedale di giorno o all'opposto ospedale di notte, ospedalizzazione ciclica),
- al ricorso a presidi extra-ospedalieri, più diffusi
e di più immediato utilizzo (dal poliambulatorio al centro socio-sanitario di
distretto alI`'ambulatorio del medico di medicina generale),
- fino al domicilio del paziente (assistenza
domiciliare medica, infermieristica, riabilitativa, con visite saltuarie,
ospedalizzazione a domicilio continuativa o periodica).
Per quanto riguarda la sede sanitaria extra-domiciliare
di cura continuativa o comunque con caratteristiche di ricovero a lunga durata,
si possono avanzare diverse proposte:
- ricorso alla divisione ospedaliera competente
sotto il profilo nosologico (in ogni reparto si programma un certo numera di
posti letto per gli ammalati cronici);
- organizzazione di reparti ospedalieri ad indirizzo
anti-invalidante, particolarmente attrezzati, nei quali si trasferiscono i
malati dopo la fase acuta ed i pazienti cronici;
- individuazione di strutture di dimensione contenuta
(20-40 posti), ma organicamente collegate ai reparti ospedalieri che
dispongono le dimissioni dei pazienti e ad una rete di servizi sanitari e
residenziali territoriali;
- costituzione di micro-comunità (residenze sanitarie
per circa dieci persone, tipo comunità alloggio), organizzate e gestite dalla
sanità pur avendo una preminente configurazione «residenziale».
Un cenno particolare meritano gli interventi di
ospedalizzazione a domicilio (25), intesa come insieme coordinato ed integrato
di interventi medici, infermieristici, riabilitativi che si realizzano a casa
del paziente o della famiglia di provenienza dello stesso.
In questa sede, è importante sottolineare i risvolti
che l'ospedalizzazione a domicilio provoca sull'abitazione del paziente: spesso
occorre «adeguare» l'alloggio personalizzandola in base alle mutate esigenze
dell'utente, senza dimenticare la funzionalità e la confortevolezza per gli altri
componenti del nucleo familiare.
A tal fine si potrebbe ricorrere all'erogazione di
contributi «speciali» per l'adattamento di parti dell'alloggio o con
l'esecuzione stessa dei lavori se l'appartamento è di proprietà pubblica. Per
fare ciò, si possono trarre alcuni importanti spunti da quanto già è stato
realizzato: si veda l'iniziativa del Comune di Torino per consentire la
permanenza nell'abitazione usata a persone disabili e ad anziani, anche al di
fuori di interventi di ospedalizzazione a domicilio.
A partire dal 1982 (26) e con successive disposizioni
(27) il Consiglio comunale di Torino ha approvato i criteri e le modalità per
l'erogazione di sussidi economici per la copertura, totale o parziale, delle
spese sostenute da soggetti inabili ed handicappati per l'adeguamento delle
abitazioni onde renderle accessibili e rispondenti alle loro esigenze mediante
l'apposizione di apparecchiature idonee a superare le barriere e/o lavori di
piccola e media ristrutturazione di alcuni locali dell'abitazione.
In particolare è stato disposto che, su richiesta
delle persone interessate:
- vengono eseguiti i lavori di adeguamento
dell'abitazione, senza onere per l'utente, se l'alloggio è di proprietà
pubblica;
- viene concesso un contributo per l'esecuzione dei
lavori se l'alloggio è di proprietà privata.
L'erogazione del sussidio è subordinata ad una serie
di condizioni, fra le quali si ricorda la seguente: invalidità del soggetto
beneficiario non inferiore al 67% accompagnata da gravi menomazioni fisiche
agli arti superiori e/o inferiori o età superiore ai 65 anni con ridotta
autonomia per condizioni fisiche o situazioni di isolamento.
È quindi evidentissimo l'interesse, per questo
provvedimento, da parte anche di persone anziane. Si potrebbe anche far
ricorso, per la ristrutturazione dell'alloggio, ai finanziamenti rientranti
nella categoria del recupero edilizio (28): in particolare nelle opere di
recupero edilizio «secondario», riferito cioè all'alloggio e alla sua finitura.
Un'altra proposta, di utilizzo più immediato, prevede
la dotazione in prestito di una serie di attrezzature indispensabili per la
cura e l'igiene della persona ammalata (ad esempio: letto speciale con sponde
e reti reclinabili, materassi antidecubito e tutta una serie di
apparecchiature ed ausili facilitanti l'utente ammalato e le persone che lo
assistono).
Anziano e casa
I problemi connessi con la non autosufficienza
dell'anziano per ragioni originariamente di salute, investono oltre la sanità,
anche altri settori quale ad esempio, quello della casa.
Si è già accennato che la non autosufficienza
dell'anziano, oltre ad essere conseguenza di gravi motivi di salute, può
essere strettamente collegata anche con l'alloggio e con la sua gestione.
Per evitare però possibili equivoci sull'uso del
termine non autosufficienza abitativa, che porta di norma all'identificazione
della non autosufficienza abitativa con anziano non autosufficiente, si
ribadisce che la non autosufficienza è dovuta essenzialmente ai seguenti
fattori:
1) presenza di un alloggio non adeguato alle
necessità psico-fisico-relazionali dell'anziano;
2) presenza di un alloggio idoneo sì alle esigenze
della persona anziana, ma non accessibile o di accessibilità estremamente
difficoltosa a causa dell'esistenza di barriere architettoniche e/o
localizzative;
3) mancanza di alloggio, causata da sfratto, dalla
incapacità economica a sostenere il canone di affitto, dall'impossibilità di
reperire un alloggio adatto, per dimensione e localizzazione alle proprie
esigenze.
Per quanto riguarda il primo aspetto, è innanzitutto
necessario ridimensionare un altro luogo comune, quello che ritiene che
l'alloggio individuale, autonomo richieda la totale «autosufficienza» della
persona. Un buon recupero di funzionalità per l'anziano può avvenire secondo
almeno tre livelli di intervento:
- prestazione di cure idonee;
- interventi di riabilitazione, mobilizzazione,
risocializzazione, finalizzati a recuperare (almeno in parte) le funzioni
deficitarie ed a valorizzare le residue capacità per raggiungere il massimo
di autonomia;
- adattamento dell'ambiente in cui l'anziano vive
alle sue mutate esigenze, conseguenti alla perdita di autosufficienza.
Per il terzo aspetto occorre intervenire integrando
e/o potenziando il parco dell'edilizia residenziale (a partire da quella
pubblica) con interventi quantitativamente e qualitativamente rispondenti alle
esigenze dell'utenza anziana (ma ovviamente non solo di essa) ed a talune
tendenze, palesi o latenti, che possono indurre In prospettiva a sensibili modifiche
nei confronti dell'abitare.
Una modalità di convivenza, quale l'intimità a
distanza (chiamata anche vicinanza indipendente, indipendenza aiutata o con
altre denominazioni del tipo «anziano in casa satellite»), sembra in futuro
sostituire del tutto la tipologia della famiglia allargata (cioè della
famiglia con un ascendente convivente) o della convivenza di genitori con
figli sposati, garantendo nel contempo sensibili vantaggi (la vicinanza senza
l'interferenza).
Per l'anziano, da solo o in coppia, l'essere vicino
alla famiglia del figlio significa avere sicurezza e la possibilità di aiuto
in caso di bisogno, per la famiglia «giovane» la vicinanza ai nonni rappresenta
un aiuto concreto specie nell'accudire i figli. Infatti, nonostante i grossi
problemi sollevati dalla non autosufficienza delle persone anziane, bisogna
precisare che attualmente è molto consistente il fenomeno del mantenimento fino
in età avanzata di buone condizioni di efficienza fisica e di indipendenza
abitativa (29).
Un altro tipo di convivenza, che soprattutto in
prospettiva potrebbe trovare maggiore diffusione, è quello costituito dal
raggruppamento di più utenti, con o senza legami di parentela, in uno stesso
alloggio (alloggio comunitario o comunità alloggio).
Al riguardo esistono alcune iniziative particolarmente
significative, sia nell'ambito dell'intervento pubblico, sia in quello su base
volontaria o spontanea. Basti accennare, a titolo esemplificativo, alla
comunità alloggio della Val Pellice a carattere temporaneo (apertura nel
periodo invernale) o a quelle organizzate dalla comunità di Sant'Egidio a
Roma.
Un positivo risvolto della comunità alloggio consiste
nel fatto che assicura una vita di tipo parafamiliare e non richiede
l'allontanamento dell'utente dal proprio ambito residenziale e relazionale.
Inoltre rappresenta una modalità di convivenza rivolta non esclusivamente ad
anziani: sotto il profilo tipologico ed organizzativo esistono evidenti
analogie con la comunità alloggio per handicappati adulti, per studenti, per
dimessi da ospedali psichiatrici, ecc.
Infatti, l'alloggio comunitario, organizzato in modo
da garantire privatezza, autonomia, sicurezza, confortevolezza ai
singoli membri o alle coppie del gruppo, può essere indifferentemente usato da
anziani, da disabili adulti o da persone che scelgono di vivere collettivamente
(30).
Attualmente si possono configurare tre diversi
modelli di intervento nei confronti dell'abitazione per l'anziano; essi
corrispondono ad altrettante linee di tendenza (posizione conservatrice,
razionalizzatrice, innovativa) e sono derivati da esperienze in corso
all'estero o in Italia o anche solo ipotizzati. In sintesi si possono
riepilogare come segue:
1) creazione di strutture speciali che accolgono
solo anziani, separate dal contesto della normale convivenza
(istituzionalizzazione). Esse vanno dal vecchio ricovero, ospizio, cronicario
per anziani soli, abbandonati, indigenti al più moderno pensionato o casa di
riposo;
2) ammodernamento delle strutture per anziani con
introduzione di nuove tipologie, come ad esempio la casa-albergo;
3) predisposizione di alloggi da destinare in via
prioritaria ad anziani nel contesto della normale edilizia residenziale
(integrazione). Potrebbe essere studiata una varietà di soluzioni che vanno
dall'alloggio minimo individuale a quello collettivo, al raggruppamento di un
numero contenuto di mini-alloggi per una o due persone all'interno di un
comune organismo abitativo, supportati da una serie di servizi collettivi
residenziali utilizzabili dagli anziani e dagli altri abitanti.
Sebbene già da anni si assista a dichiarazioni di
principio, che sostengano l'esigenza di non allontanare l'anziano dal proprio
ambito familiare e relazionale escludendo il ricorso all'istituto, concretamente
non sono state sperimentate soluzioni realmente alternative al ricovero.
Infatti il ricovero in istituto appare l'unica soluzione
per l'anziano quando è solo e debilitato oppure quando non è in grado di
provvedere alla propria conservazione o quando non è capace ad amministrarsi da
sé, perpetuando da un lato la concezione per la quale si ritiene che l'internamento
dell'anziano in istituto sia un'esigenza «tecnica» indispensabile e
riproponendo dall'altro il modello culturale che vuole l'anziano irrecuperabile,
passivo, privo di risorse.
Si sa invece che tale condizione (passività, necessità
di assistenza, ecc.) dipende non tanto e non solo dall'età quanto piuttosto
dalla posizione sociale che la persona riveste: infatti molti posti di
prestigio e di potere vengono raggiunti soprattutto ad una certa età.
L'istituzionalizzazione isola, separa, esclude, e
anche quando le sue prestazioni sono complessivamente «buone» e la sua
configurazione spaziale accogliente ed ospitale, essa non perde la sua connotazione
«segnica», vale a dire di ciò che lascia il segno o che segnala la diversità
dalla normalità (31).
In alcuni casi, forse per mitigare te caratteristiche
di separazione e di segregazione sociale dell'istituto, viene sottolineata molto
la qualità riformista dell'architettura ospitale, calibrata sulle esigenze di
vita singola e associativa della persona anziana, molto spesso anche disabile.
È il caso di alcune realizzazioni all'estero (specie nei paesi del Nord Europa
e della Gran Bretagna): si citano come esempi significativi la realizzazione Drie Hoven, condotta nel periodo 1964
1974 nel quartiere Slotervaart di Amsterdam, che costituisce un grande
complesso residenziale per minorati fisici e psichici (in prevalenza anziani)
e il più recente istituto De Overloop (1980-1984), per circa 170 anziani, ad
Almere-Haven, città satellite di Amsterdam (32).
Numerose indagini hanno evidenziato le notevoli
differenze riscontrate tra anziani istituzionalizzati e non. Gli anziani che
vivono fuori dagli istituti rivelano maggiori qualità di capacità produttiva,
di lucidità percettiva, di disponibilità emotivo-affettiva e minor egoismo,
sembrano cioè conservare una migliore e maggiore integrità psico-fisica (33).
Rispetto agli anziani che vivono nel proprio domicilio,
quelli istituzionalizzati presentano un maggiore restringimento dello spazio di
vita, con prevalenza, nell'immagine che hanno di sé degli aspetti restrittivi,
di perdita e di discontinuità rispetto al passato e, nell'atteggiamento verso
il futuro, di una dimensione difensiva ed individuale (34).
Inoltre molto difficile e complesso appare il
reinserimento sociale delle persone deistituzionalizzate (35).
Un'ultima considerazione sul problema delle strutture
speciali per anziani: il cardinale Carlo Maria- Martini all'Assemblea diocesana
ha dichiarato che la casa di riposo non è naturale e «impedisce alla persona
di vivere in un ambiente ampio e in un interscambio sociale per il quale è
fatta e a cui, ha diritto» (36).
Passando a contesti decisamente diversi, già molti
anni fa, Lewis Mumford definì il fenomeno delle Retirement Communities (case, quartieri e città solo per anziani)
come socialmente innaturali e da evitare ad ogni costo (37).
Un breve cenno per quanto riguarda la Regione
Piemonte: alcune indicazioni contenute nel 2° Piano socio-sanitario (38)
rivelano una certa elasticità nell'ipotizzare strutture per anziani (con un
accenno sull'eventuale uso a fini sanitari di talune di esse), inoltre le
ripetute affermazioni relative alla necessità di consentire all'anziano la
permanenza nel proprio ambiente di vita (affermazioni per altro già contenute
nel precedente Piano) lasciano sperare nella possibilità di avere nuove
soluzioni residenziali per gli anziani.
In realtà poco o nulla è stato fatto per sperimentare
soluzioni realmente alternative al ricovero (anche se ora si tratta di
ricovero in casa protetta e non in un fatiscente cronicario!).
Si assiste ad uno scollamento profondo tra affermazioni
di principio e realizzazioni: tra i progetti di rilevanza regionale contenuti
nella Proposta di piano regionale di sviluppo (39) è inserito un progetto
anziani, nel quale sono previsti consistenti stanziamenti per riammodernamenti,
riorganizzazione e costruzione di case protette assistenziali. Nessuna
alternativa, concretamente operabile subito o nell'immediato futuro, viene
avanzata né nella citata Proposta di piano regionale né nella Proposta
pluriennale di attività e spesa (40).
In direzione della linea del cambiamento si muovono
invece quelle ipotesi di lavoro che prevedono di inserire le problematiche
residenziali degli anziani nel contesto dell'edilizia abitativa per tutti, sia
nell'ambito del recupero dei singoli alloggi o stabili (di proprietà comunale,
IACP, IPAB, ex ECA), di parti degradate di quartieri, sia nel nuovo: aree di
integrazione nei piani di zana dell'edilizia economico-popolare, aree dismesse
dalle industrie, aree di completamento di vuoti urbani.
Se ora è solo latente l'attenzione per questi aspetti
del problema anziani, domani indubbiamente potrebbe diventare un nodo
scottante: indicative di questa tendenza sono alcune considerazioni contenute
nella delibera programmatica del nuovo piano regolatore di Torino, dove si
sottolinea che oggi nella città scoppia l'università, domani esploderà il
problema anziani.
Per la concreta realizzazione di alloggi per anziani,
esistono diversi strumenti legislativi utilizzabili al riguardo, si tratta
solo di approfondire le modalità della loro applicazione (41).
A parte le legislazioni regionali in materia sanitaria
e socio-assistenziale, nelle quali sono presi in considerazione alcuni problemi
relativi ad anziani e disabili, si può ricorrere a diversi provvedimenti
legislativi e regolamentari in materia di edilizia residenziale, che possono
svolgere un ruolo «attivo» nella definizione, quantificazione e realizzazione
di alloggi anche per anziani (42).
Oltre a questi, altre disposizioni normative,
nazionali e regionali (ad esempio quelle volte ad eliminare le barriere architettoniche
nell'edilizia residenziale e nell'arredo urbano) possono intervenire in modo
indiretto, «passivo», perché, pur non proponendo specifici interventi
indirizzati ad anziani, sono mirate a permettere e/o facilitare l'accessibilità
e la fruibilità degli spazi al chiuso ed all'aperto. È evidente l'interesse
dell'utenza anziana per queste disposizioni: infatti gli anziani, anche quando
non sono colpiti da specifiche disabilità, subiscono delle limitazioni nel movimento
connesse con l'età e possono quindi trarre vantaggio dall'applicazione di tali
dispositivi.
Interessanti poi sono le indicazioni contenute in
alcune normative regionali.
Alcune regioni, pur in assenza di norme tecniche
nazionali per l'edilizia residenziale pubblica secondo quanto disposto dalla
legge 457 del 1978 (43), hanno incominciato a legiferare o a proporre leggi al
riguardo.
In particolare l'Emilia-Romagna, pur non intervenendo
specificatamente nel campo della residenza per anziani, introduce alcuni
suggerimenti significativi, come quello di prevedere in tutti gli alloggi una
distribuzione interna in grado di assicurare sufficienti livelli di autonomia
alle persone adulte e/o anziane conviventi con la coppia capofamiglia. È
considerata una soluzione preferenziale il fatto che si cerchi di realizzare
uno spazio autonomo, disimpegnato dal resto dell'alloggio, dotato di un
servizio igienico e di accesso diretto dall'esterno (44).
Indicazione analoga è contenuta nella ricerca della
regione Liguria indirizzata a definire la normativa tecnico residenziale (45).
Anche nel repertorio dei progetti-tipo della regione
Lombardia del 1978 (46) sono contenute alcune interessanti disposizioni relative
all'assortimento dei tipi di alloggi:
- almeno il 30% degli alloggi di taglio minimo devono
essere riservati ad anziani (legge 513 del 1977) (47);
- nessun tipo di alloggio deve essere presente in
modo sproporzionato nell'intervento: questo per non avere ghetti monoclasse o
con un solo tipo di abitanti.
(*) Ricercatore del Dipartimento Casa-Città
del Politecnico di Torino. Il presente lavoro è stato condotto nell'ambito
della ricerca MPI 60% tipologia, tecnologia, economia dell'abitazione,
Dipartimento Casa-Città del Politecnico di Torino.
(1) SVEI, Residenze per anziani. Programmazione e progettazione, DEI, Roma,
s.d.
Si veda anche: Dalla SVEI una «casa» per l'anziano, in ISIS (Informazione Stampa
Interesse Sanitario), n. 49, 7.12 1987, pp. 32-44.
(2) A. Pizzocaro, Investimenti e terza età: affari d'oro,
in Costruire per abitare, n. 40 maggio 1986, pp. 34-35 e l'inserto Speciale anziani su La Stampa del
26.10.1987 che pubblicizza l'attività dell'Arcadiana (Residenze club per la
terza età), l'equivalente dei Jardins d'Arcadie francesi.
(3) Retirement Communities, numero monografico di Journal of Housing
for the Elderly, vol. 1, n. 3-4, 1984 e B. Cascella, La città che emargina: viale del tramonto (con fiori finti) per una
maggioranza silenziosa, in Abitare, n. 125 maggio 1974.
(4) SVEI, Residenze per anziani (...), op. cit. pag. 7.
(5) Si vedano, a titolo puramente
indicativo: - Regione Lazio - Università degli studi di Roma, Centri sociali, criteri per la
programmazione, la progettazione e la realizzazione, DEI, Roma, 1985: il
cap. «Servizi socio assistenziali residenziali» di S. Guerra, pp. 185-230;
- C. Renzi, R. Pavan, Il centro per anziani, schema tipo e
organizzazione, in Difesa sociale. n. 5, settembre -ottobre 1984, pp.
87-93;
- D. Gatteschi, Servizi socio-sanitari e difesa degli anziani, NIS, Roma, 1982: il
cap. 9 «Il superamento delle case di riposo», pp. 213-246.
(6) Il complesso insediativo
residenziale è parte di un insieme urbano-territoriale atto a garantire lo
svolgimento di attività integrate relative all'abitare e a questo fine dotato
di infrastrutture ed attrezzature idonee allo svolgimento delle funzioni
residenziali.
(7) E. Monzeglio, M.T. Ponzio, Nuove tendenze emergenti nella domanda
abitativa e relazioni con le esigenze dei disabili, in Piemonte casa, 12,
n. 1, 1987, pp. 12-17, e Regione Emilia Romagna, Gente, famiglie, case, F. Angeli Milano, 1982: cap. 1 della Parte
prima, «L'intreccio tra la questione demografica e la questione abitativa -
Nuove tendenze del sistema famiglie»; pp. 21-32.
(8) Ministero per le attrezzature e
l'abitazione di Parigi, Le case-albergo
per persone anziane in Francia, in A.A.I. supplemento al n. 1 del 1970 di
Assistenza d'oggi.
(9) Istituto gerontologico
dell'Università di Firenze, Fondamenti di
gerontologia, Edizione universitaria gerontologica; F. M. Antonini, C.
Fumagalli, Gerontologia e geriatria,
A. Wasserman, Milano, 1973.
(10) E. Monzeglio, Tipologie residenziali per utenze deboli,
in Atti 2° Congresso nazionale area produzione edilizia C.N.R., vol. IV, ESA,
Roma, 1987, pp. 71-80; E. Monzeglio, La
casa per l'anziano: elemento indispensabile per prevenire il bisogno
assistenziale, in Prospettive assistenziali, n. 74, aprile-giugno 1986,
pp. 24-34; G. Rossi, Edilizia sociale e
residenziale per anziani, in Giornale di gerontologia, XXXII, 1984, pp.
343-347.
Un'indagine (di cui si accennerà in
un altro numero di Prospettive assistenziali), condotta su alcune riviste tecniche,
evidenzia un'estrema povertà e riduttività nello sperimentare e proporre
soluzioni residenziali per anziani che siano diverse dal più o meno tradizionale
ricovero.
(11) Cfr. a pag. 4 dell'Editoriale «L'abbandono degli anziani cronici non
autosufficienti tragica conseguenza della negazione del diritto alla salute»,
in Prospettive assistenziali, n. 77, gennaio-marzo 1988.
(12) SVEI, Residenze per anziani (...), op. cit., pag. 56.
(13) SVEI, Residenze per anziani (...), op. cit., pag. 21.
(14) La famiglia appare la grande
accusata. Ad essa è imputata la colpa di scaricare il problema dell'anziano bisognoso
di assistenza al di fuori dell'ambito familiare. In realtà il contributo della
famiglia nella produzione di beni materiali è molto alto ed ancor più sono
significativi i servizi prestati dalla famiglia ai suoi membri più bisognosi e
meno autosufficienti (bimbi, anziani, malati). È doveroso precisare che tale
lavoro è prevalentemente (se non esclusivamente) a carico della donna che,
anche quando è occupata in attività extradomestica, deve organizzare il ménage quotidiano e la cura ed
assistenza dei suoi membri non autosufficienti per il periodo in cui essa
lavora fuori casa: si potrebbe sostenere che la donna costituisce la struttura
portante, per così dire, di un invisibile welfare
state. (Cfr. Gerdt Sündstrom, Lavoro di servizio e spesa sociale: la cura
degli anziani, in Inchiesta, n. 56, aprile-giugno 1982).
(15) Diritti ed esigenze delle persone gravemente non autosufficienti,
pp. 5-8 e Servizi per le persone gravemente
non autosufficienti: criteri guida e proposte, pp. 9-17 in Prospettive
assistenziali, n. 75, luglio-settembre 1986; Criteri guida per gli interventi sanitari relativi alle persone
gravemente non autosufficienti e indicazioni in merito agli interventi
domiciliari, semiresidenziali, residenziali, in Prospettive assistenziali,
n. 79, luglio-settembre 1987, pp. 9-17; E. Brugnone, G. Brugnone, L'assistenza agli anziani cronici non
autosufficienti: aspetti giuridici ed economici, in La rivista di servizio
sociale, n. 3, settembre 1987, pp. 52-65; F. Santanera, M.G. Breda, Vecchi da morire. Libro bianco sul diritti
violati degli anziani malati cronici: manuale per pazienti e familiari,
Rosenberg & Sellier, Torino, 1987; F. Gaspare, C. Cremoli, M.C.
D'Alessandro, L'anziano e l'ospedale,
in Prospettive sociali e sanitarie, n. 3, 1984.
(16) Una lettera sugli anziani cronici non autosufficienti, in
Prospettive assistenziali, n. 70, aprile-giugno 1975, pp. 59-60.
(17) D. e C. Hanau, Geriatria e lungodegenza: un binomio non
necessario, in Giornale di gerontologia, XXX, 1982, pp. 865-867.
(18) La mancanza di una definizione
scientifica della nozione di cronicità è sottolineata nel lavoro Il malato dichiarato cronico in ospedale e
nel territorio, a cura dell’USL RM 9, Roma, 1983 di cui è stato riportato
un estratto in Prospettive sociali e sanitarie, n. 9, 1984 (M. Bezzi, F.
Bottazzi, F. Di Franco, P. Giorgi, L. Napoleoni, Il malato dichiarato cronico in ospedale e nel territorio).
Il malato anziano necessita di
assistenza sanitaria gravosa; la non volontà o l'impossibilità di garantirgli
questo tipo di prestazioni determina la perdita di autosufficienza e la
cronicizzazione della malattia. In questo momento scatta la dichiarazione di
cronicità (non prevista da alcuna disposizione di legge) ed il trasferimento
del paziente anziano in una struttura assistenziale, meno pesante per la spesa
pubblica ma inadeguata per un corretto intervento sull'anziano.
(19) Da un sondaggio CENSIS, si
deduce che Il 51,4% della popolazione ritiene che la salute sia equivalente ad
equilibrio e benessere psico-fisico (da CENSIS, XXI rapporto/1987 sulla situazione sociale del paese, F. Angeli,
Milano, 1987, pag. 467).
(20) Si veda la sintesi del lavori
delle Commissioni di studio del Congresso L'assistenza
all'anziano: Lungodegenti riabilitabili (coordinatore G. De Francesco) e cronici (stabilizzati ed involutivi)
(coordinatori Q. Granata e A.M. Maderna), in supplemento al fascicolo VI di
Medicina geriatrica, novembre-dicembre 1985.
(21) CENSIS-CNEL, XVI rapporto/1982 sulla situazione sociale
del paese, F. Angeli, Roma, 1982: cfr. il § 2.9 Gli anziani, pp. 450-458
del cap. III sicurezza sociale.
(22) E. Musco, La demenza senile, in Salute e territorio, 52-53, gennaio aprile
1987, pp. 14-17. Una sintetica esposizione delle gravissime malattie
degenerative invalidanti che compaiono nell'invecchiamento sono contenute in Q.
Granata, Quale longevità nel 2000?,
in Alzheimer Longevità Geriatria, n. 2, aprile-giugno 1987, pp. 57-59.
(23) M. Calgaro, Un rischio particolare per l'anziano degente a letto: la
broncopolmonite da aspirazione, in Medicina geriatrica, XIX, n. 5, settembre-ottobre
1987, pp. 342-344.
(24) F. Fabris, Cronici: necessità e diritti di assistenza sanitaria, in
Prospettive sociali e sanitarie, n. 22, 15 dicembre 1983 e Gravissima violazione del diritti degli anziani
malati, in Medicina geriatrica, XVIII, n. 1, gennaiofebbraio 1986, pp.
57-61.
(25) L. Pernigotti, L'ospedalizzazione a domicilio: primo
bilancio di un'esperienza positiva, in Prospettive assistenziali, n. 79,
luglio-settembre 1987, pp. 18-24; F. Fabris, L. Pernigotti, Ospedalizzazione a domicilio, Rosemberg
& Sellier, Torino, 1987; R. Hugonot, Ospedalizzare
a domicilio, in Salute e territorio, n. 45, novembre-dicembre 1985, pp.
30-33.
(26) Deliberazione del Consiglio
comunale di Torino in data 23.11.1982 n. 4147 (8210818/12).
(27) Deliberazione del Consiglio
comunale di Torino del 9.5.1986 n. 2993 (860644) e successivo manifesto del
9.3. 1987 della Città di Torino, Assessorato per la casa, Avviso: Erogazione di sussidi comunali ad handicappati per
l'adattamento delle abitazioni.
(28) Legge n. 457 del 5.8.1978, Norme
per l'edilizia residenziale, G.U. n. 231 del 19.8.1978: cfr. il titolo IV, Norme
generali per il recupero del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente.
(29) F.M. Antonini, G. Maciocco, Aspetti demografici dell'invecchiamento della
popolazione, in Salute e territorio, n. 21, luglio-agosto 1981, pp. 20-27;
F.M. Antonini, Invecchiamento e servizi
socio-sanitari: gli aspetti demografici, in Salute e territorio, n. 51,
novembre-dicembre 1986, pp. 18-24.
(30) Si vedano: F. Santanera, Anziani: alternative concrete al ricovero
nelle case di riposo e nelle residenze protette, in La rivista di servizio
sociale, n. 4, dicembre 1983, pp. 62-78 e F. Santanera, Le comunità alloggio, in Promozione sociale, n. 11, novembre 1974,
pp. 5-17.
(31) P. Castelnovi, Tipologie per un'utenza diversa, in
Edilizia popolare, n. 169, nov.-dicembre 1982, pp. 12-14.
(32) H. Hertzberger, De Drie Hoven presso lo Slotervaart di
Amsterdam, in Lotus, n. 11, 1976, pp. 128-134; H.A. Croset, Herman Hertzberger: residenza per anziani e
Almere-Haven, in Casabella, n. 508, dicembre 1984, pp. 52-63; De Overloop: résidence pour personnes âgées
à Almere-Haven, Pays Bas, in Techniques & Architecture, n. 362,
octobre-novembre 1985.
(33) G. Mezzena, M. Fassio, F. Gallo,
C. Graziano, P. Lacava, M. Mazzone, A. Panero, L'anziano in famiglia e in istituzione, in II giornale di
gerontologia, XXXI, n. 8, 1983, pp. 505-519.
(34) A. Palmonart, M. Ravenna, P.E.
Ricci Bitti, Aspetti dell'identità
sociale dell'anziano in ambiente urbano, in Il giornale di gerontologia.
XXX, n. 9, 1982, pp. 523-532.
(35) La difficoltà della
deistituzionalizzazione (dovuta al timore di possibili ricadute e/o
peggioramenti di salute, alle possibili resistenze della famiglia a prendersi
cura dell'anziano, alle limitazioni nella disponibilità e conoscenza di
servizi alternativi) è evidenziata nello studio di S. Allison-Cooke, Deinstitutionalising nursing home patients:
Poteniial versus impediments, in The Gerontologist, XXII, n. 4, 1982, pp.
404-408.
(36) Le case di riposo sono un servizio innaturale, in Prospettive
assistenziali, n. 79, luglio-settembre 1987, p. 24.
(37)
L. Mumford, For older people - Not
Segregation but Integration, in Architectural Record, vol. 119, n. 5, may
1956, pp. 191-194.
(38) Legge Regione Piemonte, Piano socio-sanitario Regione Piemonte
1985/87, n. 59 del 3.5.1985, B.U.R.P. suppl. straord. n. 29 del 12.7.1985.
(39) Proposta di Piano regionale di sviluppo 1987-90, Deliberazione G.R.
del 19.12.1986 n. 117-10243, B.U.R.P. 1° suppl. spec. n. 7 del 18.2.1987.
(40) Proposta pluriennale di attività e di spesa 1987-90, Deliberazione
della Giunta regionale del 19.12.1986 n. 117-10243, B.U.R.P., 2° suppl. spec.
n. 7 del 18.2.1987. Anche la legge della Regione Piemonte n. 14 del 24.3.86 Finanziamenti dei presidi
socio-assistenziali a carattere residenziale (B.U.R.P. n. 12 del 26.3.1986)
è volta a finanziare enti pubblici e privati che creino ulteriori strutture
assistenziali con priorità agli interventi per non autosufficienti, per i
quali invece spetta alla sanità, in base alle vigenti leggi, la prevenzione, la
cura e la riabilitazione.
(41) Si veda la relazione di E.
Monzeglio sul problema della non autosufficienza abitativa che contiene un
elenco degli strumenti normativi a disposizione (in Atti del 1° Convegno
nazionale Autonomie locali e servizi sociali, L'anziano non autosufficiente.
Problemi e prospettive, Aosta 23-24-25.10.1986, Serv. Tip. Com. Aosta, 1987).
(42) Una ricerca della Regione Emilia
Romagna con la collaborazione del CENSIS individua alcune grandi modificazioni
nella domanda sociale di abitazioni rispetto al passato. Infatti una
consistente fetta delle richieste di edilizia sociale proviene dagli anziani
che rappresentano almeno il 39,4% dei richiedenti (Regione Emilia Romagna,
Assessorato all'edilizia e urbanistica, Il
fabbisogno abitativo sociale, F. Angeli, Milano, 1986).
(43) Legge n. 457 del 5.8.1978, cit.:
art. 42 (Norme tecniche) Entro un anno dall'entrata in vigore della presente
legge il comitato per l'edilizia residenziale provvede alla formazione di norme
tecniche nazionali.
(44) Regione Emilia Romagna, Prima normativa tecnica regionale per la
disciplina delle opere di edilizia residenziale pubblica, n. 48 del
9.11.1984, B.U.R. n. 113 del 12.11. 1984.
(45) C.E.R., Normativa tecnica regionale per l'edilizia residenziale della Regione
Liguria. L'ambiente. Il progetto. La costruzione. La gestione. Esiti della
ricerca affidata alla Regione Liguria, Quaderni del Segretariato generale
6, BE-MA, Milano, 1984.
(46) Giunta regionale, Assessorato
lavori pubblici, Consorzio regionale fra gli IACP della Lombardia, Repertorio progetti tipo Regione Lombardia
1978, ,BE-MA, Milano 1978.
(47) Legge n. 513 dell'8.8.1977, Provvedimenti urgenti per l'accelerazione
dei programmi in corso, finanziamento di un programma straordinario e canone
minimo dell'edilizia residenziale pubblica, G.U. n. 223 del 17.8.1977.
www.fondazionepromozionesociale.it