RICERCA LABOS SUGLI ANZIANI NON AUTOSUFFICIENTI: METODOLOGIA
E CONCLUSIONE FUORVIANTI
FRANCESCO
SANTANERA
Nell'ultima
riunione del Comitato scientifico istituito dal Labos, Laboratorio per le
ricerche sociali, ho esposto i motivi in base ai quali ritenevo (e ritengo)
fuorviante la metodologia adottata nella impostazione e nello svolgimento
della ricerca sugli anziani non autosufficienti, ricerca commissionata al Labos
dal Ministero dell'interno (9).
Nonostante le
richieste e le proposte avanzare prima dell'inizio della ricerca dal sociologo
Bruno Guglielminotti e dallo scrivente (2), il Labos non ha accettato di
procedere ad una definizione, anche approssimativa e provvisoria, del concetto
di anziano non autosufficiente.
Pertanto la
ricerca è stata condotta in base a parametri e valutazioni personali sul
concetto di non autosufficienza, per cui, a mio avviso, è stata inficiata la
validità di tutta la ricerca e delle relative conclusioni (3).
Va chiarito,
fra l'altro, di quale tipo di non autosufficienza si sta parlando. Al convegno
di Aosta del 23-25 ottobre 1986, promosso dalla Lega per le autonomie locali e
dal Comune di Aosta, sono state identificate e distinte:
- la non autosufficienza economica;
- la non autosufficienza abitativa;
- la non autosufficienza per problemi
relazionali, sociali e culturali;
- la non autosufficienza causata da
inaccessibilità dei servizi e carenze di informazione;
- la non autosufficienza per motivi di
salute.
Quando ci
riferiamo agli anziani malati cronici non autosufficienti facciamo
evidentemente riferimento a quest'ultima.
In secondo
luogo il Labos non ha voluto prendere in esame la legislazione vigente, la
quale sancisce, come è emerso anche nel convegno di studio «Anziani cronici non
autosufficienti: nuovi orientamenti culturali e operativi», svoltosi a Milano
il 20-21 maggio 1988 (4), il pieno diritto degli anziani (e adulti), non
autosufficienti per cause psico-fisiche, alle prestazioni sanitarie domiciliari
e ambulatoriali, e occorrendo, alla degenza in ospedale o in altre strutture
residenziali del Servizio sanitario nazionale.
Dalla
legislazione vigente emerge, dunque, che il ruolo del settore assistenziale (5)
nei confronti degli anziani (e adulti) non autosufficienti per cause
psico-fisiche non ha funzioni primarie di intervento, ma solo - occorrendo (6)
- compiti integrativi rispetto alle prestazioni sanitarie.
Il rifiuto del
Labos di prendere in considerazione la legislazione vigente ha riguardato
anche il decreto amministrativo emanato dal Presidente del Consiglio dei
Ministri in data 8 agosto 1985 ed i relativi provvedimenti attuati (anch'essi
aventi natura amministrativa e non legislativa) approvati dalle Regioni.
Sono rilevanti
le conseguenze derivanti dalla assenza di riferimenti precisi al concetto di anziano
non autosufficiente. Ad esempio, nell’analisi dell'esperienza per anziani non
autosufficienti Ten Kerselaere (Belgio) (definita «pilota» dal Labos) (7)
viene riferito che «la maggior parte (più
o meno il 95%) degli ospiti mangiano al ristorante» e che «allo scopo di
diminuire per quello che è possibile il sentimento di dipendenza e per
facilitare il servizio, si è deciso di lasciare alle persone anziane la
decisione circa il loro menu o la scelta del tavolo». Com'è possibile
definire non autosufficienti persone in grado di mangiare da sole e di
scegliere il menu?
Nel capitolo
«Il livello di soddisfazione degli utenti», viene riportato il seguente
episodio: «Un signore di 82 anni si
presenta sulla sedia a rotelle al “piccolo magazzino” vicino al centro di
accoglienza dove ci troviamo; vorrebbe gustare i primi mandarini della stagione
“andate a vedere le cucine”. Egli va verso le cucine, le porte si aprano automaticamente,
domanda dei mandarini, gli vengono dati con grazia, “non sappiamo il prezzo,
potete pagare al centro di accoglienza?”. Ritorna al piccolo magazzino, e paga.
Per quel che sappiamo poche case di riposo procedono alla stessa maniera, al
contrario, nella maggior parte l'accesso alle cucine è vietato. Qui il paziente
conserva i suoi gusti, i suoi desideri... e
la responsabilità di assumersi le spese.
In molti ospedali i malati non hanno soldi con loro».
È evidente che
non si tratta di persona non autosufficiente sul piano fisico e/o psichico: è
in grado di spostarsi da solo mediante la carrozzella, sa che in quel periodo
vi sono i primi mandarini, conosce il percorso che conduce alle cucine, vi si
dirige da solo, richiede i frutti, va alla cassa a pagare.
Il Labos ha
anche svolto, nell'ambito della ricerca sui mille soggetti
ultra-settantacinquenni, un approfondimento nei confronti di 123 soggetti (79
donne e 44 uomini) per «investigare alcuni aspetti particolari della vita di
anziani non autosufficienti».
Quali garanzie
si hanno sulla loro «non autosufficienza», visto che questa caratteristica non
è stata, definita?
Questo
interrogativo è anche motivato dal fatto che i dati della ricerca riferiscono
che si tratta di anziani in grado di segnalare il loro livello di istruzione,
di indicare la loro situazione relazionale nei confronti dei parenti, di
precisare il livello del reddito, di definire il percorso assistenziale
seguito e la durata delle prestazioni, di far presenti le proprie capacità
relative allo svolgimento di alcune attività di vita quotidiana (uscire fuori
casa da solo, fare le scale, camminare per almeno 400 metri, portare un peso di
5 kg. per almeno un centinaio di metri, usare il gabinetto, lavarsi e fare il
bagno, vestirsi e spogliarsi. alzarsi e andare a letto, mangiare da solo,
farsi da mangiare, tagliarsi le unghie, fare lavori domestici leggeri o
pesanti), esprimere il grado di soddisfazione di vita, ecc.
Ma - ne sono
profondamente convinto - gli anziani intervistati dal Labos non sono non autosufficienti:
si tratta, invece, di anziani che hanno solo alcune limitazioni, per i quali è
evidente la improponibilità del ricovero in ospedale o in altra struttura
residenziale.
Conclusioni
La ricerca del
Labos prevede ampi spazi di intervento del settore assistenziale. Vi è dunque
la possibilità che la ricerca venga strumentalizzata dal Ministero
dell'interno e dagli Assessorati regionali all'assistenza per continuare a considerare
non autosufficienti non malati e quindi non a carico del Servizio sanitario
nazionale gli anziani che, proprio a causa della gravità delle loro condizioni
psico-fisiche, non sono nemmeno in grado di manifestare le loro esigenze fondamentali
di vita (fame, sete, caldo, freddo) (8).
La situazione
attuale è estremamente preoccupante in quanto vi sono rilevanti interessi sociali
ed economici in gioco.
Sul piano
sociale vi sono gruppi che operano per eliminare dal contesto sociale le
persone più deboli, rinchiudendole negli istituti di ricovero, ora denominati
case o residenze protette.
Sul piano
economico il ricovero assistenziale degli anziani non autosufficienti
rappresenta un affare annuale di circa 4 mila miliardi.
Inoltre ci
sono le rilevanti sovvenzioni delle Regioni (9) e dello Stato (10) per la
costruzione o per la ristrutturazione di case protette assistenziali.
È una
occasione unica per i gestori di strutture assistenziali obsolete. Essi non
hanno le capacità professionali né il personale per inserirsi nel settore
sanitario: premono pertanto per continuare ad avere clienti come strutture
assistenziali.
Al riguardo
segnalo che nel convegno di Milano del 5-6 febbraio 1988 organizzato dal
Comitato lombardo della DC, Michele Zola, già vice-sindaco e assessore
all'assistenza del Comune di Milano, ha detto in modo esplicito che, usciti dagli
istituti i bambini e gli handicappati, l'unica risorsa per il futuro degli
istituti è rappresentata dagli anziani.
(1) La riunione si è svolta il 16 marzo 1988.
(2) Le proposte avanzate in data 22 giugno 1988 erano così
formulate:
a) quella di B. Guglielminotti:
«Non si può definire
il concetto di non autosufficienza se prima non si sono tracciate chiaramente
le linee di quello di autosufficienza.
«Si definisce
autosufficiente un sistema-persona quando ha realizzato soddisfacenti
condizioni a livello dei suoi sottosistemi e l'armonia tra gli stessi.
Presupposto fondamentale è, dunque, una equilibrata interdipendenza tra le
parti che compongono il sistema, e, quindi, tra i sottosistemi:
strumentale (reddito, abitazione,
qualità della vita);
fisico (salute fisica);
psichico (salute mentale);
relazionale (identità sociale e
comunicazione);
contrattuale (affermazione della
propria dignità); discrezionale (capacità di manifestare le proprie esigenze e
scelte);
espressivo (affetti e azioni in
genere emotivamente connotate);
culturale (valori, modelli di
riferimento).
«Il livello di
non autosufficienza è quindi definito dal grado di inadeguatezza, perdita,
deprivazione che si registra in uno o più sotto-sistemi con effetti di
“contagio-intrasistemico”. La non autosufficienza può essere “ascritta”
(congenita), “accidentale” (trauma) e “processuale” (degenerativa).
«La condizione
di non autosufficienza è determinata dall'esistenza di carenze e di bisogni che
implicano l'intervento di altri soggetti (o istituzioni) di supporto. La non
autosufficienza è quindi misurata dal grado di “eteronomia”, vale a dire dalla
condizione di dipendenza dall'aiuto esterno.
«Quando la non
autosufficienza investe il sotto-sistema psico-fisico, la sua definizione
prescinde dai caratteri della patologia invalidante e dalle sue dinamiche
(reversibile, irreversibile, progressiva), dalla precisa identificazione delle
cause (la malattia, processi degenerativi), mentre si basa soprattutto sulla
sua rappresentazione, quindi sugli effetti. La distinzione che si può, a questo
proposito, proporre è tra:
autosufficiente psico-fisico;
non autosufficiente psico-fisico
lieve;
non autosufficiente fisico grave;
non autosufficiente psichico
grave;
non autosufficiente psico-fisico
grave (o totale).
«Il concetto
di non autosufficienza psico-fisica (quindi specifica) va opportunamente
isolato da quello di non autosufficienza generica (che si riferisce al
sistema-persona nel suo insieme e implica un approccio assistenziale altrettanto
generico): la prima presuppone un inserimento specifico all'interno del sistema
delle garanzie di carattere sanitario. È bene non correre il rischio di
legittimare ulteriormente la persistente propensione a considerare, In
particolare nel caso di anziani, la cronicità in termini sostitutivi della
condizione di malattia anziché di accentuazione della stessa e delle sue
conseguenze».
b)
quella di F. Santanera:
«Per poter
definire il concetto di cronico non autosufficiente, occorre precisare che
cosa è la malattia, quando essa è cronica e quando il soggetto non è
autosufficiente.
«1) Innanzitutto la
definizione di malattia. Sembra essere
necessario partire dalla definizione dell'OMS, che definisce la salute
attraverso tre parametri: il biologico, lo psicologico, il sociale.
«Pertanto la
malattia potrebbe essere definita come “una contemporanea rottura di equilibrio
biologico, psicologico e sociale”, da cui deriva un disagio dell'individuo su
tutti e tre i piani, anche se, di volta in volta, variamente rappresentati o
anche se, di volta in volta, uno dei tre aspetti sembra proporsi come
preminente sugli altri. È importante sottolineare questo concetto in quanto
riafferma che l'atto medico è inscindibile dall'atto sociale se non vuole
ridursi a puro atto medicalizzato e medicalizzante, cioè, in parole semplici,
se non si vuole ridurre l'operatore sanitario al ruolo di “meccanico del corpo
umano”.
«2) Definizione di cronicità. Si propone una definizione pragmatica, che assume come parametro
fondamentale la durata. Si può quindi dire che una malattia cronica è una
“malattia che si protrae nel tempo”. Anche In questo caso l'atto sanitario, per
definirsi tale, deve considerare la cronicità, sempre e comunque come evento
temporaneo che si protrae, non accettarne quindi l'ineluttabilità. In ciò si
qualifica l'intervento come sempre e comunque preventivo, ma anche sempre e
comunque sanitario In tutti i suoi aspetti in quanto sempre finalizzato al
ristabilimento di un equilibrio.
«3) Concetto di non autosufficienza. Se per i concetti precedentemente esposti, la pratica e l'esperienza
possono suffragare e sostanziare le definizioni, in questo caso troppo è
lasciato alla soggettività dell'operatore, il cui giudizio è spesso
condizionato più dalle esigenze dell'organizzazione dell'istituzione, che
dall'esigenza di rispondere al bisogno dell'utenza (necessità di posti letto
liberi, carichi di lavoro del personale, perdita di “tensione terapeutica”,
ecc.). Anche in questo caso conviene affidarsi ad una definizione pragmatica
che si fondi sul tre parametri proposti quando ci siamo riferiti al concetto
di malattia.
«Potremmo
allora dire che una persona non è autosufficiente quando, in seguito ad un
qualsiasi evento morboso, non è in grado di “provvedere a se stessa se non con
l'aiuto continuo e permanente di altre persone, a causa della rottura di un
equilibrio psicofisico sociale”».
«Si può anche fare
un'ulteriore suddivisione delle persone non autosufficienti:
- coloro che sono in grado di
manifestare le proprie esigenze;
- coloro che non sono in grado di
manifestare le proprie esigenze.
«Riassumendo,
si potrebbe definire il paziente cronico non autosufficiente come “la persona
che, a causa di una contemporanea rottura dell'equilibrio biologico, psicologico
e sociale, è in una situazione di malattia che si protrae nel tempo, malattia
che o lo rende incapace di provvedere a se stesso se non con l'aiuto continuo e
permanente di altre persone, oppure determina la necessità di interventi di
terzi in grado di soddisfare le esigenze che il soggetto stesso non è in grado
di manifestare”.
«Rientrano fra
i cronici non autosufficienti, le persone con disturbi psichici che non sono in
grado di provvedere a loro stessi come sopra specificato.
«Non rientrano
tra i cronici non autosufficienti i ciechi, i sordi, gli handicappati fisici,
gli insufficienti mentali, le persone che necessitano della carrozzella per
spostarsi, salvo che soffrano di esiti morbosi che determinano la loro completa
non autosufficienza.
«Non rientrano
infine fra i cronici non autosufficienti e persone che hanno ancora una
autonomia anche limitata, comunque da consentire, anche con l'aiuto parziale e
temporaneo di terzi, la possibilità di provvedere a se stessi».
(3) La ricerca ha riguardato:
-
l'analisi della letteratura scientifica e specialistica;
-
una indagine effettuata su undici esperienze;
-
la valutazione di tre situazioni presenti in Belgio, Francia e Inghilterra;
-
una ricerca effettuata in varie zone d'Italia su un campione di mille
ultra-settantacinquenni.
Il rapporto conclusivo di sintesi, esaminato dal Comitato
scientifico nella seduta del 16 marzo 1988, recava il titolo «Elementi
conoscitivi e di valutazione per una politica assistenziale in favore degli anziani non autosufficienti» (il
corsivo è mio).
(4) Ci riferiamo in particolare alle relazioni dei Giuristi
Pietro Rescigno, Massimo Dogliotti e Paolo Cappellini.
(5) Ricordiamo che la ricerca è stata commissionata al Labos
dal Ministero dell'Interno il quale - com'è noto - rappresenta ancora
(anacronisticamente) il vertice nazionale del settore assistenziale.
(6) In base alla Costituzione italiana (art. 38, 1° comma)
l'assistenza sociale non è un diritto di tutte le persone ma esclusivamente
del cittadino «inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere».
(7) La situazione di Ten Kerselaere è riportata nel volume
IV del rapporto finale del Labos «Indirizzi ed esperienze per gli anziani non
autosufficienti in Belgio, Francia e Inghilterra».
(8) Ricordo quanto è stato scritto nell'editoriale del n. 81
di Prospettive assistenziali e cioé che la Regione Piemonte, il Comune di
Torino e le 10 USL cittadine continuano a considerare non autosufficienti non
malati i ricoverati dell'Istituto di riposo per la vecchiaia di Torino i quali,
secondo il rapporto del Capo servizio sanitario dell'istituto stesso,
presentano le seguenti patologie croniche:
Demenza
senile 118
Cardiopatie
e ipertensione arteriosa 118
Patologie
osteo-articolari 105
Broncopneumopatie
croniche 97
Esiti
ictus 57
Cisto-pieliti 41
Diabete 40
Sindromi
depressive 39
Parkinsonismi 34
Patologie
apparato gastroenterico 34
Patologie
epato-biliari 31
Patologie
neurologiche 18
Neoplasie 14
Sindrome
comiziale 13
Insufficienza
renale grave 5
Per quanto riguarda le patologie, i dati sono i seguenti:
nessuna patologia pazienti zero
1 » » 0,8%
2 patologie » 3,3%
3 » » 11,2%
4 » »
18,5%
5 » » 22,0%
6 » » 17,5%
7 » »
26,7%
(9) Si vedano ad esempio, numerosi e consistenti finanziamenti
previsti da numerose leggi regionali.
(10) La legge finanziaria 11 marzo 1988 n. 67 stanzia una
parte dei 30 mila miliardi per la realizzazione di 140 mila posti letto per
anziani, realizzazione che però consiste anche nella ristrutturazione di
strutture esistenti.
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