Prospettive assistenziali, n. 82, aprile-giugno 1988

 

 

RICERCA LABOS SUGLI ANZIANI NON AUTOSUFFICIENTI: METODOLOGIA E CONCLUSIONE FUORVIANTI

FRANCESCO SANTANERA

 

 

Nell'ultima riunione del Comitato scientifico istituito dal Labos, Laboratorio per le ricerche sociali, ho esposto i motivi in base ai quali ritenevo (e ritengo) fuorviante la metodologia adot­tata nella impostazione e nello svolgimento della ricerca sugli anziani non autosufficienti, ricerca commissionata al Labos dal Ministero dell'inter­no (9).

Nonostante le richieste e le proposte avanzare prima dell'inizio della ricerca dal sociologo Bru­no Guglielminotti e dallo scrivente (2), il Labos non ha accettato di procedere ad una definizione, anche approssimativa e provvisoria, del concet­to di anziano non autosufficiente.

Pertanto la ricerca è stata condotta in base a parametri e valutazioni personali sul concetto di non autosufficienza, per cui, a mio avviso, è stata inficiata la validità di tutta la ricerca e delle rela­tive conclusioni (3).

Va chiarito, fra l'altro, di quale tipo di non au­tosufficienza si sta parlando. Al convegno di Ao­sta del 23-25 ottobre 1986, promosso dalla Lega per le autonomie locali e dal Comune di Aosta, sono state identificate e distinte:

- la non autosufficienza economica;

- la non autosufficienza abitativa;

- la non autosufficienza per problemi relazio­nali, sociali e culturali;

- la non autosufficienza causata da inaccessi­bilità dei servizi e carenze di informazione;

- la non autosufficienza per motivi di salute.

Quando ci riferiamo agli anziani malati cronici non autosufficienti facciamo evidentemente ri­ferimento a quest'ultima.

In secondo luogo il Labos non ha voluto pren­dere in esame la legislazione vigente, la quale sancisce, come è emerso anche nel convegno di studio «Anziani cronici non autosufficienti: nuo­vi orientamenti culturali e operativi», svoltosi a Milano il 20-21 maggio 1988 (4), il pieno diritto degli anziani (e adulti), non autosufficienti per cause psico-fisiche, alle prestazioni sanitarie do­miciliari e ambulatoriali, e occorrendo, alla de­genza in ospedale o in altre strutture residenzia­li del Servizio sanitario nazionale.

Dalla legislazione vigente emerge, dunque, che il ruolo del settore assistenziale (5) nei confron­ti degli anziani (e adulti) non autosufficienti per cause psico-fisiche non ha funzioni primarie di intervento, ma solo - occorrendo (6) - compiti integrativi rispetto alle prestazioni sanitarie.

Il rifiuto del Labos di prendere in considerazio­ne la legislazione vigente ha riguardato anche il decreto amministrativo emanato dal Presidente del Consiglio dei Ministri in data 8 agosto 1985 ed i relativi provvedimenti attuati (anch'essi aventi natura amministrativa e non legislativa) approvati dalle Regioni.

Sono rilevanti le conseguenze derivanti dalla assenza di riferimenti precisi al concetto di an­ziano non autosufficiente. Ad esempio, nell’ana­lisi dell'esperienza per anziani non autosufficien­ti Ten Kerselaere (Belgio) (definita «pilota» dal Labos) (7) viene riferito che «la maggior parte (più o meno il 95%) degli ospiti mangiano al risto­rante» e che «allo scopo di diminuire per quello che è possibile il sentimento di dipendenza e per facilitare il servizio, si è deciso di lasciare alle persone anziane la decisione circa il loro menu o la scelta del tavolo». Com'è possibile definire non autosufficienti persone in grado di mangia­re da sole e di scegliere il menu?

Nel capitolo «Il livello di soddisfazione degli utenti», viene riportato il seguente episodio: «Un signore di 82 anni si presenta sulla sedia a rotelle al “piccolo magazzino” vicino al centro di accoglienza dove ci troviamo; vorrebbe gustare i primi mandarini della stagione “andate a vedere le cucine”. Egli va verso le cucine, le porte si aprano automaticamente, domanda dei mandari­ni, gli vengono dati con grazia, “non sappiamo il prezzo, potete pagare al centro di accoglienza?”. Ritorna al piccolo magazzino, e paga. Per quel che sappiamo poche case di riposo procedono al­la stessa maniera, al contrario, nella maggior parte l'accesso alle cucine è vietato. Qui il pa­ziente conserva i suoi gusti, i suoi desideri... e la responsabilità di assumersi le spese. In molti ospedali i malati non hanno soldi con loro».

È evidente che non si tratta di persona non au­tosufficiente sul piano fisico e/o psichico: è in grado di spostarsi da solo mediante la carrozzel­la, sa che in quel periodo vi sono i primi manda­rini, conosce il percorso che conduce alle cucine, vi si dirige da solo, richiede i frutti, va alla cassa a pagare.

Il Labos ha anche svolto, nell'ambito della ri­cerca sui mille soggetti ultra-settantacinquenni, un approfondimento nei confronti di 123 soggetti (79 donne e 44 uomini) per «investigare alcuni aspetti particolari della vita di anziani non auto­sufficienti».

Quali garanzie si hanno sulla loro «non auto­sufficienza», visto che questa caratteristica non è stata, definita?

Questo interrogativo è anche motivato dal fat­to che i dati della ricerca riferiscono che si trat­ta di anziani in grado di segnalare il loro livello di istruzione, di indicare la loro situazione relazio­nale nei confronti dei parenti, di precisare il li­vello del reddito, di definire il percorso assisten­ziale seguito e la durata delle prestazioni, di far presenti le proprie capacità relative allo svolgi­mento di alcune attività di vita quotidiana (uscire fuori casa da solo, fare le scale, camminare per almeno 400 metri, portare un peso di 5 kg. per almeno un centinaio di metri, usare il gabinetto, lavarsi e fare il bagno, vestirsi e spogliarsi. alzar­si e andare a letto, mangiare da solo, farsi da mangiare, tagliarsi le unghie, fare lavori dome­stici leggeri o pesanti), esprimere il grado di sod­disfazione di vita, ecc.

Ma - ne sono profondamente convinto - gli anziani intervistati dal Labos non sono non auto­sufficienti: si tratta, invece, di anziani che hanno solo alcune limitazioni, per i quali è evidente la improponibilità del ricovero in ospedale o in al­tra struttura residenziale.

 

Conclusioni

La ricerca del Labos prevede ampi spazi di in­tervento del settore assistenziale. Vi è dunque la possibilità che la ricerca venga strumentaliz­zata dal Ministero dell'interno e dagli Assesso­rati regionali all'assistenza per continuare a con­siderare non autosufficienti non malati e quindi non a carico del Servizio sanitario nazionale gli anziani che, proprio a causa della gravità delle loro condizioni psico-fisiche, non sono nemmeno in grado di manifestare le loro esigenze fonda­mentali di vita (fame, sete, caldo, freddo) (8).

La situazione attuale è estremamente preoc­cupante in quanto vi sono rilevanti interessi so­ciali ed economici in gioco.

Sul piano sociale vi sono gruppi che operano per eliminare dal contesto sociale le persone più deboli, rinchiudendole negli istituti di ricovero, ora denominati case o residenze protette.

Sul piano economico il ricovero assistenziale degli anziani non autosufficienti rappresenta un affare annuale di circa 4 mila miliardi.

Inoltre ci sono le rilevanti sovvenzioni delle Regioni (9) e dello Stato (10) per la costruzione o per la ristrutturazione di case protette assi­stenziali.

È una occasione unica per i gestori di strutture assistenziali obsolete. Essi non hanno le capaci­tà professionali né il personale per inserirsi nel settore sanitario: premono pertanto per conti­nuare ad avere clienti come strutture assisten­ziali.

Al riguardo segnalo che nel convegno di Mila­no del 5-6 febbraio 1988 organizzato dal Comita­to lombardo della DC, Michele Zola, già vice-sin­daco e assessore all'assistenza del Comune di Milano, ha detto in modo esplicito che, usciti da­gli istituti i bambini e gli handicappati, l'unica risorsa per il futuro degli istituti è rappresentata dagli anziani.

 

 

 

(1) La riunione si è svolta il 16 marzo 1988.

(2) Le proposte avanzate in data 22 giugno 1988 erano così formulate:

a) quella di B. Guglielminotti:

«Non si può definire il concetto di non autosufficienza se prima non si sono tracciate chiaramente le linee di quello di autosufficienza.

«Si definisce autosufficiente un sistema-persona quan­do ha realizzato soddisfacenti condizioni a livello dei suoi sottosistemi e l'armonia tra gli stessi. Presupposto fon­damentale è, dunque, una equilibrata interdipendenza tra le parti che compongono il sistema, e, quindi, tra i sotto­sistemi:

strumentale (reddito, abitazione, qualità della vita);

fisico (salute fisica);

psichico (salute mentale);

relazionale (identità sociale e comunicazione);

contrattuale (affermazione della propria dignità); discrezionale (capacità di manifestare le proprie esigen­ze e scelte);

espressivo (affetti e azioni in genere emotivamente con­notate);

culturale (valori, modelli di riferimento).

«Il livello di non autosufficienza è quindi definito dal grado di inadeguatezza, perdita, deprivazione che si regi­stra in uno o più sotto-sistemi con effetti di “contagio-intrasistemico”. La non autosufficienza può essere “ascrit­ta” (congenita), “accidentale” (trauma) e “processuale” (degenerativa).

«La condizione di non autosufficienza è determinata dall'esistenza di carenze e di bisogni che implicano l'inter­vento di altri soggetti (o istituzioni) di supporto. La non autosufficienza è quindi misurata dal grado di “eterono­mia”, vale a dire dalla condizione di dipendenza dall'aiuto esterno.

«Quando la non autosufficienza investe il sotto-sistema psico-fisico, la sua definizione prescinde dai caratteri della patologia invalidante e dalle sue dinamiche (reversibile, irreversibile, progressiva), dalla precisa identificazione del­le cause (la malattia, processi degenerativi), mentre si basa soprattutto sulla sua rappresentazione, quindi sugli effetti. La distinzione che si può, a questo proposito, pro­porre è tra:

autosufficiente psico-fisico;

non autosufficiente psico-fisico lieve;

non autosufficiente fisico grave;

non autosufficiente psichico grave;

non autosufficiente psico-fisico grave (o totale).

«Il concetto di non autosufficienza psico-fisica (quindi specifica) va opportunamente isolato da quello di non au­tosufficienza generica (che si riferisce al sistema-persona nel suo insieme e implica un approccio assistenziale al­trettanto generico): la prima presuppone un inserimento specifico all'interno del sistema delle garanzie di caratte­re sanitario. È bene non correre il rischio di legittimare ulteriormente la persistente propensione a considerare, In particolare nel caso di anziani, la cronicità in termini so­stitutivi della condizione di malattia anziché di accentua­zione della stessa e delle sue conseguenze».

b) quella di F. Santanera:

«Per poter definire il concetto di cronico non autosuf­ficiente, occorre precisare che cosa è la malattia, quando essa è cronica e quando il soggetto non è autosufficiente.

«1) Innanzitutto la definizione di malattia. Sembra esse­re necessario partire dalla definizione dell'OMS, che defi­nisce la salute attraverso tre parametri: il biologico, lo psicologico, il sociale.

«Pertanto la malattia potrebbe essere definita come “una contemporanea rottura di equilibrio biologico, psico­logico e sociale”, da cui deriva un disagio dell'individuo su tutti e tre i piani, anche se, di volta in volta, variamente rappresentati o anche se, di volta in volta, uno dei tre aspetti sembra proporsi come preminente sugli altri. È im­portante sottolineare questo concetto in quanto riafferma che l'atto medico è inscindibile dall'atto sociale se non vuole ridursi a puro atto medicalizzato e medicalizzante, cioè, in parole semplici, se non si vuole ridurre l'operatore sanitario al ruolo di “meccanico del corpo umano”.

«2) Definizione di cronicità. Si propone una definizione pragmatica, che assume come parametro fondamentale la durata. Si può quindi dire che una malattia cronica è una “malattia che si protrae nel tempo”. Anche In questo caso l'atto sanitario, per definirsi tale, deve considerare la cro­nicità, sempre e comunque come evento temporaneo che si protrae, non accettarne quindi l'ineluttabilità. In ciò si qualifica l'intervento come sempre e comunque preventivo, ma anche sempre e comunque sanitario In tutti i suoi aspetti in quanto sempre finalizzato al ristabilimento di un equilibrio.

«3) Concetto di non autosufficienza. Se per i concetti precedentemente esposti, la pratica e l'esperienza posso­no suffragare e sostanziare le definizioni, in questo caso troppo è lasciato alla soggettività dell'operatore, il cui giu­dizio è spesso condizionato più dalle esigenze dell'organiz­zazione dell'istituzione, che dall'esigenza di rispondere al bisogno dell'utenza (necessità di posti letto liberi, carichi di lavoro del personale, perdita di “tensione terapeutica”, ecc.). Anche in questo caso conviene affidarsi ad una de­finizione pragmatica che si fondi sul tre parametri propo­sti quando ci siamo riferiti al concetto di malattia.

«Potremmo allora dire che una persona non è autosuffi­ciente quando, in seguito ad un qualsiasi evento morboso, non è in grado di “provvedere a se stessa se non con l'aiu­to continuo e permanente di altre persone, a causa della rottura di un equilibrio psicofisico sociale”».

«Si può anche fare un'ulteriore suddivisione delle per­sone non autosufficienti:

- coloro che sono in grado di manifestare le proprie esi­genze;

- coloro che non sono in grado di manifestare le proprie esigenze.

«Riassumendo, si potrebbe definire il paziente cronico non autosufficiente come “la persona che, a causa di una contemporanea rottura dell'equilibrio biologico, psicologi­co e sociale, è in una situazione di malattia che si protrae nel tempo, malattia che o lo rende incapace di provvedere a se stesso se non con l'aiuto continuo e permanente di altre persone, oppure determina la necessità di interventi di terzi in grado di soddisfare le esigenze che il soggetto stesso non è in grado di manifestare”.

«Rientrano fra i cronici non autosufficienti, le persone con disturbi psichici che non sono in grado di provvedere a loro stessi come sopra specificato.

«Non rientrano tra i cronici non autosufficienti i ciechi, i sordi, gli handicappati fisici, gli insufficienti mentali, le persone che necessitano della carrozzella per spostarsi, salvo che soffrano di esiti morbosi che determinano la loro completa non autosufficienza.

«Non rientrano infine fra i cronici non autosufficienti e persone che hanno ancora una autonomia anche limitata, comunque da consentire, anche con l'aiuto parziale e tem­poraneo di terzi, la possibilità di provvedere a se stessi».

(3) La ricerca ha riguardato:

- l'analisi della letteratura scientifica e specialistica;

- una indagine effettuata su undici esperienze;

- la valutazione di tre situazioni presenti in Belgio, Fran­cia e Inghilterra;

- una ricerca effettuata in varie zone d'Italia su un cam­pione di mille ultra-settantacinquenni.

Il rapporto conclusivo di sintesi, esaminato dal Comi­tato scientifico nella seduta del 16 marzo 1988, recava il titolo «Elementi conoscitivi e di valutazione per una poli­tica assistenziale in favore degli anziani non autosufficien­ti» (il corsivo è mio).

(4) Ci riferiamo in particolare alle relazioni dei Giuristi Pietro Rescigno, Massimo Dogliotti e Paolo Cappellini.

(5) Ricordiamo che la ricerca è stata commissionata al Labos dal Ministero dell'Interno il quale - com'è noto - rappresenta ancora (anacronisticamente) il vertice nazionale del settore assistenziale.

(6) In base alla Costituzione italiana (art. 38, 1° com­ma) l'assistenza sociale non è un diritto di tutte le perso­ne ma esclusivamente del cittadino «inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere».

(7) La situazione di Ten Kerselaere è riportata nel vo­lume IV del rapporto finale del Labos «Indirizzi ed espe­rienze per gli anziani non autosufficienti in Belgio, Francia e Inghilterra».

(8) Ricordo quanto è stato scritto nell'editoriale del n. 81 di Prospettive assistenziali e cioé che la Regione Pie­monte, il Comune di Torino e le 10 USL cittadine continua­no a considerare non autosufficienti non malati i ricoverati dell'Istituto di riposo per la vecchiaia di Torino i quali, se­condo il rapporto del Capo servizio sanitario dell'istituto stesso, presentano le seguenti patologie croniche:

Demenza senile                                                     118

Cardiopatie e ipertensione arteriosa                     118

Patologie osteo-articolari                                       105

Broncopneumopatie croniche                               97

Esiti ictus                                                               57

Cisto-pieliti                                                             41

Diabete                                                                  40

Sindromi depressive                                              39

Parkinsonismi                                                         34

Patologie apparato gastroenterico                        34

Patologie epato-biliari                                             31

Patologie neurologiche                                  18

Neoplasie                                                      14

Sindrome comiziale                                       13

Insufficienza renale grave                            5

Per quanto riguarda le patologie, i dati sono i seguenti:

nessuna patologia                                       pazienti                                zero

     1              »                                                   »                                      0,8%

     2        patologie                                            »                                      3,3%

     3              »                                                   »                                      11,2%

     4              »                                                   »                                      18,5%

     5              »                                                   »                                      22,0%

     6              »                                                   »                                      17,5%

     7              »                                                   »                                      26,7%

 

(9) Si vedano ad esempio, numerosi e consistenti fi­nanziamenti previsti da numerose leggi regionali.

(10) La legge finanziaria 11 marzo 1988 n. 67 stanzia una parte dei 30 mila miliardi per la realizzazione di 140 mila posti letto per anziani, realizzazione che però consiste an­che nella ristrutturazione di strutture esistenti.

 

 

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