TELEFONO AZZURRO:
DISTORSIONI DEL GIORNALE «AVVENIRE»
Il 15 febbraio 1988 Stampa sera del lunedì pubblicava l'articolo «Telefono azzurro: a
che giova?», in cui erano riprese le considerazioni apparse sul n. 80,
ottobre-dicembre 1987, di Prospettive assistenziali.
In sintesi il quotidiano torinese precisava che il
coinvolgimento dell'Aipai, Associazione per la prevenzione dell'abuso
all'infanzia nell'iniziativa «Telefono azzurro» era stata smentita dal Giudice
Giorgio Battistacci, Presidente della suddetta organizzazione.
Inoltre Stampa
sera, riportando fedelmente quanto scritto su Prospettive assistenziali, rilevava che «Telefono azzurro» mai
aveva pubblicizzato la violenza continua subita dai 70 mila minori ricoverati
in istituto.
Infine sul giornale era trascritta la proposta di Prospettive assistenziali: «Sarebbe più
semplice e più serio informare la gente sulla possibilità di compiere
segnalazioni ai Tribunali e alle procure per i minorenni, alle USL o agli Enti
locali che gestiscono i servizi socio-assistenziali», aggiungendo che vi era
«l'urgenza di pubblicizzare le carenze spesso spaventose dei suddetti servizi
oppure gli obblighi troppo spesse disattesi che la legge impone ai giudici
tutelari: dalla trasmissione al tribunale minorile dei ricoverati in presunto
stato di abbandono al periodico controllo delle condizioni familiari e
personali di tutti i piccoli in istituto».
Gli articoli apparsi su Stampa sera e Prospettive
assistenziali hanno scatenato le ire del giornale Avvenire (1). Le critiche al silenzio di «Telefono azzurro» sui 70
mila minori ricoverati in istituto non sarebbero altro che «rimestare la
vecchia questione della istituzionalizzazione dei minori».
Avvenire, inoltre, accusa Prospettive
assistenziali di attaccare «Telefono azzurro» per il fatto che
«l'iniziativa sia privata e non pubblica».
Si tratta di un vero e proprio falso, per accertare
il quale è sufficiente rileggere l'articolo da noi pubblicato: non c'è una sola
parola sul carattere pubblico o privato di «Telefono azzurro».
Ma un falso solo non è sufficiente, Avvenire ne ha
compiuto un secondo affermando che nell'articolo di Prospettive assistenziali
c'era «una critica sulla professionalità degli operatori del telefono
azzurro». Anche in questo caso non avevamo scritto una sola parola al
riguardo.
Infine dobbiamo rilevare che 26 anni di attività
svolta dall'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie, che è stata
chiamata a far parte del Consiglio nazionale per i problemi dei minori, e il
lavoro svolto dal CIAI, Centro italiano per l'adozione internazionale, sono la
più efficace smentita alla insinuazione del giornale Avvenire circa gli «interessi particolari» che avrebbero spinto
le due associazioni a prendere posizione nei riguardi di «Telefono azzurro».
Questi interessi particolari, secondo il giornale cattolico, consisterebbero
nella «abitudine a considerare l'intervento sui minori come qualcosa che non
necessariamente debba prevedere il tentativo di rimettere in piedi la famiglia
d'origine del ragazzo». È invece vero, come ben sanno i lettori dì Prospettive assistenziali, l'azione
delle due associazioni si è sempre rivolta al recupero, quando possibile, delle
famiglie d'origine.
Nei confronti di «Telefono azzurro» la posizione di Prospettive assistenziali coincide praticamente
con quella del Presidente dell'Associazione per la prevenzione dell'abuso
all'infanzia, il quale, nell'articolo apparso su Il Messaggero del 2 gennaio 1988, ha rilevato, fra l'altro, quanto
segue: «Sussiste il rischio che certe segnalazioni siano il frutto di
mitomanie infantili o di malvagità di adulti irresponsabili che possono colpire
con accuse infamanti persone del tutto innocenti can conseguenze anche
disastrose come angosce personali, rotture familiari, isolamento sociale
ecc.».
«A tal fine, altre ad una adeguata preparazione del
personale addetto al telefono, sarebbe necessaria prevedere un filtro per le
segnalazioni e istituire linee telefoniche diffuse sul territorio nazionale
in modo da poter effettuare più precise verifiche ed avere maggiore conoscenza
degli ambienti dai quali le segnalazioni provengono.
«In secondo luogo andrebbe garantita la massima
riservatezza di ogni segnalazione.
«Ancora forse andrebbe più opportunamente perseguita
la via di non raccogliere la segnalazione diretta dei casi ma di indirizzare i
cittadini, che intendono effettuare segnalazioni, ai servizi
socio-assistenziali degli Enti locali o delle Unità Socio-sanitarie locali o,
in estrema ipotesi, alle Procure per i minorenni e ai Tribunali per i minorenni.
«Infine l'iniziativa non dovrebbe rimanere isolata
perché insufficiente di per sé se non si attua una nuova mobilitazione rivolta
a creare quello che manca, almeno in larghe zone del Paese, cioè una rete molto
diffusa sul territorio di servizi socio-assistenziali capaci non solo di
intervenire allorché la violenza o l'abuso si sono compiuti, ma di depistare
per tempo tutte le situazioni familiari e istituzionali a rischio tali da
poter originare forme di abusi in danno di bambini e di ragazzi. La poca
attenzione che si è avuta negli ultimi anni verso le politiche sociali, sul
piano nazionale e locale, unita ai tagli delle spese sanitarie sociali non
fanno sperare molto».
(1) Cfr. l'articolo del 17 febbraio
1988.
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