Prospettive assistenziali, n. 83, luglio-settembre 1988

 

 

Editoriale

 

DUE INIZIATIVE A SOSTEGNO DEI DIRITTI DEGLI ANZIANI CRONICI NON AUTOSUFFICIENTI

 

 

Segnaliamo due importanti iniziative a sostegno dei diritti degli anziani cronici non autosufficienti:

 

1. Convegno dell'Università Cattolica del Sacro Cuore

 

A Roma, nei giorni 13-14-15 giugno 1988 la Fa­coltà di medicina e chirurgia dell'Università Cat­tolica del Sacro Cuore ha organizzato un conve­gno internazionale sul tema «Non autosufficien­za dell'anziano: strategie operative e sistema sa­nitario nazionale a confronto», con la presenza di oltre 600 persone, soprattutto operatori del settore sanitario.

Il convegno comprendeva sette sessioni: le esperienze straniere; la non autosufficienza dell'anziano: definizione, metodologie di indagine e dimensione del fenomeno; la rete dei servizi; la formazione del personale; il progetto edilizio; il problema economico; profili giuridico-culturali.

Senza equivoci è stata l'individuazione della competenza del settore sanitario. Infatti nel do­cumento di sintesi delle relazioni viene precisa­to che «il non autosufficiente è intanto un mala­to e, come tale, ha diritto alle prestazioni sani­tarie gratuite in armonia col dettato costituzio­nale. Al contrario il Consiglio sanitario nazionale - documento dell'8 giugno 1984 a sua volta ispi­ratore del D.P.C.M. 8 agosto 1985 - non attribui­sce gli stessi diritti del malato acuto al cronico non autosufficiente e destina quest'ultimo alla gestione dei servizi sociali, escludendolo di fat­to dall'intervento del comparto sanitario. Il sud­detto documento si rifà ad un concetto di salute pubblica ormai superato: era la medicina dell'800 imbevuta di illuminismo quella che delimitava il criterio di intervento alla possibilità di guarigio­ne completa della malattia e che perciò distin­gueva il malato acuto "scientificamente interes­sante" e da trattare ad ogni costo dal cronico "vecchio", etichettato come irrecuperabile ed ab­bandonato a se stesso. La "nuova" medicina, dl cui la geriatria è peculiare espressione, ha com­pletamente rivoluzionato quel tipo di approccio: l'obiettivo prioritario è diventato oggi il conse­guimento del maggior benessere possibile anche là dove si sa di non poter ottenere la guarigione. Il riconsiderare qualsiasi malato sotto questa pro­spettiva ha permesso di ottenere risultati scien­tificamente ineccepibili anche con gli "irrecupe­rabili". Ancora alla fine degli anni '70 ben pochi avrebbero preso in considerazione la possibilità di ridurre del 50% la mortalità di pazienti con età media di 80 anni e con patologie multiple a carattere cronico-degenerativo. La sfiducia di un approccio positivo verso la patologia geriatrica giustificava la tendenza a non ricoverare questi pazienti nei reparti clinici aventi compiti didat­tici. Oggi i grandi progressi della "nuova" me­dicina hanno consigliato le facoltà mediche più avanzate a portare la didattica addirittura nelle strutture un tempo considerate luoghi senza spe­ranze ed hanno reso anacronistica la distinzione tra "acuto" e "cronico". Il togliere dalla nostra legislazione questa distinzione, non solo porterà beneficio ad un gran numero di pazienti anziani permettendo loro di usufruire di indispensabili prestazioni del comparto sanitario, ma anche si­curamente costituirà un segno di civiltà per il nostro Paese».

Ribadita l'esigenza della prevenzione della cro­nicità, è stato osservato che «la non autosuffi­cienza è determinata da vari fattori tra i quali la condizione socio-economica. La stessa disabi­lità può provocare diversa dipendenza a seconda del reddito e dei supporti socio-economici ed ambientali: ad esempio l'emiplegico con coniuge valido ed una pensione sufficiente si trova in una situazione in cui può meglio far fronte al proble­ma rispetto a colui che, a parità di disabilità e reddito, vive con un coniuge anziano altrettanto a rischio di non autosufficienza. 1 concetti di be­nessere economico e di povertà sono quindi re­lativi, dipendenti dal livello di non autosufficien­za psico-fisica e dall'entità dello squilibrio socio­economico ed ambientale, e di conseguenza non sono definibili in assoluto. È verosimile pensare che esistano anziani "poveri" perché non auto­sufficienti in misura maggiore rispetto a quello che può indicare il dato crudo della distribuzio­ne del reddito nella popolazione».

Il convegno ha rivolto una particolare atten­zione ai servizi sanitari domiciliari, compresa la ospedalizzazione a domicilio. Quanto alle strut­ture residenziali, intermedie fra il domicilio e l'ospedale, è stata auspicata la creazione delle «residenze assistite di tipo sanitario» (R.A.S.) per il ricovero di anziani non autosufficienti. Le R.A.S. devono essere gestite dal comparto sa­nitario.

Dalle ricerche condotte dai geriatri dell'Univer­sità cattolica, in particolare da P.U. Carbonin e R. Bernabei, è anche emerso che la percentuale dei ricoveri ospedalieri impropri (la patologia pre­sente richiede per le sue caratteristiche inter­venti in servizi diversi dall'ospedale) e incongrui (assenza di patologie reali o con scarsa rilevan­za non necessitanti di ricovero ospedaliero) degli ultra settantacinquenni è stata inferiore rispet­to ai pazienti aventi meno di 65 anni.

 

2. Articolo di Padre Giacomo Perico

Sul n. 7-8 della prestigiosa rivista dei Padri Gesuiti di Milano «Aggiornamenti sociali» è stato pubblicato l'articolo di Giacomo Perico «Anziani "cronici" non autosufficienti: rilievi giuri­dico-legislativi e note etico-sociali», di cui ripor­tiamo integralmente il capitolo «Brevi riflessio­ni etico-sociali».

«I recenti sviluppi del nostro problema han­no posto in luce alcuni atteggiamenti da parte dei politici e degli amministratori, che non ap­paiono sostenibili, soprattutto dal punto di vista giuridico-legislativo. In contrasto col vigente or­dinamento legislativo in materia sanitaria si è passati a scelte che, prima solo tollerate in via di fatto, hanno assunto una nota di ufficialità dap­prima con il decreto del Presidente del Consiglio del 1985 e successivamente con il disegno di legge del Ministro della Sanità dei 24 novembre 1987 e con la legge finanziaria 1988. Emerge così la tendenza a sacrificare un aspetto molto impor­tante dei diritti degli anziani cronici non auto­sufficienti.

«Una delle ragioni, forse quella determinante, che ha indotto i più alti responsabili del settore sanitario a questa scelta appare essere - come risulta dai testi citati, nonché a giudizio degli os­servatori più attenti e sensibili al problema - la volontà di ridurre le spese del settore sanitario stesso, in cui la presenza degli anziani cronici, soprattutto se non autosufficienti, costituisce un peso economico notevole.

«Pur ammessa la realtà del carico finanziario che la categoria dei cronici costituisce per il comparto della sanità, non riteniamo ammissibile che, ai fini di un alleggerimento della spesa pub­blica, venga fatto ricorso alla violazione di un diritto fondamentale del cittadino malato e di nor­me di legge ancora in vigore. Tutto doveva es­sere tentato prima di imboccare un percorso così ingiusto, per esempio ricorrendo a un mag­giore controllo sugli sprechi in atto nell'ambito farmaceutico e a una lotta più decisa alle eva­sioni fiscali.

«Inoltre, a nostro parere, non dovevano essere lasciati nell'ombra i due documenti che erano stati presentati, il primo dall'ISTISSS e il se­condo dallo stesso ISTISSS congiuntamente con il CSPSS, corredati di qualificate firme di cono­scitori sia del problema specifico sia delle ri­sultanze positive degli esperimenti fatti. Non sembra siano mai state prese in seria conside­razione - a parte gli scarsi accenni contenuti nell'art. 20 della legge finanziaria 1988, sopra ri­chiamato - forme di assistenza sanitaria a do­micilio, prestazioni mediche presso poliambula­tori bene attrezzati per la prevenzione, cura e ria­bilitazione dell'anziano cronico, strutture comuni­tarie a dimensione familiare, reparti speciali ac­canto a strutture ospedaliere, ecc.

«Oltre tutto, coloro che si sono occupati di trovare alternative al ricovero - ci riferiamo ai gruppi informali ISTISSS e CSPSS -, dopo le esperienze, seguite attentamente anche sotto il profilo economico, contrariamente a quanto ge­neralmente si era pensato e a quanto anche re­centemente è stato affermato da autorità gover­native, hanno dichiarato che le forme di assi­stenza sanitaria alternative all'ospedalizzazione propriamente detta comporterebbero in definitiva spese minori. Lo ha ripetuto, sulla base di dati di cui era in possesso, uno dei componenti del CSPSS durante il Convegno di Milano del 20-21 maggio 1988.

«Quando era ancora in corso la discussione sul disegno di legge del Ministro Donat Cattin, in ordine alla necessità di alleggerire la spesa sanitaria e all'orientamento di affidare alle "case protette" gli anziani non autosufficienti, senza esplicite determinazioni sulle loro condizioni di salute - cronici o meno -, mons. G. Nervo, vi­cepresidente della "Caritas", scrisse sulla ri­vista "Italia Caritas", nel marzo 1986, queste considerazioni che condividiamo pienamente: "Questo indirizzo porterà quasi inevitabilmente a favorire la segregazione e l'emarginazione del­le persone espulse dalla sanità: in queste strut­ture verranno molto facilmente rinchiusi i più deboli e cioè in primo luogo gli anziani cronici non autosufficienti, gli insufficienti mentali gravi e gravissimi, i malati mentali e i tossicodipen­denti non in grado di provvedere autonomamen­te a se stessi. Poiché la motivazione dichiarata è la riduzione della spesa sanitaria, è prevedibile che la sanità tenderà a scaricare al settore assi­stenziale il maggior numero possibile di utenti, incentivando così il processo, già in atto, di cro­nicizzazione dei più indifesi".

«Ci sembra opportuno completare queste di­chiarazioni con quelle scritte all'inizio di quest'anno, mentre era in corso la discussione sulla legge finanziaria 1988, da mons. G. Pasini, presi­dente della "Caritas", sempre sulla rivista "Italia Caritas" (gennaio 1988), in un contesto di criti­ca alle decisioni di legge che non tengono conto della tutela dell'istituto familiare: "In questa disattenzione alla famiglia si capisce allora lo stanziamento di 30.000 miliardi previsto per l'ese­cuzione di un programma pluriennale di inter­venti in materia di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sa­nitario pubblico e di realizzazione di 'residenze per anziani e soggetti non autosufficienti'. Sotto­lineo l'ultima frase che nasconde un disegno mol­to chiaro: costruire nuovi istituti o 'villaggi per vecchi' sani e non autosufficienti, nei quali le famiglie potranno 'scaricare' i soggetti non più sopportabili in famiglia. La legge finanziaria espri­me una linea precisa: rafforzando gli istituti, fi­nisce implicitamente per scoraggiare forme al­ternative, servizi a domicilio e la permanenza dei soggetti a rischio in famiglia».

Il testo integrale dell'articolo di G. Perico ver­rà inviato gratuitamente a coloro che lo richie­deranno a Prospettive assistenziali.

 

 

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