LA CARITÀ È ANCHE IMPEGNO
POLITICO
GIUSEPPE PASINI (*)
Per gentile concessione dell'Autore, riproduciamo
integralmente l'articolo apparso su «Italia Caritas», n. 5, maggio 1988,
articolo che trae ispirazione dal seminario di studio sul tema «La carità tra
solidarietà e impegno sociale e politico», organizzato dalla Pontificia
Università Lateranense in collaborazione con la Caritas italiana.
La carità, prima che un comando - diceva don Bruno
Maggioni, relatore al convegno - è un evento storico, è l'intera storia di
Cristo: Gesù, che è come la sintesi della storia della salvezza, ci ha mostrato
come Dio ama il mondo e ci ha comandato di ripresentare
la sua storia di amore, amandoci reciprocamente come lui ci ha amati.
Per essere «ripresentazione»
dell'amore di Gesù, l'amore del cristiano e della comunità cristiana per
l'uomo deve avere lo stesso obiettivo
- fare di tutti gli uomini una sola famiglia -, le stesse caratteristiche - l'universalità, la gratuità, la difesa dei
deboli, la liberazione e la promozione di tutti ecc. - lo stesso metodo - il metodo non violento, il
dialogo, il convincimento anziché l'imposizione -: in tal modo la carità del
cristiano diventa messaggio, rivelazione, anche se inadeguata, di una realtà
diversa, superiore, qual è l'amore infinito di Dio per l'uomo.
La carità è condivisione e denuncia
Ma l'amore per l'uomo, come ripresentazione
dell'amore di Dia, va calato storicamente e l'aiuto e il servizio vanno
commisurati alle condizioni di bisogno, alle povertà e ai condizionamenti
sociali, economici, politici che li generano. Amare il povero significa senz'altro accostarsi a lui con
sentimenti di «compassione» sulla
scia del buon samaritano, ma significa
anche interrogarsi sul "perché"
egli è povero, e impegnarsi - come dice il Concilio - a liberarlo «dallo stato
di dipendenza altrui» e a farlo diventare «sufficiente a se stesso» (A.A.8).
Già Papa Leone XIII, scrivendo la lettera enciclica
«Rerum Novarum» aveva denunciato che i nuovi poveri - i proletari - erano
«folla», che le cause della loro condizione andavano ricercate nelle
«strutture economiche e sociali, e che di conseguenza la carità, intesa solo
come assistenza e beneficenza, era risposta inadeguata alla povertà; essa
doveva perciò saldarsi strettamente alla giustizia». Era lo Stato che doveva
farsi carico di salvaguardare i diritti di tutti ed era compito di tutti i
cristiani impegnarsi a costruire uno Stato capace di perseguire il bene comune.
L'enciclica di Giovanni Paolo II - «Sollicitudo Rei
Socialis» - dà a questa lettura delle povertà e delle ingiustizie un respiro
mondiale; parla di peccati individuali e di «strutture di peccato» (n. 36). La
«brama esclusiva dei profitto» e la «sete del potere» sono alla base di
«meccanismi perversi» della «divisione in blocchi sostenuti dalle ideologie»,
del sacrificio di interi popoli.
La carità è difesa dell'uomo
Cosa significa amare l'uomo in queste condizioni?
Qual è la carità vera? La risposta viene da un messaggio dell'enciclica, là
dove il Papa afferma «la realtà dell'essere umano... è fondamentalmente
sociale» (29): l'«uomo, quindi, per essere amato veramente, va raggiunto in
questa sua dimensione sociale così come storicamente si è configurata, in un
contesto quindi in cui oggi vige "l'ingiustizia della cattiva distribuzione
dei beni e dei servizi, destinati originariamente a tutti" (50): è da
questo contesto che l'uomo va aiutato a recuperare dignità e libertà».
Mons. Alfredo Battisti, commentando al convegno, il
passo dell'ultima enciclica, che parla di doverosa "opzione fondamentale
per i poveri", afferma che essa, nel quadro del bene comune, oggi
significa anche che: «La soddisfazione dei bisogni primari degli ultimi deve
avere la precedenza sui beni di consumo e di lusso» e che «Gli investimenti
produttivi di ricchezza devono essere finalizzati a creare posti di lavoro».
Il presule richiamava poi, a conferma di ciò, un
discorso di Giovanni Paolo II: «I bisogni dei poveri hanno priorità sui
desideri dei ricchi; i diritti dei lavoratori sulla massimizzazione dei
profitti; la produzione che concerne i bisogni sociali sulla produzione a
scapi militari». (Discorso in Canada - 1984).
L'impegno sociale e politico è la
verifica della carità
Perché lo Stato procuri veramente il bene comune è
necessario che tutti i cittadini vivano il dovere della partecipazione e che
siano disponibili anche ad accettare i sacrifici che il bene comune comporta;
ma soprattutto che si siano allenati, a livello personale e familiare, ad «alleviare
la miseria dei sofferenti vicini e lontani non solo con il superfluo, ma anche
con il necessario» (31).
Così la carità vissuta nel quotidiano sostiene e
alimenta la carità vissuta a livello sociale e politico; e l'impegno sociale e
politico diventa a sua volta la verifica che la carità e la passione per l'uomo
sono autentiche.
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