Notiziario del Centro italiano per
l'adozione internazionale
VENT'ANNI
DI ADOZIONE INTERNAZIONALE: ANALISI E RIFLESSIONI
(seconda parte)
Autorizzazione agli enti
Pur ritenendo insufficienti i requisiti di idoneità
previsti dai Ministeri per il rilascio delle autorizzazioni agli enti,
consideriamo che il rendere possibile l'adozione internazionale solo attraverso
tali organismi sia il primo passo fondamentale da compiere, l'unico modo per
condurre l'adozione di un bambino, straniero in una situazione di normalità,
incanalandola in binari ben identificati.
Si tratterà poi di esercitare su tali organismi dei
controlli sostanziali tesi a verificarne non solo le dichiarazioni di
principio ma anche l'operatività; dopo di che l'organismo si muoverà non solo in base alle proprie scelte, ma
anche nel rispetto delle condizioni che l'autorizzazione ha posto.
Se l'operato dell'organismo non è in sintonia con
quanto previsto, i Ministeri possono e debbono tempestivamente intervenire per
introdurre dei correttivi o per procedere alla sospensione e/o alla revoca
dell'autorizzazione.
Non ci nascondiamo che l'avere poi sul territorio
nazionale una numerosa presenza di organismi autorizzati creerà una nuova
serie di problemi, ma è anche vero che se le autorizzazioni saranno concesse
su verifiche sostanziali, i problemi non potranno che essere inferiori agli attuali.
Si tratta anche di trarre vantaggio dall'esperienza
di altri Stati che hanno già compiuto un percorso in questa direzione con
risultati soddisfacenti.
Anche alcuni Paesi di origine dei minori si sono già
orientati a rendere possibile l'adozione solo quando questa viene effettuata
attraverso organismi autorizzati: uno nel Paese d'origine e una nel Paese
d'adozione.
Crediamo sia un errore ritenere ««l'obbligatorietà»
una sorta di limitazione della libertà del cittadino, e a favore di questa
nostra posizione sottolineiamo alcuni motivi:
- il cittadino potrà sempre effettuare liberamente
le sue scelte fra organismi diversi che offrono impostazioni, metodologie e
servizi diversi,
- ci saranno meno coppie allo sbaraglio pronte a
divenire, per sprovvedutezza o per ignoranza, facili prede di discutibili
personaggi con pochi scrupoli,
- i rapporti con i Paesi stranieri migliorerebbero
sicuramente: allontanato ogni pericolo di irregolarità, e quindi di scandalo,
gli operatori italiani guadagnerebbero maggiore credibilità.
L'idoneità della coppia
Ecco un altro nodo cruciale che fa molto discutere e
sul quale ci sono opinioni contraddittorie.
Alcuni sostengono, dimostrando a nostro parere una
buona dose di superficialità e deresponsabilizzazione, che tutti coloro che desiderano
adottare sono di per sé idonei. Sarebbe come dire che il solo desiderio di
avere un bambino racchiuda tutti quegli elementi di equilibrio, di disponibilità,
di positività, di affettività, di capacità educative e di sacrificio che una
coppia deve possedere quando si propone come genitore.
Se fosse il solo fatto di procreare un figlio a
eleggerci al ruolo di genitori, non avremmo bambini rifiutati o abbandonati e
le strutture pubbliche si dovrebbero occupare solo di orfani, ma la realtà
appare essere molto diversa
È questa la testimonianza più evidente che non si
diventa genitori per caso, sempre se per genitori si intende una paternità e
maternità responsabile.
L'adozione non può che essere il frutto di una scelta
ponderata, maturata e verificata.
Si tratta di affidare un bambino che ha già sofferto,
che è già stato deprivato e la cui tutela è demandata a persone e/o enti che
istituzionalmente hanno il dovere di proteggerlo.
Questo significa farsi responsabilmente carico di
lui, della sua situazione e trovare per lui, attraverso gli strumenti a
disposizione, la miglior famiglia possibile in possesso dei presupposti per il
recupero della sua personalità attraverso un positivo rapporto familiare.
Scegliere coloro che in prospettiva potrebbero essere
i migliori genitori per quel bambino, non significa che chi non sarà scelto è
«cattivo», ma più semplicemente che la loro disponibilità non corrisponde ai
bisogni di quel bambino,.
Intendiamo dire che l'adozione non è un diritto ad
avere un figlio, ma più semplicemente una possibilità, e come tale c'è anche il
rischio dell'esclusione.
Sui criteri di valutazione dell'idoneità, il dibattito
è più che mai aperto. È indispensabile individuare almeno alcuni concetti
fondamentali e discuterli ampiamente con gli operatori sociali e i magistrati
al fine di creare, laddove è possibile, una base di lavoro comune.
La pluralità delle scuole di psicologia, e pertanto
le diverse interpretazioni, non dovrebbero costituire un ostacolo
insormontabile nella ricerca di una base di partenza comune. Al contrario
dovrebbero servire da stimolo al confronto e al dibattito teso all'affinamento
delle tecniche.
Lo scopo finale sarebbe la riduzione del rischio
d'errore.
Gli accordi bilaterali
Abbiamo già accennato alle difficoltà dell'interpretazione
e applicazione della legge; è evidente che gli stessi problemi esistono anche
negli altri Paesi. È impossibile che una legge, fosse anche la più perfetta,
si possa adattare alla legge di ogni singolo Paese dal quale arriva il bambino.
Il divario è ancora più ampio laddove l'adozione, e
di conseguenza la sua regolamentazione, rispecchia ordinamenti giuridici,
economici, sociali, culturali e religiosi diversi dai nostri.
Non sono rari i Paesi che pur consentendo la adozione
da parte di stranieri non residenti non l'hanno ancora regolamentata.
Sono queste le situazioni più altamente a rischio,
per non dire esplosive. Quando manca una guida a cui fare riferimento, la linea
di demarcazione fra lecito e illecito è quasi inesistente e troppo soggettiva.
Tutto può apparire legale sulla carta, tranne poi scoprire, ma ciò succede raramente
e quasi mai è fatto oggetto di indagini approfondite, che c'è stata una
«cessione di bambino» o un falso riconoscimento.
C'è una sorta di solidarietà nello stendere un velo
di silenzio riparandosi dietro l'alibi «che tanto il bambino è venuto a star
bene».
Anche se non ci arrendiamo (rientra nel nostri
programmi l'intensificazione dell'attività promozionale all'estero affinché
queste lacune siano colmate), siamo pienamente coscienti di quanto utopistico
sia aspettarci che nel giro di poco tempo ogni Paese legiferi su questo specifico
argomento.
Sono però proponibili soluzioni intermedie a breve
scadenza. Ci riferiamo agli accordi bilaterali tra Stato italiano e Stato
straniero, che rappresentano per noi l'unica strada percorribile, la sola in
grado di dare rapidamente i migliori risultati.
La realtà nella quale viviamo ci dimostra che gli
accordi tra Stati sono all'ordine del giorno e che tutte le attività con
l'estero sono rese possibili data l'esistenza di questi accordi.
Perché allora non sottoscriverli anche per un intervento
di umanità e solidarietà che dimostrerebbe inoltre una raggiunta maturità nel
farsi responsabilmente carico, ognuno per le proprie competenze, di un
problema che ci coinvolge tutti?
Queste sono le nostre aspettative, ma ci sono
aspettative anche nei Paesi d'origine dei bambini che contano su aiuti esterni,
oltre che sulle loro risorse, per raggiungere lo scopo che ci accomuna.
È possibile che all'occhio poco attento la posizione
del CIAI possa apparire rigida, quasi contraria all'adozione internazionale;
non è così! Siamo stati i primi ad incoraggiarla, ma proponendola sempre
nell'ottica di una sua regolamentazione che la renda praticabile quando serve
al bambino nel rispetto dei suoi diritti prioritari.
GABRIELLA MERGUICI
www.fondazionepromozionesociale.it