Prospettive assistenziali, n. 83, luglio-settembre 1988

 

 

RADIOGRAFIA DELLA CRIMINALITÀ MINORILE NEL PIEMONTE E NELLA VALLE D'AOSTA

PIERCARLO PAZÈ (*)

 

 

1. Un fenomeno decrescente in quantità e qualità

La delinquenza minorile in Piemonte e Valle d'Aosta (1) ha avuto un andamento ascendente dal 1950 al 1976, con un aumento intenso soprat­tutto negli anni fra il 1965 e il 1971 caratterizzati da un'immigrazione massiccia, disordinata e pri­va di ogni programmazione. C'è poi stata a partire dal 1977 una lenta anche se non costante fles­sione, con i minimi nel 1986.

Non è possibile visualizzare compiutamente le variazioni reali del fenomeno in questi ultimi an­ni sui dati grezzi dei procedimenti penali aperti o dei minori denunciati presso la procura della Repubblica per i minorenni di Torino, e ciò per­ché a partire dall'agosto 1983 (a seguito della sentenza n. 222 del 15 luglio 1983 della Corte co­stituzionale) si sono aggiunti anche i procedi­menti nei confronti di minori concorrenti nel rea­to con maggiorenni, prima giudicati dai tribunali ordinari, con l'ulteriore arrivo negli anni 1983, 1984 e 1985 dai tribunali ordinari di varie centi­naia di stralci da procedimenti arretrati delle po­sizioni dei minori coimputati con maggiorenni.

Solamente considerando che i dati della pro­cura della Repubblica per i minorenni di Torino devono essere depurati negli anni 1983 - 84 - 85 dell'incremento straordinario relativo a denunce per reati che erano stati commessi in anni pre­cedenti e che viceversa fino ai luglio 1983 non pervenivano le denunce dei minori concorrenti in reati con adulti, è significativa la serie nume­rica dei processi aperti per delitti (2), che sono stati 2023 nel 1980, 1881 nel 1981, 1523 nel 1982, 1824 nel 1983, 2198 nel 1984, 1985 nel 1985, 1727 nel 1986 e 1591 nel 1987. Valutando prudenzial­mente, per il 1980, che i processi avanti ai giudi­ci ordinari per delitti possano essere stati circa 400, e calcolando perciò per quell'anno in circa 2400 il numero complessivo dei procedimenti contro minori denunciati quali autori di delitti commessi da soli o in concorso con adulti nelle due regioni, appare rilevante il salto fra i circa 2400 procedimenti del 1980 e i 1727 del 1986 e ancora i 1591 alla fine del 1987, con una diminu­zione in sette anni di più del 30%.

C'è stata nelle due regioni una discesa ancora più netta della criminalità minorile sotto il profi­lo qualitativo, come si rileva dalla caduta dei pro­cedimenti della procura per i minorenni di Torino per delitti contro la persona: 480 nel 1980, 526 nel 1981, 353 nel 1982, 468 nel 1983, 456 nel 1984, 387 nel 1985, 191 nel 1986 e, con piccolo ulterio­re calo, 180 nel 1987. Da più di due anni nessun minore è denunciato per omicidio consumato in Piemonte e Valle d'Aosta (l'ultima denuncia si ri­ferisce ad un omicidio del 28 aprile 1985 e l'im­putata minorenne è stata assolta con sentenza definitiva per insufficienza di prove).

Mediamente costanti sono invece i procedi­menti per delitti contro il patrimonio (1086 nel 1980, 1071 nel 1981, 945 nel 1982, 1065 nel 1983, 1398 nel 1984, 1586 nel 1985, 1230 nel 1986, 1166 nel 1987); in diminuzione i procedimenti per delitti diversi da quelli contro la persona e il patri­monio (457 nel 1980, 284 nel 1981, 225 nel 1982, 301 nel 1983, 344 nel 1984, 427 nel 1985, 306 nel 1986 e 245 nel 1987).

La tendenza decrescente della delinquenza mi­norile è confermata dai dati (3) degli ingressi dei minori maschi dalla libertà, per arresto o ferma, nell'istituto di osservazione Ferrante Aporti di Torino: 577 nel 1980, 653 nel 1981, 679 nel 1982, 610 nel 1983, 460 nel 1984, 501 nel 1985 (anno di forte incremento degli arresti dei nomadi slavi), 356 nel 1986, 374 nel corso del 1987. Quanto alle minori femmine a disposizione dell'autorità giu­diziaria minorile di Torino gli ingressi nello stes­so istituto dalla libertà sono stati 125 dal 23 feb­braio 1985 (data di apertura della sezione femmi­nile) al 31 dicembre 1985, 77 nel 1986, 89 nell'87.

 

2. Quale delinquenza? La droga

Osservando all'interno delle cifre per sceve­rare il volto della delinquenza minorile degli an­ni ottanta nelle regioni subalpine risultano pre­valenti due fenomeni nuovi, almeno quanto a di­mensioni: i delitti commessi da minori dediti al consumo di stupefacenti, per procurarsi il dena­ro necessario all'acquisto della droga; e i delitti commessi da zingari stranieri, soprattutto slavi. Entrambi i fenomeni assumono una certa am­piezza tanto che, se si potesse per ipotesi estra­polare i reati commessi da zingari stranieri e da tossicodipendenti, la diminuzione della delin­quenza in Piemonte e Valle d'Aosta fra gli altri minori dovrebbe essere considerata molto più rilevante.

Una descrizione e valutazione della tossicodi­pendenza minorile nelle due regioni, tratta dai procedimenti giudiziari aperti dal tribunale per i minorenni di Torino, è già stata presentata nel novembre 1984 al convegno nazionale dei giudici minorili di Venezia (4). Si deve qui solo aggiun­gere che, secondo il parametro statistico dell'in­tervento giudiziario (limitatamente rappresenta­tivo della situazione reale, abbastanza scono­sciuta), il fenomeno della tossicodipendenza mi­norile sta seguendo un andamento parabolico, con il picco massimo negli anni 1980, 1981 e 82 e una successiva lenta linea in discesa.

Sul legame tossicodipendenza-criminalità mi­norile possono essere ulteriori indicatori signi­ficativi i dati degli ingressi dalla libertà di mino­ri con problemi di tossicodipendenza (legata non solo all'assunzione di eroina, ma anche di farma­ci o di una qualsiasi altra sostanza, in grado co­munque di alterare lo stato di coscienza dell'in­dividuo) rilevati presso l'istituto Ferrante Aporti di Torino (5). Da essi emerge che l'inizio del fe­nomeno - almeno a livello di consapevolezza ria parte della istituzione carceraria - va individuato nel 1978 (11 casi, di cui 1 di droga leggera) e che, dopo una crescita abbastanza netta, si è ritornati negli anni 1985-1986 e 1987 a numeri relativa­mente contenuti (6):

 

Anni

Totale ingressi

eroina

Minori tossicodipendenti da

altro

totale

morfina

hashish

1978

553

10

-

1

-

11

1979

585

13

-

112

-

15

1980

575

36

2

2

-

40

1981

653

40

-

-

3

43

1982

679

50

-

4

2

56

1983

610

14

-

-

-

14

1984

460

17

-

6

1

24

1985

501 + 125f

6 + 5f

-

4

1 + 1f

12 + 6f

1986

356 + 77f

7 + 5f

-

2

- + 2f

9 + 7f

1987

374 + 89f

11 + 6f

-

3 + 2f

6 + 1f

20 + 9f

 

3. Gli zingari stranieri

Un evento ancora più rilevante degli anni ot­tanta è stato l'affermarsi in Piemonte e Valle di Aosta, quale dato strutturale, di una consistente fetta di criminalità minorile rappresentata da stranieri, per la quasi totalità zingari slavi.

Gli ingressi dalla libertà (7) di minori stranieri maschi nell'istituto Ferrante Aporti di Torino so­no stati 56 su 653 (8,57%) nel 1981, 69 su 679 (10,16%) nel 1982, 68 su 610 (11,15%) nel 1983, 60 su 460 (13,04%) nel 1984, 165 su 501 (32,93%) nel 1985, 72 su 356 (20,22%) nel 1986, 55 su 374 (14,71%) nel 1987.

Quanto alle minorenni straniere, gli ingressi in carcere dalla libertà sono stati 81 su 118 (68,64%) nel 1981 e 84 su 111 (75,68%) nel 1982, anni in cui esse erano ancora detenute con le adulte. Dal 23 febbraio 1985, apertura della sezione fem­minile presso il Ferrante Aporti, gli ingressi dal­la libertà delle ragazze straniere dipendenti dal­la procura della Repubblica per i minorenni di To­rino (la sezione femminile di Torino comprende anche le detenute dipendenti dalla magistratura genovese) sono stati 93 su 125 (74.4%) dal 23 febbraio alla fine anno 1985, 49 su 77 (63,64%) nel 1986, 73 su 89 (82,02%) nel 1987; in questi ultimi tre anni solo due minori straniere, una nel 1985 e una nel 1987, non erano zingare.

Più significativi paiono essere alcuni dati rela­tivi agli anni più recenti sul numero complessivo di soli zingari stranieri (maschi più femmine) de­nunciati nella circoscrizione del tribunale mino­rile torinese quali autori di reati (8). Essi sono stati 988 nel 1985 (equivalenti al 23% dei 4199 minori denunciati nel distretto) di cui 286 in sta­to di arresto (40,62% del totale dei 704 arresta­ti) e 702 a piede libero (20,08% del totale dei 3495 denunciati a piede libero). Nel 1986 i noma­di stranieri denunciati sono scesi a 352 (equiva­lenti all'11,49% dei 3064 minori denunciati nel distretto) di cui 116 in stato di arresto (25,27% del totale di 459 arrestati) e 236 a piede libero (9,06% del totale di 2605 denunciati a piede libe­ro). Nel 1987 c'è stato un aumento a complessivi 4966 zingari stranieri denunciati (equivalenti al 16,08% del totale dei 3084 minori denunciati), di cui 133 in stato di arresto (25,93% del totale dei 513 arrestati) e 363 a piede libero (14,12% sul totale dei 2571 denunciati a piede libero).

Le cifre si prestano ad alcune considerazioni. Anzitutto, in relazione ad una presenza media dl zingari stranieri (slavi soprattutto, ma anche ru­meni, turchi e polacchi) valutata in circa 1500 persone (di cui circa 700 nei campi sosta di To­rino città), la proporzione dei minori che com­mettano reati è altissima. E se una piccola parte degli autori di reati in Piemonte e Valle d'Aosta sono accampati in altre regioni, ad esempio in Lombardia o a Roma, è anche vero che molti ra­gazzi delle famiglie che sostano nei campi del Piemonte vanno a rubare anche in Liguria, in Lombardia, Emilia, in Toscana e in altre regioni.

Il fenomeno dei furti commessi dai minori zin­gari è in parte gestito da piccole ed embrionali organizzazioni che attuano forme di sfruttamen­to dei minori. Lo rivela la continua ascesa dei mi­nori denunciati fino al 1985 (anno in cui il 40% dei minori arrestati e il 20% dei ragazzi arrestati a piede libero per reati commessi nel distretto erano nomadi stranieri) e la caduta nel 1986 e all'inizio del 1987 a seguito essenzialmente dell'in­chiesta giudiziaria della procura della Repubbli­ca di Milano sul traffico dei bambini «argati» e dell'arresto di alcuni che tenevano le fila del mercato. Le modalità assolutamente non sinto­matiche di una devianza adolescenziale nella commissione dei furti (in alloggi, quasi sempre con uso di grossi cacciavite per scardinare le porte di ingresso), il trovarsi sovente i bambini autori dei reati senza i genitori (rimasti in Jugo­slava o comunque lontani), gli spostamenti per rubare da una città e da una regione all'altra, il possesso diffuso di documenti falsi, il furto sem­pre di gioielli destinati ai ricettatori, confermano l'esistenza di piccole associazioni organizzate e le radici profonde del fenomeno che, per la ab­bondanza di guadagni che assicura, sarà difficile da distruggere. A noi pare non si tratti di crimi­nalità minorile, ma di delinquenza di adulti, per riconoscere la quale occorrerebbero indagini at­tente e organiche che nel distretto della Corte di appello di Torino non sono state finora svolte da parte della autorità giudiziaria ordinaria. Sembra di rilevare anche che, mentre per alcune famiglie il furto è necessità e mezzo di sussi­stenza, per altre esso è diventato strumento di arricchimento.

La presenza degli zingari stranieri costituisce ormai una costante del sistema carcerario mino­rile: se essi rappresentano oggi in termini per­centuali circa il 15% degli ingressi dei maschi e i quattro quinti degli ingressi delle femmine, oc­corre considerare che la permanenza media del nomade straniero, per difficoltà di identificazione o perché più volte recidivo, è mediamente più lunga di quella del minore italiano. Ci siamo po­sti allora il problema del valore della detenzione per il ragazzo nomade, il quale per lo più vive la permanenza carceraria negativamente, solo co­me motivo di allontanamento dal proprio gruppo, con conseguente accettazione meramente passi­va delle regole interne, per cui l'istituzione co­munque non può perseguire scopi pedagogici ed educativi. Anche, e soprattutto, per i nomadi stranieri pare dunque che il carcere, salvo alcu­ne eccezioni, non abbia significato e che la lotta contro la criminalità vada attuata con interventi sociali sul territorio.

Infine, l'altissimo numero di denunce a piede libero di zingari stranieri si riferisce soprattutto a ragazzi di otto - dieci - dodici anni. o comunque infraquattordicenni, che non conoscono la scuo­la e sono mandati a mendicare o a rubare. Basti notare che nel 1985 sui 4199 minori denunciati, 1002 (il 23,86%) erano infraquattordicenni, per la stragrande maggioranza nomadi slavi; nell'86 i minori infraquattordicenni denunciati sono sta­ti solo più 451 su 3064 (14,72%), meno della me­tà dell'anno precedente, con una caduta deter­minata dal processo di Milano contro gli orga­nizzatori della tratta dei bambini «argati»; per il 1987 sono scesi a 388 su 3084 (12,58%) (9) (10).

 

4. Quale delinquenza

A parte tossicodipendenti e zingari stranieri, per i quali necessariamente le valutazioni socio­logiche sono diverse, occorre chiedersi quale sia la tipologia degli altri ragazzi che commettono reati.

Dieci anni fa l'immagine di un adolescente che entrava a Torino al Ferrante Aporti assommava molte di queste condizioni di rischio: ritardo di crescita e maturazione, per eredità biologica o difetto di stimoli derivante da modelli parentali deficienti; mancanza di famiglia o esperienza fa­miliare negativa (genitori separati, maltratta­menti, assenza educativa del padre per il doppio lavoro o la lontananza, ecc.); appartenenza ad una famiglia immigrata, ciò che produceva pro­blemi di accettazione nell'ambiente diverso e il venir meno del controllo sociale del mondo di origine; istituzionalizzazione in qualche periodo della vita; ritardo scolastico nella fascia dell'ob­bligo; e, soprattutto, crescita in alcune determi­nate zone della città, differenziate dalle altre, destinate agli strati più poveri della popolazione e caratterizzate da un alto tasso di delinquenza e irregolarità, dove avveniva un fenomeno di tra­smissione culturale di modelli e valori crimi­nali (11).

Questa situazione è mutata di poco. È certa­mente più raro che un ragazzo che delinque sia stato in istituto (in quanto in Piemonte e Valle di Aosta moltissimi istituti sono stati chiusi e da più di dieci anni, comunque, servizi e tribunale per minorenni hanno attuato una politica massic­cia di deistituzionalizzazione); i ragazzi non sono più nati nel sud ma ormai prevalentemente figli di immigrati, le situazioni abbandoniche sono più sfumate (per quelle nette è già intervenuta l'ado­zione); non ci sono più povertà materiali clamo­rose (perché con l'assistenzialismo ogni famiglia ha qualcosa da mangiare). Tuttavia il ragazzo che delinque appartiene fondamentalmente ancora a strati poveri, proviene da famiglie numerose con grosse difficoltà abitative e oggi più che ieri i suoi familiari e lui stesso hanno problemi di man­canza di lavoro.

Pare doversi invece segnalare, come elemento di novità degli ultimi anni, il passaggio da una criminalità minorile concentrata in alcune aree urbane disgregate e in insediamenti monosociali ad una criminalità polverizzata sul territorio, pur rimanendo soprattutto urbana. La devianza, in sostanza, è territorialmente più diffusa.

Per quanto riguarda la città di Torino, il feno­meno per cui tre soli quartieri (Mirafiori sud, Centro e Vallette) negli anni 1975-1976 assom­mavano quasi la metà degli arresti e delle denun­ce rispetto agli altri venti quartieri si è modifi­cato. Nel corso del 1985, dieci anni dopo, dei 196 minori entrati al Ferrante Aporti e residenti a Torino, due quartieri avevano più di venti arrestati (Vallette 24, Falchera 22), sei quartieri fra 11 e 20 arrestati, cinque quartieri fra 6 e 10 arrestati, gli altri dieci quartieri fra uno e 5 arrestati. De­cresciuto il numero di reati in Torino città (per la diminuzione degli abitanti e della popolazione minorile, per il cessare dell'immigrazione, per in­terventi sociali più pregnanti messi in essere), la criminalità sembra preoccupante in alcuni cen­tri della prima cintura torinese (ai quali appar­tengono gran parte dei 79 arrestati della provin­cia, escluso Torino, del 1985), mentre, propor­zionalmente alla popolazione, è abbastanza mo­desta nelle rimanenti province: i dati degli arre­sti, nel 1985, sono di 18 minori nella provincia di Asti, di 29 nella provincia di Alessandria, di 12 nella provincia di Vercelli, di 24 nella provincia di Novara, di 10 nella provincia di Cuneo, di 4 nel­la regione Valle d'Aosta. La distribuzione com­plessiva dei 372 ragazzi arrestati nel corso del 1985 residenti in Piemonte e Valle d'Aosta con­ferma tuttavia l'importanza del dato urbano co­me fattore criminogeno: la città di Torino la cui popolazione è attualmente pari a circa il 23% del­la popolazione del distretto, ha il 56,69% degli arrestati; Torino e la sua provincia, con una po­polazione pari a circa la metà dell'intera popola­zione del distretto, hanno il 73,92% degli arresta­ti (12). L'ipotesi che lega lo sviluppo della crimi­nalità minorile soprattutto al risiedere in aree urbane deteriorate e prive di servizi resta dun­que valida.

Altro dato costante è quello della correlazione fra mortalità scolastica e criminalità. Le indagini che erano state svolte negli anni settanta circa i guasti provocati sui minori dall'uscita dal siste­ma scolastico trovano conferma nelle ricerche a campione svolte negli anni successivi, e fino ad oggi, nel senso che la maggior parte dei ra­gazzi denunciati per delitti, ma anche per con­travvenzioni, hanno alle spalle uno o più insuc­cessi scolastici e, spesso, l'abbandono. A titolo di campionatura, dei 26 detenuti (23 maschi e 3 femmine) presenti al Ferrante Aporti il 4 maggio 1987, 3 sapevano solo fare la firma, 3 avevano so­lo la licenza elementare, 6 avevano iniziato le medie lasciandole dopo ripetute bocciature, 8 avevano conseguito la licenza media in ritardo dopo una o più bocciature (uno di essi nel corso della detenzione), solo 6 risulterebbero avere avuto una scolarità regolare fino alla licenza me­dia; nessuno aveva iniziato le scuole supe­riori (13).

Un dato costante è ancora quello dei minori coimputati con adulti, che rappresenta circa il 20% del numero totale dei minori denunciati. Per esempio, nel corso del 1987, su un totale di 2696 minori imputabili denunciati, quelli che ave­vano commesso il reato in concorso con adulti erano 518, pari al 19,21% (14). Nell'area piemon­tese-valdostana la coimputazione con adulti non significa, nella prevalenza dei casi, contiguità con la criminalità organizzata; per lo più si tratta di concorso con soggetti che hanno da poco com­piuto i diciotto anni o comunque appartenenti alla fascia dei giovani adulti.

Se si prescinde dagli zingari stranieri, la de­vianza dei minori infraquattordicenni appare as­solutamente marginale.

 

5. La gestione giudiziaria della criminalità minorile

Nella gestione giudiziaria della criminalità, la magistratura minorile torinese ha fatto da anni la scelta di fondo di dare prevalenza all'intervento civile di protezione sul territorio, in alternanza all'utilizzo di istituzioni chiuse come carcere, ri­formatorio e case di rieducazione, in adesione al­la sentenza della Corte costituzionale n. 46 dell'11 aprile 1978 secondo cui il ricovero di un mi­nore in carcere o riformatorio ha carattere resi­duale dopo che sono state inutilmente esperite tutte le altre possibilità di intervento. Ciò è sta­to possibile, quanto al mandare meno minori in carcere, attraverso la dilatazione delle formule terminative indulgenziali previste per i minori, il perdono e soprattutto l'assoluzione per imma­turità; in sostanza la pena del carcere viene nel­la assoluta maggioranza dei casi solo minacciata con il processo, ma non irrogata: e l'essere sot­toposto a processo costituisce di per sé la pena.

In questa prospettiva, al di là di marginali di­vergenze, c'è stata omogeneità di scelte fra pro­cura della Repubblica e tribunale per i minorenni. Il ruolo attivo dell'ufficio della procura nella de­flazione carceraria si è esercitato nel contenuto numero di richieste di citazioni a giudizio e, quindi, nella definizione già in istruttoria della maggior parte dei processi. Mentre negli anni 1977-1978 (15) la procura definiva il 33,3% dei procedimenti con richiesta di decreto di archi­viazione, il 35,4% con richiesta di sentenza di non doversi procedere per immaturità, perdono o motivi di merito o processuali, il 31,3% con ri­chiesta di decreto di citazione a giudizio, oggi più di quattro quinti dei processi sono definiti dalla procura minorile con richiesta di archivia­zione o di non doversi procedere in istruttoria; e solo il 21% nel 1983, il 14% nel 1984 il 19% nel 1985, il 16% nel 1986 dei procedimenti hanno avuto come esito una richiesta di citazione a giu­dizio. Nell'intero anno 1987 su 3084 procedimen­ti penali definiti dalla procura minorile torinese, solo per 354, pari all'11,48%, si è avuto la richie­sta di citazione a giudizio, mentre per 333 (10,80 per cento) si è richiesto non doversi procedere per non imputabilità o perdono o motivi di meri­to o processuali (soprattutto amnistia) (16).

La constatazione dell'essere il carcere minori­le non solo inutile ai fini di rieducazione e emen­da, ma produttore di ulteriore elevata disgrega­zione nei suoi utenti ha indotto l'ufficio della pro­cura anche a tenere i ragazzi per meno tempo in carcerazione preventiva e, per questa via, a ri­durre il numero delle presenze giornaliere. Ci sono stati ogni giorno mediamente nella sezione maschile del Ferrante Aporti 50,27 ragazzi nel 1983, 38,16 nel 1984, 39,23 nel 1985, 24,87 nel 9986 e 4,5 nel 1987 (17). Un carcere poco affol­lato consente di attuare un intervento educativo più efficace per quei pochi che vi devono rima­nere detenuti.

Il mezzo principale per trattenere meno i ra­gazzi in carcere è stata la concessione immedia­ta, dopo l'interrogatorio e fuori dei casi in cui sussistessero esigenze istruttorie, della libertà provvisoria: è aumentato così il numero delle carcerazioni preventive brevissime, inferiori ai cinque giorni, che erano nel 1984 per i maschi il 40%, nel 1985 il 25% per i maschi e il 21% per le femmine, nel 1986 il 44% per i maschi e il 26% per le femmine; e che sono salite nel 1987 al 55% per i maschi e al 60% per le femmine.

La decarcerizzazione è stata attuata, per reati gravi o in presenza di situazioni particolari che suggerivano il mantenimento di qualche forma di contenimento, in parte attraverso il nuovo isti­tuto degli arresti domiciliari, introdotti, come è noto, con la legge 398/1984. C'è stata verosimil­mente all'inizio una diffidenza verso la nuova for­ma di detenzione domestica, che non aveva fatto parte di quel complesso di richieste che negli anni precedenti la magistratura minorile aveva discusso e approfondito; e forse era allora par­so che la forma stessa degli arresti domiciliari, vissuti all'interno di quella stessa famiglia le cui manchevolezze erano almeno in parte alle radici delle scelte dissociali del minore, non potesse riuscire educativamente utile. Di qui 1o scarso ricorso a questo strumento nel primo anno di applicazione, 1985, quando gli arresti domiciliari sono stati concessi dalia procura minorile a 3 maschi e 4 femmine; con invece un piccolo au­mento nel 1986 (17 maschi e 4 femmine) e nel 1987 (19 maschi e 5 femmine) (19). Parrebbe che gli arresti domiciliari potrebbero assumere, se adeguatamente preparati e sostenuti dai servizi, una efficace funzione alternativa alle carcerazio­ni di media durata, in una gestione giudiziaria che tenda a svuotare il carcere minorile.

Nella stessa linea di decarcerizzazione di fat­to si situa la scelta giurisprudenziale del tribu­nale per i minorenni di applicazione estesa degli istituti indulgenziali previsti dall'ordinamento, con un numero di condanne relativamente ridot­to (20).

Prendendo ad esempio l'anno 1985, alla denun­cia per delitti o contravvenzioni di complessivi 4199 minori (3197 imputabili e 1002 non imputa­bili) è corrisposta la condanna da parte del tribu­nale, a seguito di dibattimento, di 69 minori (40 con la condizionale, 29 senza) corrispondenti al 2,1% dei 3197 minori imputabili comunque de­nunciati. Nel corso del 1986, mentre erano giun­te in procura denunce di 3064 ragazzi (2613 im­putabili, 451 infraquattordicenni) ci sono state condanne di 55 imputati (36 con la condizionale, 19 senza) corrispondenti ancora al 2,1% rispet­to ai 2613 minori imputabili comunque denuncia­ti nell'anno alla procura. Infine, nel 1987, essen­do stati denunciati alla procura 3084 minori (2696 imputabili, 388 infraquattordicenni) il tri­bunale ha pronunciato solo 60 condanne (39 con la condizionale, 21 senza), corrispondenti al 2,23% dei minori imputabili denunciati nel corso dell'anno.

Può essere ancora opportuno approfondire le scelte giudiziarie del tribunale per i minorenni quanto alla scelta fra le due conclusioni indul­genziali dell'assoluzione per non imputabilità e del perdono. Per quanto riguarda le sentenze emesse in camera di consiglio, mentre fino a tut­to il 1983 prevalevano i perdoni giudiziali, dal 1984 hanno invece avuto netta prevalenza le di­chiarazioni di non procedere per non imputabili­tà: 221 perdoni contro 347 dichiarazioni di non imputabilità nel 1984, 168 contro 567 nel 1985, 171 contro 472 nel 1986, 101 contro 153 nel 1987. In dibattimento nel 1985 ci sono stati 52 ragazzi che hanno avuto il perdono e 93 che sono stati assolti per non imputabilità; mentre nel 1986 c'è stato un capovolgersi del rapporto, con 57 per­doni e 45 non imputabilità, nel 1987 hanno di nuo­vo prevalso in dibattimento le non imputabilità, con 44 perdoni e 65 non imputabilità.

Può complessivamente osservarsi che, fra camera di consiglio e dibattimento, c'è una netta prevalenza, dell'ordine di due terzi, delle assolu­zioni per non imputabilità sui perdoni. La prefe­renza per la formula della non imputabilità è di­retta conseguenza dell'approfondimento della si­tuazione socio-familiare del ragazzo, e quindi co­stituisce riconoscimento delle difficoltà che egli ha incontrato a fare scelte libere, ma è anche le­gata alla ripetibilità della formula (mentre, con­cedendo il perdono, il tribunale per reati succes­sivi dovrebbe pervenire ad una condanna).

Il tribunale minorile di Torino ha invece fatto finora ridotta applicazione delle sanzioni sosti­tutive delle pene detentive brevi, introdotte dal­la legge 689/1981. Esse sono state 4 nel 1982 (di cui 2 libertà controllate e 2 pene pecuniarie), 4 nel 1983 (2 semidetenzioni e 2 libertà controlla­te), 2 nel 1984 (1 semidetenzione e 1 libertà con­trollata), 6 nel 1985 (4 semidetenzioni, 1 libertà controllata e 1 pena pecuniaria), 5 nel 1986 (3 semidetenzioni, 2 libertà controllate), 2 nel 1987 (2 semidetenzioni).

Come si giustifica tale scarsa presenza del nuovo istituto? Può rispondersi che, essendoci state poche condanne, non potevano esserci molte sanzioni sostitutive. E tuttavia le sanzioni sostitutive non sono state applicate in vari casi in cui potevano esserlo, forse perché è dura a morire anche nei giudici minorili una cultura del carcere. In sostanza rimane in fondo una con­vinzione che, qualche volta, nei confronti degli zoccoli duri, il carcere fa bene, svolge come isti­tuzione chiusa un ruolo di supplenza rispetto al­le inefficienze della società.

In questa logica si spiega un altro date forse sconcertante, l'ancora ricorrente utilizzo della misura di sicurezza del riformatorio giudiziario. Il tribunale per i minorenni di Torino ha condan­nato al riformatorio 2 ragazzi nel 1980, 2 nel 1981 3 nel 1982, 4 nel 1983, 3 nel 1984, 10 nel 1985. 5 nel 1986, 2 nel 1987. Una piccola inchiesta sui ragazzi che erano stati condannati al riformato­rio negli anni precedenti ha mostrato che quasi tutti ora si trovano detenuti nelle carceri degli adulti; la misura non solo è stata inutile, ma si è rivelata confermativa di situazioni e di immagi­ni di devianza, aggravandole. Malgrado questi fallimenti, il riformatorio viene ancora valutato, nella sua ambiguità di fondo fra sanzione e edu­cazione, come un possibile strumento. In positi­vo deve rilevarsi che la misura del riformatorio non è mai stata attuata dal tribunale per i mino­renni di Torino nel confronti di infraquattordicenni; neppure se si trattava di zingari slavi, es­sendosi preferite sempre per essi misure di pro­tezione sul piano sociale.

 

6. Alcune valutazioni conclusive

È opportuno esprimere, a questo punto, alcu­ne valutazioni conclusive.

La lenta e progressiva diminuzione della crimi­nalità minorile nel decennio dal 1977 al 1986 nel­le regioni Piemonte e Valle d'Aosta trova spiega­zione in cause eterogenee e concomitanti: la cessazione dell'immigrazione selvaggia e un me­no difficile inserimento dei ragazzi già nati qui; gli interventi sociali posti in essere negli anni settantacinque-ottanta; la presenza di un tessu­to umano solido che ha saputo offrire molte ri­sorse; le numerose presenze di solidarietà nel privato; la riduzione consistente della popolazio­ne minorile. Non è forse azzardato dire che la criminalità dei giovani nelle due regioni è ai li­velli più bassi possibili attualmente, assoluta­mente fisiologici; e che ulteriori salti in diminu­zione potrebbero avvenire solo come una conse­guenza di cambiamenti socio-economici che inci­dano radicalmente su cause di disgregazione, disoccupazione, grossi squilibri. In certo senso, paradossalmente, si dovrebbe essere stupiti che, malgrado le molte cose che non vanno, la delin­quenza minorile sia scesa sia qualitativamente sia quantitativamente alle attuali misure.

La scelta della magistratura minorile torinese, portata avanti sempre più a fondo, della decarce­rizzazione e, più in generale, della deistituzio­nalizzazione, puntando invece su interventi edu­cativi che avvenissero in condizioni di libertà sul territorio, non è stata né lassismo né indulgen­zialismo e ha trovato convalida nella decrescen­te criminalità minorile. Pare di poter affermare che avere messo meno ragazzi in carcere: e per meno tempo, ha voluto dire creare meno delin­quenti. Dopo essersi impegnati per fare del Fer­rante Aporti un carcere di tipo nuovo, i giudici minorili torinesi si sono accorti che anche il car­cere più perfetto rappresentava per i ragazzi, nel migliore dei casi, un momento vuoto e, spesso, un elemento distruttivo; e che invece, lavorando sul fuori, a contatto con la scuola, le istituzioni, le forze sociali, si giocava il successo del loro mestiere di persone delegate a coniugare insie­me difesa sociale e protezione del minore

C'è però nei magistrati minorili torinesi una diffusa preoccupazione per una caduta di atten­zione sul sociale e di investimenti nel sociale, con riferimento ai bisogni minorili, che pare di intravedere da qualche tempo; e per una dege­nerazione del tessuto umano, nel diffondersi e prevalere di filosofie e scelte economiche che privilegiano la logica dell'accumulo e del profitto su quella della solidarietà. Il venir meno di im­portanti risorse di sostegno sul territorio ai ra­gazzi in difficoltà e la disperazione dei giovani lasciati soli e senza lavoro potrebbero essere le condizioni atte a far risalire qualitativamente e quantitativamente la criminalità minorile Alcuni segni, come il lievissimo aumento nel 1987 ri­spetto all'anno precedente dei minori imputabili denunciati e degli ingressi dalla libertà al carce­re, devono destare attenzione. Se la magistratu­ra minorile, in assenza di altre risorse significa­tive, si vedesse costretta a dare di nuovo agli adolescenti in difficoltà come risposta il Ferran­te Aporti, si ricreerebbe il giro vizioso della de­linquenza che provoca il carcere e del carcere che provoca la delinquenza.

 

 

(*) Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Torino. L'intervento è stato presentato al Congresso nazionale dell'Associazione Giu­dici per i minorenni (Salerno 7-10 maggio 1987) dedicato a «Criminalità minorile: quanta, quale e perché». Gli Atti del Congresso, di cui questa relazione fa parte, sono pub­blicati da Unicopli, Milano, 1988.

(1) I dati nel testo a stampa sono stati aggiornati a tutto il 31 dicembre 1987.

(2) Fonte: Segreteria della Procura della Repubblica per i minorenni di Torino (Segretaria Laura Penna). I dati comprendono anche i procedimenti per delitti nei con­fronti di minori non imputabili.

(3) Dati dell'ufficio matricola dell'Istituto Ferrante Aporti (Agente Sebastiano Cagliero).

(4) Intervento di R. Nebiolo, in AA.VV., Droga e minori, a cura di G. Barbarito, Unicopli, Milano 1986, pp. 88-96.

(5) I dati sono stati raccolti e elaborati dagli educatori Bruno Costa e Anna La Gatta e già in parte resi noti, per il primo periodo, in un documento Il problema della tos­sicodipendenza dell'Istituto Ferrante Aporti, a firma degli educatori dell'Istituto Ferrante Aporti, del giugno 1985. Le fonti del rilievo sono state: a) conoscenza mediata dall'evidenza, allorquando il minore entrava in carcere con una chiara sintomatologia di astinenza da sostanze stupefacenti, specificamente eroina; b) conoscenza rica­vata dall'osservazione di una presenza in stato confusio­nale, evidentemente riportabile all'assunzione di una qual­che sostanza che aveva influito sullo stato di coscienza del minore; c) dichiarazione fatta dal minore stesso al momento dell'ingresso in carcere, all'ufficio matricola; d) dichiarazione del minore, in fase di colloquio (di primo ingresso o no) circa esperienze, comunque non rilevabili esternamente all'ingresso, in fatto di uso di droghe (anche se il minore, al momento dell'ingresso in carcere, non as­sumeva droghe pesanti, si è tenuto conto in positivo del­la sua dichiarazione quando egli rivestiva le caratteristi­che, in particolare psicologiche e personali, del tossico­dipendente); e) risultanze della visita medica del sanita­rio dell'Istituto o delle analisi del sangue effettuate pres­so l'ufficio di igiene del Comune di Torino, che consenti­vano di individuare postumi o lati sfuggenti ad una osser­vazione superficiale e anche di verificare le informazioni fornite dal minore al momento dell'ingresso in carcere.

Pur con queste avvertenze metodologiche i dati degli ingressi di minori con esperienze di tossicodipendenza nell'Istituto Ferrante Aporti potrebbero essere erronei per eccesso (possibilità che qualche minore si sia dichia­rato tossicodipendente nella speranza di averne dei bene­fici processuali o al fine di ricevere delle sostanze sosti­tutive) o, più verosimilmente, per difetto (poiché spesso i minori al momento dell'ingresso in carcere tacciono sull'assunzione attuale di droghe pesanti e la loro condizio­ne emerge solo in periodi più tardi o da adulti).

È chiarissimo come i dati riportati nella tabella siano di nessun significato, e pecchino gravemente per difetto, quanto all'uso di droghe leggere, risultante solamente dalle dichiarazioni spontanee degli stessi minori.

(6) La tabella indica, a partire dal 23 febbraio 1985, quando è stata aperta la sezione femminile del Ferrante Aporti, anche le femmine (con la lettera f).

(7) Fonte: Ufficio matricola dell'Istituto Ferrante Apor­ti. I dati comprendono un numero non irrilevante di mino­ri infraquattordicenni, il cui arresto o fermo non è poi stato convalidato, ovvero riconosciuti tali nel corso dell'istruttoria a seguito di perizia auxologica o dl acquisi­zione di documentazione circa l'identità reale; e inoltre alcuni pochissimi ultraquattordicenni denunciati come minorenni e di cui successivamente sono state rilevate le reali generalità.

(8) Fonte: Segreteria della Procura della Repubblica per i minorenni di Torino. I dati si riferiscono al minori complessivamente denunciati (un minore che ha avuto successivamente 3 denunce è stato conteggiato 3 volte) e sono comprensibili anche delle denunce dei minori non imputabili. Le cifre degli arrestati comprendono anche al­cuni imputati di reati commessi da minorenni arrestati a seguito di ordine di cattura allorché erano già maggiori di età ed entrati quindi nelle carceri degli adulti; e vari minori che, dopo essere stati arrestati, hanno ottenuto la libertà provvisoria dal pretore o procuratore della Repub­blica del luogo dell'arresto, su delega telefonica del pro­curatore della Repubblica per i minori, senza quindi fare Ingresso al Ferrante Aporti (tali prassi si è estesa nel 1986 e 1987). Ciò spiega la differenza fra ingressi dalla libertà al Ferrante Aporti (in numero minore) e imputati arrestati per reati commessi da minori (che sono di più).

(9) Fonte: Segreteria della Procura della Repubblica per i minorenni di Torino.

(10) Per valutazioni più generali sul problema dell'in­tervento giudiziario si rinvia a N. De Piccoli - P. Pazè, I minori zingari: risposta giudiziaria e intervento sociale, in Bambino incompiuto, 2.1987, pp. 13-30.

(11) Per un quadro sul disagio minorile gestito a livel­lo giudiziario, con specifico riferimento all'area piemon­tese, si vedano P. Pazè, Disagio e territorio, in AA.VV., Il tempo del disagio, Rosenberg 8 Sellier, Torino 1984, pp. 130-138; i due numeri monografici sul tema I mino­renni e la giustizia, della rivista Magistratura democratica, Torino, 3.1979 e 1.1980; D. Cibinel e C. Paolino, La crimi­nalità minorile negli anni 1977-1986 in Piemonte e Valle d'Aosta, 1, in corso di pubblicazione in Minerva medico­legale.

(12) Dati raccolti e elaborati dall'Ufficio distrettuale di Servizio sociale per i minorenni di Torino.

(13) Dati raccolti da Tina Casti, dell'Ufficio distrettuale di Servizio sociale per i minorenni di Torino.

(14) Fonte: Segreteria della Procura della Repubblica per i minorenni di Torino.

(15) Magistratura democratica, numero monografico I minorenni e la giustizia, cit., 1.1980, p. 17.

(16) Fonte: Segreteria della Procura della Repubblica per i minorenni di Torino.

(17) Fonte: Ufficio matricola dell'Istituto Ferrante Aporti di Torino.

(18) Dati raccolti e elaborati dall'Educatore Bruno Co­sta, dell'Istituto Ferrante Aporti di Torino.

(19) Fonte: Ufficio matricola dell'Istituto Ferrante Apor­ti di Torino.

(20) I dati che seguono sono stati raccolti dai cancel­lieri Edoardo Delponte e Marina Fornasero del tribunale per i minorenni di Torino.

 

 

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