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TRE
INCONTRI SUL PROBLEMA DEGLI ANZIANI CRONICI NON AUTOSUFFICIENTI
1. Università
Cattolica del Sacro Cuore - Centro studi e ricerche sulla famiglia - Giornata
di studio: «Anziani, famiglie e reti di supporto», Milano, 21 maggio 1988.
Asse portante dell'incontro è stata la presentazione
commentata dei dati emersi da una ricerca condotta nel 1986/87 per conto
dell'Assessorato all'assistenza del Comune di Milano.
L'ipotesi consisteva nel verificare l'esistenza (o
viceversa l'assenza) di una rete valida di supporti familiari, molto solidali,
nonostante il detto comune che segna in modo negativo i rapporti genitori-figli
in questa epoca, in questa società. E più precisamente che casa si intende per
obbligo filiale; cosa si aspettano i genitori anziani dai figli e cosa pensano
i figli.
La realtà - a quanto detto dai ricercatori - ha
dimostrato ampiamente l'ipotesi, per cui è risultato che i genitori anziani
ricercano i figli, in particolare le figlie femmine, e si attendono da loro
sostegno nel momento del bisogno. I figli, d'altro canto, anche quando sono
lontani, nel momento della malattia del genitore anziano, ritornano alla
famiglia, creano una rete appunto di supporto tale che l'intervento dei
servizi sociali di territorio è vissuto come elemento importante, ma non fondamentale.
Anzi, si concludeva, c'è la tendenza a volersene disfare nel più breve tempo
possibile, preferendo di gran lunga l'intervento organizzato tra i familiari,
che, sempre a detta del ricercatore, in fondo hanno bisogno di un
«cantastorie» che li aiuti a superare i primi momenti brutti dell'impatto con
la malattia del genitore.
Potremo concludere a questo punto che i servizi
assistenziali e sanitari sono più che idonei a rispondere e a soddisfare al
bisogno dei cittadini, per lo meno quelli del Comune di Milano. Ne saremmo
tutti lieti. Purtroppo, non è così. Il campione scelto per la ricerca non è
soltanto casuale, ma mirato e presentava le seguenti caratteristiche:
- persone anziane tra i 50-60 anni, massimo 65;
- con figli ancora in attività lavorativa e nipoti;
- pressoché tutti proprietari dell'abitazione in cui
vivevano e, in ogni caso, non in situazioni indigenti.
È stata obiettato - come è risultato nel dibattito
brevissimo accordato ai presenti - che è abbastanza facile non avere bisogno
dell'assistenza del Comune, quando ci si trova in condizioni di partenza così
vantaggiose. Diversa è infatti l'esigenza delle persone anziane di 75-90 anni,
spesso sole o con congiunti o familiari già a loro volta anziani, che non
possono (anche volendo) garantire tutta l'assistenza di cui necessitano in caso
di malattia acuta e spesso cronica. Questi casi, che necessitano di interventi
sanitari, oltre che - occorrendo - assistenziali, non sono però stati presi in
considerazione dai ricercatori.
Essi hanno scelto volutamente quel campione di
persone, proprio per sottolineare come, a determinate condizioni, la famiglia
sia in grado di dare risposte globali alla persona anziana ammalata. Il
problema è però quello di capire, invece, come può intervenire l'Ente pubblico
per aiutare tutte le famiglie (quindi anche quelle meno agiate), che vogliono
occuparsi dei loro parenti anziani ammalati.
Purtroppo l'intervento dell’avv. Zola, Assessore
all'assistenza del Comune di Milano, non avendo partecipato al dibattito del
mattino, non ha colto questo messaggio di rivalutazione della famiglia come
luogo privilegiato e indiscusso di benessere (affettivo, psicologico, fisico)
per la persona anziana, specialmente quando è ammalata. Egli ha così
presentato un progetto (già approvato) che vede l'intervento del Comune diretto
a costruire decine di «case protette», ciascuna per «soli» 150 posti, con
l'espulsione pertanto dell'anziano dalla sua famiglia, dal suo ambiente di
vita, dalle sue abitudini, dalla possibilità di fruire della eventuale rete di
supporto che i familiari potrebbero dare, se aiutati. D'altronde anche in
un'altra sede (Convegno della Democrazia Cristiana del 6-7/2/88) egli aveva
dichiarato come non si possa certamente sperperare quel patrimonio immensa di
strutture presente in Lombardia, rappresentato da quelli che un tempo erano i
ricoveri per minori abbandonati (oggi svuotati per la massima parte, grazie
alla legge sulla adozione speciale del 1967 e alla più recente legge n. 184/83
sull'adozione e l'affidamento familiare), oggi facilmente recuperabile con una
ristrutturazione «intelligente» per dare ospitalità alle persone anziane che
sono la realtà emergente.
Vien fatto di concludere che, o si è discretamente ricchi,
attorniati da figli premurosi, o, come unica soluzione per chi si trova in
condizioni non proprio agiate e senza parenti (che è poi la situazione di una
grossa fetta della popolazione anziana) deve sapersi accontentare delle case
protette.
Fortunatamente i dati presentati dal dott. Lanzetti,
sociologo, sempre nel pomeriggio, hanno smentito clamorosamente la validità
della casa protetta come risposta alla domanda dell'anziano. Egli ha raccontato
che, dovendo ristrutturare l'infermeria di Carrù (Cuneo) per adibirla a più
funzioni (comunità alloggio, mini-appartamenti, reparti per lungodegentì),
gli anziani siano stati sistemati temporaneamente in appartamenti sparsi per
il territorio circostante. Dopo un breve periodo sono state riscontrate numerose
lagnanze... da parte del personale: che non aveva più orari precisi, che doveva
spostarsi... Gli anziani, invece, erano felici e contenti, perché si sentivano
a casa propria.
Non sono necessari altri commenti per comprendere
che cosa si debba fare, come amministratori, per stare veramente dalla parte
della gente.
2. Unità
socio-sanitaria locale n. 35 e Casa di Riposo «Villa Serena», Convegno sul
tema: «Anziani e servizi», Pontaglio (BS), 13 giugno '88.
Anche questo incontro ha preso spunto dai dati
ricavati da una ricerca condotta, in questo caso, nelle case di riposo dell'Usl
35 di Palazzolo sull'Oglio, Brescia.
L'ipotesi da verificare, ha detto il dott. GiumelIi,
coordinatore della ricerca, era la seguente: i servizi territoriali sono in
grado di incidere positivamente per favorire la permanenza dell'anziano
autosufficiente nella propria casa? Se ciò è vero, i ricoveri devono diminuire.
Il dato che emerge in modo molto netto è che
l'anziano chiede il ricovero perché non si sente sufficientemente garantito a
casa. Mancano alternative vere e cioè interventi sociali (casa, pensioni
adeguate, aiuti domiciliari...) che siano realmente efficienti e, quindi,
capaci di risposte idonee. Essi vorrebbero uscire, ma sanno che non hanno
soluzioni. È evidente che i diritti degli anziani, primo fra tutti quello di
decidere dove stare, comporta - ha detto Giumelli - doveri precisi per gli
amministratori.
Purtroppo, mentre nella mattinata gli interventi
avevano sottolineato le esperienze positive condotte in altre città (Torino,
Modena,...) per promuovere e favorire la permanenza dell'anziano nella propria
casa, anche nel caso degli anziani ammalati (ospedalizzazione a domicilio), gli
assessori all'assistenza e sanità della Regione Lombardia, presenti tra
l'altro salo per il tempo necessario al loro intervento, hanno ribadito la
linea politica che da più anni stanno perseguendo della casa protetta come
unica risposta.
Manca una differenziazione tra interventi possibili
nei confronti degli anziani autosufficienti (che hanno bisogno di una politica
sociale «prima che assistenziale» più attenta alle loro necessità e non di
ricoveri), degli anziani malati cronici non autosufficienti che, proprio perché
malati, non devono assolutamente essere ricoverati in strutture assistenziali,
come sono appunto le case protette.
Entrambi gli assessori sono d'accordo nel ritenere
il ricovero come ultima spiaggia per la persona anziana, ma entrambi hanno
stanziato miliardi per la costruzione di case protette e non per le
alternative necessarie ad evitare il ricovero. L'assessore alla sanità ha poi
chiarito che i letti sanitari per i non autosufficienti sono quelli che verranno
attrezzati nelle case protette, ha presentato come una grossa elargizione la
quota sanitaria che il settore assistenziale potrà d'ora in poi ricevere dal
fondo sanitario nazionale. Al riguardo è evidente che non è corretto far pagare
a persone anziane malate croniche non autosufficienti la restante parte
«assistenziale» (la cosiddetta quota alberghiera), poiché queste stesse
persone hanno diritto per legge ad essere curate gratuitamente dal settore
sanitario. Ma l'assessore alla sanità della Lombardia ha ancora un po' di confusione
in materia legislativa: egli infatti ritiene che per risolvere il grave
problema della mancanza di letti per non autosufficienti sarà opportuno
rifarsi anche al patrimonio delle IPAB (notoriamente patrimonio
assistenziale), dimenticando ancora una volta che gli interventi per gli
anziani cronici non autosufficienti, in base alle leggi vigenti, spettano al
settore sanitario e non a quello assistenziale.
Interessante e vivace è stato il dibattito che ha
visto fortunatamente i presenti e i relatori rimasti concordi nel ritenere
assolutamente contrari agli interessi e ai diritti delle persone anziane le
politiche attuate dagli attuali assessori, purtroppo, come già abbiamo detto,
assenti.
Anche la presidente di una casa di riposo ha
dichiarato il fallimento della stessa come risposta per le persone anziane ed
ha ribadito l'obbligo morale, oltre che politico, per gli amministratori di
cominciare davvero a destinare risorse sostanziose alle alternative al
ricovero.
Positiva è stata la conclusione del Presidente
dell'USSL 35 che, recependo le proposte e le sollecitazioni degli intervenuti,
si è impegnato in prima persona a dare vita ad un progetto per la eliminazione
della casa di riposo nella propria Ussl, per quanti lo richiedano e per evitare
ricoveri che possano essere sostituiti da interventi territoriali assistenziali
e sociali adeguati.
3. Festa
nazionale dell'Unità: «Vivere a lungo. Vivere meglio», Abano Terme, 15 giugno
1988
Nel corso del Festival dell'Unità è stata organizzata
una tavola rotonda dal tema «Gli anziani cronici non autosufficienti in bilico tra
sanità e assistenza», presenti come relatori la responsabile delle politiche
sociali del Partito comunista di Bologna, Lalla Golfarelli e il Direttore
dell'Istituto Salvi di Vicenza, Valdo Melloni.
Diversi sono stati i punti contradditori nelle loro relazioni,
che hanno creato non poca confusione nell'uditorio e una vivace replica da
parte della rappresentante di Prospettive
assistenziali, presente tra gli invitati al dibattito.
Anche in questa ambito ci si è accorti di quanti e
quali siano i nodi tuttora non sciolti per quanto riguarda la politica da
attuare nei confronti degli anziani cronici non autosufficienti.
In particolare è emersa una conoscenza non
appropriata dei soggetti di cui si parlava, con l'utilizzo improprio della
definizione di «anziano non autosufficiente» o di «anziano cronico»; definizioni
usate singolarmente, mai associate tra loro e pertanto snaturate del loro
reale significato.
Quindi per Lalla Golfarelli questi «anziani non
autosufficienti» non devono essere ricoverati in ospedale, perché sarebbe
certamente la loro fine, si lascerebbero sconfiggere dalla depressione, dalla
non voglia di vivere... AI contrario, questi stessi anziani, non
autosufficienti, possono trovare in una situazione protetta (la casa protetta
per intendersi) dove, oltre alla garanzia di essere seguiti, avrebbero anche
la possibilità di mantenere vive alcune attività di socializzazione come l'andare
a teatro, frequentare circoli, lezioni di inglese...
Così per Valdo Melloni è importante che la cronicità non
sia ritenuta una malattia che impedisce alla persona di continuare ad avere
una vita normale. Egli giustamente richiamava la sua condizione di miope, che è
una condizione cranica, ma che non per questo gli crea problemi tali da dover
richiedere cure sanitarie continue e tanto meno in ospedale.
Siamo tutti d'accordo sul fatto che un anziano può
essere «non autosufficiente» e non per questo «malato». Ad esempio può essere
non autosufficiente per motivi economici, o perché vive in una casa con
barriere architettoniche tali da impedirgli di uscire e quindi di fare gli
acquisti indispensabili per la sopravvivenza. Certamente non è una persona malata
per questa sua non autosufficienza.
Bisogna distinguere e precisare:
- gli anziani, come tali, hanno i problemi di tutte
le persone che si trovano con case poco idonee (barriere architettoniche,
mancanza di riscaldamento, di servizi igienici ...), pensioni misere, pochi
aiuti da parte dei servizi sociali, ecc.;
- gli anziani malati cronici non autosufficienti sono
pochi, ma meritano attenzione e soprattutto necessitano di cure sanitarie che
l'assistenza non può dare.
Per questi anziani cronici non autosufficienti, si
deve chiedere che, in mancanza di strutture sanitarie idonee, sia l'ospedale ad
occuparsene. Non si può accettare che si risolva semplicemente il problema,
che conosciamo tutti, della scarsa umanizzazione dell'ospedale, ripiegando
sulle case protette, come ha detto nella replica la Golfarelli; se l'ospedale
non è a dimensione dell'uomo, lo deve diventare. Intanto l'anziano malato
cronico non autosufficiente ha diritto ad essere curato gratuitamente e bene
dall'ospedale e non deve finire in una casa di riposo o in una casa protetta a
pagamento 2 con cure non idonee.
Come riflessione generale possiamo quindi dire che a
parole tutti, indipendentemente dal «colore» del partito, sono per mantenere
il più possibile l'anziano nel proprio ambiente, nella propria casa, coi
propri familiari. Nei fatti alcuni finiscono per vedere la casa protetta come
una risposta sollecita, prestigiosa, economicamente valida (anche per gli
anziani cronici non autosufficienti che pagano impropriamente parte del
ricovero e non hanno cure adeguate).
Maria Grazia Breda
PETIZIONE PER L'ISTITUZIONE
DEL SERVIZIO DI OSPEDALIZZAZIONE A DOMICILIO AD AOSTA
La Sezione dell'ULCES della Regione autonoma della
Valle d'Aosta ha promosso una raccolta dl firme sul documento, che
riproduciamo, al fine di ottenere l'istituzione del servizio di ospedalizzazione
a domicilio.
PETIZIONE
POPOLARE
- Al Presidente dell'U.S.L.
- Al Presidente della Giunta Regionale
- All'Assessore Regionale alla Sanità e Assistenza
Sociale
- Ai Capigruppo del Consiglio Regionale
- All'Assemblea dell'U.S.L.
I sottoscritti cittadini della Valle d'Aosta,
- tenuto conto che obiettivo primario dei servizi
sanitari dovrebbe essere la cura a domicilio delle persone anziane croniche non
autosufficienti ogni qualvolta lo consenta la situazione del paziente e vi
sia l'impegno dei familiari;
- valutati i positivi risultati di analoghe esperienze
sia per quanto riguarda gli anziani cronici non autosufficienti, sia in merito
alla consistente riduzione dei costi economici derivanti dall'intervento
domiciliare in alternativa a quello ospedaliero
CHIEDONO
alla Regione Autonoma Valle d'Aosta e all'Unità
Sanitaria Locale di istituire un servizio di ospedalizzazione a domicilio
comprendente:
- le prestazioni del medico di base, così come
stabilito dalle leggi vigenti;
- l'intervento dei medici specialisti, degli infermieri
e dei riabilitatori;
- la corresponsione ai familiari di una somma
sufficiente a coprire le spese da essi sostenute per ottenere i necessari aiuti
da parte di personale non specializzato per almeno 3-4 ore al giorno;
- la garanzia del ricovero ospedaliero nei casi in
cui ciò sia necessario;
- adeguati controlli per evitare abusi.
CHIEDONO INOLTRE
- i1 passaggio alla gestione sanitaria delle microcomunità
in cui sono prevalentemente ricoverati anziani cronici non autosufficienti,
fermo restando il fatto che per tutti i suddetti pazienti il ricovero in
microcomunità deve essere gratuito.
CHIEDONO INFINE
- che, per non costringere molti ricoverati non
autosufficienti in ospedale a grossi sacrifici finanziari per assicurarsi la
presenza di una «infermiera» a pagamento, accanto al normale personale
infermieristico venga istituita la nuova figura della «badante» che ha il
compito di fornire assistenza generica ai pazienti (alimentazione, igiene
personale, sorveglianza continuativa, ecc.).
COMUNICATO
DEL MAC
Il Movimento Apostolico Ciechi, associazione di laici
vedenti e non vedenti, ha organizzato a Roma un Convegno nazionale sul tema:
«Integrazione scolastica dei minorati della vista: il volontariato
organizzato per l'efficienza dei servizi pubblici a tutela dei diritti delle
famiglie».
I partecipanti hanno, tra l'altro, esaminato il disegno
di legge n. 666/87, attualmente in discussione presso la Commissione
Istruzione del Senato, riguardante la trasformazione dei vecchi istituti
speciali per ciechi in centri regionali polivalenti per la scolarizzazione, la
formazione professionale, l'inserimento lavorativo, l'orientamento spaziale e
per l'accoglienza convittuale e residenziale dei ciechi italiani di qualunque
età.
È stato espresso un giudizio globalmente negativo
sul disegno di legge, che è frutto della vecchia cultura e della logica della
legge quadro per gli handicappati, attualmente all'esame della Commissione
Affari sociali della Camera, ben più avanzata del disegno di legge sugli
istituti per ciechi, ed è in contrasto con la sentenza della Corte
costituzionale n. 215/87 che ha riaffermato il diritto incondizionato per tutti
gli handicappati di frequentare le scuole comuni di ogni ordine e grado.
In particolare, per quanto riguarda l'integrazione
scolastica dei minorati della vista, è stato rilevato che, a differenza di
quanto hanno già positivamente fatto gli ex istituti per ciechi di Torino,
Bologna e Genova, i nuovi centri previsti dal disegno di legge 666 sono
strutture che dovrebbero coordinare «tutte le attività parascolastiche ed
extrascolastiche», avere un rappresentante con funzioni di controllo presso
ogni scuola comune, ove sono integrati i non vedenti, riaprire (e scuole
speciali al loro interno e continuare strane sperimentazioni di inserimento di
vedenti nelle scuole speciali dei non vedenti.
Non vi è invece alcun cenno concreto alla consulenza
di tiflologi itineranti, alla produzione e distribuzione di materiale didattico
e alla necessità di intese obbligatorie tra Scuola, USL ed Enti locali,
finalizzate alla impostazione di piani educativi individualizzati, previste da
numerose circolari del Ministero della pubblica istruzione ed ora anche dalla
legge quadro per gli handicappati, come chiaramente emerso dalla riunione
organizzata l'8 novembre 1988 dalla Commissione Affari sociali della Camera e
dal Ministro Iervolino.
È stato auspicato che anche l'Unione Italiana Ciechi
condivida queste osservazioni e che il Parlamento non voglia approvare una
tale legge nei termini in cui è attualmente proposta.
www.fondazionepromozionesociale.it